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Autore: TRGG    30/10/2007    1 recensioni
L’Oscuro Signore, per ammissione di JK stessa, non ha mai amato, ma questo non significa che non ci sia stato amore nella sua vita. E l’amore, come ogni sentimento umano, ha più di una sfaccettatura. Il primo Progetto realizzato dal Tom_Ridde_Great_Group
Genere: Dark, Drammatico, Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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* La notte di Natale *
– Nimue -

Il giovane passeggiava annoiato tra la folla, non erano rari gli spintoni di passanti che parevano fuggire da un pericolo mortale, spronati dai colpi di frusta di un padrone ingrato, e questo, inizialmente lo aveva irritato, ma adesso, era diverte osservare il volti tesi, le nuvole di aria che circondavano ovali buffi, arrossati dal gelo e dalla fretta.
Un giorno, nella solitudine della Biblioteca, aveva letto una favola, che narrava la punizione di un tizio che odiava il Natale, ma non era il suo caso : era, semplicemente, sciocco affannarsi ad ammassare regali e biglietti grondanti di luoghi comuni, in un giorno, il 25 Dicembre, che aveva distrutto la ragione di essere, ovvero la nascita del Cristo, per diventare la più chiassosa corsa agli affari dell’ anno.
Era uscito allo scopo di sentire la neve crepitare sotto le scarpe, come le scintille di un legno in fiamme, di respirare aria fresca, tanto da ghiacciargli i polmoni, e scordare la desolante povertà del suo momentaneo alloggio; presto avrebbe avuto soldi, potere e il mondo ai suoi ordini, ma nell’ attesa doveva accontentarsi di un monolocale, scarsamente illuminato, che aveva il vago odore di stantio.
Osservò la vetrina di un locale discretamente elegante, soppesò l’idea di sorseggiare una tazza di tè, di sentire il calore del liquidi scivolargli nel corpo, quando notò un riflesso, un’ immagine dai colori indistinti, che immobile, leggeva una pergamena dorata.
Era una ragazza, giovanissima, avvolta in un cappotto di lana, che rasentava il suolo, blu, come il fondale dell’ oceano, e le sue dita erano congestionate, eppure la pelle era levigata e chiara come porcellana, le unghie acuminate, come artigli di una gatta, e i capelli, erano ciocche lisce, lunghe sino alla schiena, di un biondo cenere, stranamente luminoso, il suo era un incarnato pallido, in cui brillavano due gemme di smeraldo, e la bocca, dalle labbra rosate, teneva i guanti tra i dentini, bianchi e graziosi come perle di una collana.
Egli si girò lentamente, e la fanciulla fu a pochi passi da lui, assorta nella lista dei doni, era graziosa, forse non la più bella, ma in quel pomeriggio, che si tingeva del rosso del tramonto, gli parve un simpatico diversivo.
Sorrise sarcastico, aveva trascorso un anno difficile, doloroso, uno svago, alla vigilia di Natale, un piccolo omaggio, della Natura, era ben accetto, pensò, iniziò a scrutare meglio la ragazzina, poteva avere 16 anni, ed essere una Mezzosangue, ma sembrava pura, e a cavallo donato non si guarda in bocca.
Ella riprese a camminare, portava delle scarpe pesanti, con un tacco affusolato, egli notò le curve, non del tutto sbocciate, l’idea di partenza prendeva forma rapidamente, e poi era sola, concentrata su quello che era sicura fosse il suo compito.
“Illusa” mormorò egli.
Non ricordava l’ultima volta in cui aveva assaporato la dolcezza di una donna, negli ultimi mesi si era impegnato a conoscere le sfaccettature della sessualità e gli stimoli che il sesso offriva, aveva soggiogato alcuni ragazzi, ma non era stato appagante, non sapeva dine il motivo, in vero, aveva la ferma convinzione che sia un maschio, sia una femmina, fossero degli strumenti, per dare e ricevere piacere, e la differenza era minima, eppure, nella pratica si scopriva un tradizionalista, scosse la testa, il nero dei capelli s’ illuminò di riflessi, non era perfetto.
Trattenne una risata, non era il caso di dare nell’ occhio.
C’ era un vicolo, era immerso nel buio, egli si stupì di come fosse facile, si intrufolò, fingendo di essere un ragazzo comune, sconcertato dalla mancanza di tempo, ed invece, era conscio di avere ore infinite a disposizione.
La fanciulla non gli badò, e raggiunse il vicolo, dove lui si era nascosto, contro la parete di pietra, umida e sporca, doveva cogliere l’ attimo, si convinse.
Un gesto, con un braccio solo, afferrò il polso di lei, la strattonò dentro il vicolo, con la mano libera, le tappò la bocca, e sentì i suoi denti morsicare con rabbia, la carne del palmo.
Era presa, esultò in silenzio egli, aveva il suo regalo.
La scaraventò contro il muro, ella batté la testa, sembrò restare stordita, da tanto terrore e dolore improvvisi, lo fissò con le iridi di smeraldo, come infuriata.
“ Ti spiegherò le regole, disse egli con serafica quiete, non le ripeterò, se le dovessi infrangere, pagherai le conseguenze, spero tu capisca.
Uno : se dovessi urlare, chiamare aiuto, usare la tua bacchetta, ti ucciderò, e ti assicuro che so farlo bene ed in fretta.
Due : mi seguirai, non hai nulla da temere, se le labbra resteranno serrate, se accennerai a ribellarti, ti butterò in un luogo dove ti torturerò sino allo stremo, ed anche questa è una mia specialità.
Tre : farai quello che ti dirò, come io dirò, e tutto andrà meravigliosamente, in caso contrario, io ti ucciderò.
Quattro : riponendo fiducia nella tua intelligenza, eviterò di legarti, di imbavagliarti, di immobilizzarti, se dovessi pentirmene, tu morirai.
Ti è chiaro ?”.
Gli occhi della preda, del dono, vagarono in cerca di una sagoma, ma c’era solo quel ragazzo misterioso, dal viso chiaro, eppure cupo come la notte, si lasciò sfuggire un singhiozzo ed annuì.
La mano di lui scivolò lentamente sul volto, tracciarono una scia di sangue, e restò fermo, a bloccarla per le braccia.
Silenzio, i passi erano lontani, l’aura di festa un sogno infranto; c’erano loro due.
“ Brava” disse egli, un sorriso sadico gli taglio il volto.
La ragazza fu sul punto di urlare, ma era tardi, lui aveva estratto la bacchetta : “ Tieniti forte, non aver paura… Non troppa, almeno” esclamò,la strinse a sé, e pronunciò una formula.
Viaggiarono, tra stelle morte, altre non nate, fra spiriti irrequieti e morti, ed infine, furono in una stanza.
Le pareti color crema erano spoglie, c’era il ritratto di un uomo severo, ammantato di nero, i cui bordi delle maniche erano di un verde intenso, avvolto da un serpente.
Il ragazzo la gettò a terra, su un tappeto, accanto al letto rassettato, ella si rannicchiò, con le ginocchia strette in grembo, le iridi che lo fissavano con rabbia ed umiliazione.
“ Bel soggetto, non trovi ?” domandò beffardo, indicando il quadro.
Ella tacque.
“ Parla !” le ordinò.
“ So chi è… Salazar Sepeverde, ha una cotta per lui ?” replicò, la voce tagliente, acida, e spezzata dalla paura.
Egli rise, non si sarebbe figurato un briciolo di sano umorismo in quella ragazzina pallida, dal sembiante etereo.
“ No, ho altri gusti” rispose piano, e stette in piedi, davanti a lei, che lo guardava, con l’autorità di un giudice. “ Il tuo nome, prego” le disse, mentre si sfilava il soprabito, egli.
“ Perché lo vuoi sapere ?” lo imbeccò.
Tom alzò la mano, fu sul punto di vibrare il colpo, ma quando lei chiudeva gli occhi intimorita, le sfiorò la guancia e ridacchiò : “ Tu rispondi e basta” ingiunse senza scomporsi.
“ Beatrice… Beatrice And…” iniziò, sul punto di piangere.
“ Ho chiesto il nome, non l’albero genealogico, Beatrice… Uhm… Beatrice è dolce e pieno di storia, lo trovo gradevole” commentò, distaccando le parole, assorto.
“ Sono felice che le piaccia” ringhiò Beatrice.
“ Sono Tom… Per te, sarò Tom, non fare altre domande” tagliò corto egli.
“ Hai la bacchetta con te ?” chiese Tom.
Beatrice fece cenno di no .
“ Alzati, Beatrice” ordinò Tom, tese la mano, e questa la sfiorò appena, per tornare eretta.
“ Perfetto, adesso, vedremo se stai mentendo” affermò serenamente Tom.
Sbottonò il cappotto di lei, sebbene Beatrice tremasse, e guardò nelle tasche, non aveva nulla con sé, soltanto la pergamena.
“ Brava” la lodò con un mezzo ghigno.
“ Avrei dovuto portarla e…” ruggì Beatrice.
“ No, non dire frasi, che avrebbero conseguenze nefaste… Per te” la rabbonì con sadica allegria Tom.
“ Adesso abuserà di me, suppongo” mormorò piegando la testa in direzione del letto.
“ Hai usato una parola assai brutta, spiacevole, disse Tom, non vorrei che tutto fosse squallido e violento, perché diviene noioso, e puoi quei termini : abusare, stuprare, violentare, sono osceni, crudi, più del loro significato”.
Beatrice scosse il capo biondo, e si asciugò delle lacrime furtive, non aveva scampo, ma chi l’aveva in quel mondo ?
“ Bene, cara Beatrice, aggiunse Tom, vediamo come riusciamo a raggiungere una perfetta alchimia”.
Tom circondò i fianchi della ragazza, l’ abbracciò, senza brutalità, ma Beatrice cercò di divincolarsi, parole tronche le morivano in gola, sentiva la sua angoscia aumentare e non gli spiaceva, la stretta era salda, e non si sarebbe liberata.
Tom posò le labbra sul collo lungo e bianco, era teso, sentiva i muscoli tendersi e vibrare, fra i suoi dinieghi sibilanti, le braccia cercavano di spingerlo via, ma non potevano, Tom, evitò la bocca, assaggiò quella pelle fresca, profumata, tipicamente femminile, che gli era mancata.
“ Un regalo gradito” sussurrò all’orecchio di Beatrice, mentre sondava quel fisico giovane, totalmente ignorante di quello che stava accadendo.
La spinse sul letto, e la raggiunse, con il suo peso, non fece fatica a rabbonirla, anzi, ella prese a respirare per rantoli.
“ Coraggio, calmati, se fossi un cadavere non mi fermerei… Parlo per il tuo bene” esclamò cinicamente sincero Tom.
Egli si disfò della giacca, sciolse il nodo della cravatta, e con pacatezza, fece scivolare a terra il maglione di lei, scorse un simbolo : “ Serpeverde ? Meraviglioso, Beatrice” osservò.
Le unghie di lei graffiarono le mani che la spogliavano, la figura si contorceva, come se avesse delle convulsioni, Tom le ignorò, non c’era rosa senza spine, ed era un miracolo che non dovesse giacere con una lurida Mezzosangue.
“ Falla finita, non ottieni nulla” le intimò annoiato.
Beatrice esplose in singhiozzi, gli chiese di non farle del male, che sua madre sarebbe perita dal dispiacere, che suo fratello minore l’ attendeva a casa, che era una comune strega, era seccante, decise Tom, la schiaffeggiò, ma il pianto proseguì, silenzioso.
“ Tua mamma non penserà che tu resti vergine a vita, no ? Non essere stupida, Beatrice, se la vedrai dal mio punto di vista sarà divertente, sei il mio regalo di Natale, e non rovinerai questa notte con le tue lamentele !” la voce si inalberò, gli occhi emanarono lampi rossi, sangue nel bulbo, Beatrice gemette piano, girò il viso e pianse.
Tom le divaricò le gambe, con decisione, Beatrice non aveva compreso la natura delle cose, ma fu semplice lasciarla lì, senza mutandine e calze, senza gonna.
Egli buttò a terra i pantaloni e la camicia, era nudo, come lei, Beatrice si mise una mano alla bocca, disperata.
“ Abbiamo tempo, trovo sia meglio fare con tranquillità” rise Tom.
Beatrice piangeva, ma si stava calmando, era il freddo, dedusse Tom, si sdraiò su di lei, la circondò con le braccia, giocò con i suoi capelli, accarezzò il seno, con le mani, con la lingua, e prese una pausa.
Beatrice non piangeva.
“ Sei calma ?” domandò.
Ella annuì.
“ Brava, perché viene il piatto forte” rispose Tom.
Ecco cosa era appagante in una donna, pensò mentre la violava, il senso di potenza, di possesso, in altre parole, la faceva sua, con gli uomini era solo una farsa, ma era semplice scivolare tra due gambe morbide, immergersi in un corpo, muoversi, sentire il sangue e gli umori scivolare, adagiarsi in un nido di carne, e spingere, come voleva, comodamente.
Beatrice era sua, persino la ragazza lo capiva e taceva.
Raggiunse l’ apice, ed ansimando si scostò.
Chiuse le palpebre, una splendida vigilia di Natale, pensò.
Beatrice si rannicchiò sul tappeto, la sentì singhiozzare, e poi calmarsi.
Tom si strinse nel letto : “ C’è spazio, qui è pulito” disse.
Attese, infine Beatrice arrivò, schivò il sangue e i liquidi persi sul lenzuolo e si sistemò accanto a Tom.
Non ci fu più freddo, nella stanza.

  
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