Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: anqis    15/04/2013    4 recensioni
Sul vetro appannato erano state tracciate delle curve fatte delle dita creando così un disegno. Il ragazzo allontanò il viso per ammirare quell’intrinseco di forme vaghe e poco chiare: una ragazza in piedi di fronte a quella che doveva essere una fermata dell’autobus, il volto rivolto verso il cielo, gli occhi chiusi. I capelli lunghi le scendevano - bagnati, dedusse lui dalla rigidità - sul viso, la figura di lei, minuta e magra.
[..] A grandi e lenti passi attraversò la strada, non consapevole del sorriso che gli increspava le labbra. Aveva disegnato un ombrello. Sulla ragazza del disegno aveva disegnato alla meglio un ombrello per proteggerla dalle gocce di pioggia che le cadeva pesantemente addosso alle quali lei sembrava avesse deciso di non proteggersi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



La ragazza dell'autobus.
Parte III.





Un ragazzo alto dalle  spalle larghe e le gambe lunghe fasciate in un paio di jeans scuri stava camminando a testa bassa perso nei suoi pensieri, due enormi cuffie a distanziarlo dalla realtà che lo circondava.
Non portava nessun berretto quel giorno e la sciarpa era tornata nuovamente in letargo nel cassetto del suo armadio; ormai la temperatura si era alzata notevolmente durante quell’ultima settimana di Febbraio, all’arrivo del piovoso ma più mite mese di Marzo. E con quelli anche il gelo, il ghiaccio sul parabrezza delle auto, le cioccolate calde, le caffetterie stracolme, le ultime verifiche di recupero, anche i vetri appannati si erano schiariti. Ma non la speranza e la testardaggine di Harry, quelle erano rimaste e non sembravano avessero intenzione di sloggiare dalla mente del riccio che rimuginando non si era accorto di esser stato chiamato.
Solo quando alzò gli occhi e vide il ciuffo scuro di Zayn innalzarsi tra la folla di studenti, si decise di togliersi le cuffie e lasciarle penzolare familiari sulla nuca. Si fece strada fino a raggiungerlo all’ingresso, dove appoggiato allo stipite lo stava aspettando con una sigaretta in bilico tra due dita. Era nervoso, pensò Harry nell’osservare i movimenti con cui giocava con la sigaretta.
«Che succede?» chiese.
Zayn scosse la testa, poi indicò con il mento la situazione al cancello. Il poco buon umore che Harry aveva – grazie al voto che era riuscito a strappare a quella stronza della professoressa di algebra – svanì di fronte alla scena di fronte alla quale si imbatté. Appoggiato al cancello la biondina del tram stava spudoratamente flirtando con un biondo che loro conoscevano fin troppo bene. Niall, ancora una volta, si era lasciato abbindolare da un falso sorriso e forse da un invito al suo ristorante italiano preferito.
«Interveniamo, dai» bofonchiò Harry mentre si avviava spedito verso l’amico che aveva estratto il cellulare, non consapevole del guaio in cui si stava ingenuamente cacciando. Zayn a suo fianco si portò la sigaretta all’orecchio. Se la sarebbe goduta in un altro momento, dopo aver salvato Niall naturalmente. E pensare che la stronza la mattina stessa aveva lanciato un altro dei suoi languidi sguardi a Harry.
«Il nuovo locale messicano? Non ci sono mai andato.. Ehi Harry, Zayn!» esclamò il biondo allargando gli occhi azzurri e la bocca in un sorriso placido e contento. Mancava una coda e in quel momento avrebbero potuto dire che stesse scodinzolando.
Harry fece un sorriso stirato e batté il pugno all’amico, mentre Zayn si limitò ad un cenno veloce con la testa prima di inchiodare gli occhi scuri e poco cordiali sul viso dal trucco pesante di lei, che intimidita deglutii rumorosamente.
«Lux mi stava invitando..» Non ci credo, non nome più azzeccato. Lux,lussuria, che banale cliché, pensò Harry abbassando gli occhi chiari fermi sulla ragazza, «Che carina, vero? Dice che potete venire anche voi, ha delle amiche..» non ebbe il tempo di finire che Zayn lo interruppe. Il tempo era scaduto, la sigaretta esigeva il suo momento.
«Non ci interessa, mi dispiace» disse incorruttibile.
La ragazza spalancò gli occhi, ma non osò aprire bocca quando Zayn le lanciò un’altra occhiata molto esplicita.
«Ma ragazzi..» si lamentò Niall senza capire. Poteva essere così tonto un ragazzo di diciotto anni? Gli irlandesi, convinti che tutti siano sinceri come loro. Harry lo zittì con una gomitata e si affrettò ad aggiungere, «Grazie comunque per l’invito..»
«Potrei invitare anche la ragazza dell’autobus»  disse però la ragazza a bruciapelo, «sempre se vuoi.»
Gli occhi verdi di Harry che erano già grandi di suo si spalancarono enormemente. Zayn con il tubicino di carta ormai tra le labbra si fece scappare un gemito di arresa. Con quella frase la ragazza aveva già vinto e stravinto. Quando sarebbe riuscito ad accendersi quella dannata sigaretta?
«L-La ragazza dell’autobus?» balbettò Harry, confuso e preoccupato della sua instabilità mentale. Che se lo fosse solo immaginato? Se la risposta era sì, doveva cominciare a coltivare l’idea di prenotare una seduta dallo psicologo della scuola.
«Sì, quella che ti lascia quei disegnini» simpatizzò facendo le virgolette con una smorfia infastidita che celava a malo modo l’invidia che la stava divorando da mesi a parte, «Sì, so chi è. Va a scuola con una mia amica, posso invitarla se proprio vuoi..» impossibile non cogliere la riluttanza con cui l’avrebbe fatto. Harry però non fece caso – o meglio, fece caso ma si preoccupò accuratamente di nasconderlo.
«Domani, alle 18.00 da Mimmo.»
 

***

 
«Senti, sei sicura che verrà?» chiese il riccio.
La ragazza sospirò – incredibilmente nessun bottone della striminzita camicia saltò - «Harry» gli dava fastidio che lo chiamasse per nome, anzi erano molte le cose che gli facevano salire la pressione del sangue, ma doveva rimanere buono, finché lei non fosse arrivata. «È la quattordicesima volta che me lo chiedi da quando siamo arrivati, ovvero quattordici minuti esatti fa. Io le ho dato appuntamento qua per le 18 in punto, se in ritardo non significa che tu debba tormentarmi ad ogni scoccare di un minuto, okay?»
Il riccio, stupito dalla complessa e inaspettata risposta della bionda emise uno sbuffo e con un cenno di assenso tornò a giocare nervosamente con l’orologio al polso. Lei soddisfatta tornò a chiacchierare con Niall che senza resistere aveva già ordinato uno spuntino (sempre se un panino si poteva chiamare così. “Metabolismo irlandese” ecco come si giustificava).
Intanto Louis a suo agio tra due ragazze stava inscenando una delle sue tante avventure di cui nessuno sapeva quanta verità vi fosse. Liam, che lo aveva invitato all’ultimo convinto che la presenza di più persone avrebbe reso l’incontro meno studiato e più naturale, stava parlando fitto fitto con Zayn che stranamente sembrava avesse deciso di mettere da parte la sua facciata da “non ti considero neanche” e il suo pacchetto di Lucky Strike nella tasca dei pantaloni e sorrideva – incredibile! Surreale! Domani moriremo tutti! – divertito. Liam era un ragazzo speciale, lo aveva sempre saputo Harry.
Quando ormai aveva contato tutti i tappi di bottiglia schiacciati e amalgamati con il cemento del marciapiede, un saluto attirò l’attenzione della combriccola male assortita.
Erano appena arrivate due ragazze. Harry sorvolò con lo sguardo la prima ragazza e con un sorriso ad increspargli le labbra si abbandonò alla vista della cipolla venuta male color miele, gli occhiali dalla spessa montatura troppo pesante per il naso fine e minuto. E non si preoccupò neanche di ascoltare le presentazioni delle altre, concentrato nei dettagli di quel viso.
«Harry.»
Le ciglia lunghe le accarezzavano gli zigomi nascondendo ai suoi occhi il colore delle iridi dietro le lenti. Notò con sorpresa una leggera spruzzata di lentiggini sul naso quando si voltò leggermente per sorridere a qualcuno che – ehi – non era Harry.
«Harry.»
Gli occhi si spostarono su di lui, spiazzandolo. Erano marroni, ma non del solito e banale marrone. Erano leggermente più scuri intorno alle pupille, luminosi e frastagliati da riflessi chiari e pagliuzze – che fossero dovute alla miopia? Harry si diede dello stupido, come poteva averla giudicata banale la prima volta che aveva posato lo sguardo su di lei?
«Harry!», chi lo disturbava in un momento del genere? Si voltò e scocciato schioccò le labbra. Lo stava fissando tutti, e sapeva, anche la ragazza. Okay, doveva apparire normale. «Dimmi Louis»
L’amico inclinò leggermente la testa prima di ripetere con una nota più grave e lenta, «Harry, loro sono Clary» indicò l’amica della bionda, « e lei è Ginevra» e indicò la ragazza-dell-autobus.
Si guardarono in silenzio. Gli occhi caramello di lei sgranati ed immobili, gli occhi di lui verdi.. seri. Si alzò di colpo ed ignorando la mano dell’altra ragazza sporta verso di lui, si rivolse subito a Ginevra (era al quinto posto dei nomi della lista che aveva stilato che secondo lui le si addicevano): «Goodbye? »
«Oh mio Dio» disse lei arretrando di un passo.
«Goodbye? Voglio dire, ti sembra questo il modo di mettere fine a tutto? Senza neanche darmi una cazzo di spiegazione?» le parole gli sfuggivano di bocca irruente, sembrava avesse ingerito un vocabolario e ad un tratto le stesse vomitando tutte, scegliendo ovviamente tra le peggiori. Harry si era immaginato un incontro diverso, molto più da film strappalacrime che sua madre e sua sorella guardavano fino al vomito in particolare a San Valentino giustificandosi dicendo che avevano bisogno di un po’ di romanticheria nelle loro triste vite. Non avrebbe mai e poi immaginato che sarebbe scoppiato così tutto ad un colpo. Una parte di lui, la più saggia e sfortunatamente per lui, per lei e anche per i presenti, la più debole continuava a ripetergli di mantenere il controllo, ma le sinapsi avevano dato il controllo della sua lingua e dei suoi arti – la vuoi finire di gesticolare come una checca?! - a qualcun altro. E se che quel qualcun altro era il Cuore, Harry si poteva dare per spacciato. «Sai come ci sono rimasto? Ti rendi conto che ho passato questo ultimo periodo chiedendomi cosa io abbia sbagliato o cosa di me ti abbia costretto a mandare tutto a puttane» oh merda, fermatemi,« Cos’è che ho sbagliato?»
E i mormorii non lo aiutavano affatto, “Ma stavano insieme questi?”, “Si conoscevano?”, “Altro che Gossip Girl!”, “Ginevra, da te non me lo aspettavo” e altro.
Ginevra, che durante l’intera sfuriata non aveva emesso un suono o un respiro aspettò che finisse, gli occhi ancora sgranati e le labbra formicolanti. Zayn, che tranquillo con una mano sullo schienale del divanetto osservava annoiato la scena, confuse quel tremolio per l’inizio di un possibile pianto. Si stupì, come tutti, quando invece si trasformò in un sorriso.
Harry, con ancora le spalle larghe tese e scosse, la fronte corrugata in un cipiglio per niente raccomandabile, gli occhi verdi accesi da scintille e le labbra rosse. Si era spento. Ginevra tranquillamente lo prese per il polso ed ignorando i borbottii che l’accompagnarono, lo trascinò con sé.
Camminarono in silenzio, il solo rumore dei loro passi sull’asfalto, il chiacchiericcio dei passanti che li circondavano. Harry si era calmato e la rabbia evaporata aveva appena ceduto il posto ad un'altra sensazione meno piacevole: il pentimento. Lo sentiva che si attorcigliava nelle viscere dello stomaco e si insidiava sempre più fondo. Perché non aveva tenuto la bocca chiusa? Perché aveva accettato quel dannato invito? Perché si era dovuto comportare come una donna isterica?! Cosa stava pensando Ginevra – chissà se poteva chiamarla così – di lui in quel momento? E dove la stava portando?
Come se lo sentisse, lei rallentò l’andatura dei passi e poi senza voltarsi, come se gli stesse lasciando uno spazio personale, gli chiese: «Allora, va meglio?»
Sospiro profondo. «Meglio.»
Silenzio.
Scalpicci delle scarpe. Clacson di automobili, fogli di giornali che frusciano trascinati dal vento, tintinnare di tazze calde, scricchiolii di porte che si aprono e si richiudono, il vento che serpeggia tra le foglie appena nate.
«Non pensavo che.. avresti avuto questa reazione, davvero. Non era mia intenzione farti arrabbiare o anche solo infastidirti» disse senza fermarsi, il viso rivolto di fronte sé, chissà verso qualche destinazione, «Pensavo che non sarebbe cambiato niente, infondo erano solo dei semplici disegnini e qualche volta delle frasi delle mie canzoni preferite che tu, non so come, sembravi conoscessi tutte. Mi faceva così piacere salire sull’autobus, sedermi e canticchiare a bassa voce il verso che tu avevi aggiunto» fece un lungo sospiro.
«Mi piaceva molto poterti parlare in questo modo, mostrare piccoli pezzi di me che pochi conoscevano ad uno sconosciuto che sembrava capirmi molto più di quanto le persone che conoscono fanno. Eri una specie di diario, solo reale e capace di rispondermi, suggerirmi, correggermi addirittura» Harry notò una guancia alzarsi e anche lui sorrise, «Ero curiosa anche io di incontrarti, sai? Ho trascorso minuti, ore, giornate a immaginarti. Poi una mattina salgo sull’autobus e vedo un ragazzo che ha occupato il mio posto. Ho capito immediatamente che eri tu, prima ancora che notassi i tuoi sguardi circospetti e le occhiate che rivolgevi ad intervalli precisi alla porta e subito al vetro. E pensavo che avresti capito anche tu immediatamente come ho fatto io che fossi io, ed invece no. Mi sono sentita banale, non alla tua altezza. Ho deciso di non preoccuparmene finché mi sono imbattuta nuovamente in te, che avevi costruito una nuova strategia e ti eri seduto di fronte per non dare sospetti. In quei minuti in cui sono andata a timbrare la tessera ero combattuta sul cosa fare e alla fine mi sono buttata, sono tornata indietro e mi sono seduta. E ho visto l’occhiata delusa che hai fatto e le mie certezze sono diventate realtà quando non hai accennato a nulla, un movimento, una parola neanche quando ti sei reso conto che fossi io. Avevo deluso le tu aspettative. Ho deciso di mettere fine a quella storia.»
Harry era senza parole. Si chiese perché il vomito di parole sembrava fosse terminato, ovviamente nel momento meno adatto. Si morse il labbro inferiore in cerca di qualcosa da dire per colmare quell’imbarazzante vuoto. Aveva così tante da dire eppure non riusciva a sistemarle, a capire da dove cominciare. Ed infine gli scappò l’unica frase che avrebbe dovuto tenersi per sé. «Che stupida» disse.
La ragazza si fermò di colpo ed Harry che non se lo aspettava le andò addosso. Fece per scusarsi, ma non ebbe neanche il tempo di spostarsi i riccioli che gli erano accidentalmente finiti in bocca con l’impatto che un dito sottile di lei erano andato a premersi con troppa forza sul tessuto della sua felpa. «Stupida?» chiese , «Io ti faccio un discorso del genere e mi dai della stupida? Ti rendi conto di quanto sia difficile per me dirti tutto questo?!» sbraitò alzando la voce.
Harry non colse le ultime parole, troppo occupato a nutrirsi di quella voce capace di indurirsi, della ruga che le si era formata precisamente tra le sopracciglia e il colorito scuro in contrasto con la sua pelle diafana e chiara che le aveva colorato le guance. Fu costretto a scuotere più volte la testa ed allontanarla per le spalle per riuscire a risponderle senza distrarsi. Che spalle minute che aveva.
«Stupida non nel senso patetica per quello che mi hai detto. Stupida nel senso per quello che hai pensato. Davvero tu hai deciso di chiudere il tutto solo perché non ti ho parlato quando ho saputo che eri tu? Non ti è passato per la testa che fossi solamente atterrito quanto te all’idea del nostro incontro? Se non sono riuscito a muovere un muscolo non era sicuramente per scelta mia, non credo troverei parole per descrivere la voglia che avevo di girarmi e dirti “ciao, sono il ragazzo con cui parli inconsciamente ogni giorno”, ma non l’ho fatto perché avevo anche paura di poterti spaventare e il mio terrore più grande era che tutto questo finisse, come poi è successo» questa volta parlava con calma, le mani grandi e delicate strette con decisione sulle spalle minute di lei. Era alto, la sua statura incombeva su di lei, rendendola più piccola di quanto non fosse già. «Hai frainteso tutto, come ho fatto io. Dunque, di stupidi ne abbiamo due e siamo noi» incurvò un labbro in un sorriso, mettendo in mostra due fossette che Ginevra non aveva mai avuto l’onore di notare. Pensò a quanto le sarebbe piaciuto infilarci un dito in quelle guance e le sue  tornarono a dipingersi di rosso.
«Allora..» cominciò lui.
«Cosa facciamo ora?» concluse lei.
Ci pensarono entrambi in silenzio, in mezzo alla strada incuranti degli sguardi dei passanti, dei clacson delle auto, dei tintinnare delle tazze.
«Da capo» dissero insieme all’unisono. Scoppiarono in una risata fresca e leggera. Entrambi ascoltarono l’altra con attenzione.
Ginevra si guardò un attimo le converse azzurro marino, poi alzò gli occhi e inchiodandoli in quelli del ragazzo, porse una mano.
«Piacere, mi chiamo Ginevra, ma tutte mi chiamano Gin perché mi basta un goccio di alcolico per andare di matto. Amo l’odore delle pagine dei libri, amo il rumore della lavatrice in carica, mi rilassa; amo il sapore del tè nei pomeriggi freddi di inverno e i gatti non mi sono mai andati a genio» sorrise « e ah sì, amo disegnare sui vetri appannati degli autobus.»
E Harry ridacchiando strinse la mano, «Il mio nome vero è Harold ma solo mia nonna mi chiama così e mia madre quando si incavola con me. Mi piace il rumore delle foglie che scricchiolano, il vento tra i capelli quando vado sullo skateboard e la musica, quella buona. Diversamente, ho una strana ossessione per i gatti. Ed ho il vizio di rispondere ai disegnini sui vetri appannati degli autobus. Lo trovi strano?»
Gin, Ginevra, Ragazza Dell’Autobus, rise. «Assolutamente.»


 


- all'angolo della strada.

Buonasera, lettrici.
Ed ecco qua l'ultimo capitolo di questa one-shot|mini-long, come volete chiamarla voi.
Spero davvero che vi sia piaciuta e boh, ho davvero poco da dire, visto i tre capitoli di storia che mi aspettano aperti sulla scrivania. Niente, ringrazio le meraviglie che hanno aggiunto questa storia tra le seguite/preferite/ricordate e quelle dolcezze che mi hanno lasciato una recensione. Grazie di cuore. 
Spero davvero che abbiate gradito questa idea poco sensata ed inconsueta, nata dal mio improvviso lato artistico che - come ho accennato nel primo capitolo - mi ha portata a disegnare cose strane sui finestrini dell'autobus di ritorno da scuola. Con il sole che brilla oggi, i vetri appannati sono quasi un miraggio hahaha! 

Grazie ancora.
Vi porgo un saluto, visto la pausa che ho deciso di prendere.
Lasciatemi una piccola recensione, se vi va. Vorrei conoscere il vostro parere.
A presto (speriamo),

Alice.



 

And Harry giggling shook her hand. 



Un'occhiata alla mia prima one shot su Larry? One Step Closer.
 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: anqis