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Autore: zorrorosso    09/04/2013    3 recensioni
”Un mostro! Un mostro vi dico! Il volto gli colava dalla testa come se fosse stato spellato! Come se fosse morto, tuttavia in vita, si muoveva e camminava... "- Alcuni segreti non possono essere svelati con facilità! ***mentre sto preparando questa storia per traduzione ed editing, verranno aggiunti dei capitoli "prequel"***
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Athos, Cardinale Richelieu, Duca di Buckingam, Milady
Note: Cross-over, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di Uomini e Mostri...'
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Ok, con questo capitolo credo di aver raggiunto mete inesplorate, sdraiandomi nel soggiorno di casa inseme a due peluches, nel completo scetticismo di parenti e amici...
 
Riassunto del capitolo precedente.
 Renee'/Aramis ritorna a corte dove la aspetta la Regina con un nuovo incarico: disfarsi del Duca di Buckingham al piu' presto e una volta per tutte. Successivamente incontra Athos a messa e i due hanno una conversazione relativamente chiarificatrice.
 

Capitolo 9
Damigelle, soldati e veleni.

 
Athos oscillo' un braccio, nel vano tentativo di farle cenno di fermarsi.
Si sarebbe aspettato per lo meno una vaga risposta formale ed assente a quella sua difficile affermazione: un'impresa che, visti i suoi trascorsi e le sue ferite sentimentali, ancora non del tutto rimarginate, sentiva ancora piu' ardua.
 
"Finalmente! Dicevo che quell'ossessa non se ne sarebbe mai andata!"- sbuffo' Milady a braccia conserte, spuntando misteriosamente alle sue spalle. Per quanto la furtivita' della donna non gli fosse nuova, il trovarla li', in quel momento, lo aveva colto di sorpresa.
"Non avrete per caso ascoltato tutto quello che io e quella donna, la Baronessa... Come avete... Perche' siete...?!"- balbetto' lui imbarazzato.
 
"Sono ancora una donna libera, almeno fino a quando la situazione resta cosi' com'e' ed il vostro re non decida che il mio e' un suo nemico... Ma lasciate perdere questi dettagli, mio caro! Venite con me, brinidiamo insieme alla nostra ritrovata amicizia!"- esclamo' lei sorridente,  togliendo dalle pieghe delle gonne un leggero ventaglio.
"Milady, con permesso, il brindare con voi non e' mai una cosa facile, se non del tutto impossibile! Ne va della mia salute, oltre alla reputazione.
Se non sbaglio, mi avete gia' avvelenato una volta e un'altra ho bevuto talmente tanto da dubitare se, nelle mie vene, si trovasse sangue oppure vino"- disse lui determinato, piantando saldi i piedi per terra.
 
La donna agito' nel vuoto il ventaglio chiuso, in maniera quasi ipnotica: "Lasciate perdere i nostri trascorsi, godete del vostro presente! Siete o non siete capitano delle guardie reali?! Bisogna festeggiare!"- poi sorrise senza mostrare i denti, trascinandolo dall'altra parte del viale, verso la caserma e le scuderie.
Athos si lascio' trasportare solo per alcuni passi, ma non dimentico' chi fosse per lui quella donna e di cosa fosse capace di fare. Decise di essere forte e di non cedere:  questa volta gli occhi di smeraldo e la pelle di porcellana, non avrebbero fatto presa su di lui.
 
"Appunto, Milady! Siamo a Corte! Brindando con voi in pubblico, la mia reputazione sarebbe compromessa, specialmente in servizio! Ho lasciato la caserma per andare a pregare. Se me lo concederete, adesso sarei di ritorno e, conoscendomi, nessuno crederebbe alla storia della comunione e del vin santo!"- a quelle frasi, la donna si blocco' rattristata.
"Non, non vorrete dire che..."- disse sbarrando gli occhi, nella vaga consapevolezza di non avere alcun potere su di lui, in quel momento.
 
"Milady: da qualche tempo non e' cosa ben vista a corte familiarizzare in pubblico con persone d'oltre Manica. Non prendete la cosa sul personale!"- disse il moschettiere con un breve sospiro d'esasperazione, strattonando il braccio dalla sua presa.
I due si guardarono per un lungo momento, le parole incerte di Athos, che per la prima volta rifiutavano un suo invito, vennero confermate dal suo sguardo, ora piu' forte e determinato nel lasciarsi andare.
Quello sguardo era del tutto privo della passione scaturita da un eccitante senso di pericolo che lei, in precedenza, aveva sempre notato.
                                             
Milady scaglio' il ventaglio a terra, irrtata dal suo rifiuto e guardandolo fisso negli occhi disse:
"Mentite! Conosco il vostro gioco! E' per via di quella baronessa che stavate inseguendo poco fa! Volete farvi bello ai suoi occhi! Pero', sia io che voi, sappiamo come la domenica quella vada in chiesa a pregare per espiare i peccati e lussurie del sabato! Non facevo i vostri gusti per le donne cosi' grossolani, non vi facevo cosi' ingenuo!".
 
Athos sbotto' una mezza risata: "Avete avvelenato me ed i miei uomini per  poi fuggire con il Duca di Buckingham! Ricordate? Siete proprio l'ultima persona a dover criticare le mie azioni!"- disse tra i denti, avanzando oltre il ventaglio e la donna, in direzione della caserma.
"Non raccogliete neppure il ventaglio?"- disse lei abbassando lo sguardo.
 
In quel momento, si fece avanti nella mente di Milady l'idea di essergli per una volta sincera: di voltare  veramente bandiera ed allearsi dalla parte della Francia, abbandonando l'alleanza con il Duca di Buckingham, che le dava l'impressione di distrarsi troppo dalla situazione politica e di voler passare all'attacco da un momento all'altro.
Il Duca voleva vendicarsi di Athos, ma lei avrebbe altrettanto voluto vendicarsi del Duca: le passo' per la mente di confidare ad Athos che il Duca era ancora vivo e che si trovasse ospite a palazzo di Richelieu, pronto per attuare su di lui la sua lontana vendetta.
 Purtroppo, aveva mentito talmente tanto che, forse, neanche questa volta le avrebbe creduto.
 
A scapito di quell'idea tardiva, presto si ricordo' che, nascosto nell'apertura a molla del ventaglio, sulla costina d'avorio che faceva parte del manico, decorata con strane cineserie di fiori e draghi, si trovava del veleno.
Un particolare a cui Milady aveva pensato diverso tempo prima, ma che aveva rinunciato ad utilizzare al momento opportuno: un altro tentativo disperato di ottenere comunque tutto cio' che desiderava.
 
Athos guardo' l'oggetto per terra e lo giro' con la punta dello stivale, sganciando la molla per aprirlo e rivelare il meccanismo esplosivo nascosto nel pezzetto di metallo avvelenato, che brillo' in un piccolo botto.
Da questo, una piccola nuvola di polvere si sprigiono' e ricadde al suolo.
L'intenzione fallita di avvelenare Athos, abbassava di molto la sua credibilita'.
Dopo quella scoperta, Milady era certa che Athos non avrebbe mai creduto ad una parola di quello che le stava per confidare.
 
"Avrete avuto un buon motivo per gettarlo a terra, Milady. In fondo, rimarrete per sempre la stessa donna del castello di Amboise e dei palazzi veneziani. Non e' cosi?"- disse l'uomo sospetto, incrociando il suo sguardo. Lei lo distolse immediatamente.
 
"Non era mia intenzione farvi del male, solo che..."- sussurro' Milady con falsa docilita'.
Un tono indifeso e delicato, che solitamente faceva avvicinare i suoi astanti impietositi e affascinati, ma non lui che conosceva quel tono e quei modi fin troppo bene ed aveva visto utilizzarli su altri uomini.
Non si avvicino' a lei neppure di un passo, consapevole che le pieghe delle sue gonne potessero contenere chissa' quali altri sotterfugi.
"Se non avete nulla da riferirmi, mia cara, forse e' meglio per noi concludere qui questo nostro colloquio"- aggiunse, aggiustando il bordo della giacca e sporgendosi sui talloni con fare impaziente.
 
Milady strinse i denti, incendiata di una rabbia presuntuosa. Intanto i passi del moschettiere scricchiolavano lontani sui ciottoli del viale ed il gracchiare delle cicale aumentava la leggera caliggine della tarda mattinata.
La donna sbuffo' imbronciata, volgendo solo uno sguardo verso la sua figura in lontananza.
La contessa de Winter era arrivata alla conclusione che, mettere sotto scacco il Duca tramite Athos, non era piu' il suo obiettivo: ora doveva puntare su di un'altra preda.
 
***
 
Aramis corse affannata verso l'ala del palazzo dove si trovavano le stanze della Regina e, tra queste, la stanza che le era stata di nuovo assegnata.
"Vi vedo turbata, Baronessa! E' successo qualche cosa?"- chiese Constance, che la stava aspettando con alcuni vestiti ed ornamenti.
"Durante la messa, ho avuto un diverbio con un caro amico"- rispose Renee', cercando di non scendere nei particolari, anche se sapeva come la giovane dama fosse curiosa e scaltra in riguardo a questi dettagli, soprattutto i suoi personali.
 
"Pero', dopo la messa, tutto si e' chiarito!"- commento' la dama, come se sapesse gia' tutto.
"Come fate ad esserne cosi' sicura, Constance?"- chiese lei aggrottata.
"E' solo un accento della vostra voce, Baronessa. Non badate alle mie parole! Dovete prepararvi e dovete affrettarvi a raggiungere la carrozza che la regina sta preparando per voi alle scuderie!
Se il cardinale ha chiesto di voi, la cosa migliore da fare e' presentarsi.
 Mi e' stato chiesto di accompagnarvi per un tratto, ma alcune mansioni mi attendono qui a palazzo..."- sorrise lei ammiccante, facendo trapelare nella sua voce che sapesse molto di piu' di quello che le avesse affermato.
 
La baronessa annui' dubbiosa: il suo aiuto nel comportarsi in modo appropriato le era stato fondamentale nelle ultime settimane, ma Constance era una dama al servizio della Regina, non suo.
La ragazza scelse per lei un vestito particolarmente chiaro ed attillato, un busto molto rigido a grosse coste ed un'ampia scollatura che si poneva quasi all'estremo opposto dei suoi gusti nei vestiti scuri, ampi ed accollati.
La dama le ricordo' di tenere dritta la schiena e chinare la testa in un atteggiamento piu' femminile ed elegante, mentre gli pose un paio di scarpe dai tacchi per lei altissimi e rientranti. Non credeva di averne mai visti di tacchi cosi' alti, ma si rallegro' del fatto che non fossero state scelte per lei le chopine(1), nel tentativo di farla sembrare aristocraticamente piu' importante ed attrattiva al suo incontro con il prelato. Anche se le risultava difficile avanzare veloce, in quel caso, le sarebbe stato del tutto impossibile camminare indipendentemente.
 
Raccolte le ultime cose in un piccolo sacchetto ricamato, le due si allontanarono presto dalla stanza assegnata alla baronessa. Costance la supero' al passo, lungo il corridoio interno che portava verso l'ala opposta del palazzo dove si trovavano le stanze di ricevimento reale e piu' avanti le caserme ed il piazzale d'entrata.
La velocita' della ragazza nello scendere la scala, nonostante fosse agghindata di tacchi abbastanza alti ed impedita da stretti busti e scomode sottogonne al suo stesso modo, fece sollevare ad Aramis un sopracciglio di stupore.
 
Chissa' se, vestita da uomo o da monaca, sarebbe stata altrettanto agile. Aramis si rese conto di quanto le dame di corte fossero altamente sottovalutate, tra i soldati e gli uomini comuni. Considerate deboli e delicate, dovevano in realta' patire costanti costrizioni in armature che non costituivano di freddo metallo pesante, ma che erano fatte di stretti pizzi e di vimini pungenti: come in battaglia, la bellezza richiedeva altrettanto sacrificio e allenamento.
 
Anche se le due non udirono alcun rumore particolare, una volta giunte in fondo all'ampia gradinata che portava verso l'uscita, trovarono un'anziana signora giacere per terra in una strana posizione.
 Una macchia di un liquido rosso, simile al sangue, colava dalla tempia ed i capelli, stopposi e grigi, sull'ultimo gradino.
Constance che era qualche passo piu' avanti e, in quel momento, piu' veloce di Aramis, accorse immediatamente verso la dama, ma una volta arrivata non proferi' parola e si accascio' a terra come svenuta.
 
A quella strana vista, Aramis sospetto' che la giovane dama avesse avuto un mancamento nel vedere l'anziana signora in quelle condizioni, cosi', si affretto' nel raggiungerla.
L'anziana donna, giaceva ancora per terra, la testa appoggiata sull'ultimo gradino della scala, il liquido rossastro che colava in un piccolo lago attorno a lei.
Il tutto aveva qualche cosa di scenico, di teatrale.
Aramis conosceva bene il colore del sangue, anche quello rappreso e questo non ne aveva ne' il colore e ne' l'odore. Constance giaceva su un fianco, un piccolo punto rosso sul collo, come se fosse stata punta da un insetto .
 
La baronessa rimase in piedi, rigida, facendo ombra su quello che appariva un cadavere, evitando di chinarsi, al contrario di come aveva appena fatto la dama svenuta ed osservo' quel corpo apparentemente inerme, dagli gli occhi chiusi e privo di respiro.
Riconobbe i tratti di qualcuno a lei familiare e la sensazione che, in quel corpo inerme, ci fosse un'apparenza ingannevole.
 
"Constance!"- esclamo' subito dopo, volgendosi verso la ragazza, questa volta chinandosi e portando una mano sul suo polso per accertarsi che fosse ancora viva.
 
Per quanto non fosse un medico, il battito del suo polso le pareva piu' lento a confronto del suo, ma ugualmente forte e regolare.
Si appresto' a cingerle la vita, nel tentativo di caricarla sulle spalle e portarla in salvo, ma mentre distoglieva lo sguardo e l'attenzione da quel presunto cadavere, cosi' come la sua ombra non copriva piu' gli occhi chiusi di quel presunto corpo inerme, due occhi verdi si spalancarono all'improvviso e l'anziana si protese violenta verso la baronessa.
 
Aramis blocco' sicura il braccio della donna, lasciando andare Constance su un fianco.
Il braccio le aveva di poco sfiorato l'orecchio: la mano della donna, per niente avvizzita dall'eta', stringeva una sorta di siringa di metallo(2) con la quale aveva probabilmente gia' colpito la giovane dama.
Aramis le torse il braccio con facilita' e blocco' cosi' una spalla della donna. Da quell'angolo, pote' notare subito che portava una maschera di un materiale non troppo differente da quella che di solito lei stessa indossava frequentemente.
Con la mano libera, ne prese un lembo che pendeva dalla guancia, ed il volto furibondo di Milady ora la fissava a pochissimi centimetri di distanza.
 
Le due donne si guardarono senza parole: prima di allora non erano mai state cosi' vicine. Milady si dimeno' sotto la stretta di Aramis e voltandosi  al suo fianco per fissarla negli occhi, disse:
"Affrettatevi a trovare un antidoto prima che la vostra amica vi abbandoni!".
 
Temendo per la vita di Constance, Aramis abbandono' la presa, ma a quel punto Milady si rialzo', si strappo' le pesanti gonne nere e, una volta liberate le gambe, le sferro' un calcio facendole perdere l'equilibrio e buttandola a terra al fianco della dama svenuta.
 
La baronessa fece subito pressione sulle braccia e le gambe, dimenandosi nel tentativo di allontanarsi e riprendere l'equilibrio per rialzarsi, senza successo.
Ancora con quell'arnese in mano, Milady si avvento' di nuovo su Aramis, distesa per terra, che la fermo' nuovamente, bloccando quello strumento solo a pochi centimetri da lei e scaraventandolo per terra.
Milady si rese subito conto che quella non era la forza di una dama comune: lei stessa era alquanto eccezionale, riusciva a battere facilmente un uomo, se colto di sorpresa. Eppure sembrava impossibile abbassare la guardia di questa dama sconosciuta, ancora piu' forte e combattiva.
 
Facendo leva sulle braccia tese di Milady, la baronessa  premette con forza e si alzo' a sedere senza lasciarla andare. Durante quel contrasto, ci fu una specie di spinta tra le due che fece scivolare dalla magra scollatura della baronessa una catena, d'uso tra i sacerdoti, dalla quale pendeva una grossa croce d'oro.
Milady cerco' di nuovo di spingere la baronessa verso il suolo, ma alla vista di quella croce, non pote' fare a meno di scambiare di nuovo il suo sguardo, per notare quegli occhi chiari fissarla con rabbia, in un'espressione di sforzo.
Aramis emise una specie di lamento, simile ad un ruggito quando, quasi presa dallo spavento, Milady abbandono' la presa ed indietreggio' sconcertata, continuando a fissarla come se la donna che aveva di fronte, avesse compiuto uno strano e spaventoso sortilegio da lei mai visto.
 
Nello svolgersi di pochi attimi, la contessa cambio' immediatamente d'espressione: al posto dello sguardo terrorizzato, si sostitui' quello tagliente della sfida. Aramis si alzo' e si tese verso di lei nel tentativo di agguantarla, ma lei aveva gia' lanciato alcune corde in cima al ballatoio proprio sopra la gradinata di marmo e, con l'aiuto di un arnese meccanico, si distaccava velocemente da terra.
 
Una volta a mezz'aria, per assicurarsi che Aramis non la seguisse ed avesse abbastanza tempo per dileguarsi, Milady lancio' una piccola boccetta di antidoto in direzione di Constance. La baronessa la colse al volo, ma cosi' facendo dovette rinunciare all'inseguimento.
Ricordandosi di non essere troppo lontana dalle caserme, solo dall'altra parte del piazzale, Renee' cerco' di  gridare aiuto, ma prima che qualcuno si potesse avvicinare, Milady era gia' sparita dalla sua vista.
 
"Non si puo' rinchiudere un leone in una gabbia per grilli!"- ridacchio' la donna in lontananza, sapendo di non poter essere raggiunta, la sua voce riecheggio' tra le colonne e raggiunse le sue orecchie, mentre Constance riapriva lentamente gli occhi.
 
***
"Costance!"- esclamo' D'Artagnan accorrendo verso la ragazza ancora stordita. Fece un cenno veloce con la testa alla baronessa e la porto' subito nelle sue stanze per essere soccorsa da un medico ed assicurarsi che l'antidoto aveva fatto effetto.
 
"Voi!"- gridarono Athos e Porthos, mentre Renee' si porto' una ciocca di capelli biondi sul collo e, senza farsi vedere, slaccio' la catena mentre la croce scivolava di nuovo dentro la scollatura e ricadeva scomodamente sul torace, incastrata nel busto.
Successivamente, guardo' verso il ballatoio indicando:
"Di la'! La donna e' cors..."- e mentre i moschettieri fissavano il ballatoio nel tentativo di scorgere proprio l'area da lei indicata, si tolse subito le scarpe ed allento' il busto per poterla seguire.
Ritorno' all'improvviso agile, solo per pochi balzi, per poi fermarsi nel cercare di capire dove Milady potesse essere andata ed essere bloccata dalle due grosse mani sulle sue spalle dei due moschettieri che la affiancarono, uno a destra e l'altro a sinistra.
Porthos tossi' imbarazzato, indicando con gli occhi un particolare del vestito dietro la baronessa e fece un cenno ad Athos, che disse guardandola:
"E' stato un inseguimento davvero interessante. Se adesso volete per favore riallacciare il vostro busto..."- lei si porto' le mani dietro la schiena e lego' di nuovo i nastri sommariamente, in modo che il busto non si potesse aprire, anche se evito' che questi fossero stretti come li aveva legati Constance in precedenza.
 
"Non penserete che Constance sia in quelle condizioni per causa mia!"- si affretto' a rispondere la baronessa, mentre i due la accompagnavano verso le caserme.
"No. Conosco di una donna che ha fatto visita a palazzo proprio oggi. E' molto piu' pericolosa di voi, era qui solo poco fa. Potreste esservi imbattute proprio in lei..."- ricordo' Athos tra i denti, continuandosi a guardare attorno.
"Con tutto rispetto alla vostra pericolosita', baronessa!"- lo corresse Porthos con un sorriso.
 
Lei sollevo' lo sguardo verso l'uomo piu' possente ed annui' muta, quasi a conoscere la persona a cui si stavano riferendo.
"Non interrogate me allora! Dovreste dare la caccia a lei!"- incalzo' la giovane agli altri due.
 
I tre si diressero verso le caserme, la baronessa li segui' convinta, anche se avrebbe preferito dare la caccia a Milady in quel momento ed evitare quel tipo di ispezioni ed interrogatori, a suo parere inutili in quel momento.
"Ricordateci nuovamente, in relazione al dove vi abbiamo trovato: cosa stavate facendo? Dove eravate diretta? E come avete incontrato quella donna?"- chiese Athos impassibile.
 
"Ero... Stavo per lasciare il palazzo del Louvre in direzione di... In un'altra direzione. Quella donna era distesa per terra, in una pozza che da lontano sembrava sangue, ma in realta' era viva e stringeva tra le mani una sorta di veleno in una cannuccia, un ago di metallo... Un arnese che non ho mai visto prima d'ora!"- Porthos ed Athos si guardarono perplessi nell'ascoltare le parole della giovane.
 
Athos sapeva gia' di Milady a palazzo, ma non riusciva a sospettare la ragione per la quale questa avesse voluto immobilizzare Constance, avvelenandola.
 
Quel modo di parlare della giovane baronessa, a volte evasivo, non era affatto nuovo ai due.
Anche se, quella che avevano di fronte, era una ragazza bionda, con la voce di donna e le vesti chiare. Nulla a che vedere con il compagno di mille battaglie dallo stesso accento, con cui avevano diviso la dimora fino a poco tempo prima. Quest'ultimo poi era bruno e, a confronto, sembrava molto piu' anziano di lei.
 
"Conoscete per caso l'abate di Vannes, baronessa?"- gli chiese perplesso Porthos, che prima di allora non l'aveva mai sentita parlare cosi' a lungo.
"Non credo che una donna del suo... Ehm, rango possa conoscere l'abate di Vannes, Porthos! Dove eravate diretta, baronessa?"- lo riprese di nuovo Athos.
"Un certo Rene' di Vannes, allora?"- incalzo' di nuovo Porthos, mentre il volto della ragazza si faceva piu' serio, senza rispondere.
"Se la vedete cosi' sorpresa alle vostre parole, vorrei ricordarvi che Renee' e' il suo stesso nome, Porthos! Tante persone si chiamano cosi'! Dove eravate diretta?"- disse di nuovo Athos, nel completo disinteresse alle conoscenze di Porthos.
 
"Il vescovo di Vannes! Ecco come si faceva chiamare!"- Porthos fece schioccare una mano sulle ginocchia ricordandosi quel nome soddisfatto-"Siete per caso una sua parente, oppure e' per caso un vostro cliente?"- continuo' in un mezzo sorriso.
 
Renee' sgrano' gli occhi, completamente rossa in volto. Non sarebbe mai riuscita a negare, tantomeno rimanere impassibile, al nome di Aramis. Avrebbe potuto fingere di conoscerlo, ma questo avrebbe fatto suscitare ancora piu' sospetti su di lei e la loro somiglianza.
Decise che la cosa migliore da fare, sarebbe stata rimanere in silenzio.
 
"Dove eravate diretta, baronessa?"- chiese di nuovo Athos, questa volta assicurandosi che Porthos non aprisse bocca con un'altra domanda inopportuna.
La giovane prese fiato e cerco' di formulare una risposta evasiva,una menzogna credibile, nel piu' breve tempo possibile.
 
"Ero diretta a..."- comincio', ma un forte stridere di metallo dei cardini del portone d'ingresso al piazzale,  apertosi quasi all'improvviso in una fortunata coincidenza, le impedirono di continuare.
 
Come si poteva ben notare dalle finestre della caserma, i cancelli si spalancarno e i due moschettieri di guardia dovettero interrompere quella conversazione ed accorrere all'esterno, per adempiere ai loro doveri di controllo.
 
Quella che si presento', era una carrozza cardinalizia, scortata da molte guardie di Richelieu, molte di piu' di quante il re stesso si potesse permettere in quel momento.
La carrozza prosegui' leggermente oltre la caserma e, senza che nessuno scendesse, si diresse verso le stanze di ricevimento ufficiale.
Porthos e Athos furono invitati dalle altre guardie a seguire quella carrozza a cavallo, senza la possibilita' di ritornare in direzione delle caserme, dove la baronessa avrebbe potuto adesso allontanarsi indisturbata.
 
Solo raggiunti i portici piu' interni, Richelieu scese solo, anche se le sagome di alcune altre persone si potevano scorgere sedute nella cabina di quella vettura.
Le guardie esterne alla carrozza, fecero cenno ai moschettieri di seguire la piccola corte che assisteva il cardinale e di accompagnarlo nelle sale di ricevimento.
Non potendosi tirare indietro, i due seguirono la corte per ritrovarsi nelle stanze di ricevimento, dove il sovrano attendeva in piedi e da solo l'eminenza.
 
Raggiunta la parte piu' centrale della stanza, con debito distacco sia dal sovrano che dal Cardinale, i due si misero sull'attenti.
"A quale onore devo la vostra visita improvvisa?"- chiese il Re con un semplice sorriso.
Il Cardinale chino' la testa due volte in silenzio, mentre un messaggero porgeva al sovrano una missiva da un piccolo vassoio argentato.
 
"Mi rammarico del ritardo con cui questa lettera vi e' arrivata"- commento' il Cardinale, osservando il messaggero impaurito- "Se lo avessi saputo, avrei fatto in modo di consegnarvela personalmente!"- continuo' con tono critico, rivolto proprio al servo.
Questo si spavento' e corse via, come rannicchiato dal terrore.
 
Il Re apri' la lettera con un'espressione d'impegno: sopracciglia aggrottate, labbra serrate, ma fin dalle prime parole, incomincio' a sgranare gli occhi e spalancare la bocca.
Dal nervoso nel leggere quelle parole, il mento comincio' a tremare freneticamente e presto anche la sua mano sinistra, i suoi occhi si inumidirono come quelli di un bambino che si stesse preparando a dirompere in un pianto rumoroso.
Scosse la testa e richiuse immediatamente la missiva, guardando nervoso il Cardinale, che sorrideva e chinava di nuovo la testa, nel tentativo vano di tranquillizzarlo.
 
"Richelieu! Me lo avevate promesso! Queste sarebbero state le mie guardie! Guardie al mio servizio!"- strillo' indicando proprio i due moschettieri, facendo viva pressione sul fatto che possedesse quella piccola armata di uomini tutta per se.
Il pugno chiuso e la lettera ancora stretta che puntava nella direzione dei due moschettieri.
 
"E' questione solo di pochi giorni, maesta', poi saranno tutte vostre come promesso!"- si giustifico' il Cardinale, con un successivo inchino.
"Avete dozzine di guardie vostre! Mandate una delle loro e lasciate stare le mie! Di quattro sono gia' diventate tre, ed ora se ne sono presentate solo due!"- disse di nuovo il Re, scuotendo la testa.
 
"Maesta', potreste cortesemente leggere questa missiva a voce alta?"- chiese Porthos perplesso, non curante di essere punito dal sovrano, per la sua maleducazione nel parlare senza essere interpellato.
Il Re annui', apri' di nuovo la lettera e la lesse rivolto ai due moschettieri: quelle parole non erano affatto nuove ad Athos! Era la stessa lettera che Richelieu aveva compilato per la persona misteriosa, quella che stava aspettando fuori, ancora rinchiusa nella carrozza protetta dalle guardie.
 
"No! Ne' Athos, ne' Porthos o D'Artagnan lasceranno il palazzo del Louvre per scortare il vostro amico sconosciuto a Calais! Rimarranno qui ai miei ordini! Sono le mie guardie!"- continuo' il Re, gettando quella pergamena per terra e battendo un piede.
 
Il sovrano ed il prelato cominciarono una lunga discussione, nella quale, quest'ultimo cercava di convincere il primo quanto fosse innocuo spedire anche solo uno di loro per quella missione cosi' semplice.
 
Athos, assistendo impassibile a quei capricci, scosse la testa.
"Che vi prende?"- bisbiglio' Porthos all'amico, che osservava rassegnato il comportamento del sovrano.
"Quella lettera..."- disse tirando fuori un pezzo di carta tampone, senza farsi notare dagli altri e porgendolo all'amico.
Porthos era sempre provvisto di un piccolo pugnale d'argento, il cui manico cesellato non si stancava mai di lucidare, e sul quale usava controllare spesso se la barba era troppo lunga ed andava tagliata.
Con quella lama lucida, pote' leggere subito la carta tampone(3) e realizzare come Athos fosse gia' a conoscenza di tutto ed aspettava quel momento con ansia, nella speranza di capire chi fosse il destinatario della lettera.
L'opposizione del Re a quella volonta' del Cardinale era per lui un ennesimo intralcio alla sua curiosita' ed al confrontare apertamente la misteriosa persona che sospettava volerlo morto.
 
"Come avete ottenuto questa?"- chiese Porthos turbato.
 
"La baronessa d'Herblay ha fatto in modo di ottenerla... La baronessa d'Heblay!"- Athos ripete' quel nome due volte, la seconda con sorpresa, rendendosi conto proprio allora che era proprio lei, non Constance, il vero obiettivo del veleno di Milady.
 
"La baronessa conosce il destinatario di quella lettera! Forse e' per quello che Milady ha tentato di avvelenarla!"- bisbiglio' infine a Porthos, sorpreso ma anche soddisfatto da quella notizia.
Quel pericolo, significava anche una cosa molto importante per loro: una nuova avventura. 
 
"E va bene, maesta'! Vedro' di convincere il mio amico nel trovare un altro cocchiere per la sua carrozza! Se avete la pazienza di attendere qualche momento, mandero' uno dei miei uomini a parlargli. Si trova proprio qui di fronte ed e' pronto per partire!"- sorrise il Cardinale, chiamando una delle sue guardie.
"Tuttavia, se cambiaste idea, le vostre guardie sono proprio qui e potrebbero partire tra qualche minuto per poi tornare ancora prima!"- gli ricordo' il prelato, prima di volgergli le spalle ed inviare la sua comunicazione all'esterno.
 
Nel frattempo, Renee' non  aveva perso tempo e, trovati in caserma un paio di stivali molto piu' comodi, si era incamminata verso quell'ala del palazzo dove tutti erano accorsi. Notando quel piccolo esercito di guardie cardinalizie farsi strada, decise di accostarsi nei pressi della carrozza, badando bene nel non farsi notare neppure da chiunque si trovasse al suo interno, dove aveva visto entrare una persona vestita di scuro che non era riuscita a riconoscere perche' troppo lontana.
Successivamente, entro' ed usci' nella carrozza anche una guardia cardinalizia. Poi si diresse  verso le stanze di ricevimento da dove era arrivata.
***
 
"Anne"- disse l'uomo mascherato all'interno della carrozza del cardinale, mentre Milady scostava il cappuccio e si sedeva al suo interno.
"George"- lo saluto' lei con una leggera reverenza.
"Noto con piacere che avete cambiato idea ed avete finalmente deciso di partire con me. Che cosa vi ha convinto ad abbandonare cosi' in fretta la residenza del Cardinale ed il Louvre?"- affermo' lui con un sorriso meschino.
"Ho pensato molto alle vostre parole"- Milady guardo' il servo cardinalizio entrare nella vettura con indifferenza.
"Scusate il disturbo. Vostra Eminenza riferisce che il Re si e' rifiutato di concedere i suoi moschettieri nello scortarvi per questo tragitto"- disse la guardia senza mai osservarli in viso.
"Oh! Sara' un vero peccato riferire alle navi da guerra di bombardare una dimora bella come la sua..."- commento' veloce il Duca.
"Vi da' la possibilita' di scegliere qualcun altro per questa impresa!"- cerco' di spiegare subito la guardia.
"Sua Eminenza sa bene chi volevo per questo tragitto!"- il Duca di Buckingham aggiusto' la sua maschera e sbotto' irritato.
"George, se permettete, vi consiglio di chiedere di qualcuno che non e' piu' un moschettiere del Re, ma che lo fu a suo tempo!"- disse Milady quietando la sua collera.
"Non dimenticatevi di quanto i moschettieri siano molto legati tra di loro: nell'eventualita' di fare leva su uno, potreste farla su qualcun altro..."- insinuo' successivamente.
 
Il Duca ragiono' veloce alle parole della donna:
"Alla cerimonia di investitura si sono presentati in tre: Porthos, D'Artagnan e Athos. Di conseguenza uno dei moschettieri non ha mai fatto ritorno ai servizi corte...".
***
La baronessa segui' quella guardia cardinalizia fin quasi ai portoni reali che si aprirono per farla passare. Sbirciando all'interno del salone, distinse chiaramente la figura del Re in piedi di fronte al suo seggio ed il Cardinale chino ai suoi piedi che sembravano discutere di qualche cosa di molto importante.
Vide Richelieu alzarsi al suo arrivo ed accorrere verso di lui, mentre i portoni della sala venivano di nuovo chiusi.
Renee spolvero' veloce le maniche del vestito e si sistemo' i capelli, prima di presentarsi sicura di fronte ai portoni di ricevimento.
"Potreste annunciare al cardinale Richelieu che la baronessa Renee' d'Herblay e' qui come da lui richiesto?"- chiese agli uomini che guardavano il portone. Uno annui' ed apri' la porta, ma non le fu concesso entrare- "Non ora! Non ho tempo per queste sciocchezze!" -aveva risposto il prelato senza neanche voltarsi.
 
La guardia bisbiglio' alcune parole all'orecchio del cardinale, che quindi ritorno' dal sovrano, leggermente spazientito da quell'attesa.
"Il mio ospite ha accettato un nuovo compromesso!"- disse il prelato con un piccolo inchino ed un ampio sorriso.
 
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(1) Sono un tipo di scarpe/ciabatte con la zeppa rientrata  d'uso tra le donne nobili nell'eta' Moderna. La zeppa serviva sia a tenere il piede lontano dal fango, che ad innalzare fisicamente chi le portasse e a denotare il suo alto status. Da quanto quelle scarpe erano scomode,le  donne che le portavano dovevano avere sempre attorno alcuni servi per essere sorrette.
 
(2)Se fossero sorti dei dubbi e dei pruriti inspiegabili leggendo questa incongruenza storica: la prima iniezione e' del 1844 e la prima siringa con ago ipodermico risale al 1853 (fonti wiki). Tuttavia, speculando un po' sulla cultura generale e l'avanzamento in campo medico dei singoli dottori tra il XVI e il XVIII secolo  credo che una versione piu' antica potesse tranquillamente esistere (per dire, una leggenda storica riguardo al principe Raimondo di Sangro- XVIIIsec- vuole che lui ed il medico Giuseppe Salerno avessero iniettato una sostanza metallica nelle vene di due ignare vittime per creare quelle che lui defini' delle "macchine anatomiche" -oltre ovviamente a commissionare il famosissimo Cristo velato, ai piani superiori della stessa cappella-).
Per questa faccenda dei veleni e di Constance avvelenata, mi sono ispirata un po' all'episodio 27 dell'anime dove Milady, vestita da anziana signora, usa una pompetta di profumo per addormentare la ragazza.
 
(3) La lettera e' stata scritta in positivo e asciugata con la carta tampone che di conseguenza e' speculare: per leggerla bisogna avere gli occhi abbastanza allenati oppure, per fare piu' in fretta, si puo' usare uno specchio (come fa Athos nel capitolo 4) o qualche cosa di riflettente (come fa Porthos in questo caso). E' anche possibile che per le esperienze dei personaggi in questa storia, i tre moschettieri e Milady sapessero leggere quel tipo di scrittura "ad occhio nudo" (come fa Aramis nel capitolo 5) .
  
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