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Capitolo 2: Sei già cotto, amico
Il
nero che mi offuscava il cervello comincia a rischiararsi, la mia
mente è sempre più sveglia e cosciente e riesco
così a percepire
il mio corpo, seppur limitatamente. Perciò, oltre a prendere
coscienza di me, riesco a sentire uno strano fastidio alla gola, un
forte bruciore che mi tormenta.
Il
tutto è accompagnato da un'altrettanta strana pressione che
sento
sul naso, come se mi stessero impedendo di respirare. Già
faccio
fatica ad immettere aria nei polmoni tramite la bocca, chi è
che mi
tappa il naso?
Poi
percepisco un'ulteriore pressione...sulle labbra.
Una pressione non fastidiosa, anzi. Una pressione...
Apro
di scatto gli occhi, mi sollevo alla velocità della luce e
comincio
a tossire sputacchiando acqua che sa di cloro. Porca miseria che
schifo! E che male alla testa! La sento girare, come impazzita, e i
miei occhi non riescono ancora a mettere a fuoco la situazione.
Dopo
pochi secondi riesco però ad intravedere una figura davanti
a me
e...oh santo cazzo.
Perché
l'unica cosa che riesco a vedere è uno – splendido
– paio di
tette?
E
perché, pur avendo la mente ancora annebbiata, il mio amichetto
laggiù si è già ben
svegliato?
Distolgo
immediatamente lo sguardo per evitare figure imbarazzanti, lo rivolgo
sul viso della mia istruttrice che mi guarda preoccupata e poi lo
sposto ancora su...Harry?
«Amico,
come stai?» chiede quest'ultimo.
Come
sto? Beh, mi gira la testa, rischiando di affogare ho fatto la figura
di merda peggiore della mia vita, sono eccitato per aver visto solo
un fottuto paio di tette – coperte, per di più
– e mi brucia la
gola. «Bene» rispondo invece incerto.
Una
risata fuoriesce dalla bocca di Harry, che comincia a prendermi in
giro, ci mancava soltanto questa. «Ti giuro, vederti cadere
come
un'idiota è stata la scena più esilarante alla
quale io abbia mai
assistito in vita mia!» ride nuovamente il mio
“amico”.
«Si,
bene, tornatene dalla tua bionda» rispondo io in malo modo.
Non
poteva evitare di ridicolizzarmi davanti a tutti?
Non
appena si volta per andarsene l'istruttrice si rivolge a me.
«Sei
sicuro di stare bene? Se vuoi posso portarti all'infermeria»
propone
leggermente preoccupata.
«No,
davvero, sto ben...» sto per rassicurarla ma vengo interrotto
da una
voce maschile.
«Signor
Malik! Finalmente la conosco» un omone enorme mi si avvicina
per
stringermi la mano. Santo cielo, perché mi da del Lei?
Mi
mette in soggezione. «Sono il direttore di questa piscina,
non
capita spesso di avere una star tra i nostri clienti» si
presenta.
Gli
porgo la mano, facendo il modesto per non attirare ulteriormente
l'attenzione delle altre persone presenti nella struttura.
Poi
lo vedo rivolgersi a Stefania. «Signorina Allegri, esigo una
spiegazione, ha per caso lasciato il nostro cliente senza soccorso in
caso di necessità?».
Vedo
Stefania farsi seria. «Beh, Direttore, io stavo prendendo il
materiale e...».
«E
hai pensato bene di lasciare il signor Malik da solo?»
«No,
cioè...io...». La vedo in difficoltà,
probabilmente se mi fosse
successo qualcosa la responsabilità sarebbe stata sua.
«No,
Signore, Stefania era accanto a me quando sono scivolato, è
stata
una mia sciocca svista, perdoni questo piccolo imprevisto» mi
intrometto io, capendo che il direttore non l'avrebbe presa bene.
«Oh,
d'accordo, come si sente adesso? Signorina, accompagni il nostro
cliente all'ospedale, meglio non rischiare» decreta il
direttore.
«No
guardi, davvero, sto bene» ribatto io.
«Si
lasci almeno accompagnare nell'infermeria e salti la lezione di
oggi»
continua imperterrito, per poi ordinare a Stefania di accompagnarmi.
Ci
guardiamo entrambi con aria rassegnata, ma poi la ragazza mi fa segno
di seguirla, saluto il direttore e mi avvio verso l'infermeria.
I
primi minuti sono quelli più imbarazzanti: camminiamo per i
corridoi
deserti e né io né Stefania apriamo bocca. Mi
sento davvero idiota,
ma non so cosa dire.
La
prima ad interrompere quel silenzio imbarazzante è lei.
«Grazie per
avermi coperta, prima» sussurra «il capo sarebbe
stato capace di
licenziarmi».
«Figurati»
rispondo soltanto, infondo non ho fatto niente di così
importante.
«E
scusa, probabilmente non sarebbe successo nulla di tutto ciò
se
fossi rimasta» continua però lei.
«Davvero,
non è un problema, anzi! Così oggi salto la
lezione» rispondo
entusiasta, ricordandomi questo piccolo – e favoloso
– dettaglio.
Lei
ride, e giuro di non aver mai sentito una risata così bella
in vita
mia. «Tranquillo, ci sono ancora quasi due ore, volendo fai
in tempo
a riprendere l'allenamento» sorride beffarda, spalancando una
porta
gialla.
Io
la guardo sorpreso, stupito per il fatto che sto riuscendo a
dialogare con lei, inizialmente mi era sembrata così distaccata
e fredda. «Ora che ci penso, non mi sento ancora molto
bene» fingo,
sdraiandomi sul lettino dell'infermeria e causando un'altra risata da
parte della ragazza.
«Perché
non vuoi imparare a nuotare?» chiede poi curiosa, sedendosi
accanto
a me e porgendomi un borsa di ghiaccio prelevata dal freezer.
Rimango
sorpreso da quella domanda, sembra davvero interessata e non so cosa
rispondere.
«Beh,
io...» comincio imbarazzato «io ho paura
dell'acqua. E ho paura
dell'acqua perché non so nuotare. E non so nuotare
perché ho paura
dell'acqua. È un circolo vizioso che devo spezzare, ma non
voglio»
spiego sorridendo.
«Come
fai ad averne paura? L'acqua è...fresca, avvolgente,
rilassante» mi
contraddice lei.
«Forse
perché tu la vedi da un altro punto di vista, ma ognuno ha
le sue
paure. Magari tu sei cresciuta nuotando, da bambina. I miei invece
non mi hanno mai insegnato» ribatto.
«Credo
di aver imparato a nuotare a due anni» sorride, pensando al
passato
«vivevo in Italia, in un paesino sulla costa Toscana, era
bellissimo».
Sorrido
a mia volta, vedendola persa nei suoi ricordi, serena e bellissima.
Oddio,
perché faccio questi pensieri sdolcinati? Cosa mi sta
succedendo?
«Ci
sono stato in Italia!» dico per non pensare «ma non
al mare, tu
come mai sei venuta a vivere a Londra?» chiedo.
«Volevo
cambiare aria, essere indipendente. Ho tre fratelli maggiori che
vivono ancora in casa dei miei genitori e l'ho sempre trovato
squallido. Al liceo ho studiato lingue e amavo l'inglese, ho sempre
voluto trasferirmi in Inghilterra, così, finite le
superiori, sono
venuta qui» spiega come se niente fosse.
«Insomma,
eri la ribelle della famiglia» sorrido «da quanto
sei qui?»
«Quattro
anni» risponde lei sicura.
Quattro
anni? Un momento, le superiori si finiscono a diciotto o diciannove
quindi Stefania ha...ventidue-ventitré anni? Wow
è più grande di
me, non avrei mai pensato di poter stare con una ragazza più
grand...”Zayn,
dannazione, cosa c'entra questo?! Tu non starai con lei,
perché
semplicemente non ti interessa. La conosci da mezz'ora e già
pensi a
queste cose? Idiota.”
Ecco la mia metà di cervello razionale che torna a rompere i
coglioni.
«Togli
pure il ghiaccio, ora ti metto uno spray che fa miracoli» mi
dice
sorridendomi e avvicinandosi per studiare bene il bernoccolo.
«Hai
preso una gran bella botta, come cavolo hai fatto a cedere?»
chiede
poi ridacchiando.
E
io cosa faccio? Continuo a guardarla incantato, ora che mi è
così
vicina non riesco a staccarle gli occhi di dosso.
«Emm» balbetto
«sono inciampato su una papera di gomma» spiego
senza smettere di
guardarla.
«Su
una papera? Cosa?!» e la sua risata non tarda ad arrivare. Mi
piace
tantissimo il modo in cui ride, gli si forma una fossetta sulla
guancia destra, solo su quella, le brillano gli occhi e posso vedere
i denti perfetti e bianchissimi che compongono il suo sorriso.
Subito
comincio a ridere con lei che poi si ferma e mi guarda. «Come
si fa
ad inciampare su una papera e a rischiare l'osso del collo per esseri
inciampati in un modo tanto ridicolo?» ride.
«Senti,
Miss» mi fingo offeso «non siamo tutti come
te».
«Certo,
se fossimo tutti come me, il mondo sarebbe perfetto» scherza,
strappandomi un sorriso. Non pensavo che potesse rivelarsi tanto
simpatica, sono piacevolmente sorpreso.
Una
volta messo lo spray sulla mia – gigantesca –
botta, Stefania mi
propone di tornare in piscina a cominciare questo maledetto corso. E
io, davvero, provo a convincerla a non sottopormi a quella tortura,
la imploro in ogni modo possibile – beh, forse non proprio ogni
– ma ugualmente non riesco a convincerla, così
poco dopo sono
costretto a seguirla nuovamente verso le vasche.
«Almeno
non andiamo nella piscina olimpionica ma in quella dove si
tocca!»
gioco la mia ultima carta «infondo sono ancora sotto shock
per
l'accaduto» sorrido furbescamente.
Lei
mi guarda alzando un sopracciglio e senza – ahimè
– credermi, ma
– non so per quale oscuro motivo - accetta ugualmente la mia
proposta, ridendo ovviamente, e dirigendosi verso la piscina per
bambini. Che imbarazzo.
Okay
Zayn, calmati. Non sembri un deficiente, no. Sembri solo un pirla.
Perfetto.
Mi
sento come un bambino che non sa nuotare, con la mamma che gli
insegna. Perché in questo momento Stefania mi sta tenendo a
galla
reggendomi con le mani sul torace e la pancia, mentre io, a pancia in
giù sull'acqua (dove dovrei
galleggiare) sbatto i piedi provocando una miriade di schizzi e cerco
di muovere le mani in contemporanea. In poche parole: lei mi tiene su
e io mi muovo a caso. Non mi sono mai
sentito più in imbarazzo in tutta la mia vita, davvero. Voi
non
avete idea di quanto sia alto il livello di vergogna che sto provando
in questo momento.
Anche
perché – come se la situazione non fosse
abbastanza disperata –
Stefania non fa che ridere. È più di mezz'ora che
stiamo “nuotando”
e lei non ha smesso un secondo di ridere di me, facendomi sentire una
femminuccia incapace.
«Okay,
basta così, Zayn. Sei un caso perso!» sorride.
«Senti,
non ho mai nuotato in vita mia, cosa ci posso fare?» chiedo
retoricamente, scherzando anche se mi sento un idiota.
«Per
oggi può bastare, ci vediamo domani» mi sorride
lei.
La
saluto e poi mi dirigo verso Harry che, già pronto, mi sta
aspettando all'ingresso degli spogliatoi.
«Malik,
permettimi di dire una cosa» comincia subito Hazza non appena
mi
vede avvicinarsi a lui «lei è una figa e tu sei
già cotto, amico».
***
Si,
lo so, questo capitolo non convince neppure me. Si prendono subito
troppa confidenza l'uno con l'altra, vero? Boh. E poi non l'ho
neanche riletto perciò perdonate gli eventuali errori.
Comunque
sia, eccomi qua con questo capitolo che spero vi sia piaciuto, magari
ditemi una vostra opinione, ditemi se cancellare questo scempio o se
continuare questo scritto. Insomma: fatevi sentire! Ahahah.
L'abbigliamento
è ovviamente lo stesso del capitolo precedente, quindi
niente link.
Detto
ciò vi saluto e spero di risentirvi al prossimo capitolo!
Un
abbraccio a voi che recensite, che mettete tra le preferite (grazie
*-*), o che leggete in silenzio!
A
presto,
Lucia.
P.S:
Vi lascio con questa gif che AMO.
(guardate
come sono bello)
-
Z.