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Autore: kyuukai    17/04/2013    1 recensioni
Corri e vai, fogliolina,
Danza e vola intorno al fuoco
Troppo vicina, troppo avventata.
Ti spingi troppo oltre per le fiamme scure,
affascinata, ostinata, tanto che
i lapilli sospinti arderanno le tue punte.
Sai che prima o poi la tua freschezza
verrà rubata da cotanta avventatezza
ed arderà fino in cenere
di fronte al fuoco implacabile.
Perché dunque continui? Per quale ragione non indugi?
Desideri così tanto morire per quella fiamma mortale,
O fogliolina avventata, innamorata ed ossessionata?
[Incompiuta]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hashirama Senju, Izuna Uchiha, Madara Uchiha, Tobi, Tobirama Senju
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Prima dell'inizio
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Hashirama non era nato come un genio.

Non sapeva nulla di genjutsu, se la cavava abbastanza nel controllo del chakra e non eccelleva in taijutsu. I suoi ninjutsu poi erano appena passabili.

E i suoi genitori non mancavano occasione per ricordarglielo.

Era un ragazzo ordinario, troppo per una famiglia di fenomeni padroni dell'arte del legno, rara e rinomata in tutto il mondo, oltre che temuta. Troppo per il ragazzino che in futuro avrebbe dovuto guidare l'intero clan alla grandezza che suo padre osannava così tanto, ma di cui Hashirama non capiva un bel niente.

Che come la prima foglia di un ramo nuovo, nato da un albero che da millenni combatteva contro gli agenti atmosferici, doveva ergersi al di sopra di tutto e tutti, e scintillare di luce, fredda luce propria.

Hashirama, purtroppo per lui, si rivelò col passare del tempo essere una foglia fin troppo tenera e verde, scaldata da un barlume di sole che dalle fronde superiori riusciva a malapena a raggiungerlo.

Doveva essere temprato, prima che una folata di vento troppo forte lo tagliasse di netto.

Si sarebbe potuto provvedere anche ad evitare questo.

La madre, dichiarata sua istruttrice, lo mise a dura prova ogni dì, sottoponendolo alle missioni e allenamenti quasi impossibili per le sue abilità. Gli strappò quel poco di luce che gli rimaneva senza pietà, stando a guardare il suo dolore con gelida severità, conscia che aveva fallito ancora una volta.

Arrendersi non serviva a nulla, o meglio, serviva a farla andare sulle furie prima del solito e subire la sua ira più a lungo.

Il padre non era di aiuto. Quando di sera si riunivano per la cena, la madre gli riferiva gli esiti dell'allenamento con voce grave. E l'uomo lo fissava scoraggiato e deluso ogni volta, tanto che il ragazzino raramente toccava il cibo disposto davanti a sé.

Tobirama si limitava a stare in silenzio, Itama a tremare al suo fianco, troppo impaurito per sostenere il maggiore. Soprattutto quando una volta al mese venivano esaminati uno per uno dal padre per vedere i loro miglioramenti.

In quelle occasioni il più grande riusciva a malapena a trascinarsi nel suo futon, tanto contuso e dolorante era. Senza cena ovviamente. Quella era la punizione migliore che gli potessero infliggere.

Perché Hashirama era inadeguato, un inetto, un fallimento di figlio. La sua fiamma stava morendo sotto le parole gelide dei genitori e degli anziani, insoddisfatti dai risultati dei suoi allenamenti, giorno dopo giorno.

Il ragazzo si sentiva letteralmente soffocare da tutte quelle foglie morte che gli impedivano di sentire il calore già flebile che la vita potesse offrirgli. Lo sovrastavano, lo schiacciavano sotto il peso delle loro azioni e parole, e a lui non rimaneva che stare a guardare. Non aveva il potere, neppure la forza per ribellarsi.

Non più.

Per essere il futuro detentore del potere del clan era davvero mediocre ciò che riusciva a fare, se ne rendeva conto da solo, ma cosa avrebbe potuto fare? Solo piangerne aspramente la notte, con il viso affondato nel cuscino per impedire ai genitori di sentirlo gemere e singhiozzare.

Solo l'amore per i fratelli riusciva a mantenere integra la sua sanità mentale e gli impediva di scappare di casa durante la notte, via da quella casa gelida.

Per andare dove poi? Lì fuori c'era una guerra, forse anche peggiore dei colpi di sua madre. Delle parole gelide del padre, degli sguardi indifferenti degli altri membri del clan.

-Nii-san, riposa per favore- lo supplicava nel cuore della notte Itama, avvertendo i suoi tremori dovuti al tormento fisico e mentale del più grande, al primo suono del suo respiro spezzato, prima delle lacrime. Il piccolo aveva preso l'abitudine di avvicinare il suo futon a quello del fratello e premersi contro la sua schiena, senza abbracciarlo perché ovviamente gli avrebbe arrecato solo altro dolore. Ma abbastanza da rassicurarlo con la sua presenza e calore. Solo così riuscivano a prendere sonno, rincuorandosi l'un l'altro in silenzio.

Quei piccoli momenti di felicità, barlumi di speranza e tepore, morivano col levarsi del sole, e la voce monocorde di Tobirama che li avvisava che la colazione era pronta.

Era un ciclo infinito di totale gelo, indifferenza, odio, un pizzico di calore, e di nuovo un tuffo violento nel freddo odio. Bastava un assaggio di tepore per far affrettare l'inverno nella vita di Hashirama, tanto che cominciò a pensare che non ne valesse la pena sentirlo.

Vivere un attimo di felicità, e poi il resto dell'esistenza diventare statue di ghiaccio come i genitori e gli anziani?

Sarebbe mai finito? O l'unico vero, eterno sollievo sarebbe stata la morte?

Sconfortato come non mai il giovane si era diretto lontano da quel clan così distante e gelido, in cerca di un qualcosa che desse senso alla sua esistenza.

Un barlume, un pizzico di vitalità che non era più capace di produrre da solo.

Doveva forse rassegnarsi che prima o poi sarebbe andato a finire anche lui nella stessa fossa dove ora riposava suo fratello?

I suoi passi stanchi e addolorati lo portarono lungo il fiume che delimitava il loro territorio. Da piccoli lui e i suoi fratelli avevano passato tanto di quel tempo libero lì a schizzarsi l'acqua a vicenda, con la scusa di lavarsi.

Kawarama e i suoi sorrisi invasero la sua mente gelida all'istante, ed il giovane Senju si perse nei ricordi di una vita quasi mai esistita.

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Hashirama poteva quasi vedere il fantasma del fratello scomparso rincorrere lui e i suoi fratellini nel fiume, sotto il sole ridente che aveva splenduto raramente quando era ancora in vita. Le loro risa alte e spensierate nelle orecchie accompagnavano la federe riproduzione, tanto che pensò davvero per un attimo di essere tornato indietro nel passato più tiepido.

Ma durò giusto un attimo, un leggero tonfo nell'acqua bastò per farlo riscuotere dall'illusione. Percorse con lo sguardo vuoto l'intera lunghezza del corso d'acqua, rassegnato. Non vi era più nessuno. Anche su quel posto era calato il gelo ed il silenzio.
Non vi era dunque nessuna speranza per lui?

Di nuovo quel tonfo in acqua.

“Ma cosa...?”.

Tutto ad un tratto i suoi occhi scuri guizzarono, guidati dal suono che aveva avvertito in precedenza. La sorpresa che lo colse fece persino svanire la fredda vuotezza che li aveva quasi fatti padroni.

C'era già qualcuno seduto tra le rocce, una piccola forma scura. I quali occhi scurissimi ed intensi erano già puntati verso di lui.

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Il primo vero amico che aveva mai avuto, al di fuori del suo clan, lo aveva conosciuto quando aveva avuto all'incirca undici anni.

Lo aveva trovato proprio lì, sulla riva del fiume che conosceva così bene, mentre stava provando a lanciare i ciottoli sul pelo dell'acqua e farlo arrivare sull'altra riva.
Bastò un'occhiata generica per capire che non apparteneva alla sua gente, ma questo di certo non lo scoraggiò o fermò dall'avvicinarsi al giovane, mosso solo da genuina curiosità.

Era stanco di uccidere alla cieca ogni forma di vita sconosciuta che osasse pararsi davanti, e negli occhi del ragazzo ignoto poteva leggere lo stesso sentimento. Come si era messo sulla difensiva non appena i loro occhi erano arrivati a legarsi, e le spalle tendersi pronte a scattare al minimo accenno di minaccia mano a mano che i suoi passi si facevano sempre più vicini spiegava molto più delle parole.

Anche lui doveva essere uno shinobi, come lui, in tenera età.

Fu quello più di tutto a dargli il coraggio di accostarsi a lui, raccogliere una pietra e mostrargli in silenzio come si faceva a farla volare dall'altra parte della fiume.

Il ragazzo dai capelli corvini lo seguì con occhi attenti, senza perdere di considerazione neppure un suo gesto, sempre sul chi va là.

Poi sbuffò e con un mezzo broncio sul viso aveva ritentato ancora una volta.

-Tch, ci sarei riuscito da solo lo stesso-
Hashirama abbozzò un sorriso alle parole mugugnate tra i denti, e rimase al suo fianco per testimoniare se ci sarebbe davvero riuscito.

Non gli chiese il suo nome, neppure il suo inatteso compagno lo fece.
Ed andava bene così.
Il giovane Senju aveva ucciso fin troppe persone per un nome. Non voleva togliere la vita anche a quel ragazzo bizzarro appena incontrato, che imparò ben presto aveva come prerogativa cambi d'umore repentini ed una lingua singolarmente tagliente.
Si divertirono, a loro modo, a lanciare le pietre lungo il fiume, scambiarono ben poche parole nel mentre. Le ore del pomeriggio volarono come i loro ciottoli, veloci e piacevoli come mai. Lontane da qualunque preoccupazione e pensiero negativo.
E da questo inatteso incontro nacque un gradevole calore, abbastanza da metterlo di buon umore e rendergli possibile sopportare ancora una volta il gelo della sua casa.

Quando mise piede nel territorio dei Senju, di ritorno da quel pomeriggio passato sulle rive del fiume, Hashirama lo fece senza paura né timore di affrontare di nuovo gli adulti gelidi. Si sentiva quasi come una fenice, appena rinata dalle proprie ceneri.

Tutto grazie al suo nuovo, misterioso amico.

  
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