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Autore: floorcoaster    31/10/2007    3 recensioni
11 Motivi per cui Draco e Hermione si appartengono l'un l'altro.
Long-fiction scritta in risposta alla challenge della community 11 Reasons
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11 Reasons General Theme: 11 Reasons why Draco and Hermione Belong Together
Pairing: Draco Malfoy, Hermione Granger
Titolo: The One Who Knows
Rating: PG
Disclaimer: Harry Potter non è mio.
Word Count: 2261
Prompt: Tabella 4 (Difetti e virtù) - Fiducia


°°°°°

But sometimes I will ask the moon
Where it shined upon you last

°°°°°


Hermione stava male. Aveva vomitato quattro volte da quando era tornata a casa.

Gemma e Nathan si erano spaventati, ma aveva assicurato loro che stava bene. Aveva mentito ai suoi figli, cosa che la faceva stare solo peggio.

Quando Draco arrivò a casa, dal lavoro, lo stava aspettando nel salotto, in mezzo al divano, le mani intrecciate rigidamente sul suo grembo. Non sollevò lo sguardo, quando entrò nella stanza.

“Ciao, tesoro,” le disse lui nella sensuale voce che riservava, di solito, alla camera da letto.

Lei scrollò le spalle e quasi le venne da rimettere di nuovo, ma gli permise di baciarle una guancia.

“Come hai passato la giornata?” le chiese, guardandosi attorno e allentando la cravatta. “E dove sono i bambini?”

“Da Ginny,” replicò, evitando ancora il suo sguardo.

Lui la guardò e sollevò un sopracciglio, ghignando. “Oh? E che cosa hai programmato per noi due, stasera, hmm? Attività… morigerate?” Si chinò per catturare le sue labbra in un bacio, ma Hermione voltò il capo. Lui si rimise in piedi e si accigliò. “Che c’è? È tutto a posto?”

Hermione chiuse i propri occhi, desiderando che tutto fosse diverso, che potesse ritornare sui suoi passi e sulla decisione impulsiva di andare a mangiare a Diagon Alley quel pomeriggio e di passare dalla Drogheria. Quando li riaprì, Draco la stava ancora fissando, la preoccupazione sui suoi tratti.

“Io -” iniziò, ma qualcosa nelle sue viscere tentò di farsi espellere e lei si mise una mano sulle labbra e deglutì con forza.

Draco si sedette sul tavolino da caffè. “Hermione, stai bene?”

Lei scosse la testa e nuove lacrime le riempirono gli occhi.

“Che c’è? Mi stai spaventando. Ti prego, parlami.”

“Ti ho visto oggi,” buttò fuori lei, prima di poter pensare. Era meglio così.

Lui sbatté le palpebre e il suo cipiglio si accentuò. “Davvero? Quando?”

“A pranzo.”

“Il mio? O il tuo?”

“Il tuo. Il mio. Voglio dire, ero a pranzo e ti ho visto a pranzo.”

Lui si rilassò un poco. “Oh. perché non ti sei fatta vedere?”

Adesso era lei che sbatteva le palpebre. “Farmi vedere? Ti ho visto, Draco. Con – con quella donna. Perché mai avrei voluto interromperti?” Stava mezzo gridando, mezzo sussurrando, terrorizzata da quello che stava dicendo.

“Mi hai visto? A far che, mangiare?”

Hermione indurì i tratti del volto. “No. Voglio dire, sì, ma ho visto anche molto altro.” Era certa che lui sapesse dove lei stesse andando a parare e che anche lui si stesse arrabbiando.

“E cosa vorresti dire con questo, esattamente?” chiese, innaturalmente calmo visto quanto lei sapeva che fosse agitato, mentre andava a porsi di fronte al camino.

Delle lacrime le stavano striando il volto. “Ti ho visto, con lei. Che altro dovrei dirti? Ho visto come ti guardava, come ti toccava. Ho visto come tu ti comportavi verso di lei. Sono rimasta lì impalata per quasi dieci minuti a guardarti, perché all’inizio non potevo credere ai miei occhi. Non poteva essere vero quello che pensavo di star vedendo, ma per dieci maledetti minuti ti ho osservato e non ho visto nulla che potesse smentire i miei occhi.”

“Credi che ti stia tradendo,” commentò lui, la voce piatta.

“Io – io non so cosa pensare. Io credo… forse. Io -”

“Risparmiamelo,” disse freddamente, raccogliendo la giacca da lavoro. “Quando avrai adeguatamente le tue accuse nei miei confronti, parleremo.”

Sollevò lo sguardo verso di lui, troppo ferita per parlare. I loro occhi si incrociarono e, il momento successivo, lui marciò fuori dalla stanza e fuori dalla casa, sbattendo la porta così forte che le finestre tremarono.

°°°°°


Hermione pianse per altre due ore, mentre cercava di raccogliere il necessario da portare da Ginny. Tutto quello a cui guardava le ricordava Draco, e la sua mente era così ingarbugliata che non riusciva nemmeno a concentrarsi su quello che aveva bisogno di prendere. Infine, lasciò perdere, immaginando che Ginny avrebbe avuto tutto quello di cui avesse avuto bisogno.

Per fortuna i bambini erano a letto, quando Hermione bussò a casa di Ginny. La sua amica aprì e, senza parole, la strinse in un abbraccio e la sostenne, mentre lei piangeva ancor di più.

“Shh, sei qui ora, Hermione,” continuava a ripeterle, conducendola nella prima stanza libera. “Sfoga tutto, sfoga tutto.”

Infine, quando credeva che si sarebbe sentita male di nuovo dal piangere così forte, Hermione si costrinse alla calma. Tentò di fermare le lacrime, mentre Ginny le porse un pacchetto di fazzoletti.

“Vuoi parlare?” le chiese, piano.

Hermione scosse il capo. “F-forse d-domani.”

“Okay. Andiamo a nanna, allora. Vuoi che rimanga con te?”

“N-no, g-grazie. Come stanno i miei bambini?”

“Benissimo. Si sono comportati alla perfezione ed erano abbastanza eccitati dal poter dormire qui.”

Nuove lacrime si fecero strada nei suoi occhi e lei le spazzò via con un dito. “Non sono sicura che smetterò mai di piangere.”

“Devo sapere… se… se lui…”

“Non ha detto niente, in realtà. Né sì, né no.”

Ginny la guardò con occhi tristi. “Okay. Puoi stare qui quanto vuoi.”

Hermione annuì e l’amica l’abbracciò, liberando così una nuova ondate di dolore e lacrime. “Grazie, Ginny,” mormorò.

°°°°°


Tre giorni più tardi, a un quarto alle otto, Draco bussò alla porta di Ginny. Non aveva dormito, né mangiato, e quando aveva scorto un lampo del proprio riflesso, s’era accorto di essere in uno stato pietoso.

Ginny rispose al suo bussare e incrociò le braccia sul petto, sull’uscio, senza aprire completamente la porta, né uscendo all’esterno. “Sì?” chiese, come se non avesse idea del motivo per cui fosse lì.

“Mia moglie è qui?” chiese, la sua voce come se fosse sull’orlo dell’abisso, senza incontrare lo sguardo di Ginny.

“Sì.”

“Posso vederla?”

“Perché dovrei lasciarti entrare?” chiese lei, e Draco poteva giurare che fosse irata. “È qui da tre giorni, Malfoy. Tre giorni! E tu ti decidi solo ora di venire a vederla?”

Indurì i muscoli del volto. “No, Weasley,” rispose, usando nella rabbia il suo cognome da ragazza. “Sono venuto qui tre giorni fa, la notte che lei…” Deglutì con forza. “La tua incantevole metà mi ha detto che non era qui. L’ho cercata dappertutto da quel momento.”

Ginny non rispose direttamente. Lo squadrò per bene. “Sembri un cadavere, Malfoy.”

Lui le rivolse un’occhiataccia. “Come se me ne fregasse. Posso vedere mia moglie?”

“L’hai tradita?”

“NO.”

“Chi era quella donna, allora?”

“Non ho nulla da spiegare a te,” sputò.

“Bene, è qui che ti sbagli. Se vuoi vederla, devi passare da me. Quindi inizia a parlare.”

Si arrese, lasciando che le proprie spalle si incurvassero, e si passò una mano tra i capelli arruffati. “Una cliente.”

“Una cliente. Che significa?”

“Per il mio lavoro, Ginny. Lavoro, ricordi? Parte del mio lavoro è far sì che i clienti siano soddisfatti.”

“Oh, ci scommetto che è parte del lavoro,” replicò acidamente.

Di nuovo, Draco si sentì immerso nelle fiamme. “Sta’ zitta,” le rispose a denti stretti. “Non sai nulla di quello che stai insinuando. Posso passare su di te, lo sai.”

“Sognalo, Malfoy. Tua moglie eccelle negli incantesimi protettivi, lo sai? Io posso lasciarti entrare. Se lo voglio.”

“Il mio lavoro,” riprese, puntando lo sguardo sul muro alle spalle di Ginny, “richiede che mi incontri con i clienti, per scambi di informazioni. È abitudine incontrarsi a pranzo, o per un caffè, o in qualche altro posto altrettanto informale, invece che in una sala riunioni o in un rigoroso ufficio. Quella donna era un cliente della compagnia.”

“Bene. Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, ad avere questa discussione, no?”

“No. Cosa vuoi, Zabini? Merlino! Almeno dille che sono qui.”

“Non ancora. Hermione ha detto che il tuo comportamento andava oltre quello del tipico incontro d’affari. Spiegati.”

“Il mio comportamento è stato perfettamente professionale. Se lei si stava comportando in altro modo, ti giuro, non vi ho prestato attenzione.”

“Lo stava facendo allora? Comportarsi non adeguatamente?”

Gli occhi di lui si alzarono verso il soffitto, mentre traeva un profondo respiro. “Dall’esterno, sarebbe potuto apparire così.”

“Si stava comportando in maniera interessata nei tuoi confronti, andando oltre a quello che il vostro incontro richiedeva?” pretese di sapere Ginny.

“Sì. Ma non significa -”

“L’hai incoraggiata?”

“Mi sono stufato. Lasciami parlare con Hermione. E sì, lo so che è brava con gli incantesimi protettivi, ma sono più che sicuro di poterli aggirare. Lasciami passare – adesso!” disse, furioso.

“Prometti di non metterti più in situazioni che possono essere mal interpretate?”

Sbuffò. “Se mi stai chiedendo di smettere di incontrare i clienti, allora no, non posso prometterlo. Il modo in cui gli altri si comportano non è in mio controllo. Io stavo facendo il mio lavoro.”

Ginny aprì la bocca per parlare, poi la richiuse velocemente e guardò alla sua sinistra. Quando riportò l’attenzione su Draco, ghignò e chiuse la porta.

I suoi occhi si ridussero a due fessure e sollevò una mano per colpire il battente, quando la porta venne riaperta, questa volta da Hermione. La bocca di lui si spalancò per la sorpresa e rimase a fissarla, sentendo miriadi di emozioni attraversargli le viscere. Il suo primo pensiero fu che non l’aveva mai vista così bella e che tutto quello che voleva era prenderla tra le braccia e non lasciarla più andare.

“Ciao,” lo salutò lei, piano.

“Ciao.” Abbassò il braccio e si sentì ridicolamente a disagio.

“Io… uhm… stavo sentendo.”

Draco tornò a respirare, un po’ sollevato e allo stesso tempo ansioso come non mai. “Okay.”

Hermione si guardò alle spalle, poi uscì sotto il portico d’ingresso e si chiuse la porta alle spalle. Incrociò le braccia sul petto, in una posa non irritata, ma di auto-protezione.

“Che altro hai bisogno ti dica?” le chiese.

Lei lo guardò, la fronte aggrottata, lo sguardo inquieto. “Hai lasciato che ti toccasse.”

Lui chiuse gli occhi, con forza. “Sì, lo so.”

“Perché?”

Trasse un profondo respiro e la fissò, direttamente negli occhi. “È un’abitudine, si potrebbe dire. Sapevo che era… interessata, e… ne ho approfittato.”

“Hai flirtato con lei.”

Fece una smorfia, Hermione era sempre brutalmente onesta. “Sì.”

Vide le lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi, e solo allora notò quanto fossero rossi e paffuti, come se avesse pianto per giorni. Probabilmente l’aveva fatto. Senza pensare, tentò di prenderla tra le braccia, ma lei si scostò.

“Hermione… mi dispiace. Non – non significa nulla.”

“Lo fai spesso?”

“Non spesso, ma non è la prima volta.”

“Tu flirti con delle donne che pensano solo a come potersi infilare nel tuo letto – perché?”

Rabbrividì. “Affari. È innocuo, Hermione, te lo giuro.”

“Beh, mi fa male,” rispose lei, triste.

La mente di lui si contorse e si fermò su quella parola. Passò il proprio peso da una gamba all’altra. “Fa male a me, sai. Che tu possa anche solo pensare che ti tradirei. Io – mai, Hermione. Ti amo così tanto. Come potrei mai tradire te? I nostri bambini? Te? Io – Merlino, Hermione. Ti amo sempre più ogni giorno che passa e non cambierà mai. Mai.

“Lo so che quello che ho fatto è sbagliato, e non sto cercando scuse per le mie azioni, ma era solamente per lavoro. E… mi conosci. Io… flirto con facilità. Non significa nulla. Come hai potuto pensare anche solo per un secondo che potessi avere fatto una cosa simile?”

Le lacrime ancora sotto controllo, Hermione lo guardò con tristezza. “A volte – trovo impossibile credere che io possa farti felice.”

Un torrente di dolore gli strinse il cuore e le si avvicinò, stringendola tra le proprie braccia. Voleva racchiuderla in sé, circondarla, riempirla con il proprio amore. Lei pianse tra le sue braccia e lo cinse, tremante, con le proprie. Draco la strinse ancora più forte, probabilmente troppo forte, ma non l’avrebbe lasciata andare finché non gli avesse creduto. Per nessun motivo.

“Ascoltami, Hermione Malfoy,” disse, deciso. Lei annuì, contro il suo petto. “Tu sei la felicità stessa, per me. Non potrei mai essere felice senza di te. Ho bisogno di te. Sei la madre dei miei figli, sei il pezzo di me che mi è sempre mancato. Devi credermi, devi. Devi. Lascerò il lavoro, lascerò tutto fino a quando non ti avrò convinta, fino a quando non ti avrò mostrato in ogni istante che sei la cosa più meravigliosa della mia vita. Che sei la mia vita.”

Lei stava agitando il proprio capo, così Draco la scostò da sé quel tanto che bastava per guardarla in viso. “Cosa?”

“Ti credo.”

Devi, Hermione. Guardami,” le disse, alzandole il mento. “Non riesco nemmeno a respirare finché non sono certo che mi credi.”

“Ti credo, Draco, promesso.”

Non era abbastanza, non sembrava abbastanza. Erano sposati da undici anni e lei aveva ancora dei dubbi nel suo cuore, qualcosa che non avrebbe creduto fosse possibile. Le scrutò il volto, trovando la sincerità, ma impaurito ad accettarla completamente.

“Il tuo turno,” disse lei, sorridendo leggermente.

“Cosa?” chiese, confuso.

“Di credermi. Io ti credo; ora è il tuo turno.”

Lui chiuse gli occhi e chinò la fronte, poggiandola sulla sua. Trasse un altro respiro profondo. “Ti credo.” Sembravi quasi stesse ripetendo i suoi voti di nuovo, e forse – in un certo senso – era quello che stava facendo.

Lei inclinò il capo e gli diede un bacio fugace. Erano stati solo tre giorni, ma la sua assenza era stata come una ferita mortale e ora, ora, l’aveva di nuovo con sé. Se la strinse ancora al petto, respirando il suo profumo, la sua essenza.

“Ti amo, Granger,” disse.

Stava piangendo di nuovo, ma Draco sapeva che, questa volta, non erano lacrime di tristezza. “Ti amo anch’io, Malfoy.”

Draco la lasciò andare e poi la baciò; un bacio non troppo leggero, non troppo profondo. Abbastanza.

“E ora?” gli chiese, senza fiato, quando la liberò.

Lui sorrise. “Credo che prenderemo i nostri bambini ed andremo a casa.”

“Casa. Mi sei mancato.”

Lui scosse il capo e le prese una mano. “Come l’aria.”

To be Continued
   
 
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