Un raggio di sole filtrava dalle
persiane lasciate
leggermente aperte.
Erano circa le otto e la svegliava da qualche minuto
faceva risuonare nella stanza della ragazza una canzone dal testo
triste, ma
dalla melodia abbastanza energica.
Qualsiasi ragazza sarebbe stata felice di andarsene, per
qualche anno, via da tutto e da tutti, ma lei no.
Andare via le metteva addosso una forte paura.
Non era il cambiamento a spaventarla, ne il fatto di
doversi separare da quella che per anni era stata la sua
vita, ma lui, solo e
semplicemente lui.
Si tolse i vestiti e li ammucchiò in angolo vicino alla
porta.
Aprì il getto della doccia, attese qualche minuto e poi
vi si mise sotto.
Lasciò che l’ acqua le scorresse addosso. Fredda.
Lavò
via ogni residuo di sonno, ma i pensieri rimasero lì, sempre
presenti.
Non riusciva a non pensare a quello che stava per
succedere, nemmeno per un istante.
Raffreddò ancora di più l’ acqua.
Un’ ondata gelida la
travolse, facendola rabbrividire.
Passò qualche altro minuti, poi uscì, si avvolse
nell’
accappatoio e raccolse i capelli in un asciugamano così da
non farli
sgocciolare.
Si incamminò lentamente verso la poltrona su cui la sera
prima aveva lasciato i vestiti per il viaggio. Canticchiava fra
sé una melodia,
una canzone sconosciuta, ma che era in grado di distrarla un
po’.
Un paio di shorts di jeans, una maglia bianca senza
maniche e le sue amate converse, sempre bianche.
Ah si, la collana con la croce che le aveva regalato
Melanie, come poteva dimenticarla.
Infilò nel bagaglio a mano - il suo zaino nero - il
telefono, il borsellino e un libro ‘Noi
siamo infinito’
Adesso che lei se ne andava sarebbe diventata uno studio
per suo padre, ma per ora tutti i mobili erano ancora al loro posto.
Con qualche problema riuscì a portare la valigia
giù
dalle scale, fino in salotto, dove i suoi genitori stavano
già facendo
colazione.
«Marti…»
sua madre le
corse incontro abbracciandola, suo padre fece lo stesso.
«Sopravviverò mamma. È
solo un college, non vado mica in guerra.» Cercò
di sdrammatizzare. Si sciolse
dal abbraccio e andò a sedersi a tavola, lî
l’ aspettavano dei pancakes fumanti
e un bicchiere di succo d’ arancia.
Mangiò tutto, anche se di
malavoglia, un nodo allo stomaco le impediva di godersi la colazione
che sua
mamma le aveva preparato con cura.
Appena ebbe finito aiutò i
suoi a sistemare le stoviglie nel lavandino e, non appena anche loro
furono
pronti, uscirono di casa.
Mentre il padre caricava
la valigia nel baule, lei si posizionò sul sedile posteriore
e si mise gli
auricolari nelle orecchie, quasi a volersi isolare da tutto e da tutti.
Hard times just don't go away
You gotta take that chip off your shoulder
It's time you open up have some faith
It's time you look to the future
It's all right there if you ask
This time you could try much harder
You'll be the best that you can be
Il
viaggio durò circa un’ ora, forse anche meno,
l’ aeroporto non distava
molto dalla casa della ragazza, ma per lei durò per un tempo
infinito.
Scese e aiutò suo padre a scaricare la valigia, mentre
sua madre controllava scrupolosamente che fosse tutto pronto per la
partenza,
biglietti compresi.
«Mamma
gli altri li
aspettiamo qua o dentro?» Chiese la ragazza. Aveva paura che
entrando e
perdendosi tra la marea di persone pronte ad imbarcarsi i suoi amici
non
sarebbero riusciti a trovarla e salutarla.
«Tranquilla, ti
troveranno. Li aspettiamo alla reception ok?»
Lei annuì e si
diressero alla reception.
Aspettarono una decina di
minuti e finalmente eccoli, una banda di ragazzi che si guardava
intorno
spaesata, come se si trovassero su un altro pianeta.
«Eccola!» Urlò l’ unica
ragazza del gruppo correndole incontro e saltandole letteralmente al
collo.
Tutti gli altri fecero lo
stesso, attirando così lo sguardo di alcuni curiosi.
L’
ultimo a salutarla fu Niall, che dopo un attimo di esitazione
l’ abbraccio
lasciando da parte l’imbarazzo.
«Vedo
che alla
fine sei venuto davvero…»
«Te l’ avevo
promesso, non potevo mancare.»
Si staccò
appena e le sorrise, lei fece altrettanto.
«Marti non
vorrei interrompere questo momento» si intromise la madre
«ma il tuo volo parte
fra un ora, ti devi imbarcare.»
«D’ accordo
mamma.»
Abbracciò
ancora una volta tutti i suoi amici, e, come prima, l’ ultimo
fu Niall.
«Allora, buon
viaggio.»
«Grazie
Niall.»
Lui le lasciò
un piccolo bacio sulla guancia che la fece subito arrossire,
dopodiché salutò i
suoi genitori, e tra i pianti della madre prese la valigia e
andò a fare il
check-in.
Mentre si
incamminava si chiese cosa sarebbe successo d’ ora in avanti,
insomma, ormai
non poteva tornare indietro e il futuro un po’ la spaventava.
Prese il primo
taxi che si trovò davanti, diede l’ indirizzo
all’ autista e, mentre lui
guidava per le strade di Doncaster si isolò dal mondo
inserendo gli auricolari
nelle orecchie.
La
ragazza si incamminò verso l’ entrata,
entrò e si present alla segretaria, che
le diede tutte le informazioni necessarie per il suo soggiorno.
La sua
camera era la numero 234, vi si diresse.
Fece le
due rampe di scale che l’ avrebberò portata nella
sua “nuova casa” e quando
fece per voltare l’ angolo un ragazzo le andò
addosso accidentalmente facendola
quasi cadere.
«Oddio
scus…»
Non poteva
essere vero.
Dall’ ultima
volta che si erano visti aveva tagliato i capelli , ma era inequivocabilmente lui.
Era lì, nella
sua stessa scuola, lei voleva evitarlo a tutti i costi e ora se lo
ritrovava
davanti, costretta a condividere la sua vita con lui, per
l’ ennesima volta.
Liam.
My
Space
Ebbene si, questo è l’ ultimo capitolo, ma non vi
preoccupate, ho in mente una nuova ff, però non
più sui oned, ma su justin (:
Per l’ ultima volta vi chiedo di recensire e dirmi
cosa ne pensate, se la storia vi è piaciuta o meno.
Grazie a tutti quelli chehanno recensito e messo la
storia fra le seguite o le preferite.
Vi voglio bene,
Marti. <3