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Autore: compulsive_thinker    06/04/2013    4 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Buondì!
Piccolissima precisazione prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo-prologo: l'idea per questa ff mi è venuta guardando il film tratto da Lo Hobbit. Quando si parla del Negromante, Saruman lo liquida come un "comune" mago: da lì mi è venuta l'idea che Sauron potesse assumere anche una forma pseudo-umana, che in qualche modo gli permettesse di passare inosservato. Ecco, da cosa nasce cosa e sono partita per la tangente.
Fatemi sapere cosa pensate della storia...recensioni e critiche sono decisamente ben accette! *-*



Capitolo 1

 

Anno 1200 della II Era

 

L’Est iniziava appena a ingrigirsi, annunciando una nuova alba a Eregion. Il cielo era velato da spesse nubi, che gettavano un’ombra sul giorno nascente. Un’ombra cupa e pesante come quella che sembrava strisciare lentamente verso la Terra di Mezzo, come a volerne inghiottire e sfumare pian piano ogni contorno.
Incosciente di tutto ciò, Meridan pensava solo a correre non vista verso il palazzo, stringendosi al petto un fagotto leggero, che a lei però pesava sul cuore come un macigno. L’imponente costruzione in pietra chiara aveva un aspetto maestoso, segno visibile della regalità e sapienza del Re Celeborn e della sua sposa Galadriel, di cui si diceva fosse una veggente e la creatura più saggia di tutta la Terra di Mezzo.
Purtroppo, quel giorno Meridan non cercava il consiglio dei suoi sovrani, ma doveva portare terribili notizie. La sua sicurezza per un istante vacillò, quando passò davanti all’imponente portone. Ebbe la tentazione di tornare sui suoi passi e scegliere una via più semplice: dopotutto, chi avrebbe mai saputo che se n’era liberata?
Un rumore dietro di lei dissipò i suoi dubbi e la spinse a muoversi più in fretta. Strinse più forte l’involto al petto, sgattaiolò non vista attraverso una porta laterale e, finalmente, nel palazzo. Conosceva quei corridoi, aveva avuto tempo per organizzare il suo piano: sapeva quali vie imboccare per evitare le guardie e giungere nella sala del trono, dove presto sperava d’incontrare la regina. Si nascose dietro una colonna, appoggiandovi la schiena con la speranza di far sorreggere alla pietra anche il peso delle sue preoccupazioni. Un lieve singhiozzo si levò dal fagotto che portava e Meridan scostò la stoffa, scoprendo il bellissimo viso di una bimba di alcuni mesi che dormiva beatamente. L’Elfa le accarezzò le guance con la punta delle dita, bagnandole con una lacrima di disperazione: non poteva fare altro che disfarsi di quella meravigliosa creatura. La piccola sollevò le palpebre, rivelando due grandi occhi neri, profondi come l’oceano dell’Ovest, che subito si misero a scrutare il volto della madre. Meridan si sentì braccata da quelle iridi avide che sembravano volerle carpire il segreto che tentava di nascondere, e distolse lo sguardo da quella figlia che avrebbe potuto causare solo del male.
In quel momento, un vociare sommesso annunciò che la regina era entrata nella stanza, seguita dalle sue guardie. L’Elfa baciò la piccola prima di riavvolgerla nelle sue coperte, la nascose alla meglio sotto il proprio mantello e uscì allo scoperto, dicendo:
“Maestà, vi prego di concedermi udienza. Si tratta di una questione delicata.”
La nobile Galadriel voltò lo sguardo su di lei, non lasciando trasparire alcuna emozione dai suoi occhi glaciali. Meridan si obbligò a sostenere quello sguardo: persuadere la regina ad ascoltarla era la sua unica via di scampo e l’unica speranza per sua figlia. La sovrana si limitò a fare un cenno alle guardie, che si allontanarono in silenzio, quindi tornò a guardare Meridan invitandola a parlare. L’Elfa scostò delicatamente il mantello e le coperte che avvolgevano la bambina, mostrandola alla regina avvolta nel semplice abito azzurro che le aveva cucito di persona, durante la lunga e terribile attesa della sua nascita. Galadriel la guardò un istante e capì.
Il sangue del Male scorrerà in eterno,
chi è senza colpa ne reggerà il fardello.
Piangerà una madre la figlia perduta,
il suo cuore muterà in fredda pietra
Piangeranno le genti la stirpe maledetta
che pure  il loro biasimo non avrà meritato.
Disperazione nel cuore di Gondor.
Gli occhi le si velarono d’ombra: dunque era giunto il tempo dell’avverarsi della profezia. Il Male era in fermento, persino tra le mura di Eregion, la regina lo avvertiva come una vaga inquietudine, come una sottile foschia che sale dai campi e si tramuta in impenetrabile nebbia prima che l’ignaro viaggiatore abbia avuto il tempo di mettersi in salvo. Un pericolo imminente incombeva sulla Terra di Mezzo e quella bambina non ne era che un’ulteriore prova.
“Come si chiama?”
Domandò, prendendo delicatamente tra le braccia la piccola, che stringeva forte le piccole mani come se fosse arrabbiata perché non capiva cosa succedesse.
“Edorel, mia signora. È mia figlia. Suo padre non è un Elfo, lui…”
“Non dire altro, io so. E qual è il tuo nome?”
“Meridan. Vi chiedo perdono, maestà, io non sapevo dove altro andare! Da quando è nata, sono spaventata dalla mia stessa figlia! Pensavo che suo padre fosse un Uomo, ma lo sguardo di questa bambina non ha nulla di umano!”
“Non era un Uomo, ma una creatura ben più temibile e capace d’ingannare.”
“Siete l’unica con cui io potessi parlare, mia signora. Ho pensato a lungo di…liberarmi della bambina, ma non ne ho avuto la forza. È pur sempre mia figlia!”
“Hai preso la decisione giusta, Meridan, poiché questa bambina non ha nessuna colpa. Tuttavia, dovrò portarla via.”
Gli occhi di Meridan si riempirono di lacrime. Immaginava che sarebbe successo, ma non poteva impedirsi di soffrire all’idea di perderla per sempre.
“Dove la porterete?”
“Non posso dirlo, ma ti prometto che non le sarà fatto alcun male. È una creatura innocente, la lasceremo vivere lontano da qui. Non saprà mai nulla.”
Meridan annuì piangendo e prese la bambina tra le braccia. Osservava ogni minimo dettaglio attorno a sé, con gli occhi spalancati come per bere ogni meraviglia che vedeva e le piccole labbra schiuse. La strinse a sé e la baciò più volte, sussurrandole dolcemente:
“Perdonami, Edorel!”
“Il momento è giunto, lasciala qui. E non parlare mai a nessuno di lei!”
Le parole della regina, per quanto pronunciate con delicatezza, furono come una pugnalata del cuore di Meridan, che decise di fare un ultimo dono alla piccola. Si sfilò il bel ciondolo che portava e lo mise al collo della figlia, sperando in quel modo di rimanerle sempre accanto. Depose quindi la bambina nelle braccia della sovrana e corse via, per paura di tornare sulla sua decisione.
Galadriel sorrise per un istante alla bimba, poi alzò lo sguardo davanti a sé. Il sole stava ormai iniziando la sua scalata al cielo, ricacciando le nubi verso Ovest e illuminando ogni istante di più l’inizio di quella giornata. C’era ancora speranza, per tutti loro. Richiamò le guardie e le mandò a cercare poche persone fidate.
 
Umyen era intento a lustrare la sua spada, seduto sul davanzale di una grande finestra, ammirando distrattamente lo spettacolo del giorno nascente. Una sottile brezza agitava i suoi lunghi capelli ramati, che si scostava continuamente dal viso.
“Umyen, la nostra sovrana Galadriel vi manda a chiamare!”
L’arrivo improvviso di due guardie lo distolse da quella pace. Li seguì fino alla sala del trono, dove c’erano soltanto la regina e un’altra Elfa, molto anziana, di cui aveva molto sentito parlare: Asenath, nutrice della regina stessa. La sovrana gli fece un cenno di saluto, quindi esordì, raccomandandosi:
“Nessuno oltre a noi dovrà sapere ciò che sarà qui detto. Il Male striscia lentamente verso Eregion e non so per quanto ancora potremo respingerlo. Il Nemico è tornato nella Terra di Mezzo e sento che sta tramando qualcosa di malvagio, oltre ogni immaginazione. Inoltre, sono giunta a conoscenza dell’avverarsi di una delle antiche profezie.”
Così dicendo scostò l’orlo del suo abito, rivelando una bambina sdraiata placidamente su una coperta dietro di lei, intenta a guardarsi intorno mangiucchiandosi le dita.
Asenath ebbe uno stanco sussulto, come se si sentisse improvvisamente troppo vecchia per occuparsi anche di quel fardello. Quasi dando voce ai suoi pensieri, Galadriel le si rivolse:
“Mia cara Asenath, so bene che da molto tempo ormai desideri partire per Valinor e intendo concedertelo. Tuttavia, devo chiederti ancora un ultimo favore: cresci questa bambina per qualche anno, finché non sarà abbastanza grande per partire.”
“Mia signora, acconsentirò alla vostra richiesta, ma voglio sapere cosa sarà della piccola quando me ne andrò.”
“Non permetterò a nessuno di farle del male, se è questo che temevi. Ma nemmeno posso concederle di vivere qui, sarebbe un pericolo troppo grande per noi e per lei!”
S’interruppe e si voltò verso l’Elfo, che guardava deliziato la bambina, continuando:
“Sarà a questo punto che chiederò il tuo aiuto, Umyen. Il mio sposo Celeborn dice che sei uno degli Elfi più valorosi e leali che abbia mai conosciuto, per questo ho pensato a te: la accompagnerai nel suo lungo esilio e veglierai su di lei.”
“Esilio? Maestà, non capisco…”
“Dovrai condurla via da qui, attraverso la Terra di Mezzo, dove ti sembrerà più opportuno. Nessuno dovrà mai sapere chi siete o da dove venite. Confido che verrà un momento in cui vi sarà consentito di tornare a vivere con noi, ma non posso prometterlo!”
Umyen si sedette a terra, inspiegabilmente attratto dalla bambina, e la sollevò delicatamente tra le sue braccia. La piccola rivolse a lui i suoi occhi neri e sembrò quasi sorridergli.
“Qual è il suo nome, mia signora?”
“Edorel.”
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”
Galadriel lo osservò un istante mentre stringeva Edorel: la guardava come se fosse il suo Silmaril, qualcosa di prezioso e bellissimo. In quel momento la regina capì che davvero la avrebbe protetta anche conoscendo il terribile fardello che rappresentava.
“È la figlia di Sauron.”

  
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