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Femme fatales emerged from shadows
To watch this creature fair
Boys stood upon their chairs
To make their point of view
I smiled sadly for a love I could not obey
Lady Stardust sang his songs
Of darkness and
dismay
Lady Stardust-David Bowie
Non è facile definire se quella scelta fosse stata
davvero sbagliata. Resta il fatto che per gli assurdi, stancanti, noiosi,
eccitanti sette anni a venire, quello fu il suo mestiere. A volte Tiresia
ripensava ai giorni in cui era stata un uomo, un uomo onesto. Era così buffo e
assurdo. Lei lo sapeva. Ogni cosa che credeva fosse accaduta, semplicemente non
era...possibile. Tiresia lo sapeva, di essere solo una povera puttana pazza.
Una volta il signor Pierre Wolsey le aveva detto ch'era troppo bella per fare
la puttana. Lei aveva riso forte col suo uccello stretto tra le cosce.
D'altra parte, arresasi all'evidenza di non avere un passato, si chiedeva come
avesse potuto inventarsene uno tanto assurdo. Il cervello umano doveva essere
uno strano marchingegno davvero. Con una sigaretta in bocca, sdraiata accanto a
Claude il Bello, si chiedeva per quale motivo fossero ancora tatuati nella sua
mente i visi di quelle due donne, Maria, alla quale associava sensazioni
orrende, e poi sua madre. E a volte pensava al pescatore, e a quelle zanzare. E
poi si assopiva.
"Ah! Questa è la vita più assurda che abbia mai vissuto"
Però la stupiva che sette anni avessero segnato così poco il suo aspetto. Sette
anni di una vita tanto dissoluta. Alla fine non le era dispiaciuto. Anche se
non sapeva cosa c'era stato veramente prima, il dopo le era piaciuto. Si era
anche chiesta perchè non avesse avuto una vita normale. Una casa col tetto
azzurro, un cane e un bambino di nome Thomas. Un marito coi baffi e una
monovolume. Dio, che palle.
Pensava giusto a questo, a tutto questo, mentre accanto a lei Edward Talis, un uomo snello e piacevole, dormiva. Aveva pagato
perchè dormissero insieme, oltre al resto. Spense la luce, tirando la
cordicella che pendeva dall'abat-jour. Le sembrò di sentire qualcuno ridere.
Ah, incubi del dormiveglia. Un ronzio. Con un colpo spiaccicò quella cosa
inutile sulla sua pancia nuda e si addormentò.
“Questa situazione ha un ché di molto voyeur,non
trovi?”
“Dipende da quanto piacere provi osservando il nostro
amico - pardon - la nostra amica lavorare”.
Invisibili all’occhio umano,due ricciolute divinità
bionde ridacchiavano al buio,appoggiate alla parete di una pacchiana camera da
letto,tappezzata di falsi Manet. Un gatto nero si stiracchiava sornione ai
piedi della piccola e nuda Olympia che,insieme ad Ermes e Iris,placida aveva
seguito con il suo sguardo immobile quel che nelle ultime ore era accaduto sul
letto davanti a lei.
“Molto poco,invero“. Ermes osservò maliziosamente
Iris,lasciando intendere senza molti giri di sguardi quel che voleva. Ma era
uno dei momenti in cui Iris diventava noiosa. Ermes sapeva che avrebbe solo
dovuto avere pazienza. Finito il lavoro le avrebbe offerto qualcosa, lei
avrebbe accettato e si sarebbero rilassati un po’. Meglio finire in
fretta,dunque. Schioccò un bacio sulla guancia di Iris e assunse di nuovo
quello sciocco aspetto che aveva preso sette anni prima e subito dopo Iris lo
imitò. Non potevano comunicare tra loro quando assumevano quell’aspetto,e anche
ogni risata di lui diventava un fastidioso ronzio. Non dovette attendere per
molto la reazione della donna stesa sul letto. Dopo qualche minuto,si ritrovò
schiacciato sull’addome piatto di Tiresia. Perlomeno doveva aver fatto molto
esercizio,in quegli ultimi sette anni.
Tiresia fu svegliata dal sonoro russare di Talis,accanto a lui. Aveva digrignato i denti nel sonno,e
quel rumore colpì i suoi timpani come un martello pneumatico. Si alzò di scatto
e si rese conto che doveva andare in bagno. Una nuova pesantezza nei movimenti
la colse impreparata,e rischiò più volte di inciampare nel tragitto che la
conduceva in bagno. Attribuì la colpa al troppo spumante da quattro soldi che
aveva bevuto la sera prima. Passò davanti lo specchio senza degnare la sua
immagine riflessa di uno sguardo. La mattina dopo aveva sempre un aspetto
terribile,con tutto l’eye-liner colato. Si slacciò la veste da camera di
raso,con cui aveva dormito,e si sedette sulla tavoletta del cesso. Dopodichè
strillò con tutta sé stessa.
“Oh,dio santissimo!”
Si rivestì alla bene e meglio con gli indumenti di Edward
Talis,disseminati qua e là nella stanza
dell’alberghetto. Gli andavano un po’ stretti.
Scese la tromba delle scale rischiando nuovamente di
inciampare, impacciato nei movimenti com’era, e si ritrovò nella hall
dell’albergo. Si guardò attorno spaesato. Strano,si disse,la sera prima l’hotel
gli era sembrato molto più dozzinale. Sicuramente,non aveva notato le poltrone
di pelle,i tappeti e gli arazzi sulle pareti.
Lei tamburellava con le unghie su un tavolinetto in
castagno, e muoveva la gamba destra come in una convulsione. Indossava un
maglioncino di cotone verde, un foulard e occhiali da sole. Non le giovava la
luce che le cose emettevano lassù.
Lui se ne stava seduto in disparte, leggendo una
rivista. Era paradossale che lo facesse. Ma era uno strano tipo. Sottecchi la
osservava. Si chiedeva come potesse essere tanto irritante e adorabile allo
stesso tempo.
"Vado a fare un goccio".Lei alzò un
sopracciglio
"Tu non fai pipì".
"Si, se mi va. Io sono onnipotente"
Lei rise.
"Non uscirai da questa stanza"
"Devo ripetertelo? Sai che odio ripetere.
ON-NI-PO-TEN-TE"
"D'accordo, amore. D'accordo tesoro. Non sarà
intelligente, ma chiunque sospetterebbe del tizio meno onesto al mondo.
Inoltre, non mi pare proprio un caso che tu abbia voglia di fare un goccio giusto
quando lui è arrivato." Zeus sorrise. Si aspettava di essere beccato.
"Potrei sentirmi offeso, tesoro. Chi è che
amministra la giustizia su questa florida Terra?"
"Appunto" rispose Era. I due incrociarono
gli occhi e sorrisero un poco. "Sai, lui è con Ermes. Per quanto sia un
dannato bastardo, mi piace Ermes e mi fido di lui". Era sospirò e si
lasciò cadere su un divanetto "Lo sai, già ti vedo, una divinità
domestica. Solennemente devoto al tuo focolare. Ti concederò di scendere a
farti un giro ogni tanto, ma solo accompagnato da me o da Atena. Ah, sarà una
goduria".
Un brivido scese lungo la schiena di Zeus. Dove
diavolo era finito Ares?
"Ben-ve-nu-to"
Sillabò una voce serena e al contempo annoiata. Quando si voltò Tiresia vide
uno strano tipo, abbracciato ad una ragazza bionda. Si meravigliò della loro
straordinaria bellezza. La sua mente investigativa di uomo pareva essere
tornata all'azione. Era un'oscura fosca vicenda, in cui aveva perso sette
fottuti anni. Così non era una puttana pazza. E di certo non si aspettava di
ritrovarsi in un posto sconosciuto e di venir salutato da un uomo con la faccia
da schiaffi, tutto intento a pomiciare con un'adolescente bionda. Magari
l'avrebbe potuto arrestare. Ma di tutto questo gli uscì di bocca solo un
ciancicato
"Dove..?"
L'uomo rise.
"Poveretto" disse "la transizione ti ha
conciato proprio male".
Tiresia si stropicciò gli occhi. Si sedette su una
sedia di pelle.
"Cosa sarebbe una transizione?"
L'uomo sospirò, avvicinandosi a lui. La ragazza gli si
sedette accanto, muta.
"Te lo dirò bruscamente, siccome probabilmente
quando uscirai di qui non ricorderai più nulla" Pausa. "Hai presente
tutte le ipotesi di voi mortali sul divino? Qui avrai le risposte. Voglio dire,
noi siamo la risposta. Non la risposta a tutto, non sappiamo da dove veniamo o
perchè viviamo o cose simili. Siamo solo creature sovrannaturali, esistenti da
sempre e regoliamo le norme del vostro mondo".
Tiresia non aveva una faccia sconvolta. Sorrise,
accartocciando il bel visino.
"Ok. Diciamo che io prenda questa faccenda per
vera." Ermes si disse che non aveva mai sentito nessuno prendere la cosa
in modo simile. Com'è che non scoppiava a ridere? Che non gridava? La
transizione doveva averlo stancato.
"Siccome dovrei dimenticare tutto, potresti dirmi
qualsiasi stronzata, quindi non vale la pena stare a discuterne. D'altra parte
se tutto quel che mi hai detto è vero, che ci faccio qui? Se dovrò dimenticare
tutto, allora non sarò neanche una specie di messia. A cosa potrei servire a
delle creature onnipotenti?" Sorrise. Ermes pensò che era un uomo acuto.
Porsi troppe domande sarebbe stato una perdita di energie e di tempo.
Razionalmente era il modo migliore di prendere la cosa.
"Lo so che non è facile da credere, amico" ,riprese
Ermes con un certo trasporto. Gli porse un succo di ananas."Ma essere
immortali è una vera noia. Per questo motivo accade sovente che alcune divinità
facciano scommesse".
"Scommesse? Io sarei parte di una
scommessa?"
"Accade che loro si stanchino, litighino o si
annoino. E allora spesso fanno cose strane a voi umani per vedere che
succede".
"Il cambio di sesso, immagino. Parli di loro. Non
sei uno di loro?"
"Si e no. Io non faccio scommesse".
"E lei?" Tiresia indicò Iris "E'
diversa".
"Si lo è. Ma è molto timida e non aspettarti che
ti risponda". Ermes sorrise. Pausa.
"La transizione".
"Non è così importante, Tiresia. Vuoi
saperlo?" fece cenno di si col capo. Ermes sbuffò. "Sulla vostra
terra noi siamo percepiti come onde radio. Non siamo niente. Per questo
possiamo stare in mezzo a voi, seguirvi, scegliervi, innamorarci di voi senza
essere visti. Possiamo prendere qualsiasi forma vogliamo, però. Quando invece
tocca a uno di voi, come te per esempio, venire a farci visita, ascendere,
subisce un processo che chiamo transizione. La tua materia è diventata il più
simile possibile alla nostra. Per questo ti senti fiacco e ti duole il capo. Il
succo ti farà stare meglio"
Era sorseggiava del vino, con gli occhiali sul naso, e
leggeva un quotidiano di Tokio. Zeus si stava annoiando ancora più del solito e
sonnecchiava.
"Cosa stai aspettando, tesoro?" disse lei
"Non sto aspettando proprio niente".
"Ti gratti la fronte quando aspetti qualcosa.
Cosa stai aspettando, tesoro?"
"Perchè questa mia donna deve sempre pensar
male?" Zeus l'abbracciò. Piantala, dicevano gli occhi di lei.
"Pa'? Pa' ho bisogno di te". Una voce
cavernosa risuonò subito fuori dalla stanza.
"Oh che strano. C'è qualcuno qui per te. E dalla
sua grazia straordinaria, direi che si tratti di Ares. Che tesoro il
figlioletto di sua madre".
"Ti giuro, tesoro mio, che non ne sapevo niente.
Lo giuro"
"Sbrigati, pa'… "
Ares bussava con veemenza.
"Farò in un attimo, si. In un attimo solo"
Era sospirò. Quel maledetto bastardo.
Zeus accostò la porta, ma fece in modo d'essersi
allontanato di molto per aprir bocca.
"Oh grazie a dio, Ares. Pensavo non saresti
arrivato".
"Che cosa orrenda, mi hai fatto fare. Povera
mamma".
"Sai bello mio, chiunque altro sarebbe stato più
sospetto di te. A pensarci bene sei l'unico che non la odia o che lei non odia.
Ah, che graziosa famiglia".
"M'importa solo che tu mi dia quel che mi hai
promesso, vecchio"
"Bello mio, dovresti davvero moderarti. uhm, sei
proprio un figlio scortese. Senza contare la tua relazione con la moglie di tuo
fratello. Ah, ti ho mai detto quanto sono fiero di te?"
"Piantala Pa'. Concludi la tua questione, lei sta
già sospettando. Vuoi che mi finga te per un po'?"
"Non se ne parla. Io e quella donna siamo sposati
da...non voglio neanche pensarci. E poi non sono grezzo quanto te, ti riconoscerebbe
subito. Aspetterà"
Tiresia s'era stiracchiato ed era riuscito ad alzarsi.
La bella adolescente era rimasta seduta, mentre lui ed Ermes avevano imboccato
un lungo corridoio. Lungo non era un eufemismo. Quel corridoio, sembrava
cambiare aspetto ogni qualche minuto. E soprattutto sembrava non finire mai.
"Non è un impressione, amico. Questo corridoio è
infinito. Devo spiegarti ancora un paio di cose".
Tiresia annuì.
Che altro avrebbe dovuto aspettarsi?
"Le scommesse hanno un vero e proprio impianto
formulario. Di solito il giudice è lo stesso Zeus, ma dato che la scommessa lo
coinvolge ne sarà eletto uno sul momento. D'altra parte il vero e proprio
giudice sarai tu".
"Zeus? Mi stai dicendo che sono immischiato in
una scommessa del capo dei capi?"
"Esatto". I due risero. Tiresia assunse
un'espressione fiera.
"Vedi, però. Lei è una donna irritabile".
"Lei?"
"Il boss dei boss ha scommesso con sua
moglie".
"Oh. E' normale che io sia preoccupato,
adesso?"
"Credo che tu non lo sia a sufficienza".
Pausa.
"E mi hai portato in un corridoio infinito solo
per dirmi questo?"
"In effetti no. Vedi,credo che lui vorrà parlare
con te".
"Ma questo non è scorretto?"
Ermes scoppiò a ridere.
"Ehi-là" disse la voce roca di un uomo da
qualche parte. Tiresia sentì salirgli un forte mal di testa. Non ci capiva
niente.
"Eccoti. Stavamo giusto parlando di te".
disse Ermes.
"Siccome dubito si tratti della moglie..."
"...il boss dei boss, al tuo servizio".
Ermes sorrise
"Mi auguro diceste cose belle di me. Mi offendo
molto facilmente".
Tiresia fissò
Ermes spaventato. Ermes sorrise, apprensivo. "Sto scherzando, andiamo. Ah,
caro figlioccio mio. Ti sei affezionato al mortale?"
"Non mi dispiace. Ne avete pescati di
peggiori".
Zeus sorrise.
Amava i suoi bastardi. Si avvicinò a Tiresia il mortale e gli passò la mano
sulle spalle.
"Ah, allora, come l'hai presa? So che non è molto
ortodosso manipolare la vita di uno di voi così, ma alla fin fine...non è stato
uno spasso?"
Tiresia rimase un attimo a pensare.
"Direi...non so". Zeus rise forte. Era uno
strano uomo,quel Tiresia
"Ad ogni modo non voglio saperlo. Devo dirti un
paio di cosette svelte. Vedi… si dà il caso che nelle relazioni anche noi di
quassù siamo molto...molto umani, ecco. E si dà il caso che quando tutto è
iniziato io abbia avuto un bel litigio con la mia signora, di là, anche se lei
aveva proprio ragione. Proprio ragione. Lei ha sempre ragione. Così ho tirato
fuori la scommessa, per cavarmene ed avere sette limpidi anni di tranquillità.
Spesso si comporta come una stupida, perchè sono davvero tremendo. Solo che, vedi,
sette anni fa ero un po' alterato probabilmente e...non vedevo la situazione in
modo chiaro e... insomma ho messo in gioco una posta troppo alta".
"Parlami della scommessa. Cos'avete scommesso?"
"Ah, la scommessa. la scommessa" Zeus rise e
rise e rise. Era un vecchio strano tipo. "Le dissi di decidere. Così mi
fece una proposta proprio poco femminile. La scommessa consisteva nello
scegliere un uomo a caso, sulla terra, e trasformarlo in donna per un tempo
sufficiente a capire cosa significasse essere donna. Poi l'avremo portato qui e
gli avremmo posto una certa domanda".
"Che sarebbe?"
"Vedi, come potrai immaginare" Tiresia si
spazientì. Questo boss era un tizio prolisso, e continuava ad abbracciarlo come
un mafioso "il nostro...problemino…era legato al sesso. Così lei tirò
fuori questo interessante quesito: Chi è che si diverte di più quando si tratta
di sesso? L'uomo o la donna? So che sembra idiota, e probabilmente lo è, ma
siamo degli strani tipi, noi e le prendiamo sul serio, certe cose".
"Chi si diverte di più nel..." Tiresia era
ufficialmente allucinato. Era disposto a credere su due piedi a creature
superiori ma non a una stronzata come quella.
"Ah-ah. E cosa avrebbe
puntato il boss dei boss su questa faccenda? Siccome immagino che tu abbia
scommesso sulle donne e la consorte sugli uomini".
"Sei sveglio, si. Ma non mi credi mica. Eppure
questa è la verità. Il sesso è tutto, figliolo. Ad ogni modo. Se perderò non
potrò scendere mai più da qui. Mai e poi mai per tutta l'eternità. Non hai idea
di cosa potrebbe significare".
"Invece non è poi difficile".
"Grazie, amico. Il punto è che non ti farò
niente. Non sono mica un mostro. Però spero che tu mi capisca. Ti prego".
"E lei?"
"Cosa?" Zeus non si aspettava una domanda
simile.
"Cosa perderà lei?"
"Dannazione, credi davvero che sia un mostro? Non
lo sono. Lei non perderà niente. La scommessa voleva che lei avrebbe smesso di
essere tanto noiosa e assillante con me. Ma non lo farà. D'altra parte non
voglio che lo faccia. Mi piace che sia assillante. Anzi." Pausa
"Credo di dover andare. Credo che non dovrei proprio starmene qui, ancora…"
Sorrise. Scomparve.
Passò del tempo che Tiresia non avrebbe saputo
calcolare, durante il quale gli si presentarono altre divinità più o meno
importanti. Il loro rango gli si leggeva negli occhi. Aveva visto una
libidinosa bionda, abbracciata a un bel tipo grezzo, e un giovanotto elegante
che si accompagnava a un esile scricciolino che
sembrava in acido. Gli posero alcune domande sulla vita dei mortali. Tiresia fu
gentile, perchè frastornato dalla situazione generale.
Quando rimasero un po' da soli Ermes, il più umano di
loro gli spiegò che tutti erano molto eccitati dall'eventualità di essere
giudici. Disse che vedeva solo i più strambi, a parte il giovanotto elegante,
che presenziava per puro spirito d'appartenenza, e che le divinità serie non
partecipavano a certi giochetti. Infatti lo stesso Ermes fu molto sorpreso di
veder arrivare una bella florida divinità bionda accompagnata da un uomo
bellissimo, dall'aspetto grave e occhi straordinari che di quella piramide
sociale in miniatura sembravano quasi raggiungere l'apice con la punta delle
dita.
Si sentì un campanello ed Ermes e la sua ragazza di
cui Tiresia non riusciva a tenere a mente il nome, lo accompagnarono in una
stanza dalle pareti giallastre, con un tavolo lungo e stretto al quale si
affiancavano poltrone. Tutto aveva un aspetto così consunto. Tiresia si chiese
a che serviva davvero quel campanello. Quelle creature, parevano in grado di
capire molte cose. Il suono cos'era per loro? Un passatempo?
Entrarono Zeus e la fantomatica moglie. Era una donna
splendida, con occhi severi e lineamenti affilati. Al suono di un terzo
campanello entrarono le altre divinità, portando chiasso. Tiresia non guardò
mai Zeus. Aveva l'impressione che se avesse fatto notare la loro conoscenza sarebbero
sorti dei problemi.
"Poichè" prese
parola Ermes "Come tutti sappiamo bene, non è disponibile al momento il
nostro usuale giudice, siccome impegnato nella stessa disputa, è stata
decisione comune quella di sorteggiarne uno per l'occasione" seguì un
borbottio eccitato. Tiresia aspettò. Fu estratto da un'ampolla di cristallo il
nome dello strano bellissimo ragazzo in acido, che mise su una corona. Tutti
bevvero. Tiresia stava per sentirsi male.
"Ora" disse il ragazzo col bicchiere di vino
in mano "Più o meno tutti conosciamo il motivo della disputa, no? Ah già
dimenticavo te". Lo indicò. Tiresia abbassò lo sguardo. Era fissò Zeus con
occhi poco rassicuranti.
"In pratica" il ragazzo era abbastanza
ubriaco. Probabilmente calcava la cosa "La mamma di pochi qui",risate
,"sostiene che siano gli uomini a spassarsela di più durante il sesso. Il
padre di...beh direi di tutti -ciao papà!- invece che siano le donne. Quindi, chi
meglio di uno che è stato l’uno e l'altra per deciderlo? Andiamo, amico,
rispondici e lasciaci tornare a casa".
Tiresia rimase in silenzio. Che avrebbe voluto dire?
Che importanza avrebbe avuto? Doveva rispondere? Avrebbe potuto decidere di non
rispondere? Si sedette. Prese un calice di vino e ne bevve. Aveva uno strano
buon sapore. Aveva un ottimo sapore. Tiresia bevve ancora. Fissò Zeus.
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
"Da donna" sussurrò. "Le donne".
Zeus esplose in
una sorta di grido. I bicchieri di tutti si riempirono di nuovo. Fu come un
esplosione. Ma fu così che... Tiresia chiuse gli occhi per rendersi conto che
era tutto finito e che non sapeva che avrebbe fatto. Quando li riaprì lui non
vedeva.
"Ommioddio! Oddio!
Aiuto!" Gridò.
Zeus fissò Era minaccioso. Il cielo si oscurò. Dioniso
sbuffò."Hanno spezzato la festa, quei due"
"Come ti sei permessa?" tuonò Zeus.
"Avevi truccato la sfida".
"Avevo truccato...avev...CERTO!
Certo che l'avevo fatto! Ma non avevo promesso niente! Avrebbe potuto scegliere
lui! Non sono un mostro, io! Al contrario di te!"
"Ah si? Che farai adesso? Mi mancherai di
rispetto davanti a tutti restituendogli i suoi occhi? Eh?"
Le coppe di vino e gli spuntini scomparvero. Tutti
mascherarono la loro espressione delusa con una seria, tranne Dioniso. Ed
Ermes, che ne manteneva una annoiata.
Zeus sembrava seccato. Si stropicciò la fronte. La
voce si fece tonante.
"Tiresia Twist, senza aver commesso alcun peccato
hai subito da solo, e senza comprenderlo, lo scherzo degli dei tuoi signori, ma
l'hai accettato di buon grado astenendoti da peccati di presunzione contro di
essi. Per questo, per la tua lealtà e la buona fede dimostrata nelle ore
trascorse quassù, e anche per il torto appena subito da parte della mia
deliziosa e acida consorte, io decido che pur non riacquisendo la capacità di
vedere, tu abbia la possibilità di vivere sette volte la vita di un uomo, sette
come gli anni in cui le nostre sciocchezze ti hanno condizionato, e di avere il
dono della preveggenza, dono che potrai sfruttare venendo a contatto con noi a
tuo piacere. In base alla tua condotta sarà deciso se tu potrai ascendere nel
giorno della tua morte o se sarai destinato alla stesso morte dei tuoi amici
mortali."
Detto questo, un grigio e offeso Zeus si ritirò nelle
sue stanze, dopo aver fatto cenno ad Ermes di riportare Tiresia sulla terra.
Era lo seguì. Era insopportabile. LEI era offesa. LEI
doveva andarsene pestando i piedi. Si chiedeva che potesse avere lui. Si
chiedeva come e perchè. Quel pallone gonfiato. Tra cinque minuti avrebbe
scordato l'intera vicenda. Sentiva la bile salire.
Spalancò la porta.
"Io sono indignata! Raramente mi hai mancato di
rispetto in modo così plateale, e poi perchè? Per un mortale! Un solo mortale!
Cosa conterà mai! Non conta niente neanche per te! E piantala coi discorsi sui
mostri da crisi di mezza età: tu SEI un mostro. Non sei un bambino e neanche un
dio buono. Sei un mostro. Quindi piantala, e perdonami, e se ti fa sentire
meglio restituiscigli la vista. Non posso vivere senza di te".
Zeus era sorpreso. Lanciò da una parte la camicia che
stava infilando in valigia. Il tono della voce di lei era passato da uno d'ira
irrefrenabile a un altro contrito e stanco. Sembrava stesse per piangere.
"Oh. Oh tesoro. Oh baby. A me piace quel tizio.
Sono contento che si faccia sentire prima o poi. Inoltre ho vinto la scommessa.
Sono proprio di ottimo umore, sai?"
Lei vide la valigia. Perchè una divinità si fa una
valigia? Ecco, era di nuovo arrabbiata.
"Inoltre, quel tipo piaceva pure ad Ermes. Sai,
quel ragazzo avrebbe bisogno di qualche amico. E'così intelligente. Sono felice
che gli piaccia. E la cecità. Ah, non è importante. Se la caverà. E poi ci
siamo mancati di rispetto a vicenda. Siamo pari." Pausa.
"Dove stai andando? Credevo che avresti smesso
per un po'".
"Oh, non è il caso. Se rimanessi qui,
litigheremmo ancora, baby. Tesoro. Io ti adoro. Neanche io posso vivere senza
di te, ma..."
"Sei un bastardo. Vattene".
"In effetti è quel che..."
"Vattene ORA".
"Sai, cara, credo che qualche tempo in Europa mi
farà bene. Proprio bene. Ti Adoro".
Sorrise. Scomparve.