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Autore: Diana Klein    07/04/2013    1 recensioni
La storia è ambientata in un 'mondo parallelo', dove ogni persona ha un filo rosso intangibile intorno al polso, che la lega alla propria anima gemella. Diana, una ragazza studiosa e intelligente dell' alta borghesia. Rin, un ragazzo immaturo e scansafatiche, con un tragico passato alle spalle. Due ragazzi, completamente diversi, legati dal destino. Cosa succederà, quando si incontreranno? Riusciranno ad accettare la loro diversità e a comprendersi a vicenda?
"...ogni persona, dal momento della sua nascita fino alla sua morte, è legata da un filo rosso, invisibile, alla sua anima gemella..." "...Esso ti guiderà inevitabilmente dalla tua anima gemella, e indipendentemente dalla distanza e dal tempo che ci impiegherà."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo l’ esame era sabato. Diana si svegliò con comodo. Aprì il balcone della sua stanza e si affacciò, ancora in pigiama. Da lì il panorama era stupendo:  in primo piano si vedeva tutto il giardino della sua famiglia, ben curato dalla nonna, che abitava con loro; più avanti, dopo un muretto basso e il cancello, c'era la strada. Era piena di negozi e di altre villette, più piccole però di quella della famiglia di Diana. Quella strada portava alla Via principale della città, tuttavia non era per niente trafficata e rumorosa.
Diana corse nel gazebo del cortile, dove c’era già la tavola apparecchiata per la colazione e il suo fratellino che beveva il latte. Nelle belle giornate usavano mangiare fuori.
-Buongiorno!- esclamò la ragazza, e si sedette. Il fratellino la guardò, fece un grande sorriso, ma non rispose. Mentre mangiava, Diana guardava la nonna che innaffiava i fiori nel giardino, e pensava. Il cielo era limpidissimo. 
“Davvero una giornata stupenda" pensò. "Stasera mi voglio divertire”.


Finalmente era sabato. Rin si alzò di buon ora, si vestì, prese un succo di frutta dal frigo e annunciò:
-Io esco!-
Camminò svelto finché non raggiunse un piccolo bar nella periferia della città. C’era Gabriele ad aspettarlo.
-Ohe, Gabbo!-
-Ohe Riin!-
-Allora, novità? Hai trovato qualcosa?-
-Macché. Nessuno vuole due scalmanati come noi!- I due si fissarono sconsolati. –Non abbiamo una bella reputazione qui in giro- continuò Gabriele.
-E se provassimo al centro…?- Azzardò Rin. L’ amico lo guardò contrariato.
-Ma dai! Figurati se lì i ricconi accettano dei ragazzi alle prime armi! Non troveremo nessun posto-
Ma Rin non si arrese, voleva convincerlo.
-Cos’ abbiamo da perdere? Sempre meglio che stare qui a perdere tempo-
-Va bene, hai vinto. Andiamo-
E i due si incamminarono verso la fermata del bus. Non fecero nessun biglietto, non potevano permetterselo. Il centro della città per loro era quasi come un illusione. Potevano gironzolare per la Via principale, potevano guardare le vetrine, potevano sedersi su qualche muretto. Ma non potevano permettersi nient’altro. Era tutto così bello, lì, troppo bello per due ragazzi della periferia.
“Figuriamoci se troviamo davvero un lavoro” pensava Rin. Erano tutti e due silenziosi, quando, a un tratto, Gabriele fermò l’ amico per un braccio, e con l’ altro indicò un annuncio:
<< Cercasi ragazzi per pulizie bar >>
-Ma vieniciii!- urlò Rin.
-E’ la nostra occasione!- esclamò Gabriele, aggiustandosi i capelli e cercando di avere un espressione seria.
-Dai, mettiti un po’ a posto. Tira su quei pantaloni. E levati dalla faccia quell’ espressione demenziale- 
-Quale espressione?- Rin lo guardò storto. Ma non si persero più in chiacchiere, presero l’ indirizzo e fecero una corsa.


Il telefono squillò. Diana posò gli orecchini che stava per mettersi e rispose.
-Pronto?-
-Diana! Ma dove sei? Sbrigati! Io sono già al Bar Queen-
-Si, si, arrivo subito!- e riattaccò. Finì di prepararsi, prese una borsetta e salutò i suoi. Finalmente uscì di casa e andò dall'amica.
-Ciao, Gaia. Scusa per il ritardo-
-Eccoti, non fa niente. Piuttosto, bella giacca!
-Hai visto? L' ho comprata la settimana scorsa. Anche tu stai bene, chi ti ha fatto i capelli?-
-Mia madre- rispose sorridendo.  Aveva dei lunghi capelli neri raccolti in una treccia laterale, e una frangetta che le copriva la fronte. Gli occhi azzurri, e la carnagione chiara. Diana invece aveva i capelli sciolti, asciugati naturalmente, e quindi mossi.
Le due ragazze iniziarono a camminare, parlando e ridendo.

-Allora, contento?- chiese Rin.
-E me lo chiedi anche?- I due ragazzi non potevano crederci. Avevano preso il posto.
-Dai, andiamo a metterci qualcosa di decente. Stasera iniziamo, vediamo di non farci buttare fuori subito-
Gabriele annuì. Si separarono, e Rin tornò a casa.
-Ciao, ma’! …Come sta Valeria?- Domandò subito appena entrato in casa.
-Sta bene- Rispose la madre, sorridendo. Era contenta che Rin si preoccupasse per la sorella.
-Sono felice…- disse il ragazzo. -Ah, e comunque, ho trovato un lavoro- Continuò un po’ imbarazzato.
-Enrico, tu devi pensare a studiare. Quando finirai gli studi, allora ti troverai un lavoro serio.-
-Ma mamma!- Rin si arrabbiò –Lo hai sempre detto tu, che ti serve una mano! Io mi sto impegnando! Riconoscimelo, almeno una volta… Non sono più un bambino, cazzo- 
La madre lo squadrò da capo a piedi. Era effettivamente cresciuto.
-Inizio stasera. Lavorerò in un bar- continuò più calmo. -Al centro!- aggiunse poi andando in camera sua.


Era tardi, e Gaia e Diana stavano lentamente tornando a casa, dopo una lunga serata. Si erano divertite, fra risate e pettegolezzi, robe da ragazze. Avevano mangiato in uno dei locali più prestigiosi del quartiere, affollatissimo, e pieno di ragazzi. Fantasticavano sui più belli, commentavano e scherzavano. Ma poi, dopo ogni commento, si guardavano come per dire: “Tanto, quello non è il nostro. I nostri saranno decisamente più belli e adatti a noi”.
Le due ragazze in quel momento camminavano in una zona un po’ meno illuminata, c’era solo un piccolo bar dall’ altro lato della strada. Gaia aveva appena preso un bus per tornare a casa, e Diana aveva iniziato a incamminarsi, quando le si avvicinò un gruppetto di ragazzi. Uno di loro la fermò, afferrandola per un braccio, e le guardò il viso, i capelli, e poi il resto del corpo.
-Ma guarda… che bella ragazzina, che abbiamo… non mi dire che già torni a casa- Diana, con un movimento deciso, si liberò dalla stretta del ragazzo, e indietreggiò. Gli altri amici risero.
-Ne sono alquanto dispiaciuta, signore, io avevo intenzione di rimanere ancora un po’. Ma poi ho visto la sua brutta faccia, e mi son detta: “Che tipo, dev’essere della periferia”. Quindi, con permesso, buonanotte!- disse Diana con tono sarcastico, e riprese a camminare come se non fosse successo niente. Ma il ragazzo la inseguì, la prese per il polso sinistro, e la girò. Diana lo guardò, non era affatto brutto. Ma non per questo si sarebbe lasciata abbindolare da un ragazzo qualunque.
-Senti, bambola… Non mi piace proprio essere chiamato “ragazzo di periferia”. Non ti permetterò di dirlo ancora- La ragazza gli tirò uno schiaffo sulla guancia, con la mano libera. Il ragazzo si massaggiò la guancia, sorrise, ma non le lasciò il polso. Anzi, le bloccò anche l’ altro. Diana provò a liberarsi, ma il ragazzo la teneva stretta, cercando di avvicinare la sua faccia a quella della ragazza, che indietreggiava man mano, fino a trovarsi contro un muro.
-Allora, sicura di non volerti divertire un altro po’? – Disse guardandole il corpo. Diana lo fissò disgustata.
-Levati di mezzo. Tornatene alla periferia, le puttane stanno lì. Hai preso la ragazza sbagliata-
-Oh... ma come sei scorbutica, stasera…- La guardò in modo malizioso, e avvicinò le labbra alle sue. Poi, improvvisamente, si fermò, e si piegò toccandosi le parti basse. Diana gli aveva sferrato un calcio.
-Maledetto pervertito! Ti avevo detto di levarti da mezzo!- disse ad alta voce, in modo da farsi sentire bene. Il ragazzo si ricompose, mentre gli altri ridevano. 
-Maledetta sarai tu…- Rispose andandosene. E anche Diana se ne andò, a passo svelto e ancora tremante di disgusto, verso casa.


Rin e Gabriele stavano pulendo il bancone del bar, prima di andare a casa. Avevano passato la prova, ed erano definitivamente assunti, con tanto di paga. Era molto tardi, il locale era vuoto e avrebbe chiuso presto, così stavano iniziando a pulire. A un  tratto, Rin si accorse che dall’ altro lato della strada stava succedendo qualcosa. 
“Ma guarda… e così anche in centro, succedono cose di queste…” pensò il ragazzo. Posò la pezza sul bancone e si apprestò ad uscire, quando Gabriele lo fermò.
-Dove pensi di andare? Non abbiamo mica finito- 
-Lo so ma… ecco, vedi…- Ma non finì di parlare.
-Maledetto pervertito! Ti avevo detto di levarti da mezzo!- Risuonò una voce in tutta la strada. I due ragazzi si girarono. Ma solo Rin rimase sbalordito.
-Allora? Dai torna dentro- E Gabriele lo fece rientrare, gli diede una pezza, e ricominciò a pulire il bancone. Anche Rin tornò a pulire. 
“E chi se lo aspettava…? Allora, forse, non c’è tutta questa differenza, fra noi e loro”.



Angolino dell' autrice ♥

Ciao gente!! ^-^
Dalla mia mente perversa è uscita questa creazione, un qualcosa che potrebbe assomigliare a un capitolo...
Se avete letto la storia, vi amo! E farò costruire un templio in vostro onore u.u 
Vaaaa bene, non ho nient'altro da dirvi (:
A presto! ♥

Noos


  
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