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Autore: Melabanana_    06/04/2013    3 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
---
Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ma saaaalve °^°
Da qui inizio ad introdurre la storia di Tadashi~ Il nome del capitolo si adatta abbastanza a lui, questo ragazzo in effetti ha l'allegria di un istrice in questa fic (?) -cioè, la malinconia è probabilmente uno dei tratti che lo caratterizza di più, e mi piace. Forse non dovrei dirlo perché sono l'autrice della fic, ma Tadashi è il mio preferito. ^w^ 
In questo capitolo compare un mio OC, ovvero la madre di Tadashi; si è già detto che lui vive da solo e qui più o meno inizio a spiegare il perché. 
Baci,
Roby


p.s. Grazie a tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente, è così bello che qualcuno apprezzi Atena e Hepai çwç Poverini, nessuno li calcola (?)




Capitolo 22.

La porta era chiusa.
Il bambino si accostò al muro, barcollando nel buio del corridoio, e si voltò verso il salotto.
La mamma si era addormentata con la testa sul kotatsu; meno male che aveva almeno le gambe al caldo.
Il bambino sospirò e tornò a guardare davanti a sé, lasciando vagare lo sguardo verso la porta d'ingresso, ancora una volta. Erano solo pochi metri, eppure appariva lontanissima...
Non gli sembrava quasi che fosse la stessa porta da cui lui era uscito, due sere prima, per non tornare mai più.



Afuro sbadigliò e si stiracchiò.
I flash delle macchine l’avevano accecato tutta la mattina.
Guardò il cielo e sospirò, chissà se Tadashi stava pensando a lui in quel momento.
Dopo San Valentino, il loro rapporto non era diventato imbarazzante come Afuro temeva, ma non si poteva nemmeno dire che nei mesi successivi il loro legame fosse diventato più stretto; durante l’estate, poi, Afuro era stato così impegnato nel lavoro di modello che aveva potuto soltanto chiamare Hera e gli altri, senza riuscire mai ad organizzarsi per vederli…
E quindi, la scuola era ricominciata da due mesi e Afuro ancora non sapeva precisamente che posto occupava nella mente di Tadashi.  
-Ehi, stai bene? Stai più attento… Se dormi poco la notte, poi dovremo usare il trucco per coprire le occhiaie.- Atena, che era seduto di fianco a lui, interruppe il filo dei suoi pensieri.
-Scusami, scusami- rispose Afuro, guardandosi subito allo specchio per controllare di non avere occhiaie. Atena sorrise.
-Pensi alla tua cotta anche di notte, adesso?- chiese, malizioso, e Afuro avvampò.
Era già abbastanza il fatto che Atena, chissà come, sapesse della sua cotta; non era certo il caso di raccontargli cosa esattamente sognasse la notte… anche perché non erano cose da raccontare con leggerezza.
-Afuro, vieni un attimo- gridò Hitomiko. Il biondino, lieto di potersi sottrarre a quell’imbarazzante conversazione, si alzò e la raggiunse.
-Ultimamente stai facendo davvero un ottimo lavoro. Ecco perché ti è stata offerta un’ottima possibilità- gli annunciò con solennità.
Afuro fissò incredulo il foglio che gli era stato messo in mano, il programma per un tour.

 
xxx
 

 
-Eh?! Un tour?! Sei serio?!-
Afuro tappò immediatamente la bocca a Kirigakure.
-Ma sei scemo?- sussurrò. –Ti ho detto che è un segreto!-
-Oh, scusa- Kirigakure abbassò la voce. Le chiacchiere intorno a loro li coprivano per quel che bastava, e Afuro indossava i soliti occhiali e cappello per passare inosservato.
Diede un sorso al suo cappuccino caldo e sospirò quando il calore raggiunse lo stomaco.
-Quando lo hai saputo?- chiese il ninja, curioso.
-Due settimane fa, circa.- rispose Afuro e, cogliendo lo sguardo ferito dell’amico, si affrettò ad aggiungere:- Non ne ho parlato perché… non è ancora sicuro.-
Kirigakure si tolse il broncio e si portò le mani guantate dietro la nuca.
Fuori dal bar, s’intravedeva la strada grigia e uno spicchio di cielo scuro delle sette di sera, l’inverno si dava da fare per prolungarsi quasi per tutto Marzo.
Il giorno dopo, già sarebbe stato Capodanno, e poi sarebbe iniziato il nuovo trimestre.
-Beh, se è così… grazie di avermene parlato- disse, grattandosi il naso.
Afuro sorrise leggermente, posò la tazza sul bancone e gli prese la mano, portandolo fuori, in strada. Davanti a loro c’era un grande cartellone di una pubblicità di uno shampoo.
Il biondino a stento si riconosceva, nel testimonial di quello shampoo.
Sembra così maturo, troppo maturo, in quell’immagine. Non era lui.
-Fin da piccolo, ho sempre avuto il terrore di vivere un’esistenza ignota. Volevo farmi vedere e amare da tutti, perciò ho intrapreso la carriera di idol. - mormorò, il suo sorriso era incerto.
Kirigakure se ne accorse. –Non sei felice di partire?- chiese, cautamente.
Afuro lo guardò come se la domanda fosse stupida.
-Ma certo che sono felice. Voglio dire, è una grande opportunità, no? Sapere che, fra tutti gli idol, hanno scelto me…- non terminò la frase.
Kirigakure insisteva nel fissarlo, cercando capire cosa, allora, non andasse.
-E’ quello che ho sempre sognato. Ma prima non avevo nient’altro se non la mia carriera… prima di conoscere voi.- continuò Afuro e distolse lo sguardo, imbarazzato. La frase esprimeva tutto quello che provava in quel momento e non aveva bisogno di essere chiarita.
Il ninja sorrise e lo abbracciò, poggiando il mento sulla sua spalla.
-Non lo dirò a nessuno, finché non lo vorrai- lo rassicurò, poi si staccò e ridacchiò.
-Quando lo dirai però avvertirmi, dovrò portare tanti fazzoletti per Dem, che è emotivamente instabile e piange sempre come una fontana.-
Afuro scoppiò a ridere, ma gli era grato dal profondo del cuore. In realtà, avrebbe voluto rivelare al suo amico anche un’altra cosa, che la sua più grande paura era la reazione di Hera alla notizia che si sarebbero separati; avrebbe voluto confessarlo, ma si vergognava troppo.
Allora, ripiegò su un’altra domanda.
-Ehm, Saiji… sai quali sono i programmi di Hera per domani?- chiese, titubante.
Kirigakure si portò un dito al mento, pensoso.
–Uhm, no- borbottò –Penso che starà semplicemente a casa. Lo fa tutti gli anni…-
Afuro annuì. “E così passi anche il capodanno da solo? Oh, Tadashi…” pensò malinconicamente.
“Come vorrei esserti più vicino. Come vorrei conoscerti meglio.”
La sua mente corse subito ad Artemis. Quel ragazzo, per quanto irritante e odioso che gli fosse, era l’unico vero amico di Hera, l’unico con cui Hera parlava e si confidava con sicurezza. Non era un caso che Artemis sapesse esattamente come trattare con lui.
Il pizzicore della gelosia gli fece stringere i pugni.
Kirigakure sembrò notare la sua improvvisa tristezza, mista ad un’incomprensibile rabbia.
Gli occhi del ninja vagarono un po’ nel vuoto prima di illuminarsi con un guizzo.
-Ho trovato!- esclamò, e tirò fuori il cellulare.
-Non ti preoccupare, Afurochama, il tuo ninja preferito risolverà il tuo problema d’amore!-
Afuro, che al suo urlo era saltato, lo fissava basito, chiedendosi cosa avesse intenzione di fare.
Il sorrisetto di Kirigakure non lasciava intendere niente di buono.
 

xxx


Non capiva davvero cosa ci fosse da festeggiare, tanto l’anno nuovo sarebbe stato uguale a quello vecchio, con ogni probabilità.
Sempre la stessa vita, sempre la stessa casa, sempre gli stessi volti.
La sua mente corse istintivamente ad Afuro. Beh, forse lui era l’unica cosa buona che l’anno nuovo dell’anno scorso gli aveva portato... Ma ormai anche questo era roba vecchia, passata.
-Sei così cupo, Tadashi. Sei sempre stato così, odi le feste.-
Hera sospirò e si voltò verso la donna dagli ondulati capelli rossicci che sedeva al kotatsu, con le mani appoggiate accanto alla tazza di brodo caldo.
-Non mi dispiacciono le feste- borbottò cupo. In fondo erano le uniche occasioni in cui aveva una scusa per poterla vedere, ma questo lo tenne per sé. Lei sorrideva, specchiandosi nel liquido nella tazza di ceramica.
Quando Hera si alzò, lei tentò di imitarlo, ma lui la trattenne.
-Faccio da solo, tu non affaticarti- disse apprensivamente, quindi si voltò e andò in cucina.
Aveva messo a fare il sukiyaki, con fette di carne, uova, spaghetti udon e verdure; era stato anche ben attento al dado di brodo e al sale. Voleva che tutto fosse buono per lei, perché erano diventate rare le occasioni per godere della sua compagnia, da quando si era trasferito lontano. Era stata una scelta dolorosa per lei, ma necessaria per lui.
Non se n’era pentito. Non poteva permettersi di pentirsi.
-Tadashi, sicuro che non posso darti una mano?-
Hera si affacciò alla porta, con la mani salde contro i fianchi e uno sguardo di rimprovero.
-Non riesci proprio a stare ferma?- esclamò torvo.
Lei rise e le guance le si imporporarono dolcemente.
-Scusa- disse, scherzosa. –Prometto di fare la brava.-
Hera si avvicinò, posò sul kotatsu due piatti e le bacchette, poi le sistemò meglio la coperta calda sulle gambe, e lei ne approfittò per schioccargli un bacio sulla guancia.
Il ragazzo scosse il capo con un sospiro, mentre lei rideva.  
-Torno di là- disse e andò in cucina per assaggiare. Gli sembrò pronto, così lo tolse dal fuoco e con una forchetta separò bene le cose nel brodo, attento a non graffiare il fondo della pentola.
-Tadashi?- La voce di lei arrivò di nuovo, suonava sorpresa. –Hanno bussato alla porta.-
-Cosa?- esclamò lui, posò la pentola col sukiyaki sul kotatsu e si diresse verso la porta, seccato che qualcuno li venisse a disturbare, peraltro all’ora di cena.
Ora sentiva anche lui uno scampanellio insistente.
-Arrivo, arrivo- borbottò. Non appena aprì e vide chi era, il suo fastidio mutò di colpo in sorpresa e irritazione.
-Yo, Hecchan!- esclamò Artemis sorridendogli. Dietro di lui, Aporo e Demete accennarono un saluto con la mano, mentre Afuro e Kirigakure gli sorrisero apertamente.
-Ma mi libererò mai di voi?! Cosa cavolo ci fate tutti qua?!- esclamò Hera interdetto.
-Abbiamo pensato di passare il Capodanno con te, non sei contento?- disse Kirigakure con l’allegria di una bambino che ha appena ricevuto il regalo di Natale.
-Perché?- chiese Hera senza peli sulla lingua.
-Come!- replicò Afuro, imbronciandosi. Si ravviò i capelli con un gesto elegante e aggiunse, con il suo tono da ragazzino viziato:- Pensavo di illuminare la tua fosca vita, tutto qui.-
-Non è triste stare da soli a Capodanno?- intervenne Demete.
Hera li fissò uno ad uno, tutti e cinque, poi fece ciò che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, ovvero chiudergli la porta in faccia. Purtroppo per lui, però, il più vicino alla porta era Artemis, che intuì la sua intenzione e riuscì prontamente ad intercettare la porta.
Il ragazzo mise il piede in mezzo e sorrise, divertito. –Che maleducazione, Hecchan…-
-Sta zitto- sbuffò Hera. –E cancellati quel sorrisino dalla faccia... lo trovi divertente vero?-
-Sì, molto- ridacchiò Artemis, stranamente di ottimo umore.
- Tadashi, dai, facci entrare!- esclamò Afuro. Anche lui e Kirigakure ora spingevano la porta per impedire ad Hera di chiuderla. Aporo e Demete si erano avvicinati, ma si limitavano a parlare.
-Non dirmi che avevi già dei programmi, non ne hai mai!- esclamò Demete.
-Già, tu odi le feste- commentò Aporo, la voce soffocata dalla sciarpa che teneva fin sopra il naso.
-Ecco, dai, Tadashi - insistette Afuro. –Perché non vuoi farci entrare?-
Hera non smise di fare forza sulla porta, ma sembrò distratto da qualcosa. Si voltò verso l’interno della casa, preoccupato, quindi tornò subito verso di loro.
-Sentite, io…- provò a dire, esasperato, ma una voce lo interruppe.
-Tadashi? C’è qualche problema?-
Afuro trasalì sentendo la voce di una donna, e spinse la porta con più forza di quanto Hera si aspettasse; il ragazzo, già indebolito perché distratto da lei, sussultò e le sue dita scivolarono sul legno, lasciando che la porta venisse aperta.
I cinque ragazzi si trovarono così nell’ingresso della casa, faccia a faccia con la donna che era comparsa alle spalle di Hera. Lei sembrava sorpresa quanto loro.
-Sono i tuoi amici, Tadashi?- esclamò accennando un sorriso. Hera fu costretto ad annuire, anche perché Artemis subito si fece avanti e prese le mani di lei, con un largo sorriso: il riconoscimento fu quasi immediato e anche lei sorrise apertamente.
-Saneki-kun, quasi non ti riconoscevo! Come sei cresciuto... ora sei persino più alto di Tadashi!- esclamò.
Artemis annuì e rise quando Hera gli lanciò un’occhiata torva.
La donna si rivolse agli altri ragazzi. –Oh, ma non restate lì fuori, si gela... Venite dentro e chiudiamo la porta, dai- li esortò. Hera la precedette e superò Afuro e Demete per chiudere.
Il biondino lo fissava interrogativo, e Hera si costrinse a fare uscire le parole.
-Ragazzi, vi presento mia madre, Hera Minori- disse.
Afuro spostava lo sguardo da lui a lei, riconoscendo gli stessi tratti, gli stessi capelli…
Gli stessi occhi.
Quella donna aveva gli occhi di un viola così intenso che solo a guardarli Afuro si sentì mancare il respiro; ma il suo sguardo era in qualche modo più dolce, più paziente di quello del figlio. -Oh- mormorò Afuro, girandosi verso Hera. L'altro scrollò le spalle e si infilò le mani in tasca, imbarazzato.
–Smettila di fissarmi- intimò.
Afuro annuì e con gli altri ragazzi si presentò alla donna, la quale decise che era maleducato cacciarli così, tanto valeva farli restare per cena: a lei Hera non sapeva opporsi, perciò prese altri piatti e bacchette e si sedette al kotatsu con tutti quanti.
Trascorsero la serata in modo allegro, gioviale, e Hera si divertì molto più di quanto avrebbe mai ammesso, anche se per alcune battute avrebbe volentieri strozzato Kirigakure.
Verso mezzanotte, mangiarono una torta fatta dalla madre di Hera e brindarono all’anno nuovo con lo champagne in calici di vetro.
-Ehi, non esagerate- li rimproverò Hera, ma Demete e Kirigakure erano già crollati, abbracciandosi, e Aporo si era accoccolato contro Artemis, anche loro dormienti.
-Cielo, non reggono proprio per niente l’alcol- commentò Afuro, con senso di deja-vu per quello che era successo durante l’estate. Hera annuì, rassegnato.
Minori stava parlando al cellulare in un’altra stanza, per fortuna.
Hera sospirò. Fece per alzarsi ma d’un tratto si sentì afferrare la maglietta.
-Tadashi…- sussurrò Afuro guardandolo intensamente.
-Che c’è?- chiese Hera risedendosi, il biondino sembrava molto serio.
-Sono felice di aver passato questa serata con te, anche se tu non volevi.-
Hera scosse il capo. –Non è che non volevo, però…-
-Lo capisco.- lo interruppe Afuro. –Anch’io provo la stessa cosa quando sono con mio padre, noi due soli, lo vorrei tutto per me, perciò vedi che ti capisco. Mi dispiace…-
-Decidi, ti dispiace o sei felice?-
Afuro sorrise. –Non posso scegliere entrambe?- sussurrò e si appoggiò contro la sua spalla.
Hera pensò che si fosse addormentato anche lui, ma dopo alcuni minuti la voce di Afuro suonò ancora come un sussurro:- Per l’anno nuovo… una sola volta, per favore.-
Il ragazzo dai capelli rossicci lo guardò sorpreso, ma intuì cosa voleva, e chinato il viso verso il suo lo baciò sulle labbra. Afuro rispose alla dolcezza con la dolcezza, aggrappandosi a lui.
Un rumore li fece separare, Minori stava rientrando.
Hera lasciò Afuro e saltò in piedi per accompagnare la madre fuori, dove il suo compagno l’aspettava con la macchina per riportarla a casa.
Potevano intravedere i contorni della macchina nella foschia notturna; che tristezza.
Minori si girò e gli sorrise. –Grazie dell’ospitalità, Tadashi.-
-Ma quanto la fai lunga, sei mia madre, no?- replicò il ragazzo.
Lei rise. –Hai ragione.- convenne. Il suo sguardo vagò verso le luci accese del soggiorno.
-Però sono felice… perché ti ho visto sorridere molte volte, stasera- sospirò, e il freddo condensò il suo respiro. –Eri così a tuo agio, con loro. E’ stato un bene che tu ti sia allontanato da me, dopotutto…-
Hera la abbracciò, istintivamente. –Mamma, niente può rimpiazzarti. Lo sai. –
-Awn, sto bene, sto bene!- lo rassicurò la madre, stringendolo a sé. Hera però si staccò un pochino sfiorandole la pancia gonfia, su cui non si doveva fare pressione.
-Ora devo andare, Tarou mi aspetta- disse la donna riferita al suo compagno.
Nel pronunciare il suo nome si accarezzò la pancia che conteneva il loro figlio, ed Hera non riuscì più a guardarla negli occhi. Lei si avvicinò di nuovo e gli baciò la fronte.
-Vienici a trovare quando vuoi- sussurrò. –Ciao, Tadashi.-
-Ciao, mamma…- disse il ragazzo e rimase a guardarla entrare in macchina, baciare l’uomo che non era suo padre, andare via lontano dal suo unico figlio, dal suo non più unico figlio.
Hera sentì una fitta dolorosa al petto, mentre rientrava in casa, e pensò fosse lo champagne.
Osservando il volto addormentato di Artemis, intuì che era sveglio e che non si era perso una parola, ma in quel momento non aveva proprio la testa di pensare anche a quello.
Si lasciò scivolare sotto al kotatsu, accanto ad Afuro, che subito gli si accoccolò contro, avvolgendolo con le braccia. -Buonanotte- disse e si addormentò a tempo di record.
Hera accennò un sorriso e chiuse gli occhi. 
 

Si era svegliata e aveva iniziato a piangere; poteva sentire i suoi singhiozzi dal corridoio.
Il bambino si alzò e si allontanò dalla porta, tornando da lei.
-Cosa succede, mamma?-
Lei lo guardò, completamente sfatta, con il trucco che le colava dal volto.
-Sono una cattiva madre… Ti rendo infelice, sono un’incapace…- singhiozzò.
Lui sospirò e le sfiorò il viso, dolcemente.
-No, mamma, non è vero, mamma.- la rassicurò. –Tu fai del tuo meglio.-
La donna si asciugò gli occhi, fissandolo sconcertata.
-Se è così, Tadashi, allora perché…- Le mancò la voce, per un attimo. -…perché tu non sorridi mai?-
Il bambino rimase immobile, sorpreso. Non le rispose.


Tadashi riaprì gli occhi e fissò il soffitto.

                                     "Forse quelle parole... io non le avevo neanche capite."



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