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Autore: Hylia93    12/04/2013    5 recensioni
Dopo aver letto tante ma tante ff, provo a scriverne una anch'io, la mia prima Dramione!
Siamo al quinto anno, ma c'è qualche differenza. Voldemort non è rinato, perché Silente è riuscito ad impedire che Harry (e di conseguenza anche Cedric) usasse la passaporta, ossia la Coppa del Torneo Tremaghi. Tuttavia, Voldemort non è ancora morto del tutto e forse nasconde più di quanto si pensi. L'atmosfera è all'apparenza più tranquilla a Hogwarts, più serena. Sarà un altro anno pieno di peripezie o riusciranno, finalmente, a vivere un anno da adolescenti? Le due cose, in realtà, sono complementari! :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Salve. Sono proprio fuori fase @.@ 
Questo capitolo doveva in realtà non esistere,
o meglio doveva esserci solo la prima parte ma poi
mi sono lasciata prendere un po' la mano e quindi è uscito
fuori così. E' frutto di un lapsus. :D Spero che vi piaccia, comunque :)
Vi invito, come al solito (come sono noiosa), a recensire, perché mi fa un 
infinito piacere leggere quello che avete da dire, positivo e negativo, quello
che vi è piaciuto di più e quello che vi è piaciuto di meno. Ringrazio chi mi segue <3

Felt it in my fist, in my feet, in the hollows of my eyelids
Shaking through my skull, through my spine and down through my ribs

Blinding, Florence and The Machine


Capitolo 32, "Come un faro nella nebbia."

 

Casette a schiera, di mattoncini rossi, si aprono dolcemente su un piccolo giardino circondato da una ringhiera in ferro battuto. Il prato ricopre quasi l'intera superficie, sul davanti, fatta eccezione per una piccola striscia di pietre che funge da vialetto d'entrata. Un piccolo balcone al secondo piano, ornato da fiori gialli, fa ombra sul portoncino bianco al di sotto, illuminato appena da un pomello dorato. La finestra sulla sinistra si apre su un grazioso salottino sui toni del blu, piuttosto semplice ma accogliente. Il fantasma di James Price osserva la donna seduta sul divano, una scena già vista più volte ma una storia nei suoi occhi a cui non avevo fatto caso. La guarda perso, sembra che stia cercando qualcosa a me sconosciuto nei suoi lineamenti e nei suoi movimenti. E' la voce del Mangiamorte a riportarlo di nuovo ad una realtà diversa che sembra trovare oltremodo scomoda.
- Come facciamo a sapere dove sia questo luogo? - domandai improvvisamente, distogliendo lo sguardo da quella scena, vista e rivista nel Pensatoio di Silente, in cerca di un qualcosa che neppure io sapevo come definire, ma che l'aria malinconica di James mi aveva spinto a cercare. 
Una motivazione.
Si era suicidato, ma perché? Era riuscito a fabbricare la Pietra Filosofale, dopotutto.
- Credo che sia sufficiente un Incantesimo Localizzante. - rispose con tranquillità Silente, osservandomi al di sopra degli occhiali a mezzaluna con curiosità. Avrei dovuto essere io quella curiosa dato che non avevo mai sentito un incantesimo del genere. Probabilmente afferrò dalla mia espressione i miei pensieri, perché dopo qualche secondo ricominciò a parlare.
- Un Incantesimo Localizzante permette di localizzare un luogo a partire da un'immagine. Più dettagliata è tale immagine, più ti porta vicino. - spiega con semplicità, prendendo la bacchetta da sotto la veste. - E' piuttosto complicato da eseguire, e non è neppure affidabile al 100%. - aggiunse, prima di eseguire un movimento complesso con la bacchetta e mormorare, a voce troppo bassa perché io riuscissi a sentirlo, la formula dell'incantesimo. Una formula piuttosto lunga, non erano le solite due paroline buttate là con un po' di intonazione, ma una sorta di litania che somiglia ad una preghiera sottovoce.
Dopo almeno un paio di minuti il Preside chiuse gli occhi e, con un ultimo colpo di bacchetta, una piccola sfera dorata emerse dal Pensatoio, fluttuando sopra di esso. Spalancai gli occhi, meravigliata, quasi nello stesso momento in cui Silente riaprì i suoi e il lamento cessò.
- Una passaporta? - chiesi, incredula.
Il Preside si limitò ad annuire, sorridendomi, mentre la sfera rimaneva sospesa lì, in attesa che qualcuno la toccasse. Poi distolse lo sguardo, si alzò e si diresse verso la porta, aprendola e mormorando a Draco di entrare. Non appena varcò la soglia i suoi occhi ricaddero su di me, mentre la mascella prima rigida si rilassò impercettibilmente. Poi il suo sguardo fu catturato dalla pallina fluttuante, estremamente somigliante ad un boccino ma leggermente più grande. La curiosità era palese sul suo volto ma, evidentemente, si accorse che quello non era il momento più adatto per trattare quell'argomento e si sedette vicino a me, incrociando le mani sotto il mento in attesa di una parola di Silente.
- Draco, mi dispiace che tu debba affrontare tutto questo. - esordì lui, guardandolo con un'espressione estremamente sofferente. Il diretto interessato si limitò ad annuire, come se non fosse realmente di lui che si stava parlando. La sua maschera di indifferenza continuava a sorprendermi: come poteva riuscire a nascondere la paura tanto a fondo da renderne visibile solo uno scintillio nella profondità dei suoi occhi?
- Se vuoi tirarti indietro, in qualsiasi momento, basta che tu lo dica. Ti proteggeremo, dovrai lasciare la scuola probabilmente ma questo è un problema minore rispetto alla tua sicurezza. - continuò Silente, indagando gli occhi grigi del suo interlocutore in cerca di una risposta. Lui parve esitare per un attimo, la mascella di nuovo rigida, e poi scosse il capo.
- Non mi tiro indietro. - rispose, chiudendo gli occhi e abbassando la testa. Mi aveva già spiegato chiaramente che la sua intenzione non era quella di fare l'eroe, ma quella di salvarsi. Ciò voleva dire che non credeva che la protezione di Silente potesse essere sufficiente contro un'eventuale pareggio dei conti del Signore Oscuro? Oppure, più probabilmente, non voleva vivere una vita da rifugiato, aspettando ogni giorno la fine di Voldemort per uscire allo scoperto.
- Capisco. Suppongo allora che tu sia pronto all'eventuale incontro con Voldemort? - domandò Silente, guardandolo sempre con maggiore apprensione. A quelle parole mi portai una mano alla gola, incapace di deglutire. Era evidente che sarebbe successo, ci avevo pensato io e ancora prima ci aveva pensato Draco, ma sentirlo dire ad alta voce era tutta un'altra cosa. Non era di un esame scolastico che si stava parlando, neppure di un incontro con Dolohov. Si trattava di ritrovarsi faccia a faccia con il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, sebbene  le sue condizioni non fossero delle migliori. Sarebbe stato portato nella tana del lupo, e da lì ne sarebbe potuto uscire morto. Voldemort gli avrebbe letto nel pensiero, avrebbe scrutato senza remore nella sua mente, e se fosse riuscito a capire il suo doppiogioco, se avesse visto Silente, Ron, persino Harry o me, sarebbe stata la fine, per lui. Mi aveva detto di essere un ottimo Occlumante, grazie a Piton, ma tanto da resistere persino a Voldemort? Speravo ardentemente di si. Non riuscivo a pensare all'eventualità che non tornasse. Non la prendevo neppure in considerazione. Eppure il mio fisico sembrava averlo fatto, non permettendomi di respirare. Draco si girò verso di me, osservando la mia mano poggiata sulla gola, l'altra sullo stomaco, gli occhi spalancati. Senza dire una parola allungò un braccio e mi prese la mano, stringendola nella sua e ritornando a guardare il Preside. Il calore della sua pelle si propagò, lentamente, in tutto il mio corpo. Rafforzai la stretta e sentii il peso nello stomaco farsi più leggero, senza però scomparire.
- Piton dice che sono pronto. - mormorò con la voce leggermente incrinata.
- Draco, prenderemo delle precauzioni. Porterai una passaporta con te che si attiverà non appena sentirai Voldemort forzare le barriere a difesa di ciò che non deve vedere. - disse Silente, sporgendosi appena sulla grande scrivania.
- E funzionerà? - domandai, inspirando lentamente e timorosa della risposta.
- Dovrebbe funzionare. - rispose Silente, accennando un sorriso rassicurante.
Io, invece, persi un battito. 
Dovrebbe?!
- Comunque, questo incontro non è ancora stato fissato, quindi continuati ad esercitare l'Occlumanzia quanto più ti è possibile, durante l'orario di ronda. La signorina Granger, ovviamente, ti coprirà. - riprese il Preside, sorridendo amabilmente mentre gli occhi mostravano nient'altro che preoccupazione. Annuii appena, poco partecipe, ancora ferma col cuore a quel condizionale.
Draco si alzò, tirandomi appena la mano per farmi fare altrettanto, e dopo un "arrivederci" appena mormorato mi trascinò fuori dallo studio.
Scesi le scale per inerzia, aggrappandomi alla sua mano come un naufrago alla zattera. Camminavamo, io con lo sguardo basso e una mano sul cuore.
Dopo non so quanto tempo, alzai gli occhi e mi accorsi di essere ferma, di avere il suo profumo nel naso e la testa appoggiata al suo petto. Il tessuto soffice del maglione mi solleticava la guancia, mentre il suo respiro si infrangeva sui miei capelli. Sentivo il suo cuore, perfettamente. Ogni battito mi rimbombava nella testa, cercavo di memorizzarlo, di farlo mio. Temevo che, perdendone anche uno solo, sarei crollata. Si può essere spezzati dalla paura per una persona che, fino a un mese prima, non era altro che un odioso compagno di scuola? Evidentemente si. E più ci pensavo più la paura aumentava, più aumentava e più ci pensavo. Sentii le lacrime bagnarmi le guance senza che mi fossi accorta di averle tenute negli occhi da tempo.
- Non piangere. - mormorò lui, passando leggero una mano sul mio volto.
La sua voce mi risvegliò, mi fece capire che non era piangendo che si risolvevano i problemi. Il suo tono stanco mi ricordò chi ero, Hermione Granger, che ne avevo passate tante e che avrei passato anche questa. E gli sarei stata accanto, come avevo fatto con Harry, perché lui doveva sopravvivere, doveva tornare, e non c'era altra possibilità. Scansai la sua mano e mi asciugai le lacrime, allontanandomi leggermente da lui. E' la determinazione che porta risultati, e io l'ho sempre saputo. Ed è sempre stato valido, per me, questo principio.
Alzai gli occhi, asciutti, e lo osservai. Mi scrutava interdetto, come se non si aspettasse la mia reazione e fosse più a suo agio con la mia versione da bimbetta lamentosa che gli bagna il maglione di acqua salata.
Poi la bocca si distese in un ghigno divertito e gli occhi si illuminarono.
- Hermione Granger è tornata. - disse, semplicemente. E io sorrisi, perché mi aveva capita.
- Dove siamo? - domandai, interdetta. Ero talmente concentrata su di lui che non avevo fatto minimamente caso a dove mi avesse portata. Fu quando distinsi il verde smeraldo delle tende e le rifiniture in argento che il mio sorriso si spense del tutto.
Vedendo la mia espressione sospesa tra la sorpresa e il disgusto scoppiò a ridere di gusto.
Mentre io mi guardavo intorno, ancora incredula e indecisa tra lo scappare e il far apparire un oggetto contundente da lanciargli, mi prese la mano, trascinandomi fino ad un letto.
- Benvenuta nel dormitorio Serpeverde. Questo è il mio letto. - disse con voce strascicata in perfetto stile Malfoy, facendo pressione sulla mia spalla per farmi sedere. 
Cosa diavolo gli è saltato in mente?
Alzai gli occhi su di lui, infuriata, e li trovai sereni e sorridenti.
- Malfoy, cosa ci faccio qui? - sibilai, scansando la sua mano dalla spalla e alzandomi di nuovo in piedi.
- Mi sembra una bella stanza, non ti pare? - mormorò, avvicinandosi e piegando lievemente la testa di lato con fare disinvolto. Aggrottai le sopracciglia, sempre più confusa e arrabbiata.
- Oltretutto, mi pare di averti già chiesto di non chiamarmi Malfoy. - riprese, sorridendo a mezza bocca nel vedere le mie guance diventare sempre più rosse per il nervosismo e le labbra stringersi in due fessure.
- Io ti chiamo come m pare e piace, Malfoy, soprattutto dal momento in cui ti comporti da perfetto idiota e mi porti nel tuo dormitorio! Dove chiunque potrebbe entrare e vederci! - sussurrai, ma solo perché avevo paura che urlando come una pazza qualcuno potesse entrare per capire a chi diavolo era venuto in mente di sgozzare un pollo a quell'ora.
Il mezzo sorriso sul suo volto non si spense, anzi si accentuò e si trasformò in un delizioso ghigno divertito made in Malfoy.
- Granger, mi sottovaluti, davvero. - sussurrò, avvicinandosi ancora e poggiando le mani sui fianchi, - Dovresti avere più fiducia in me. -
Un verso di puro scherno mi uscì dalle labbra senza che neppure me ne accorsi.
- Non mi stai rendendo molto facile l'avere fiducia in te, ultimamente. - risposi, secca.
Le sue labbra si incurvarono in quello che, forse, voleva davvero essere un sorriso, ma che sembrò più una smorfia di disappunto.
- Sei tu che forse non ti impegni abbastanza, mezzosangue. - borbottò, uno scintillio di preoccupazione che illuminava gli occhi, - Comunque, giusto perché tu lo sappia, tutti gli Slytherin stanotte saranno nella Sala Comune dei Tassorosso, quindi non c'è nessuno qui e non torneranno prima di notte fonda. - riprese, di nuovo più tranquillo.
Spalancai gli occhi, sorpresa, e, sebbene da una parte le sue parole mi avessero davvero tranquillizzato, il mio animo da prefetto prese il sopravvento.
- CHE COSA? - urlai, senza più la scusa del non fare troppo rumore per non destare sospetti. Mi allontanai da lui, chiudendo le mani a pugno e abbandonandole lungo i fianchi. Potrei essermi sbagliata, ma mi sembrò di vedere un lampo di terrore nei suoi occhi mentre sussultava a causa del mio strillo.
- Granger dannazione, vuoi calmarti? - sbottò, riacquistando tutto il suo autocontrollo ma restando a debita distanza, - I Tassorosso sono consenzienti, c'è una festa e ci saranno anche i tuoi cari Grifoni. - continuò, scrutando attentamente nei miei occhi spalancati e, probabilmente, incandescenti. 
Una festa? 
Mi girava la testa.
Punto primo: non dovevano esserci feste a Hogwarts. Era una scuola, non una discoteca.
Punto secondo: la calma esemplare di quel viscido - ed affascinante - biondino mi stava facendo innervosire come poche volte era successo.
Punto terzo: io ero prefetto, e anche lui, dunque non solo non dovevano esserci feste, ma nel caso in cui a dei geni fosse venuto in mente di farne noi avremmo dovuto reprimere il tutto e buonanotte.
Punto quarto: il dormitorio dei Serpeverde profumava di Draco in una maniera incredibile, per non parlare del suo letto, e il mio cervello continuava a trasmettermi questa informazione senza che mi fosse possibile andarmene sbattendo la porta.
Tutto ciò, all'interno della mia testa già provata dal colloqui con Silente, mulinava in modo confuso, facendomi alternare diversi stati d'animo: stupore, nervosismo, rabbia e desiderio.
Mi sedetti sul letto, incapace di agire.
- Festa? - mormorai, portandomi le mani alle tempie.
- Si sai, quando delle persone si riuniscono per divertirsi, con alcolici, sigarette, musica… Hai presente, Granger? - sogghignò Draco, approfittando della mia momentanea confusione per avvicinarsi e inginocchiarsi di fronte a me. Alzai la testa per lanciargli un'occhiataccia di quelle che fanno concorrenza a Medusa ma tutti i miei propositi si spensero non appena sentii le sue labbra sulle mie. 
Sembrava assetato.
Non riuscii a respingerlo, nonostante fossi ancora nervosa e arrabbiata tra le altre cose, e lui ne approfittò da brava serpe. Si premurò di non lasciare la mia bocca neppure per un secondo, impedendomi oltre che di parlare anche di pensare. Perché ormai era ovvio anche a lui l'effetto che mi faceva, lo stato di confusione in cui mi mandava quando era troppo vicino. Era il risultato di una tensione che c'era anche gli anni prima, che era presente quando al terzo anno gli avevo dato uno schiaffo e gli avevo puntato una bacchetta alla gola. Non sapevo spiegarlo bene neppure a me stessa, ma non era una cosa nata adesso, semplicemente si era evoluta da qualcosa di pregresso. Non era possibile esaurirla semplicemente chiamandola amore, o desiderio, anche se forse implicava entrambe le cose.
Ed io ero pur sempre Hermione Granger, razionale fino al midollo, studentessa modello e prefetto Grifondoro, e questa sensazione mi rendeva viva e mi uccideva allo stesso tempo. Non potevo dargliela vinta sempre, non era giusto che capitasse solo a me - perché così mi sembrava - e non era corretto permettergli di mettere a tacere me stessa per lui.
A questo pensiero mi irrigidii, e lui se ne accorse.
- Che c'è? - chiese, guardandomi negli occhi con espressione curiosa.
- Non vabene. - sussurrai, a corto di fiato, incapace di inspirare altra aria che non fosse la sua.
Lui sorrise, evidentemente soddisfatto di come mi aveva ridotta: ad implorare per le sue dannate labbra.
- Cos'è che non vabene? - domandò poi, alzandosi e sedendosi accanto a me sul letto.
Chiusi gli occhi, tentando di far rallentare i battiti.
- C'è che tu giochi con me, Draco, mentre io non ho altrettanto potere su di te. - dissi, le parole che grattavano la gola per la fatica che feci ad esprimerle. Era un'ammissione, una frase che spezzò il mio orgoglio, ma che avevo bisogno di dire. Mi girai verso di lui, titubante, mentre già pensavo a come ritirare le parole appena dette. La sua espressione mi fece rimanere spiazzata: niente maschere, niente indifferenza o noia, solo stupore. Uno stupore così assoluto che per un attimo mi mancò il fiato. Sembrava che gli avessi appena rivelato di essere Harry Potter sotto Pozione Polisucco e quasi mi scappò da ridere.
- Tu non ti rendi conto. - mormorò dopo un po', sorridendo, - Mezzosangue, pensavo fossi più perspicace. -
Alzai un sopracciglio, incapace di capire cosa intendesse con quelle poche parole sussurrate a mezza bocca.
- Avanti Granger, non farmelo dire. - disse, distogliendo lo sguardo. 
Fortuna che sono le donne ad essere complicate.
Sbattei un paio di volte le palpebre, tentando di capire cosa mi fossi persa di questa conversazione.
Non mi guardava, e questo mi preoccupava. Lui era sempre stato sicuro di sé, strafottente, lui era quello che quando cercavo ristoro dall'intensità dei suoi occhi mi riportava all'altezza del suo sguardo con due dita sotto il mento. Eppure, in quel momento, sembrava trovare più interessante il pacchetto di sigarette poggiate sul comodino.
Alzai una mano e gliela poggiai sulla guancia con dolcezza, invitandolo a girarsi verso di me. Mi venne quasi da sorridere vedendo come i ruoli si fossero invertiti.
- Draco? - mormorai, confusa.
Quando portai i suoi occhi all'altezza dei miei vidi con stupore che erano chiusi.
- Granger, pensi davvero che ti avrei portata qui se non avessi alcun effetto su di me? - sussurrò, poggiando il palmo della sua mano sulla mia. Era bollente.
Deglutii, incapace di spiccicare parola.
Avevo visto il Malfoy snob, quello arrabbiato, quello nervoso, spaventato, in difficoltà e persino dolce. Ma questo mi era del tutto nuovo e non sapevo ancora come definirlo.
Senza pensarci troppo, dimenticando tutto eccetto lui - il festino dei Tassorosso, la rabbia e il nervosismo, il dormitorio dei Serpeverde - lo baciai, di slancio. Gli allacciai le braccia al collo, premetti la mia bocca contro la sua, con forza, con desiderio. Sentii il suo corpo, dapprima rigido, sciogliersi immediatamente, le sue braccia circondarmi la vita e attirarmi contro di lui sulle soffici coperte smeraldo. Mi nutrivo dei suoi gemiti nella mia bocca, del suo respiro affannato, della sua pelle calda e del suo profumo dolce come non mi era mai sembrato. Non lo lasciai respirare nulla che non fossi io, posizionandomi sopra di lui e cominciando a spogliarlo con foga. Non mi stupii neanche di me stessa, perché, a mente lucida, non avrei mai immaginato di poter fare una cosa del genere, di ritrovare tanta passione nella mia razionalità.
Gli accarezzai la linea delle spalle, i muscoli appena accennati sul petto, il ventre, slacciandogli velocemente in pantaloni. Poi sentii una mano fermarmi il polso e mi bloccai, staccandomi da lui. Respirai a pieni polmoni, come se fino a quel momento avessi trattenuto il fiato.
Draco mi guardava, gli occhi spalancati, incandescenti come non mai, il petto che si alzava ed abbassava velocemente e le labbra dischiuse per incamerare quanta più aria possibile.
- Granger, così mi uccidi. - ansimò, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo.
Sorrisi, sfiorandogli il naso con le labbra e sdraiandomi accanto a lui.
- Non era mia intenzione... - mormorai, osservandolo mentre si passava le mani tra i capelli e si alzava a sedere, poggiando la schiena sulla testiera del letto.
- E non era mia intenzione farti smettere. - sussurrò lui, prendendomi con una mano per farmi adagiare di nuovo su di lui. Gli accarezzai piano la guancia, deliziosamente rosea, scendendo sul collo. Con l'altra mano presi la bacchetta e mormorai i soliti incantesimi di routine, gettandola poi con poca delicatezza ai piedi del letto. Poco dopo fu raggiunta dal resto dei nostri indumenti, coperta e dimenticata. E io mi persi in lui, nella sua pelle diafana, nei suoi capelli tanto biondi da sembrare bianchi, nei suoi occhi grigi come il cielo d'inverno, nei suoi sospiri dolci come il miele. 

   
 
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