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Autore: tomlinsoulmate    07/04/2013    3 recensioni
"..e non importa se al risveglio,
ci ritroviamo il mondo addosso,
perché potrà cambiare il vento,
ma noi no."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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"ci sono momenti nella nostra vita in cui l'amore sconfigge tutto:
sfinimento, insonnia..tutto.
e poi ci sono quei momenti in cui sembra che l'amore non ci porti a nulla,
se non dolore."


 



Marzo.

Ogni cosa pareva stargli stretta, quella mattina e, quando si svegliò di soprassalto liberandosi freneticamente e definitivamente delle lenzuola, capì che non era solo una semplice sensazione dovuta al sonno. 
Harry non era accanto a lui, non c'era il suo respiro a solleticargli il viso, non c'erano le sue babbucce enormi abbandonate ai piedi del letto, non c'erano i suoi vestiti appoggiati malamente sull'anta dell'armadio lasciata aperta. Non c'era, Harry non c'era e, al posto suo, a dargli il buongiorno, rimaneva soltanto l'inutile lato vuoto di un materasso troppo grande per una persona sola.
Ed era colpa sua, se lo ripeteva in continuazione dalla sera prima, quasi come fosse il ritornello di una stupida canzone che, ormai, si era stancato di cantare; e andava avanti a ripeterselo anche ora nonostante, ormai, fosse passato parecchio tempo dal momento in cui, esasperato ed al limite del pianto, Harry si era chiuso la porta alle spalle, con foga, senza fare più ritorno.
E non riusciva a darsi pace, fissava il soffitto bianco come se lì, da qualche parte, fossero nascoste le risposte di cui aveva bisogno; ma Harry continuava a non esserci e - Louis ne era assolutamente certo - le risposte se l'era portate via lui insieme a tutto il resto, insieme a tutto.
Decise di alzarsi e, trascinando svogliatamente i piedi sul parquet color nocciola del corridoio, si diresse verso le scale che davano direttamente sul salotto e, nell'esatto istante in cui i suoi occhi si posarono inavvertitamente sulla copia di chiavi di Harry, abbandonate sul mobiletto in mogano accanto alla porta, si rese conto che non sarebbe tornato, o almeno non nell'immediato; era sfinito, trafitto, annientato da quel sentimento che, pur meraviglioso e capace di farlo sentire giusto, appagato come pochissime cose al mondo, al tempo stesso, sapeva buttarlo giù, sempre più giù, rendendo ancor più difficile ogni sorta di tentativo per ritirarsi su. Era come ricominciare da capo, come ritornare all'improvviso in quel bagno pubblico a dirsi 'ciao' per la prima volta, era guardare i suoi occhi che soltanto a sfiorarli con il pensiero ti ci perdevi, era scoprire e riscoprire se stesso, rimanendo a penzoloni, aggrappandosi a due labbra al sapore di fragola e ad una risata che ne conteneva almeno cento.
E per Harry l'avrebbe fatto: sarebbe ritornato all'inizio, al primo incontro, al primo bacio, al primo 'ti amo' detto quasi per scherzo, tra una prova e l'altra; perchè lui meritava questo, meritava di sentire che non era il solo a combattere, che le guerre, se si è in due, si vincono più facilmente anche se, quella battaglia, si ritrovava a doverla sopportare da solo, in una casa vuota, senza di lui, seduto su un divano con la sola compagnia di un contenitore di popcorn mezzo vuoto e dei tanti, troppi ricordi legati indissolubilmente alla sera prima.



...

"Harry ,certo che potresti anche rispondermi! Non trovo le uova, sei sicuro di averle comprate stamattina?", ululò Louis dalla cucina, aprendo e richiudendo il frigorifero per l'ennesima volta, senza trovare ciò che cercava da almeno dieci minuti. "Boo, sono qui. Ti prego corri!", pigolò Harry da una stanza della casa non ben definita. "Ma qui dove?", urlò nuovamente Louis, spaesato. "Manco vivessimo in una reggia, mannaggia a te. Sono in bagno, Lou, spicciati!", biascicò l'altro, dal piano di sopra. "Giuro che se è uno dei tuoi soliti giochetti per trascinarmi a tradimento nella doccia con te, io..Harry?!", esclamò il più grande spalancando la porta della stanza. "Non fare domande e aiutami, ti prego!", piagnucolò Harry che, nel frattempo, con una mano a penzoloni e l'altra a coprirsi gli occhi, tentava disperatamente di uscire dalla doccia senza inciampare nei suoi stessi piedi. "Piccolo, ancora la stessa storia dello shampoo? Ma come te lo devo spiegare che, quando ti lavi i capelli, gli occhi li devi tenere chiusi?", ridacchiò Louis porgendogli la mano. "Perchè stai ridendo? Dovresti aiutarmi, Boo! Dio, bruciano da morire!", si lamentò Harry passandosi ripetutamente l'asciugamano sul viso. "Certo che non impari proprio mai, testa di pigna!", lo prese in giro Louis, osservandolo con fare divertito. "Bene, ora puoi anche tornare in cucina a preparare la cena, grazie!", lo snobbò Harry, fingendosi offeso e tornando a prestare attenzione ai suoi ricci. "E mi cacci via così? Io che pensavo di essermi meritato un giusto ringraziamento per averti salvato dalla schiuma malefica del tuo shampoo", si risentì Louis tentando in tutti i modi di farlo sentire in colpa; ed Harry, come spesso accadeva, cedette. "Per il 'giusto ringraziamento', come lo chiami tu, devi pazientare per qualche ora, per il momento accontentati di questo.. - disse sfiorandogli le labbra. - e adesso torna in cucina, gli altri saranno qui a momenti, finisco qui e ti raggiungo", concluse poi, spingendolo verso la porta.

...

La casa piombò in un surreale silenzio, Niall, Liam e Zayn se n'erano andati da poco trascinando fuori dalla porta tutte le risate e l'allegria; rimase solo il silenzio, sordo silenzio interrotto solo dallo scrociare dell'acqua nel lavandino della cucina. "Harry.", soffiò Louis appoggiandosi al frigorifero; non sapeva da dove cominciare, la tensione era talmente forte, tanto da poterla tagliare con un coltello. "Perchè non me l'hai detto?", chiese l'altro di rimando, senza alcuna emozione. "Te ne avrei parlato.", tornò a dire Louis sfiorando leggermente il braccio del compagno che, dal canto suo, continuò a lavare i piatti senza degnarlo di uno sguardo: era arrabbiato, frustrato, deluso. "Harry, guardami.", lo implorò il più grande cercando una qualsiasi reazione da parte sua. "Avevamo progettato questo week end nei minimi particolari, da mesi, era una cosa solo nostra, solo che a quanto pare per te non era poi così importante.", disse il riccio puntando i suoi occhi verdi in quelli di Louis. Erano tristi, spenti, senza vita, quasi. "Non puoi dirmi questo, sai quanto ci tenevo a passare del tempo con te, è solo che..che..", tentò di dire lui. "..che, cosa? Cosa?", lo interruppe Harry, con tutta la rabbia di cui era capace. "Che hanno deciso loro, come sempre del resto.", concluse Louis, abbassando lo sguardo: non riusciva a vederlo così, proprio non ce la faceva a leggere tutta quella delusione nei suoi occhi. "E tu non hai fatto niente per impedirlo, mh? Mi sono stancato di annullarmi, di annullarci, per colpa di quattro deficienti che hanno deciso di dover necessariamente pilotare ogni nostra scelta, rivoglio la mia vita Louis, rivoglio la nostra vita.", sbottò Harry accucciandosi sul tappeto, tenendosi i ricci con le mani ancora umide di acqua e detersivo. "Vederti così mi uccide.", sussurrò il più grande, inginocchiandosi accanto a lui. "E allora fai qualcosa, ti prego Louis, fai qualcosa.", lo supplicò il minore al limite del pianto; e l'altro rimase in silenzio, immobile, non fece nulla se non tentare di abbracciare Harry che, però, si divincolò dalla stretta. "Non puoi pensare di risolvere ogni cosa con un abbraccio, con un bacio, dicendo che mi ami. Stavolta no, voglio che me lo dimostri davvero e fino a quel momento è meglio che io me ne vada, starò qualche giorno a casa di mia madre, ho bisogno di schiarirmi le idee e penso che anche tu debba farlo.", concluse prima di salire la rampa di scale che separava il salotto dalle stanze da letto. Una manciata di minuti dopo tornò con un borsone, prese le ultime cose dal bagno e, dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla, se lo caricò sulla spalla destra; diede un'ultima e fugace occhiata a Louis che, nel frattempo si era spostato sul divano, dopo di che imboccò la porta principale. "Passa un buon fine settimana a Parigi e, ah, salutami Eleanor.", disse infine prima di scomparire definitivamente.

...

Quando Harry parcheggiò il suo rangrover nel vialetto della villetta, proprio dietro all'utilitaria di sua madre, ormai erano le due passate. Holmes Chapel era completamente deserta, se non per qualche uccellino che, come lui, tornava a casa, nel suo nido; un paragone un po' azzardato, si ritrovò a pensare, perchè Louis non era lì con lui, e Louis era casa, era quel posto in cui sapeva di potersi rifugiare, erano le sue braccia pronte a stringerlo, era il solletico prima di fare l'amore, ed ora non c'era. Ripensare alle parole che si erano detti solo qualche ora prima faceva male, male da morire; e ripensare alla velocità con cui si era ritrovato a cacciare con forza tutte le sue insicurezze, le sue paure, all'interno di un borsone, e scappare lontano dall'unica persona in grado di cancellare la paura fuori e dentro di lui, faceva ancora più male: perchè Louis, nonostante tutto, era l'unica risposta alle sue domande, e lo sarebbe sempre stato.
Le luci in casa erano spente, ad eccezione di una piccola abat-jour accesa nel salotto, segno che forse Gemma si era addormentata con la testa abbandonata sui libri nel tentativo di studiare la lezione per il giorno successivo, come spesso accadeva. Inserì la chiave nella toppa e, facendo attenzione, richiuse la porta dietro di sè, si tolse le scarpe dopo aver appoggiato il borsone accanto al porta ombrelli e, quando si voltò per dirigersi verso la cucina, il viso scosso di sua sorella gli si parò davanti. "Harry che è successo? Che ci fai qui a quest'ora della notte?", chiese sbalordita; e le lacrime che fino a quel momento era riuscito, con forza, a ricacciare giù, presero il sopravvento. "Ehi, ehi, piccolo! vieni qui, su, fatti abbracciare.", sussurrò lei, accogliendolo tra le sue braccia. Si sedettero entrambi sul divano rimanendo in silenzio: a Gemma non andava di domandare e ad Harry di parlare. 
"Immagino che il problema sia sempre lo stesso, mh? Ora però stai tranquillo, adesso ci stendiamo qui come facevamo da bambini e tentiamo di dormire un po', ci stai? Ne riparliamo domani.", concluse poi, prendendolo nuovamente nella sua stretta. Era distrutto, ma con Gemma al suo fianco sentiva di non essere più così solo.


...

Louis era stanco, nonostante fosse sveglio da nemmeno due ore; era stanco di spingere il carrello pieno di bagagli attraverso l'aeroporto, stanco di tenere la mano di Eleanor come se fosse la cosa più naturale al mondo, stanco di essere nel posto sbagliato, al momento sbagliato, con la persona sbagliata. 
"Lou, dove stai andando? Il gate è da questa parte!", esclamò la ragazza, tirandolo per un braccio.
"Oh sì, scusa, hai ragione. Perdonami El, non so che mi prende, stamattina.", disse lui, di rimando, girando il carrello.
E invece, nonostante l'avesse appena negato per l'ennesima volta, Louis era pienamente cosciente del motivo per cui la sua testa viaggiava in una lunghezza d'onda completamente diversa da qualsiasi altra persona presente accanto a lui; continuava a guardarsi attorno nell'assurda speranza di vedere Harry spuntare tra la folla pur sapendo che, visti i trascorsi delle ultime ore, l'unico posto in cui non l'avrebbe rivisto sarebbe stato sicuramente l'aeroporto dal quale, esattamente mezz'ora dopo, sarebbe decollato l'aereo diretto a Parigi su cui, lui ed Eleanor, stavano aspettando di salire.
Doveva esserci Harry lì con lui, eppure non c'era e, nonostante tutti gli sforzi per scacciarlo, l'enorme vuoto dato dalla sua assenza era ancora lì, ben lontano dal volersi dissolvere; si sentiva perso, fuori luogo, e solo, irrimediabilmente solo, strappato ingiustamente all'unica persona in grado di comprendere anche il più assurdo dei suoi silenzi, e catapultato in una realtà che non gli sembrava neanche più la stessa, non lontano dalle braccia e dagli occhi di Harry.
Si voltò appena e fu in quel momento che li vide: due ragazzi seduti sulla fila di poltroncine poco distanti da loro, si scambiavano occhiate fugaci piene di tutto l'amore che l'uno provava per l'altro, si presero per mano incuranti degli sguardi indagatori dei passanti e "mi ami?", sentì sussurrare dal biondino seduto sulla destra, mentre "più di qualsiasi altra cosa al mondo.", rispose il moro, un tenero sorriso ad increspargli le labbra.
Il respiro gli si bloccò in gola, e fu come se i suoi occhi si fossero aperti davvero lì, in quel momento e, improvvisamente, ogni azione da compiere gli fosse diventata più chiara; ed anche se non ebbe il tempo materiale di realizzare a pieno la cosa perchè, qualche attimo dopo, la voce metallica proveniente dagli autoparlanti disposti in ordine sparso in tutta la sala cominciarono ad avvertire i passeggeri che, da lì a poco, si sarebbero imbarcati, Louis sapeva già cosa doveva fare
"Lou spicciati, dobbiamo andare", trillò Eleanor, afferrando prima la borsa che precedentemente aveva appoggiato su una delle poltrone, e poi la mano di Louis.
"Io..non posso, scusami El, ma non posso partire.", biascicò confuso, allentando la sua presa.
La ragazza lo guardò, sbigottita. "Come non puoi? Lou, ma che dici?", grugnì lei, esterefatta.
"De..devo andare da Harry, non posso..", disse martoriandosi le mani e riacciuffando la tracolla poco distante. 
"Non fare il bambino, lo sai che..", tentò di dire lei, ma "Ho detto che devo andare da Harry.", sentenziò lui, sicuro come mai prima d'allora; e la lasciò lì, davanti all'entrata del gate, con la sola compagnia delle hostess e dei bagagli di entrambi.
Cominciò a correre verso l'uscita dell'aeroporto e, una volta varcata la soglia delle porte automatiche, tirò fuori il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans.
« Zay, ho bisogno di te, devi portarmi da Harry, ti spiego tutto strada facendo. Sono all'aeroporto, ti aspetto qui. Louis. » digitò frettolosamente.
E nonostante sapesse tutto ciò che questa assurda follia avrebbe scatenato in un futuro non tanto prossimo, si riscoprì inaspettatamente spavaldo e per nulla preoccupato, perchè poteva succedere qualunque cosa, ma anche la più drammatica delle supposizioni era sicuramente migliore di un'ipotetica vita senza Harry Styles al suo fianco.


...

Si stiracchiò malamente allungando le gambe sul divano, sua sorella non era più accucciata vicino a lui e, al suo posto, un bigliettino con la tipica calligrafia tondeggiante ed armoniosa che la distingueva fin da quando erano bambini, faceva capolino accanto al suo viso.
« Haz, son dovuta scappare all'università, quando torno mi racconti tutto. Se vuoi ti ho lasciato la colazione sul ripiano della cucina, non fare troppi danni mentre io e mamma non ci siamo, mi raccomando. A più tardi, Gem. » 
Inaspettatamente, la poca voglia di mangiare della sera prima aveva lasciato posto ad un enorme appetito quindi, deciso a consumare le pietanze che Gemma gli aveva premurosamente preparato, si alzò dal divano per dirigersi verso la cucina. Lo squillare insistente del suo cellulare, però, lo distrasse momentaneamente dall'obiettivo che si era predisposto di raggiungere; e il nome che lampeggiava sullo schermo gli fece perdere un battito
Boobear.
"Louis, ch..che vuoi?", tentò di dire Harry, cercando di mantenere quella freddezza che s'era obbligato d'avere qual'ora avesse chiamato, ma "Apri la porta.", si sentì rispondere dall'altro capo del telefono; e la sua voce gli fece perdere un altro battito. "Non ho voglia di scherzare, Lou. Che..", provò a dire lui, mentre "Haz, apri la porta, ho detto.", disse Louis, nuovamente; ed Harry, al di fuori di ogni logica, fece quello che gli aveva detto. Quello che successe dopo fu un uragano di emozioni, il verde degli occhi di Harry, colmi di stupore e felicità, mischiato all'azzurro di quelli di Louis, straripanti di orgoglio per ciò che era riuscito a fare per lui. 
"Ma tu non dovevi..", cominciò a dire Harry, ancora incredulo, ma "..e invece sono qui, il mio posto è dove ci sei tu.", concluse il più grande, lambendo delicatamente la pelle della mano destra del più piccolo, quasi come se avesse paura che, da un momento all'altro, potesse scappare via.
"E adesso, come facciamo adesso?", chiese il ricciolo, abbassando di poco lo sguardo. 
"A quello ci penseremo quando arriverà il momento, adesso voglio solo che tu venga a casa con me.", disse Louis prendendolo tra le braccia, e tornando finalmente a respirare davvero.
Ed Harry si lasciò cullare dall'unica stretta capace di allontanare qualsiasi tipo di problema, sentendosi finalmente al sicuro.
Perchè erano ritornati ad essere loro, e nessun'altra cosa pareva avere più importanza, non con lui al suo fianco.


...

"..portami con te, per ricominciare,
non importa dove."

 






angolo dell'autrice:
okay, non so precisamente quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho aggiornato, 
ma qualcosa mi dice che ne sia trascorso parecchio (siccome non tengo il conto di quando pubblico, me ne dimentico in fretta lol)
anyway chiedo scusa se vi ho fatto attendere per il continuo :c
e dio, mi sono resa conto che questo mese è il più carico di avvenimenti e, soprattutto, è abnormemente lungo D:
spero solo che non vi annoierà, visto che gli altri capitoli erano decisamente più corti cwc
ad ogni modo, sono carica di aspettative, perciò abbiate pietà di me e lasciate un segno del vostro passaggio, anche un "ciao, questa storia fa schifo, ciao" andrebbe bene. (okay no, il tatto è sempre ben accetto, ecco AHAHAHAH)
va beh, non mi dilungo troppo che forse è il caso lol


love you all,


 
emme.
  
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