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Autore: Ronnie02    16/04/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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*entra con passi leggiadri e felpati per non venire linciata*
.... *viene colpita*
ODDIO SCUSATE, SUL SERIO NON VOLEVO RITARDARE COSI' TANTO, E' LA SCUOLA LA VERA COLPEVOLE!
Ok, ora la pianto. No, sul serio gente, mi dispiace un sacco di questi continui ritardi, ma mi sta scoppiando la testa. Vi giuro che proverò ad essere puntuale, giuro. 
Ora vi lascio leggere, visto il tempo che ho impiegato ad aggiornare.
Bye bye, buona lettura





Chapter 13. Edge Of The Earth






“Ash!”, la chiamò Dean, appena la vide arrivare. “Wow, sei uno schianto!”. L’aveva sempre trovata bellissima, ma quel giorno, con la salopette e il basco, aveva un non so che di particolare.
“Smettila”, lo riprese subito lei, andandolo ad abbracciare. “Come stai?”.
“Oh, meglio di quanto non fossi mai stato… e tutto grazie a te!”, le rispose, sedendosi un po’ sul letto. Ora stava mangiando di più, era più in carne e un pochino meno fuori di testa. Così, senza che nessuno lo toccasse, l’avevano spostato di un livello. Essere almeno un po’ più lontano dei terminali, dopo più di un anno, era come stare in Paradiso. “E grazie Joel per avermela portata”.
“E’ stato un piacere”, disse il ragazzo, per poi lasciarli soli.
“Lui mi piace molto di più del tuo stupi… scusa, del tuo amorevole fidanzato”, commentò Dean, guardando Joel andarsene dalla stanza.
“Ehm… insultalo pure, Dean. E’ una vita che ho mollato Edmund”, confessò Ash, stupita in realtà dal fatto che non lo sapesse.
“Sul serio?! Wow, non mi ricordavo questa bella notizia. E ancora non abbiamo festeggiato?! Mannaggia a te…a festeggiare con una passeggiata, subito!”, esultò Dean, guardandola ridere. “No, sul serio Ash, posso camminare fino alla sala se mi tengo a qualcosa”.
“Io sarei il tuo qualcosa?”, chiese fintamente offesa, ma molto felice della novità.
“Ovviamente”, scoppiò a ridere Dean, mentre lei gli tirava un buffetto sulla spalla, senza fargli male. Cavolo, era seriamente migliorato!
Lo aiutò a scendere da quel letto e gli mise un braccio attorno alla vita, mentre lui si appoggiava alle sue spalle con il suo. Quando si furono sistemati per bene, pian piano, cominciarono a camminare.
Ash era semplicemente stupefatta del progresso del suo amico. Ed era successo solo perche lei era andata a trovarlo!
Non lo credeva possibile, invece Dean era lì, con lei, a camminare meglio che poteva, fuori dalla sua nuova stanza.
“Grazie Ash”, sussurrò lui, mentre entravano nella sala, dove altri pazienti, accompagnati dalle infermiere, facevano il loro giro. “Sai che uscirò da quella porta grazie a te, vero? Appena riuscirò a camminare per conto mio mi faranno uscire!”.
“Sul serio?”, disse lei, stringendolo un po’ di più, come in un abbraccio.
“Sì, il dottore ha detto che il mio problema… psichico non cambierà mai e potrebbe solo peggiorare stando chiuso qui dentro”, esultò lui, restando con lo sguardo fisso sulla porta tanto agognata.
“Ne sono certa anche io. E così io potrò tenerti d’occhio”, commentò lei. “I tuoi parenti non sono pronti a starti dietro, io ne so qualcosa. Potresti venire da me e stare più tranquillo”.
“E’ una proposta di convivenza, amore mio?”, la prese in giro, sbattendo le ciglia e provando a baciarla, anche se in realtà era veramente entusiasta.
“Vaffanculo”, rispose lei, spostandolo. “Allora, sì o no?”.
“Certo che sì, scema!”, disse lui, spingendola in basso con il braccio, per farlo un dispetto. Era già più bassa di lui, odiava le facesse scherzi del genere e lui lo sapeva benissimo.
“Sempre il solito simpaticone, vero?”, rispose lei senza vendicarsi del gesto, come avrebbe fatto di solito. “Sei risparmiato solo perché ti voglio fuori di qui presto”.
“Oh, come sei buona!”, sorrise lui.
“Non è la prima volta che me lo dicono”, scoppiò a ridere Ash, con fare melodrammatico.
 
“Bel posto appartato”, la prese in giro Jared, quando andarono nel piccolo parchetto dietro l’asilo. Oh merda, adesso lo meno, pensò la ragazza.
“Senti, è già un miracolo per te che io accetti di raccontarti questa cosa, quindi non farmene pentire!”, gli disse, sbattendolo contro il muro, arrabbiata. “Ora ascolti, muto e non fai nemmeno una domanda”.
“Mi devi raccontare la storia della tua vita? Io ti avevo chiesto solo di darti una spiegazione a quello che fai, mica di scrivermi un libro”, rispose lui, sbruffone.
“Oh, davvero? Va bene, mi risparmi aria”, commentò lei, lasciandolo lì al muro, mentre lei si distaccava e si allontanava da lui.
Si mise dritta con la schiena e respirò forte. Era arrivato il momento.
“Allora?”, disse Jared, senza notare che stava iniziando a parlare.
“Sono una strega”.
Un attimo di panico, un attimo di silenzio, un attimo che durò un’eternità per entrambi, si estese tra di loro.
“O santa merda”.
 
I momenti peggiori sono quelli in cui, come in un film, tutto si appanna dopo una rivelazione e per alcuni istanti non capisci se chi stava parlando è morto, svenuto, l’hanno ucciso o semplicemente sta aspettando che l’altro si decidi a parlare.
E porca miseria Leto, esponiti!, pensò Ash, vedendo Jared veramente scioccato. Oh cazzo, è morto!.
“Tu… tu…”, balbettò il cantante.
Lo preferivo morto, continuò a pensare la ragazza, guardandolo come sfinita dalla stanchezza.
“Stai scherzando?”, chiese ancora Jared, distogliendo lo sguardo da lei, quasi fosse… cosa, un mostro?
Grazie, Leto, davvero! Ora lo uccido io, cazzo!, s’arrabbio Ash, diventando completamente viola.
“Ehy, ehy… il viola significa che sei arrabbiata quindi? È… è una magia?”, chiese, quasi dandosi dello stupido, finalmente guardandola.
Facciamo un passo avanti, Leto, ma ho ancora voglia di ucciderti, lo fissò, calmandosi un po’.
“Ora sei tu che non parli, però”, la rimproverò Jared, guardandola tornare bionda. “E il biondo blu è quando ti stabilizzi… giusto? Scommetto che il verde vuol dire che hai paura”.
“Sei un ottimo osservatore, l’ho sempre detto”, rispose Ash, sorridendo un po’, più tranquilla. Non sei scappato… bene, ti posso anche risparmiare. “Non è una magia, comunque, è… solo parte di me”.
“Quindi tutti i… maghi o streghe… sono capaci di farlo?”, domandò ancora, davvero curioso. E quindi sua madre aveva ragione, avevano tutti avuto ragione.
La magia esisteva davvero, era la soluzione. Solo che, come in tutte le storie che si rispettino, andava tenuta nascosta.
“No, solo io”, continuò Ash, facendolo tornare alla realtà. Così Jared provò ad avvicinarsi un po’, mentre Ash tentava di stare immobile, senza avere paura.
Ormai il gioco è fatto. Non se n’è andato… va bene, no?, continuò a ripetersi.
“Quanti siete?”, chiese Jared, arrivando a sedersi al suo fianco, esattamente di fronte a dove era prima.
“Pochi, pochissimi… qui”, rispose lei, evitando il suo sguardo. A quegli occhi azzurri avrebbe detto di tutto, ma non poteva lasciarsi incantare.
“Qui? Qui in California?”, continuò a domandarle. Oh Dio, se ci sei, salvami!, tornò a pensare.
“No, Jared. Qui nel tuo mondo!”, lo corresse lei. “Ma non posso dirti altro, mi dispiace. Sai già troppo”.
“Troppo? Io non so un bel niente!”, si lamentò il cantante alzandosi in piedi, in segno di protesta. “Non… non mi hai detto nulla, scusa! Ormai il gioco è fatto, finiscilo”.
“Jared, perché credi che sia un segreto?”, ribatté Ash, prendendogli il polso come per farlo sedere di nuovo. “Perché diventeremmo tutti casi clinici, gli ‘strambi’ di un altro universo… e non posso permetterlo”.
“Non lo direi a nessuno. Forse al resto della band e a Vicki, ma sai che non andremmo a urlarlo in giro, Ash!”, disse Jared, allargando le braccia.
“Non siete voi il problema, Jared… siamo noi. Se qualcuno lo viene a sapere, e fidati lo verranno a sapere, voi siete finiti. Non vi manderò a morte così facilmente, non posso”, si spiegò Ash, alzandosi in piedi per andare via.
“Perché dovrebbero capirlo?”, la seguì Jared.
“Perché seguono me ventiquattro ore su ventiquattro come minimo. Non siete al sicuro con me, Jared. Guarda quante volte sono costretta a scappare”, si voltò di scatto Ash, spaventandolo. “Essere me è la cosa più brutta di tutti i mondi esistenti e stare anche solo vicino a me… può seriamente significare la morte”.
“Ora esageri”, commentò Jared, guardandola come se volesse estorcerle tutti i suoi segreti. No, occhi azzurri, non posso.
“Mi dispiace, Jared”, concluse lei. “Ma davvero, pensaci! Come potete essere al sicuro con me? No, Jared, non posso farvi questo”.
“Lo fai per noi… o lo fai per te?”, non demorse il moro, superandola e bloccandole la camminata. “Non dovresti prima informarci dei pericoli per vedere poi se siamo pronti ad affrontarli?”.
“Se vi dico tutto non avete scelta. O così, sapendo di potervi salvare, o conoscere tutta la verità e non poterne più scappare”, gli diede un’ultima possibilità di capire che era come spararsi un colpo in testa.
Jared la guardò, come a valutare tutte le varianti, per qualche minuto. Ancora una volta nell’arco di nemmeno un’ora ci fu un periodo di silenzio troppo lungo perché i nervi dei due potessero reggere.
“Diccelo”, disse Jared alla fine, mordendosi l’interno del labbro inferiore.
“No, non posso”, lo superò di scatto Ash, correndo via troppo veloce perché lui riuscisse a prenderla. Fosse stata anche più temeraria avrebbe potuto andarsene anche più velocemente, ma non era più neanche in grado di farlo dopo così tanto tempo.
Sono nella merda, fu il suo ultimo pensiero.
 
Ancora una volta, gli serviva inchiostro.
Per cosa poi? Per continuare a scrivere quel maledetto nome. Non sarebbe andata avanti per molto questa storia, prima o poi l’avrebbe trovata. Ash Connor non voleva tornare all’Esis, ma lui continuava a cercarla in una maniera morbosa e ossessiva.
Mancava solo lei alla sua lista nera.
“Mi fa sempre più paura”, balbettò Zoe, tremando mentre esaminava il messaggio sulla parete. ‘Sento il tuo sangue sulla mia pelle… ti prenderò, piccola stupida’.
“Arriverà presto. Odia mietere vittime innocenti se ha la sua preda preferita sotto mano”, disse Sorrow, deglutendo davanti all’orrore che si trovava davanti.
Una casa come tante altre, con un ingresso come tanti altri, con una sala… macchiata di un crimine. Come la volta precedente, tutti i mobili erano sottosopra, come dopo una rapina, e, appoggiata al muro, la vittima.
Simon Taylor Collins, ventenne, studente della stessa scuola di tutte le altre vittime. Perfetto sportivo, fidanzato da due anni, promessa della giurisprudenza del loro mondo… ucciso, martoriato, torturato senza pietà.
Zoe scappò via, non riusciva a stare lì dentro, mentre Sorrow si fece forza e si avvicinò al cadavere. Era il suo lavoro, non poteva tirarsi indietro.
Come per la ragazza precedente, i suoi vestiti erano completamente lacerati nei punti di maggior scorrimento del sangue, più qualche taglio leggero sul collo. Tanto per fargli male, senza davvero ucciderlo.
Gli alzò la maglietta, leggermente, per paura di cosa potesse trovare, e notò del sangue ancora fresco scivolare sul petto. Interessante… non doveva essere passato tanto tempo quindi.
Continuò a tirarla su e notò che il sangue aumentava. Ormai non ne fu sorpresa… come la volta precedente, la gabbia toracica era stata completamente dilaniata e il cuore era stato tagliato fuori, provocando un’emorragia abbastanza notevole da inondare gran parte del pavimento attorno a lui e essere sufficiente anche per il messaggio.
Era stato rimesso al suo posto malamente, freddo e biancastro, tagliato ovunque.
Sorrow chiuse gli occhi e risistemò la maglietta intrisa di sangue a posto, come meglio poteva. Si stava per sentire male, ma non poteva.
Così riaprì gli occhi e guardò il viso del ragazzo. I capelli neri erano sparati in aria con del gel, a cui si era appiccicato del sangue già solidificato. Magari l’aveva preso per i capelli con le mani sporche, per sistemarlo contro il muro…
La pelle era fredda e bianca, con alcune ferite viola sulle guance, mentre il labbro superiore e il naso erano stati spaccati, forse mentre tentava di scappare.
E rieccolo. Il simbolo dell’orrore. Sempre sul collo, vicino all’attaccatura dei capelli corti del ragazzo, c’era incisa la a che indicava l’assassino.
Sorrow si alzò, lentamente, e guardò gli arti del ragazzo. Completamente storti, rotti fino all’inverosimile, come se fosse un giocattolo a fili. Era stata la sua marionetta per un pomeriggio di giochi mentre pensava alla frase più orribile da scrivere con il suo sangue.
Quando era morto questo povero ragazzo? Quanto aveva sofferto prima che, finalmente, il suo cuore disperato aveva smesso di battere?
“Perché?”, sussurrò Sorrow, senza davvero dirlo a nessuno. “Perché lui? Perché un ragazzo innocente deve perdere la vita per colpa tua?!”.
Con tutta la forza che aveva, si allontanò dalla vittima e non guardò il messaggio, andando da Zoe.
Lei era fuori dalla casa, con Joel, che cercava indizi per dove fosse andato Lui.
“Inutile che guardi. Non ha camminato fuori da quella stanza: è arrivato e se n’è andato in quel punto”, disse Sorrow, arrivando agile. Zoe le sorrise, mentre Joel si tirò in piedi e le diede le spalle, andandosene in fretta, usando la stessa tecnica che aveva usato Lui. “Uh, nervosetto, il ragazzo”.
“Lascialo perdere, è nervoso”, lo scusò Zoe, guardando Sorrow che alzava il sopracciglio. “Non lo sto difendendo!”.
“Oh, l’amore”, la prese in giro Sorrow, cominciando a camminare a fianco con Zoe, che era arrossita.
“Non è vero…”, disse la ragazza, distogliendo lo sguardo da Sorrow e fissando la strada. Le meraviglie di quel posto riuscivano a farle dimenticare l’orrore che aveva appena visto.
“La prossima volta vi mando in missione sopra uno di quelli”, disse Sorrow indicando il ‘mezzo di trasporto’ tipico degli innamorati. Zoe la guardò malissimo e lei ridacchiò. “Tranquilla, io non gli dico niente!”.
“Non c’è niente da dire, Sorrow, smettila”, chiuse il discorso. “Cioè, volevo dire: non c’è niente da dire Sam, smettila”.
“Sei la prima che mi chiama ancora Sam dopo tutta una vita, da quando quella peste della Connor ha cominciato a chiamarmi Sorrow, sai?”, scoppiò a ridere Sorrow, ricordandosi del suo vero nome. Non era più abituata ad essere chiamata con il suo nome di battesimo: Samantha Gair… si poteva dimenticare una cosa del genere?
“Sì, lo so… ma essere chiamata Sorrow non ti da fastidio?”, chiese Zoe, ridendo.
“Ormai mi chiamano tutti così, quindi non c’è problema”, cominciò a raccontare con un sorriso. “Prima ero conosciuta come Sam o Sammy; lo sono stata almeno fino a quando ho conosciuto Ash. Ma dopo la sua storia mi hanno affidato le missioni di ricerca di assassini, il che implicava avere a che fare principalmente con… cadaveri”.
“E tu eri quella che li esaminava e che avvisava i parenti… portando loro dolore, giusto”, finì Zoe per lei.
“Ash ci vede giusto con i soprannomi. Il suo caso non è mai stato chiuso, sai? Prima che arrivassi tu, Joel e Edmund eravamo almeno in dieci a stare vicino e ci guidava il capo Ylan Coff”, ricordò la donna. Frederic, John, Daniel, Kathrine, Kate, Hailey, Walter, William, Maggie… quanto le mancavano, quante ne avevano passate insieme, dietro quella pazzoide? “Eravamo una squadra unita e lei, quando era fuori da scuola, era obbligata a darci ragione, essendo minorenne. Le ragazze le facevano da mamma, i ragazzi erano i suoi amici e io guardavo un po’ che non succedessero casini, insieme a Ylan…
“Ma poi Ash compì diciotto anni e chiese di andarsene, visto che ormai Lui non attaccava da moltissimo tempo. Tutti furono d’accordo e a quel punto non riuscii ad evitarlo. Così ottenne il permesso da Ylan, se ne andò e la squadra si divise. Quando Lui cominciò a tornare fui l’unica che, essendo parte ancora dell’Esis, si riuscì a salvare. A quel punto il team si ricompone e Seamus venne definito come nuovo capo in carica del caso. Chiamò voi e… bè da qui in poi la storia la conosci anche tu”.
“Sì, in effetti la conosco bene”, sorrise Zoe, pensando a ciò che Sorrow le stava raccontando. “Com’era la Resistenza, prima di… tutto questo?”.
“Bè, innanzitutto non esisteva l’Esis. Quello fu creato dopo l’esperienza di Ash. Prima c’era la D.I.S.I., ovvero ‘Diritti Inequivocabili per Stregoni e Incompleti’, ma tutti la sciolsero per paura che Lui li trovasse.
“Così noi superstiti ci nascondemmo e creammo l’E.S.I.S., in totale segreto. Non potevamo rischiare di essere scoperti, così cambiavamo sede ogni volta che ci vedevamo”.
“Wow… non avrei mai pensato che avessi avuto una vita così emozionante”, sorrise Zoe, entrando nell’Esis.
“Sì, mille avventure sono belle da ricordare, anche se è una fatica viverle tutte”, commentò Sorrow, persa nelle sue memorie, con i suoi compagni, mostrando un sorriso sul volto.
“Bè… ho una nuova avventura per te”, disse sorridendo furba, guardando la sua amica.
“Parla”, sorrise curiosa Sorrow,  mentre seguiva Zoe all’interno della sede della Resistenza. “Avanti, Zoe, dimmi!”.
“La nostra cara Ash Connor ha trovato dei nuovi amici davvero teneri e carini… che di cognome fanno Leto”, ammise, appena arrivarono nella sala dove aveva lasciato i giornali trovati all’Esis.
“Cosa?!”, urlò Sorrow, spaventata. No, non poteva essere…
“Tranquilla, sono degli Incompleti, ma sto cercando i possibili legami di parentela con Lui. Hanno una band e a quanto pare il loro compagno di gruppo ha un figlio che viene affidato da Ash, nel suo asilo”, disse Zoe, facendole vedere anche delle notizie Incomplete, che aveva scovato grazie alle conoscenze di Joel su quel mondo.
“Oh, meno male”, si toccò il cuore Sorrow, più tranquilla. “Mi hai spaventata da morire”.
“Secondo te che legame hanno con Lui?”, chiese Zoe, analizzando i suoi documenti, più i pochi libri che parlavano dell’assassino del ragazzo trovato oggi a casa sua.
“Se li avesse mandati Lui, Ash Connor sarebbe già sotto tre metri di terra e non avrebbe ucciso quei ragazzi per dirci che stava arrivando”, commentò Sorrow.
“E se invece stesse aspettando per fare in modo che lei si fidi di loro? In fondo, come potrebbe sapere di essere così vicino a lei, tanto da dire che sente il suo sangue sulla sua pelle”, si domandò Zoe.
Sorrow, a quel punto, sbiancò di nuovo per la paura. “Zoe, troviamo tutto quello che possiamo su questi due. E dì a Seamus di mandare Joel a scovare qualcosa su di loro più da vicino!”.
 
“Avevamo ragione, quindi?”, sorrise Vicki, mentre abbracciava Devon, che sorrideva e parlocchiava. Da quando aveva detto magic continuava a pronunciare lettere sconnesse, ma dopo un po’ riusciva a formulava una parola giusta.
“Dammi il cinque, sorella”, esultò Shannon, battendo pugno con Vicki e Tomo, che fecero la linguaccia al fratello piccolo, invece. Jared fece il broncio e smise di raccontare cosa era successo.
“Oh, forza Jay, non ti offendere! In fondo non puoi negare che avevamo ragione noi, scusa”, gli sorrise Vicki, lasciando suo figlio a Tomo e andando ad abbracciare il cantante. Lui scoppiò a ridere e la strinse di rimando, per poi prendere la testa e sfregare il pugno sui capelli, scompigliandoli.
“Sei sempre più simpatico, Jared, eh!”, si staccò da lui, dandogli un pugno sulla spalla. Tornò a sedersi con Devon, per terra, in mezzo ai giocattoli, mentre Jared, andò avanti con il racconto.
“Quindi non mi ha detto altro, se non che saremmo finiti male in caso avremmo saputo qualcosa di più”, finì la storia, deludendo i presenti.
“Cosa?! E non ti ha detto più niente? Ma no!”, si lamentò Shannon, scioccato.
“Non credo che sapere così poco ci aiuti, perché, alla fine, la cosa più importante per cui ci dovrebbero cercare la sappiamo, no?”, disse saggiamente Tomo, come suo solito.
“Oh, come al solito le tue perle di saggezza ci colpiscono in pieno, Tomo”, lo prese in giro Jared, ridendo.
Vicki, invece, non disse nulla, guardando Devon fissare la porta che dava allo studio di suo marito. Oh, cavolo.
“To-Tomo?”, balbettò la ragazza, un po’ impaurita. E se, invece, suo figlio non fosse normale come credeva? Se il legame che aveva con Ash era per colpa della natura di Ash?
E se anche suo figlio fosse come lei?
“Che succede, tesoro?”, chiese Tomo, non capendo dove volesse arrivare la moglie.
“Hai ancora nel tuo studio il piccolo pezzo di plastica inciso?”, rispose la donna, indicando suo figlio, che fissava la stanza.
“Credi che c’entri qualcosa?”, domandò Tomo, mentre Jared e Shannon non capivano cosa si stessero dicendo i coniugi Milicevic.
“Sono certa che c’entri con Ash… ma perché Devon sta fissando quella stanza?”, ribatté Vicki, alzando la voce di due toni.
Tomo, vedendo che i Leto non li seguivano più, cominciò a spiegare loro dello strano simbolo che era stato inciso su un pezzo di plastica che poi Devon aveva trovato e portato a casa.
“Non lo so, Vicki”, concluse poi, ritornando su sua moglie, che seguiva gli occhi di suo figlio su quella stanza.
Era tutto così strano e sconclusionato…
Troppi tasselli mancanti per un puzzle troppo grande per loro quattro.
“STATE GIU’!”, urlò qualcuno, da fuori la porta. Tutti si abbassarono spaventati, dopodiché la porta scoppiò in mezzo al fuoco, facendo urlare tutti quanti, tranne Devon.
Il bambino, infatti, si liberò dalle braccia di sua madre, e andò verso il fuoco, gattonando, senza paura. Man mano che si avvicinava, il fuoco diminuiva, lasciando spazio al fumo.
“Devon, sta’ indietro”, lo richiamò Vicki, mentre Tomo la teneva stretta a sé. Il bambino si voltò, nello stesso istante che tutti volsero lo sguardo su di lui.
Intanto il fumo si stava spargendo, facendo comparire un ombra scura, che spaventò i ragazzi all’interno, mentre Devon era tranquillo davanti alla nebbia, in attesa.
“NON MUOVETEVI!”, urlò l’ombra, entrando in casa. Jared, quasi preso dall’adrenalina, uscì dalla morsa in cui Shannon l’aveva chiuso per proteggerlo, e andò davanti a Devon.
“Chi sei?”, chiese nervoso, tenendo il bambino dietro le sue gambe.
L’ombra diventò sempre più riconoscibile come essere umano, mentre Devon inclinava la testa per vedere lo sconosciuto, anche se si teneva a Jared.
“Chi vi ha detto di Ash?! CHI?!”, urlò il ragazzo, uscendo dal fumo, con la mano piena di luce, quasi un lampo elettrico bianco e blu. I capelli li aveva scuri, esattamente come gli occhi.
Jared e Tomo lo guardarono curiosi. Aveva una faccia davvero familiare, e quello che aveva appena fatto era un segno che faceva parte dello stesso mondo di Ash.
“Oh, cazzo”, disse Shannon.
“E questo?”, continuò Vicki, spaventata.
“Sei il tipo del cappello bianco!”, se ne uscì Tomo, alzandosi di scatto e facendo girare verso di lui tutti i presenti. Il ragazzo lo guardò scioccato, abbassando la mano elettrica.
“Sì! E’ vero! La prima volta che Ash se n’è andata ho visto te che arrivavi all’asilo!”, lo accusò Jared, indicando il ragazzo. “Che cazzo le hai fatto, pezzo di merda?”.
“Jared!”, disse Vicki, indicando Devon.
“Non osare!”, grugnì il… mago. Guardò male Jared e in un attimo tutto il suo braccio si ricoprì di fulmini elettrici. “Non sai con chi hai a che fare”.
“Sì che lo so”, lo sfidò Jared, mentre Devon continuava a guardare il nuovo arrivato.
“E non dovresti!”, urlò il ragazzo, muovendo il braccio nella direzione del cantante, che d’istinto si coprì il volto.
“Edmund, no!”, sentirono tutti una nuova seconda voce, che si fece vedere qualche secondo dopo. Stavolta nessuno lo riconobbe, ma di certo era uno di loro.
“Joel, che cazzo vuoi?! Lo sanno!”, ribatté il primo arrivato, guardando il secondo.
“Fermo! Credi che ti ringrazierà se li farai fuori?”, lo convinse Joel, a quanto sembrava che si chiamasse. “Ti odierà ancora di più, quindi sta’ buono”.
“Sanno tutto… e vuoi lasciarli andare?”, domando Edmund, scioccato, mentre gli Incompleti presenti se ne stavano in silenzio, senza capire niente.
“Devono sapere”, concluse il secondo, fermando la carica elettrica del primo, che sparì completamente dal suo corpo.
E ora? Scusate, vi pagheremo la porta, ciao?
Joel si voltò e, mentre la sua mano si coprì di una strana foschia, come un vento infinito attorno al suo braccio, che man mano risistemava casa Milicevic come se non fosse successo niente.
Ditemi che è solo un incubo.
“Domani all’asilo di Ash Connor. Così appena porterete il bambino potremmo parlare anche con lei”, disse Joel, mentre tutti gli Incompleti annuirono, completamente persi. “E tu, muoviti, cazzo di idiota!”.
Edmund abbassò la testa e lo seguì, chiudendo la porta dietro di sé, la stessa che aveva sfasciato quando era ‘entrato’.
“Qualcuno sa spiegarmi che cazzo è successo?”, disse Shannon, ancora per terra, tossendo per la polvere ancora in giro.
“Ma sti due coglioni non potevano anche pulirmi casa, già che c’erano?!”, se ne uscì Vicki, alzandosi in piedi con suo marito, per andare a prendere Devon, ancora attaccato alle gambe di Jared. “Pensa te questi!”.
 

...
Note dell'autrice:
No, ma mi dicono che questi maghi sono davvero simpatici!
AHAHAHHAAH comunque, ALLELUIA *partono i cori d'angelo* Jared ha capito l'arcano! Il primo arcano, il più semplice, è svelato... ma sappiate che non  è finita! Non è mai finita qui ahhhahahah
Ora, Dean è il solito tesorone che... bo, è il mio preferito oltre a quell'idiota di Leto, poco ma sicuro. E' un mito.
Come al solito, spero che gli assassinii non  siano così terribili a leggere, ma in un certo senso mi piacerebbe essere capace di scandalizzarvi (vena sadica e cinica pronta all'azione).
Vicki è una grande e, come già detto, Edmund e Joel non sanno che altro fare quindi, per essere davvero dei simpaticoni, si mettono a sfasciare case. YEEEEEE

Va be, ora vi lascio, che vi ho già preso troppo tempo.
Scusate ancora per il ritardo, chiedo pietà.
Un abbraccione a tutte/i (se esistono maschi :D), Ronnie
 

 
 
   
 
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