Fine del discorso, nessuna replica ammessa.
Per questo ci ritroviamo tutti coinvolti in questa specie di missione punitiva/ suicidio di massa dai Cullen, anche se a me e a molti altri mannari la cosa non piace né, in fin dei conti, interessa.
La voce aspra di Ateara mi invade violentemente il cranio, scacciando ogni pensiero che non sia rivolto all’assalto che ci prepariamo a lanciare, e impone al branco di accelerare ulteriormente l’andatura, ottenendo in risposta un brontolio irritato che serpeggia di lupo in lupo senza che lui possa fermarlo: oramai siamo stanchi di correre e stufi di sentirlo comandarci a bacchetta, ma non possiamo fare altro se non obbedire e ciò ci rende frustrati ed inquieti.
Il vecchio ignora totalmente le nostre proteste e si decide a tacere solo quando, in lontananza, appare finalmente la gigantesca villa bianca.
Con un brusco cenno del capo ci intima di irrompere all’interno senza esitare e, meno di dieci minuti dopo, travolgiamo la facciata come un fiume in piena e ci riversiamo come un’onda nel salone più grosso ed incredibilmente lussuoso che abbia mai visto.
Tutto, all’interno, sembra essere immobile e silenzioso e l’unico segno tangibile della presenza dei vampiri è la scia soffocante del loro tremendo odore, che ci giunge smorzata e lontana.
Non crediamo neppure per un secondo all’ipotesi della loro fuga e iniziamo a cercarli lentamente e con metodo, senza tralasciare neppure il più piccolo scorcio o angolo nascosto di questa casa gigantesca. I minuti passano lentamente e, quando oramai cominciamo a dubitare del nostro fiuto, un forte sibilo metallico e tremende urla di agonia ci raggiungono dalla scalinata padronale, attirandoci là immediatamente.
Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è atroce: i Cullen stanno ritti in mezzo al salone, circondati da un lago di sangue, e attorno a loro giacciono, scompostamente buttati qua e là, i corpi martoriati ed esanimi di non meno di sette fratelli innocenti.
Per la prima volta, Ateara non ha neppure bisogno di parlare: ci lanciamo in battaglia tutti assieme, saldamente uniti nel corpo e nella mente.
Tutto vortica in una spirale soffocante di odio, adrenalina, urla, voglia di scappare, desiderio di vendetta e percezioni sbagliate del nostro istinto lacerato in due, a causa delle quali talvolta proviamo ad attaccare sferrando calci e pugni e talaltra, invece, ci ricordiamo di azzannare il nemico.
Ma, nonostante tutto, a quanto pare siamo comunque in grado di mettere in difficoltà la perfetta cellula di guerrieri costituita dai Cullen: con un enorme sforzo riusciamo a neutralizzare il dottore e il figlio culturista e ci stiamo concentrando verso il duo costituito dal biondo e la sua compagna quando lei piomba tra le nostre fila e compie una vera e propria carneficina.
Non conosce pietà, né pace: avanza inarrestabile, imprevedibile ed impetuosa come il vento di un uragano, vorticando follemente braccia e gambe, sradicando con i denti e le unghie tutto quello a cui riesce ad appigliarsi.
Ignora stoicamente i lupi che le saltano addosso, le ferite, i morsi, le suppliche dei suoi cari e continua la sua opera di devastazione senza che nulla la possa fermare.
Nella mente del branco rimbalzano, come impazzite, centinaia e centinaia di immagini della sua furia, ma una in particolare mi si imprime dentro: i suoi occhi sono simili ad orbite vuote, totalmente neri, spalancati e desolati.
Eppure, al loro interno, brucia una fiamma gelida di granitica determinazione.
Lei ha una missione, e la porterà a termine a qualsiasi costo.
La sua mano mi affonda nella gola, le sue dita strappano tutto quello che riescono.
Non ho quasi tempo di provare dolore.
Nessuno di noi ha la minima speranza di poter uscire di qui.