Capitolo
15 – L’Ultima Battaglia
[Pur
di non tradire…]
Si
fece scorrere addosso l’ampio mantello nero da Mangiamorte
e in un attimo fu rivestito e pronto per la battaglia che infuriava oltre quel
debole nido.
Sbirciò
oltre la finestra. Aveva una perfetta visuale del centro storico di Londra,
martoriato da fiammate di draghi, colpi di Troll e Giganti. Il cielo era
grigio, completamente immerso nella nebbia e infestato dai Dissennatori.
Il grande fiume Tamigi era ghiacciato sotto l’influsso di quei mostri e dei
corpi straziati e galleggiati erano rimasti intrappolati nella spessa crosta di
ghiaccio macchiato dal sangue.
Draco
impose ai suoi occhi di non guardare oltre, ma si abbassarono sulle strade per
soddisfare una curiosità macabra.
Si
allontanò dalla finestra con un mugugno schifato e un forte impulso nelle
viscere.
Come
aveva immaginato: le strade erano dei cimiteri profanati, corpi di chiunque,
qualsiasi cosa, riversi scomposti sull’asfalto bagnato.
“La
mia proposta è ancora valida.”
Draco
si voltò piano verso la voce, ribattendo con un sibilo.
“Assolutamente
no; non voglio tradire l’Oscuro Signore… so cosa fanno ai traditori.”
Samantha
si levò dalla penombra della stanza con un sogghigno. “Se hai veramente così
tanta paura non vedo perché tu debba andare a combattere. Scappa.”
Draco
sobbalzò, combattuto da quella pressante tentazione. “Mi piacerebbe tanto, ma…”
il suo sibilo si spense in un lieve mormorio “… i miei genitori…”
“Bene,
allora torniamo a combattere” borbottò Samantha “Il Marchio Nero ci chiama.”
Draco
si afferrò il braccio sinistro, premendo il tessuto ruvido della tunica contro
il tatuaggio che pulsava di sangue nero.
“So
che ci sta chiamando e… sembra arrabbiato.”
Samantha
piegò il capo di lato con un sospiro. “Se torniamo ora avremo comunque un
castigo, un tremendo castigo, ma non moriremo.”
Draco
strinse gli occhi. “Va bene, allora. Non dobbiamo morire.”
“Sarà
un dolore atroce…” sbuffò Samantha “Sai quanto sono tremende le torture
dell’Oscuro Signore?”
“Ora
è impegnato ad uccidere Potter” ribatté Draco con una forte urgenza nella voce.
“Ma
prima o poi Potter cederà e si sfogherà su di noi. A meno che Potter vinca…”
‘Quanto
vorrei che vincesse Potter!’ Draco sibilò a denti
stretti, sentendosi terribilmente vile e codardo per quel desiderio.
“Ma
Potter non può vincere contro l’Oscuro Signore!”
Samantha
fece spallucce. “Forse con un piccolo aiuto…”
“Smettila!”
le gridò addosso “Perché fai così? Non ti rendi conto che stiamo per morire?
Perché prima o poi moriremo.”
“Non
è un mio problema” ribatté Samantha con uno sguardo molto serio “E anche per te
non sarebbe un problema, se solo…”
“Ho
detto di no!” strillò Draco.
Un
lampo di delusione passò sul viso di Samantha. “D’accordo, come vuoi tu, Draco.
Ma ti avverto” la sua voce si fece più bassa e fatale di un sussurro “Per
proteggere questo segreto sono disposta ad uccidere chiunque.”
Draco
la fissò negli occhi con un guizzo di sorpresa e angoscia. “Fai come meglio
credi. Ma adesso andiamo.”
“Ti
seguo.”
I
due si smaterializzarono nel cuore del Covo Oscuro ora silenzioso e tombale,
svuotato dei suoi uomini per l’ultima e cruciale battaglia.
Draco
mosse qualche passo, seguendo i tremendi rumori dello scontro.
“Eccoli
i codardi!”
Il
grido acuto di Cortess che gli giunse alle spalle
valse quasi un infarto al giovane Mangiamorte. Rimase
voltato dalla parte opposta e sentì la voce stizzosa di Samantha replicare.
“Che
cosa ci fai anche tu qui? Codardo al pari nostro?”
Una
risata perfida di Cortess. “Oh no, Drake, codardo
come voi è ben difficile. Ma non temere per la mia integrità di Mangiamorte, sono qui per volere dell’Oscuro Signore: mi
manda a punire i traditori!”
Draco
si morse violentemente il labbro inferiore. L’aveva voluto lui; lui aveva
convinto Samantha a tornare per affrontare la punizione. Eppure tremava dalla
paura, tremava al sibilo delle promesse che scorrevano dalla lingua velenosa di
Cortess.
I
suoi occhi grigi scorsero la mano che si agitava senza controllo.
‘Non
tremare, maledizione… ho paura di farmi male, ho paura del dolore… ma ho più
paura di morire.’
Un
altro ghigno estasiato dalla macabra prospettiva della tortura. “E ora
seguitemi, Draco e Samantha, se non volete che vi uccida sul posto o che ci
pensi l’Oscuro Signore in persona.”
Draco
marciò all’istante verso il suo futuro torturatore, o chissà, boia. Scorse
Samantha che gli lanciava un’occhiata esasperata.
Draco
negò con fermezza, serrando ancora le mani contro la tunica nera.
‘Mi
dispiace, ma anche se dovessi venire ucciso, io non tradirò mai i miei
genitori.’
*^*^*^*^*
[Il
Valore di una Profezia]
Il magico guscio
luminescente fremette al sibilo tetro di Lord Voldemort.
“Così non c’è gusto.”
Harry rimase immobile;
solo il respiro affannato e il latito del suo cuore accompagnavano la voce
crudele di quel ricordo:
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
La bacchetta di Harry
era stretta in un pugno floscio, completamente vile di fronte al suo destino.
La sua gemella era brandita con fermezza, senza pietà, contro il più grande
nemico del padrone.
Il sogghigno serpentino
di Voldemort si piegò, avvertendo la pacata resa
dell’avversario.
“Vuoi combattere, Harry
Potter!?”
Un altro respiro e quel
ricordo, ma nient’altro giunse dal Prescelto.
La smorfia scocciata
dell’Oscuro Signore si era tramutata in un ghigno di pura rabbia.
“Allora morirai
subito!”
Harry sbarrò gli occhi,
colpito in pieno da quelle parole, da quella profezia.
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
Voldemort
agitò la bacchetta, la punta rivolta contro di lui, minacciosa come il grugno
di un drago.
“Ora morirai, Harry
Potter.”
La pelle prese a
formicolargli; l’aria era tremendamente pungente. Il fiato gli venne meno.
La gemella della sua
bacchetta si accese di verde come gli occhi mortiferi di un basilisco. Il
taglio sbilenco sul viso di Voldemort si piegò in una
smorfia di gioia.
“Ho vinto io!”
“Una
sicura vittoria oscura!”
Harry lasciò andare il
fiato. Le lenti dei suoi occhiali catturarono il bagliore verde che gli fulminò
contro.
Voldemort
lasciò andare il capo all’indietro, scosso da una tonante risata, mentre ancora
stringeva la bacchetta illuminata di verde. “E’ la fine del Prescelto! Così
vuole la profezia!”
Harry chiuse gli occhi.
Così
vuole la profezia…
…
Una sicura vittoria oscura…
‘Così
potrò ritrovare…’
…
Professor Silente…
(“Sai,
Harry, una profezia ha valore solo se si decide di darle del valore. Voldemort ha deciso di riporre tutta la sua vita in quella
Profezia e hai visto dove questa scelta l’ha condotto. Tu puoi scegliere, e
allora scegli, Harry.” )
…
Sirius…
(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci,
ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black…
entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro
destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello
predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di
seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il
nostro destino.”)
…
Papà…
(“Lo
so che ora tutto è molto difficile, ma devi imparare a distinguere ciò che è
giusto da ciò che è facile. Provaci, Harry, e impegnati.”)
…
Tutti…
(“Prima
di dirmi addio, Harry, promettimi che ti impegnerai per sconfiggerlo.”)
(“Queste
sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort,
Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”)
Harry
socchiuse gli occhi; il lampo verde a millimetri dal suo viso.
‘Quella
Profezia…
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
…
in confronto ai desideri dei miei amici, di Silente, di Sirius,
di mio padre… di tutti…
Le
dita si serrarono con decisione sulla bacchetta che fremeva per combattere.
…
non vale niente!’
La
gemella della bacchetta malvagia si levò contro l’Anatema della Morte e lo fermò.
Harry
sentì la mano tremare sotto il contraccolpo dell’Avada
Kedavra, ma la sua stretta tornò salda in un attimo.
Avvertì
un grugno di sorpresa e rabbia provenire dall’avversario; levò il capo fiero e
urlò contro Voldemort.
“Ora,
dato che ci tieni molto, combatterò! E ti assicuro che vincerò io!”
L’Oscuro
Signore sembrò solo infinitamente divertito. Gli occhi rossi e serpentini si
strinsero mentre dalle sue labbra erompeva una risata macabra.
“Tu
non puoi sconfiggermi, Harry Potter! Sono molto più forte di te. Non puoi
ferirmi.”
Harry
abbassò il capo e Voldemort gli sorrise di rimando.
Anche le labbra di Harry assunsero il profilo di una smorfia.
“Hai
ragione, Voldemort” mugugnò Harry “Sei molto più
forte tu e io non ti posso ferire…”
Un
fulmineo ricordo gli balenò davanti agli occhi. Una profonda emozione gli
strinse le viscere.
(“Non
ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha
permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza
Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)
“E
dato che non ti posso ferire, allora…”
Gli
occhi di Harry saettarono su Piton, ancora chinato
nel tentativo di stabilizzare i flussi del guscio luminescente.
Voldemort
seguì il suo sguardo deviato e gli sfuggì un solo gemito inorridito, prima che
la sua bacchetta si protendesse contro Harry; ma era troppo tardi. Il Prescelto
aveva già scagliato un Sectusempra contro l’ignaro Severus Piton.
Harry
affondò la bacchetta nell’aria, spingendo il raggio ferreo come una lama
affilata contro il bersaglio.
‘Per
te, Principe Mezzosangue, grazie per avermi insegnato questo anatema.’
Piton
levò il capo, cogliendo di sfuggita il bagliore ferreo dell’incantesimo e Voldemort gridò dal profondo del suo corpo:
“NOOH!”
*^*^*^*^*
[Il
Dissennatore]
I
Dissennatori cadevano dal cielo come una pioggia
fittissima e nerissima.
Hermione
e Ron stavano uniti, schiena contro schiena, riparati dai loro Patronus argentati che cominciavano a perdere la luce
protettrice. Al loro fianco già giacevano i primi sconfitti, assiderati nel
gelido alito dei Dissennatori, svuotati della loro
anima e dei loro bei ricordi.
“Ron…
Ron” gemette Hermione, mentre tentava di rafforzare
la presa sulla bacchetta traballante “Non resisto più. Un altro colpo e…”
Un
lampo di ferro ed Hermione cacciò un urlo
tremendamente acuto. La sua bacchetta rimbalzò sonoramente contro l’asfalto
sudicio della strada e finì oltre il parapetto del Tamigi.
La
piccola lontra sparì inghiottita in un flusso argentato dalla bocca del Dissennatore.
Hermione
trattene uno strillo cercando appoggio dalla vicinanza di Ron.
“Ron!
No, non può essere…”
Ron
cercò la mano esasperata di Hermione e la strinse
forte, mentre con l’altra tentava di forzare il suo Patronus
contro un Dissennatore particolarmente resistente.
“Calma,
Hermione, adesso ci penso io!”
Hermione
boccheggiò senza riuscire a trovare le parole per comunicare la sua angoscia.
La mano libera ancora raspava in giro, cercando disperatamente la sua bacchetta
o un arma con cui difendersi.
Il
Dissennatore che stava calando su di lei con le fauci
aperte era ben diverso dagli altri: più piccolo, ma infinitamente più fulmineo
nei movimenti fluidi e quasi irreali, e, soprattutto, era stato capace di
inghiottire la pura luce di un Patronus, bagliore che
invece avrebbe dovuto esorcizzarne la vicinanza.
Il
mostro calò ed Hermione ebbe l’impressione di
scorgere due occhi umani dietro le pieghe sgualcite del cappuccio: occhi
scintillanti e rosso sangue che riflettevano il suo viso pallido di terrore.
Hermione
chiuse gli occhi, quasi certa della tremenda fine che la attendeva. Avvertì il
calore della mano di Ron che stringeva la sua ed ebbe un tuffo al cuore, già la
nostalgia di averlo perso, di essere sparita e di averlo lasciato solo a
combattere in quella battaglia furiosa.
Riaprì
gli occhi per affrontare quella terribile visione, per tentare di combattere.
Ma il Dissennatore si era già bloccato, paralizzato
da una figura fluttuante che Hermione riconobbe come Nicl-quasi-senza-testa. Sentì una calda lacrima di
consolazione che le scendeva sulla guancia fredda, investita dal gelido fiato
del Dissennatore.
Ron
si voltò, richiamando il fedele Patronus e si lasciò
sfuggire un gemito strozzato: Hermione era accasciata
ai suoi piedi col volto spettrale e le guance incredibilmente rosse, gli occhi
sbarrati e la bocca piegata in una smorfia sotto la nube ghiacciata che gettavano
le fauci del Dissennatore. Sfoderò la bacchetta e la
puntò immediatamente contro il mostro.
“Expecto Patronum!”
Il
cagnolino robusto e fedele puntò contro la creatura. Ci fu uno schianto e un
lampo argentato. Ron riconobbe l’urlo di Nick e sperò davvero di non averlo
danneggiato. Il Patronus retrocedette con un guaito
dalla nube di scintille argentate e da lì schizzò in aria il piccolo Dissennatore, gettandosi a capofitto nell’imponente banco
di nebbia in cielo.
Ron
prese una considerevole boccata d’aria respirabile ora che il gelo polare era
scomparso col mostro fluttuante. Sentì immediatamente le dita intrappolate
nella morsa disperata di Hermione, mentre ancora
fissava sbalordita la figura trasparente di Nick che si riprendeva
dall’attacco.
“Cos’era?”
mugugnò Hermione con un filo sottilissimo di voce.
Ron
ebbe un tuffo al cuore, la medesima sgradevole sensazione di impotenza che
l’aveva colto quando non era stato capace di proteggere la sorellina dalle
grinfie di quell’odioso Babbano. “Hermione,
calma… era solo un Dissennatore.”
Infine
Hermione parve rendersi conto della presenza di Ron e
sembrò così incredibilmente grata che rinsaldò la presa sulle dita agonizzanti
del ragazzo. Ron gemette piano per non preoccupare la ragazza e portò l’altra
mano a proteggere quella piccola e morbida di Hermione
che ancora tremava per il freddo e la paura.
Nick
fluttuò sopra i due e disse con un tono gravido di preoccupazione. “Oh no,
giovane Weasley; quello non era un Dissennatore qualsiasi.”
Hermione
si strinse nelle spalle e Ron la cinse con entrambe le braccia mentre fissava
Nick di stucco. “Come scusa? Non mi dire che esistono tante razze di Dissennatori?”
La
figura trasparente di Nick sembrò tremare tutta. “Oh no! Ma questo era
particolare. Te lo posso dire con sicurezza. Appena gli sono andato contro per
proteggere Hermione è riuscito a toccarmi.”
Ron
tentò di emulare una reazione di sorpresa, anche se in realtà non conosceva
molto bene i normali parametri di comportamento di un Dissennatore.
“Bene, capisco… l’hai toccato? Beh, ed è strano per un Dissennatore?”
Nick
esibì un sorrisetto stiracchiato, un misto di sorpresa e rimprovero. “Oh, Ron,
caro signor Weasley, non l’hai ancora imparato? Un Dissennatore è solo un corpo senza anima, solo uno spirito
tremendamente impuro che vaga sulla terra tormentando i bei ricordi delle
persone, ma resta pur sempre qualcosa di concreto e un essere del genere non
dovrebbe mai, in nessun caso, poter
toccare un’anima pura, cioè io: un fantasma. E invece quello di prima mi ha
toccato e sono persino riuscito a sentire il suo alito gelido. Riesci a
crederlo? Io ho sentito! Io che sono un fantasma e non dovrei sentire più nulla. Ma
è persino riuscito a farmi provare terrore, persino paura di morire, una brutta
sensazione che ormai non sperimentavo da secoli e secoli.”
“Quindi…
cos’era quello di prima?” domandò Ron.
“E’
quello che vorrei sapere anch’io, Ron.”
Ron
sospirò consolato, percepita la voce più vigorosa di Hermione.
Era riuscita a tirarsi in piedi, aggrappata alla spalla del ragazzo, ma il
fiato era ancora ansante e disperdeva nuvolette di aria fredda.
“E’
stato terribile, Ron, e pensare che non si è nemmeno avvicinato tanto.”
Le
braccia di Ron la cinsero ancora, più teneramente, tentando di trasmetterle del
calore. “Niente paura, Hermione, ci sono i nostri Patronus e anche Nick e i suoi fantasmi, quel Dissennatore non si avvicinerà più a te… poi ci sono anche
io e non sono poi così male, vero?”
“Già”
ammise Hermione con un singhiozzo “Io sono molto
brava nelle prove pratiche, qualsiasi prova ci assegnasse Moody
la portavo a termine alla perfezione… ma erano solo prove. Sul vero campo di
battaglia sei tu il migliore, Ron.”
Ron
sentì un grande orgoglio, impareggiabile ai complimenti dell’austero Moody o persino agli applausi e alle urla fanatiche dei
suoi acclamatori sugli spalti di un campo da Quidditch:
il complimento di Hermione era qualcosa di più.
“Oh
beh, grazie Hermione! Ma è il dovere di qualsiasi
bravo ragazzo.”
Hermione
accennò un sorriso tenero; non voleva lasciarsi trasportare da quella tiepida
emozione perché sapeva che poi non sarebbe più riuscita a staccarsi da Ron e
dal suo caldo abbraccio. Doveva, invece, tornare nel gelido pungente del campo
di battaglia, con l’ansia alla gola, temendo per la sua vita e per quella del
ragazzo.
Ma
doveva rischiare anche se mai avrebbe permesso che qualcosa di spiacevole
capitasse a Ron: si sarebbero protetti a vicenda, la loro vicinanza, lo
stimolante che li avrebbe spinti a dare il massimo, il loro amore, lo scudo che
si sarebbe trasfigurato in un fedele Patronus
argentato…
…
Poi lo doveva a Harry e alla sua ostinazione: combattere per i propri cari.
*^*^*^*^*
[Il Valore di un Segreto]
Draco
si riprese solo quando una mano salda e decisa gli strattonò il mantello. Alzò
gli occhi e venne colpito in pieno da quella vista: tracce di lacrime sul viso
impassibile di Samantha.
“Muoviti,
adesso andiamo.”
Samantha
si morse il labbro inferiore mentre con un incantesimo riparava la tunica da Mangiamorte ridotta a brandelli.
“Forza,
Draco, alzati.”
Lo
disse con una voce rigida e forte, ma lei non lo era per niente. Come poteva
esserlo? Quando solo un istante prima l’aveva sentita strillare e urlare
disperatamente perché la salvasse dalle grinfie di Cortess.
E
lui l’aveva fatto… finalmente… Si era sbloccato ed era riuscito a fare proprio…
I
suoi occhi grigi scivolarono sul volto contorto di Cortess.
Gli salì un conato fino alla gola.
L’aveva
ucciso. E allora dov’era tutta l’eccitante soddisfazione che i Mangiamorte gli avevano promesso?
‘Sì,
fidati, giovane Malfoy, la prima volta che uccidi è
così incredibilmente eccitante! Ti senti ribollire di sangue e di lussuria, lo
vorresti rifare all’infinito!’… Allora forse sono io quello strano perché tutto
quello che sento – anche se ho ucciso per difendermi, anche se ho ucciso un
uomo che odiavo – è solo schifo.
Draco
scrutò la fossa in cui erano stati gettati come bestie in attesa del macello.
Catene arrugginite che penzolavano dalle pareti, sbarre di ferro fissate alle
piccole finestre e… il cadavere del torturatore steso accanto a lui, proprio
vicino alla porta.
Lo
fissò per un attimo in quegli occhi vacui e sorpresi che ti dona l’Anatema
della Morte. Poi strinse la bacchetta contro il petto e mugugnò quel tremendo
incantesimo a fior di labbra.
Non
successe nulla. Allora fu pronto a seguire Samantha verso la morte sicura.
Almeno per lui.
Lei
gli stava sempre di fianco, più preoccupata e nervosa che apprensiva;
continuava a mormorargli qualcosa su quel ‘segreto’.
“Non
dirlo, capito? Neanche all’Oscuro Signore, tenta di celargli i tuoi ricordi o
morirai subito.”
Draco
storse il naso, mentre ormai cominciavano a fuoriuscire dal Covo Oscuro. Quando
si parlava di morte solo lui poteva esserne il soggetto. Lei era intoccabile. E
infatti due Mangiamorte – ma in realtà non lo erano –
marciavano dietro di loro come irriducibili guardie del corpo.
Finalmente
scorsero l’uscita e una cupola luminosa oltre quella.
“Cos’è?”
sfuggì a Samantha, mentre accelerava il passo.
Draco
la seguì e percepì i due Mangiamorte avanzare al loro
medesimo passo. Poi la vide, la scena che aveva figurato infinite volte con la
speranza di un reciproco annientamento: l’Oscuro Signore contro San Potter.
Ma
l’obiettivo di Potter non era Lord Voldemort.
“Quello
è Piton!” gridò Samantha mentre si gettava più veloce
verso la sfera dei duellanti.
‘Potter
vuole uccidere Severus Piton?
Quello è lo stesso incantesimo che mi ha quasi ucciso al sesto anno.’
Draco
strinse più forte la bacchetta, mirando contro il Prescelto oltre la barriera.
E l’odio verso Harry crebbe nella sua stretta. Gridò qualche incantesimo ma il
guscio luminoso lo respinse come nulla.
Nessuno
parve curarsi del suo gesto azzardato, tranne Samantha che si era arrestata
bruscamente a pochi passi dalla barriera visto il totale effetto protettore che
aveva respinto l’anatema di Draco.
E
ci pensò l’Oscuro Signore a proteggere la vita del suo pupillo. Draco non
credeva di essergli mai stato più grato che in quel momento: mentre Voldemort sollevava fulmineo la bacchetta ed erigeva uno
scudo di luce verde ai piedi di Severus Piton.
Draco
scoprì di esultare di soddisfazione quando vide il Sectusempra
di Potter rimbalzare prima contro il guscio verde e poi smembrarsi contro la
sfera luminescente. Ma l’attacco di Potter aveva contratto dei danni all’ex
professore di Pozioni.
Lo
scoppio del Scetusempre contro il temporaneo scudo
eretto da Lord Voldemort aveva investito in pieno Piton e la presa sulla sua bacchetta era venuta meno: la
barriera cominciò a traballare.
Draco
desiderò di avventarsi contro Potter. Si spinse contro la barriera, più in là
di quanto avrebbe dovuto osare. Samantha gli strinse una spalla per
costringerlo a fermarsi, ma lui la trascinò dietro e i due Mangiamorte
le gridarono di lasciarlo andare a morire contro la barriera.
Draco
gemette di stupore, incapace di frenare la sua avanzata, il limite del guscio
luminescente, delimitato da segni di magia arcaica, era sempre più vicino.
‘Se
ci finisco contro è la fine.’
La
barriera cedette all’improvviso e sia Draco che Samantha si ritrovarono oltre
il perimetro della barriera, buttati a terra. I due Mangiamorte
tentarono di raggiungere Samantha ma il guscio luminescente ricomparve tanto
repentinamente così com’era scomparso.
Harry
digrignò i denti mentre vide Piton rialzarsi e
recuperare la sua bacchetta; poi udì un tonfo, ancora esasperato dal mancato
colpo diretto verso Piton. Si voltò solo un attimo – Malfoy e una Mangiamorte erano
accasciati a terra – ma quell’istante bastò come distrazione. La bacchetta gli
volò via dalle mani, richiamata dalla sua gemella.
Ritornò
a fissare Voldemort: stringeva la sua bacchetta con
un ghigno sadico.
“Ti
ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
Gli
occhi rossi guizzarono verso Draco e Samantha.
“Ho
intenzione di sistemare un paio di traditori.”
*
“Di
qui!”
Hermione
si affrettò a stare dietro a Ron. Avevano percorso un lato del labirinto che
magicamente era apparso dietro a quello che rimaneva del centro di Londra – era
davvero una gigantesca struttura, frutto di magia antichissima.
Ron
svoltò l’angolo e Hermione lo seguì, fermandosi, e
appoggiando i palmi sulle ginocchia piegate, ansimando forte. Anche Ron di
fianco a lei aveva il fiatone, ma sembrava meno provato.
“Quanti…
metri… circa?”
Hermione
prese un gran respiro per poter rispondere. “Ricopre… un bel po’… del
perimetro… del parlamento… direi… almeno… un kilometro…”
Ron
si accigliò. “Questa è il lato più lungo, vero Hermione?”
Hermione
rimase molto colpita: Ron dimostrava dei nervi saldi che mai si sarebbe
aspettata da lui. “Sì, a occhio sembra così, il lato corto è circa un terzo di quello
lungo.” Disse Hermione, fissando la folta siepe
davanti a sé.
Ron
alzò lo sguardo deciso. “Entriamo, allora.”
“No!
Ron ti prego abbi la pazienza di aspettare qualche minuto!”
Il
ragazzo si voltò accigliato verso Hermione,
assottigliando gli occhi irritato dal comportamento tentennante di lei. “Non è
il caso di essere prudenti adesso, Hermione! Qui
siamo in guerra!”
Lei
gli rimandò l’occhiata truce con una ancora più scottante. “Lo so, Ron, per
Merlino! Ci sono passata anch’io in mezzo a tutti quei corpi!”
Ron
si irrigidì e la stessa Hermione sentì i muscoli
tendersi mentre ricordava il caotico scontro in mezzo alla folla ‘bestiale’ in
cui bastava un solo attimo di esitazione per rischiare la morte, che si esibiva
in una danza macabra ai loro piedi e davanti ai loro occhi.
“Hermione… dobbiamo salvare Harry.” Ron spezzò la tensione,
ed Hermione si ritrovò stancamente ad annuire.
“Ok,
andiamo. Ma lasciami soltanto verificare una cosa…”
Hermione
allungò un braccio verso una stretta apertura del labirinto, tra del folto
fogliame intricato. Una bacchetta spuntò dalla fessura e le si conficcò tra le
costole.
Sentì
Ron gemere di sorpresa quando una robusta fattura lo scaraventò lontano da lei.
Il
fogliame si disperse e le fu visibile il volto folle di Bellatrix
Lestrange.
“Bene,
ecco la Mezzosangue amica di Potter, pronta per morire?”
La
spinse a terra con un colpo violentissimo e le punto la bacchetta alla fronte.
Gli
occhi nocciola di Hermione si dilatarono.
‘Sono
morta?’
*
La
bacchetta di Voldemort si levò verso i due Mangiamorte. “Prima questi traditori, poi tu, Harry.”
A
Draco sfuggì un grido disperato: “Aspetti!”
Voldemort
sghignazzò, più divertito che oltraggiato. “Sì, Draco?”
Draco
sperò solo che la sua voce non tremasse. “Io… io ho un’informazione.” I suoi
occhi grigi scivolarono fulminei verso Samantha, ma in un attimo tornarono a
fissare, titubanti, la figura di Lord Voldemort
“Un’informazione davvero importante: ci sono dei traditori, molti traditori tra
i Mangiamorte.”
Samantha
fece un movimento improvviso, ma così lieve che probabilmente solo Draco se ne
accorse.
Le
labbra di Voldemort si piegarono in una smorfia, ma
la sua bacchetta non attaccò. “Non prenderti gioco di me, Draco; posso fare
qualcosa di peggio che ucciderti.”
“Mio
Signore!” strillò Draco atterrito, i suoi occhi tremavano tanto da impedirgli
di mettere a fuoco. “Davvero, è la verità! E’ una specie di complotto, sono in
molti che complottano alle sue spalle!”
Questa
volta l’Oscuro Signore non si scompose. A Draco sembrò che stesse allentando la
presa sulla bacchetta. Lo sperò infinitamente: non voleva morire; a qualunque
costo sarebbe rimasto in vita, anche se…
Samantha
al suo fianco lo squadrava con occhi di fiamma, gli stessi che aveva prima di
infliggere il colpo di grazia alle sue vittime. Si mordeva il labbro inferiore,
tentando di trattenere parole urgenti e velenose. E fissandola a sua volta,
Draco fu quasi certo di cogliere i suoi pensieri…
Non
lo fare, non osare… altrimenti io…
L’attenzione
di Draco fu catturata dal sibilo dell’Oscuro Signore, quasi imbarazzato ma
anche tremendamente iroso.
“E
allora, Draco, avresti delle prove?”
Draco
ricominciò a tremare e il singulto d’avvertimento di Samantha non lo aiutò a
regolarizzare il respiro. “No, ma… glielo posso assicurare… posso dirle i
nomi…”
Draco
sentì uno schiocco, come di legno spezzato. Era stata Samantha, tra le sue mani
riposavano i resti della sua bacchetta.
Draco
frugò sotto il mantello ma non riuscì a trovare la sua bacchetta. Tornò a
fissare Samantha.
‘Mi
ha disarmato, non ho più una bacchetta… non vorrà forse…?’
Samantha
lasciò scivolare a terra i resti della bacchetta di Draco. E lei prese a
fissarlo con due occhi incredibilmente mortiferi.
“Sta
farneticando” disse lei con incredibile calma “Inoltre” aggiunse con tono
fatale e un sogghigno sulle labbra “… è lui il traditore: ha ucciso il Mangiamorte Hernan Cortess.”
Draco
sobbalzò ancora. Il suo sguardo atterrito si indurì in un’espressione di
rabbia.
‘L’ho
fatto per te, dannata ingrata, dannata ingrata…’
Voldemort
fissò attentamente Samantha fronteggiare senza timore il suo sguardo
serpentino. Si espose completamente al più grande Legilimens
del mondo, ma per lei non era un problema perché, come sapeva bene Draco, gli Occlumanti avevano degli occhi davvero speciali.
L’Oscuro
Signore non perse tempo a leggerle la mente: se un Mangiamorte
aveva l’ardire di esporsi spontaneamente al giudizio dei suoi occhi di Legilimens, allora meritava piena fiducia.
“Ti
credo, Samantha. Quindi dovrò giustiziare un solo traditore” i suoi occhi si
strinsero su Draco “Ma non sperare di scampare alla punizione, Samantha, potrai
conservare la vita ma subirai il mio Cruciatus per
esserti rifiutata di partecipare a questa cruciale battaglia.”
Samantha
si inchinò profondamente. “Lo comprendo, mio Signore.”
Draco
prese un’altra boccata d’aria, socchiudendo gli occhi, appesantiti da una
sinistra sensazione di torpore: resa?
‘Non
è possibile, non è possibile… non voglio morire, non voglio morire…’
“E’
lei! E’ Samantha la traditrice!”
Draco
disperse il poco fiato che aveva in gola in un urlo miserabile e folle. Di
nuovo il paesaggio divenne traballante mentre i suoi occhi di ghiaccio di
riempivano di lacrime di rabbia.
‘Non
voglio morire, dannazione!’
Voldemort
rimase impassibile. Levò la bacchetta verso Draco.
“Mio
Signore!” gridò Samantha con una strana voce. Draco si voltò verso di lei e
vide che gli puntava contro la bacchetta.
Samantha
ricambiò lo sguardo e Draco vide un guizzo, era flebile ma riuscì a capire cosa
fosse: vuoi uccidermi tu?
‘Anche
se stavo per denunciarti, non puoi farlo, non puoi. Perché sono sicuro che tu
mi ami.’
“Mio
Signore!” seguitò Samantha con una voce talmente euforica e squilibrata da
ricordargli quella di zia Bellatrix. “Farò questo per dimostrarle tutta la mia
fedeltà!”
Draco
storse la bocca: forse tentava di fare un sogghigno divertito o forse una
smorfia amareggiata.
‘Cosa
sarebbe ‘questo’, Samantha? Ne saresti davvero capace? Arriveresti a tanto per
proteggere il tuo segreto?... No, tu non puoi, perché io ti ho appena salvato
la vita.’
Samantha
levò la bacchetta, puntandola al petto di Draco.
Lui
sobbalzò e rimase immobile.
‘Ne
avrai il coraggio?’
Quei
suoi incredibili occhi bicolore lo fissavano: erano pietosi e malinconici
quando gli mormorò piano: “Mi dispiace, Draco.”
‘Certo
che sì: tu sei una vera Mangiamorte.’
Per
Draco non fu una sorpresa, attendeva da tempo quel momento; però sentì comunque
uno strappo al cuore quando vide la bacchetta della Mangiamorte
accendersi di verde.
*
Narcissa
riconobbe in un urlo screziato e folle la voce della sorella.
“Bellatrix!” strillò volteggiando la bacchetta e abbattendo
un altro nemico, un Auror.
“Bellatrix…” un singhiozzo riuscì a sfuggirle dal groppo che
aveva in gola. “Sorella, dov’è mio figlio?”
Bellatrix
continuava a strillare verso i due fuggiaschi, l’amico di Potter e la
Mezzosangue, i suoi occhi nero pece da vera Black
iniettati di truce vendetta non avevano altro obiettivo che la morte. Non aveva
tempo per le suppliche della sorella minore.
Narcissa
smise di ascoltare la battaglia, la mano le cadde inerme lungo un fianco,
completamente indifesa e vulnerabile ad un qualsiasi attacco.
“Mio…
mio figlio?”
Avvertì
dei passi alle spalle che le puntavano contro, ma non le importava nulla, stava
ancora attendendo la risposta. Poi sentì un tonfo e un corpo morte che piombava
al suolo.
Si
voltò ed incontrò gli occhi impietosi del marito, il cadavere di un giovane Eclitto era steso ai suoi piedi come il trofeo di una
spietata caccia.
“Stupida
donna” le sibilò “Se non presti attenzione alla battaglia finirai per farti
uccidere.”
Narcissa
socchiuse gli occhi: aveva forse percepito un filo di preoccupazione? Ma anche
questo non le importava; tutto quello che contava davvero in quel momento era…
“Lucius, dov’è?” quasi lo implorò con voce miserevole “Dov’è
Draco? Dov’è nostro figlio!?”
Una
luce violacea si accese alle sue spalle. Il cuore le salì in gola.
Era
la bacchetta di sua sorella: si era illuminata a mezz’aria, quasi calata sul
corpo prostrato della Mezzosangue. Bellatrix era
immobile e fissava a bocca aperta la bacchetta che le tremava in mano. Un
raggio nero partì, tagliando la nebbia e insinuandosi nel labirinto.
Narcissa
gridò con tutte le sue forze, disperata mentre si lasciava cadere a terra con
un singhiozzo atroce e le unghie conficcate nei capelli.
Lucius
sospirò al suo fianco. ‘Che siginifica?’
“Quello
è il raggio mortale di un Voto Infranto.”
E
tra l’orrore di quella rivelazione, Narcissa udì lo
strillo di sua sorella. “Piton ha infranto il voto!”
[Forse
posso… aiutare Draco.]
[Severus… oh, Severus… lo
aiuterai? Lo proteggerai, lo difenderai?]
[Posso
provare.]
*
Moddy
raggiunse una delle estremità aperte del labirinto con uno sbuffo di
stanchezza. Affannarsi nel gelo opprimente di quella nottata di fuoco era
incredibilmente spossante, anche per un veterano combattente come lui.
Poggiò
il bastone per sostenersi su un fianco; la gamba destra penzolava, parzialmente
rotta. Prima di morire per mano sua un Mangiamorte
gli aveva fatto la cortesia di schiantargli la gamba ancora buona. Ora tutto il
suo peso si reggeva sulla protesi di ferro, anche quella ridotta allo stremo
dalle intemperie climatiche e dagli eccessivi sforzi.
Moody
strinse l’occhio ancora umano. ‘Ora i
miei movimenti sono molto limitati. Devo stare attento; se qualcuno mi coglie
impreparato sarà la fine per me: vigilanza costante!’
“Avada Kedavra!”
Moody
sbarrò gli occhi mentre la nebbia di quel settore si illuminava di verde. Il
corpo morto di un Auror venne scaraventato oltre i
confini del labirinto, rispedito fuori.
Moody
sbatté il bastone a terra creando una cortina evanescente per camuffarsi nella
nebbia.
‘A
quanto pare non sono l’unico che ha tentato di oltrepassare il labirinto.
Riposa in pace, soldato.’
Moody
chinò il capo verso il cadavere del giovane Auror e
scorse oltre il primo muro del labirinto, ringhiando contro l’assassino.
Un
robusto Mangiamorte dagli occhi incredibilmente viola
uscì dal perimetro incantato seguito da un compagno più vecchio e allampanato e
dall’aria servile. Si accostò al corpo dell’Auror e
lo spintonò con un piede.
“Morto.
Peccato, sarebbe stato più divertente farlo soffrire col Cruciatus.
Sai, Nott, la mia specialità è la tortura.”
“Lo
so Doppio Dolore, signore” ribatté il
Mangiamorte più vecchio con un sibilo ostile “Il suo
talento nella tortura le ha valso senza dubbio la nomina a comandante.”
“Non
leccare con quelle false adulazioni, Nott” sogghignò
Doppio Dolore “So perfettamente ciò che hai in testa.”
“Io,
invece, non ho la minima idea di quello che avete in testa, Doppio Dolore”
attaccò Nott con un tono minaccioso.
Dalla
sua posizione Moody lo vide rilassare le spalle e
prendere una profonda boccata d’aria con un’inequivocabile espressione sul
volto scarno e anziano: stava per ricattare l’altro Mangiamorte,
quello dagli occhi viola e strafottenti che si faceva chiamare Doppio Dolore.
“Sono
un amico di vecchia data del Signore Oscuro; abbiamo sostenuto la Casata di Serpeverde durante gli stessi anni di scuola. Ma fu una
cosa ad avvicinarsi: il nostro comune ed eccezionale talento nella
Legilimanzia. Il mio era un vero talento, ma l’Oscuro Signore eccelleva in
tutto ed oltre ad essere uno dei più esperti Legilimens
del mondo magico era anche un combattente, un pozionista
e un mago di prima categoria.”
L’occhio
incantato di Moody si spostò su Doppio Dolore. Il
veterano dell’Ordine era bravo a percepire variazioni e repentini turbamenti
d’animo grazie alla sua vista speciale: il Mangiamorte
dagli occhi viola era in preda ad un chiaro momento di difficoltà; le parole
del vecchio compagno l’avevano scosso.
“Quindi,
mi chiedo” proseguì Nott con un sogghigno, scorgendo
l’espressione preoccupata sul volto di Doppio Dolore “Per quale motivo non
riesco a leggerti nella mente? Anche ora che sei completamente vulnerabile e mi
fissi negli occhi; come posso non riuscirci? Io che sono uno dei più abili Legilimens, quasi alla pari del nostro Signore?”
La
voce di Nott sfumò nel silenzio. Doppio Dolore teneva
le labbra serrate, non riuscendo a formulare alcuna replica, ma il suo volto
era tornato superbo ed impassibile; Moody pensò di
scorgervi un guizzo omicida.
“La
spiegazione è una sola, Doppio Dolore: sei un Occlumante,
un vero Occlumante” dichiarò Nott
con tono fatale e volutamente calcato, aspettando avidamente una reazione
sconquassata e implorante dal collega più giovane e superbo. “Allora, Doppio
Dolore, comandante dei Mangiamorte, cosa ne dite
della mia teoria? E’ abbastanza valida da essere esposta al nostro Potente
Signore?”
Moody
vide le dita di Nott afferrare la bacchetta dietro la
schiena. Evidentemente sapeva che ricattando un uomo che aveva la fama di
spietato torturatore, avrebbe rischiato di venire aggredito, se non ucciso.
Anche
Doppio Dolore afferrò la sua bacchetta. Moody percepì
sentore di morte e ora fu certo del guizzo omicida negli occhi viola di Darcy Donovan.
“Astuto,
Nott, per essere un vecchio” sibilò lui “Ma non ti
pare che la tua argomentazione sia un po’ debole?”
“Perché
dovrebbe?” borbottò Nott “Ho tutte le prove che mi
occorrono, prima fra tutte i tuoi occhi: quel colore incredibile, viola
intenso. La prima indicazione per riconoscere un Occlumante
è il colore incredibile degli occhi.”
Doppio
Dolore sogghignò mentre le sue dita si intrecciavano saldamente lungo la
bacchetta nascosta agli occhi di Nott. “Grazie del complimento.”
Nott
mugugnò qualcosa, ovviamente indignato; anche la sua presa sulla bacchetta si
fece più insistente. “L’Oscuro Signore sarà proprio felice, Doppio Dolore: un Occlumante tra i suoi servitori. Sembra quasi fatto
apposta, non credi? Voglio dire, l’Oscuro Signore è notoriamente il più abile
dei Legilimes ed è strano che tra i suoi servitori ve
ne sia uno capace di scongiurare totalmente il suo potere più tremendo: leggere
nella mente… magari per scovarvi qualche segreto… e il fatto che sia tu poi, un uomo dalle origini
misteriose, arruolato all’improvviso, senza alcuna vocazione di servitù, senza
rispetto nei confronti del nostro Potente Signore… sai, si potrebbe pensare che
tu sia un traditore… o una spia!”
Moody
era quasi certo che le ultime parole di Nott furono
quelle: o una spia! La sua aperta
condanna si era persa in un rantolo di dolore struggente quando l’improvviso
incantesimo di Doppio Dolore lo aveva raggiunto e gli aveva aperto il petto in
due.
Moody
strinse forte il bastone mentre analizzava col suo occhio magico i risultati di
quel tremendo anatema: il vecchio Mangiamorte era
così lacerato da sembrare più una poltiglia di carne da macello che i resti di
un essere umano.
Poi
giunse il sogghigno infido di Doppio Dolore. “Ecco la fine che meriti. Nessuno
può osare dare della spia a dei validi mercenari come noi. Comunque ti faccio i
miei complimenti, eri quasi giunto a svelare il Nostro Segreto. Per proteggere
quel Segreto noi siamo disposti a tutto e ora devo fare piazza pulita… anche
tu, vecchio nascosto.”
Moody
lo vide girarsi esattamente nella sua direzione. I suoi mortiferi occhi viola
erano puntati alla perfezione contro di lui e così la sua bacchetta. Fu più
rapido di un fulmine; di questo Moody gliene diede
atto. Forse anche se non avesse avuto una gamba fuori uso e i riflessi
rallentati dalla poca visuale che gli dava la nebbia, non sarebbe riuscito ad
evitare quel colpo micidiale.
Si
sentì ribaltare indietro con la forza doppia di un normale schiantesimo.
Ma la sensazione peggiore fu il sentirsi svuotato delle sue stesse viscere.
L’occhio magico guizzò disperatamente verso il suolo dove era riversata una
quantità incredibile di sangue, del suo sangue. Seppe di essere spacciato
ancora prima di toccare il duro asfalto e perdere completamente i sensi.
Il
corpo era quasi del tutto insensibile, ma l’occhio magico riuscì a catturare il
suo ultimo ricordo. Vide solo la bacchetta di Bellatrix
Lestrange che si accendeva di nero e saettava un
anatema viola; la giovane Hermione Grangere era stesa ai suoi piedi. Moody
pregò con le sue ultime forze che quella cara ragazza si salvasse.
Doppio
Dolore riversò il corpo macerato di Malocchio Moody
con un gran ghigno. “Lo dicevo anche a Nott: per
preservare il Nostro Segreto noi dell’I.M.M.U.N.D.O.
siamo pronti a fare qualsiasi cosa, anche uccidere il nostro più fedele
compagno.”
*^*^*^*^*
[Severus, vuoi tu
vegliare su mio figlio Draco…
…
vuoi tu, al massimo delle tue capacità, proteggerlo da ogni pericolo?]
[Lo
voglio.]
[Voto
Infranto]
Era
caduto a terra. Il lampo verde si stava estinguendo. La sua vita si era
estinta.
Samantha
si chinò su di lui e gli chiuse gli occhi: freddi e grigi, più gelidi del
solito, agghiacciati dalla morte.
Severus
lo vide, il suo preferito, il suo superbo studente che amava tormentare Potter
quasi quanto lui… morto.
Le
lacrime sul volto della madre di Draco furono il suo primo pensiero. Non
avrebbe mai sopportato la vista del suo adorato figlio così, rigido e freddo in
una morte violenta. Sarebbe impazzita come la sorella Bellatrix.
Lui,
Narcissa e Bellatrix… Gli
rievocarono un altro ricordo: un Voto solenne, Infrangibile… ormai era a pezzi.
La felicità di Narcissa, la vita di Draco erano state
riposte tra le sue mani e l’ultima gli era sfuggita per un accidenti, per colpa
di un imprevisto, un’assassina che Severus mai
avrebbe creduto diventasse l’assassina di Draco.
E
con la vita di Draco se ne andava la felicità di Narcissa…
e anche la sua vita, la vita di Severus: il Voto era
Infranto e la pena era la morte.
Severus
chiuse gli occhi nero pece, ma prima si soffermò sul viso di Potter… forse
anche la vita del Prescelto sarebbe stata sacrificata quel giorno… ma non gli
importava… gli bastavano i suoi occhi: occhi verde vivo, occhi di un amore
lontano.
Harry
sfuggì quello sguardo insistente e malinconico e ritornò sul corpo immobile di Malfoy. Sette anni di acerrima inimicizia era tutto ciò che
li legava, che li aveva legati. Ma la pietà era concessa per lui ed Harry
sapeva il perché: un destino di morte infelice, la Maledizione dei Black.
Da
Narcissa Black era arrivata
fino a lui, l’ultimo discendente di sangue puro di quella Nobilissima e
Antichissima Casata. Lui, come Sirius e Regulus: ucciso dalla persona che più amava. Era plausibile
allora che quella Mangiamorte dagli occhi bicolore
gli avesse tolto la vita come voleva la Maledizione dei Black.
La
persona che più amava…
Samantha
si staccò dal corpo di Draco, in mano ancora la bacchetta, calda per
l’assassinio. La nascose tra le pieghe del mantello da Mangiamorte,
stringendosi le vesti con forza: voleva proteggere la bacchetta, almeno la
bacchetta la voleva proteggere.
E
mentre Lord Voldemort ghignava la sua soddisfazione, Severus Piton attendeva la morte.
Ed Harry attendeva la vittoria.
*
Il
raggio nero oltrepassò il labirinto, insinuandosi tra i complicati corridoi,
lasciandosi alle spalle una striscia violacea che marchiava la nebbia.
Esattamente un minuto dopo la morte di Draco, dopo che il Voto fu infranto,
colpì l’infame traditore: Severus Piton.
L’incantesimo
perforò persino la barriera indistruttibile perché era implacabile nella sua
punizione; neanche l’incanto di protezione di Lord Voldemort
riuscì a fermarlo. Severus lo attese a braccia aperte
e crollò al suolo, trascinando con sé l’immortalità dell’Oscuro Signore.
L’eco
della caduta di Severus Piton
si esaurì e gli occhi di Voldemort riconobbero
l’incantesimo.
“NO!
Maledetto Severus! Non potevi stringere un Voto Infrangibile
senza il mio permesso!”
Mentre
ancora gridava scongiuri contro il recente morto si accasciò a terra e tremò,
sudando sangue.
Harry
osservò con occhi avidi il sangue viscoso di Voldemort
che colava: è la fine?
Piton
giaceva morto tra i resti luminescenti della barriera magica.
(“Non
ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha
permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza
Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)
La
più grande debolezza di Lord Voldemort è Severus Piton, l’unico legame che
ha con il regno dei mortali.
La
morte di Severus Piton è la
morte di Lord Voldemort.
‘E’
la fine?’
Harry
cominciò a tremare quasi quanto Voldemort, ma lui era
infervorato da quella vittoria quasi fulminea, così fantastica da non sembrare
plausibile.
Non
aveva inferto lui il colpo di grazia a Voldemort,
ancora non aveva provato il senso di soddisfazione nello sporcarsi le mani del
suo sangue. Ma ora quel sangue lo vedeva colare dal suo stesso corpo e ne era
felice. Mai avrebbe creduto di rimanere così talmente affascinato da uno
spettacolo misero quanto la lenta morte di un essere vivente. Ma quella era la
guerra.
I
suoi occhi erano ancora catturati dal viso sofferente di Voldemort.
Ma l’Oscuro Signore riuscì a sorridere e il sangue di Harry si gelò.
“Mi
dispiace, Harry, ma non mi puoi sconfiggere. E’ impossibile! Il mio destino è
la vittoria! Così diceva il Profeta: una
sicura vittoria oscura! Tu morirai prima di me, Harry Potter, così è
scritto nel futuro quindi…” si piegò in due, colto da una fitta di dolore e più
sangue trasudato prese a scorrergli sulla pelle biancastra “… ci vorrà del
tempo prima che il mio corpo cominci a marcire… e prima… prima che ciò accada
io… io ti ucciderò Harry Potter!”
La
mano di Harry annaspò tra le pieghe del mantello ma non trovò la bacchetta.
Giaceva ai piedi di Voldemort a pezzi: era disarmato.
Ma
l’Oscuro Signore stringeva la gemella della sua bacchetta distrutta.
Harry
strinse gli occhi.
‘Non
è vero, non posso morire adesso. Non mi arrendo alla profezia!’
“Avada Kedavra!”
Harry
udì l’urlo che si era aspettato e si buttò a capofitto da un lato. Ringraziò
suo padre e i fulminei riflessi che aveva ereditato da lui. Il raggio verde lo
aveva mancato: forse lui lo aveva schivato o forse Voldemort
stava per giungere al limite.
E
lui era ancora vivo. Poteva ancora sperare di sopravvivere alla guerra.
Voldemort
emise un ringhio, un misto di frustrazione e dolore: “Il prossimo colpo sarà
quello fatale, Harry Potter. Non mi sfuggirai: io te lo giuro!”
*^*^*^*^*
[Contro il Nero
La
Magia di Bellatrix Lestrange]
Seguivano
la scia dell’Anatema da un certo lazzo di tempo, ormai, ma non sembravano
ancora vicini al presunto luogo della battaglia – probabilmente già iniziata –
tra Harry e Voldemort.
Hermione
aveva ancora le tempie pulsanti dal terrore: la certezza assoluta di essere
morta con la bacchetta assassina della folle Bellatrix
Lestrange puntata sulla fronte. Ma alla fine tutto si
era bloccato e il colpo si era trascinato nel labirinto, costringendo Bellatrix a cedere la presa su di lei e a permetterle di
fuggire nel labirinto con Ron.
La
stessa scia di quell’Anatema li avrebbe condotti da Harry.
Procedevano
correndo, e quando non ce la facevano più, a passo spedito.
Ron
tentava di non eccedere in velocità, preoccupato che Hermione
non potesse sostenere il suo ritmo, ma la ragazza sembrava stringere i denti e
molte volte era lei che andava davanti e gli faceva capire senza parlare che
avrebbe resistito; e Ron, ogni qualvolta lo faceva, reprimeva a stento un
sorrisetto.
Però
adesso Hermione ansimava un po’ troppo e si teneva la
mano sul costato, un chiaro segno di cedimento.
“Hermione… fermiamoci due minuti per riprendere fiato.”
“Ma…”
annaspò lei a malapena, strozzata dal suo stesso fiato.
Ron
alzò le sopracciglia. “Sei uno straccio, così non sei d’aiuto.” Costatò,
maledicendo se stesso quando vide un lampo di sofferenza negli occhi di Hermione. Stupido.
“Non
intendevo… Hermione, tu sei d’aiuto! Ma non in queste
condizioni!” si affrettò a spiegare. Hermione annuì
stancamente e si passò una mano sul viso.
“D’accordo.”
Dovette fare una pausa, ostacolata dal fiatone. “Mettiamoci… in quel… angolo.”
“Va
bene.”
Hermione
si lasciò finalmente andare addosso alla siepe, il collo disteso verso l’alto e
il fiato che si stava pian piano calmando.
Ron,
intanto, osservava intorno a sé la situazione, accertando l’assenza di Mangiamorte, sapendo bene che ve n’era qualcuno all’interno
del Labirinto, dato che ne avevano sconfitti già due.
“Non
hai la sensazione di girare a vuoto?” le chiese sospettoso. In effetti era da
parecchio tempo che correvano, ormai.
Hermione
scosse la testa, facendosi aria con una mano.
“L’incantesimo
non può non funzionare Ron. A meno
che…”
A
quel ‘a meno che’ Ron sussultò. “Cosa Hermione?!”
Lei
osservò la polvere azzurrina metri più in su. “Niente. Questa è la scia
dell’incantesimo involontario di Bellatrix Lestrange… credo sia l’Anatema finale di un Voto
Infrangibile… credo… ma se è davvero così, sapendo ciò che ci ha detto Harry
riguardo a Piton e al voto che ha stretto con la madre
di Malfoy…”
“Allora
è per Piton quell’Anatema? Ha infranto il Voto
Infrangibile” concluse Ron per lei.
“Esatto”
confermò Hermione con un sospiro “Questa scia ci
porterà da Piton, il servo più fedele di Vold… di Colui-che-non-deve-essere-nominato…
sarà al suo fianco e sarà là che troveremo Harry.”
“Lo
spero, anche se in realtà…” Si lasciò sfuggire Ron, passandosi una mano sul
viso, frustrato. Harry, il suo migliore amico, contro il più terribile mago di
tutti i tempi: sperava solo che fosse ancora vivo.
“E
ora?”
Hermione
analizzò in fretta. “Beh… credo sia meglio segnare ogni angolo con un
incantesimo, in modo da ricordarci dove siamo passati e dove no. E poi… e poi
bisogna seguire l’istinto, Ron.”
Lui
sospirò, afflitto. “Ok. Ti sei ripresa?”
Hermione
asserì annuendo. “Possiamo andare.”
“Bene.”
L’aiutò ad alzarsi e raggiunsero il primo bivio. Ron si grattò il mento. “Uhm,
destra o sinistra?” domandò a se stesso.
Ma
non gli giunse la risatina leggera di Hermione, né un
suo rimprovero, bensì una flessuosa e bassa voce di donna.
“Da
nessuna parte. Crucio!”
Prima
che potesse intendere quel che accadeva, un raggio rosso colpì Hermione facendola cadere a terra e contorcere
spasmodicamente.
“HERMIONE!”
Ron
alzò gli occhi infuocati contro l’aggressore e dovette sforzarsi di non aprire
la bocca. Aveva già visto quella donna a Grimmauld Place, nell’arazzo di famiglia dei Black,
nelle foto della Gazzetta del Profeta e nella Sala Misteri: davanti a lui
sogghignava Bellatrix Lestrange,
alta e resa ancora più magra dal vestito nero stracciato in qualche punto e dai
capelli nero pece scomposti che le ricadevano sulle spalle, donandole un’aria
pericolosa.
“Prima
la Mezzosangue e poi il Traditore, o il contrario?” cinguettò come se fosse una
filastrocca, ridendo.
Hermione!
Ron
strinse gli occhi. “Non le farai del male.”
Bellatrix
sorrise sinistramente. “Crucio!” cantilenò e il raggio rosso colpì
ancora Hermione e il suo grido rimbombò nelle
orecchie di Ron, stringendogli il petto e mandandogli il sangue al cervello.
“TU!”
Pieno di rabbia, si avventò sulla Mangiamorte che
schivò il pugno teso.
Il
volto di Bellatrix rimase beffardo e canzonatorio.
“Il traditore vuole raggiungere la sua bella principessa? Il traditore pensa di
sconfiggermi senza bacchetta, alla babbana? Che
squallore! Crucio.”
Ron
sentì il colpo centrarlo in pieno e le viscere attorcigliarsi spiacevolmente.
Cercò invano di contenere un grido, ma era come se gli stessero infilando una
lama nella carne pulsante, tanta era la ferocia di quel Cruciatus,
niente che avesse mai sperimentato prima.
“Merlino…”
riuscì a emettere in un sussurro quando tutto fu finito, tenendosi il ventre
con un braccio, caduto a terra.
Bellatrix
continuava a ridere, girando su se stessa, come una baccante.
“Il
Signore Oscuro sarebbe così felice nel vedere quel che sto combinando agli
amichetti di Potter!” squittì deliziata, lanciandogli un altro Cruciatus. L’urlo di Ron riecheggiò nel labirinto come un
eco di dolore.
“Ma
non vi preoccupate” li rassicurò con voce zuccherina “Non vivrete abbastanza
per poter vedere la morte del vostro amico… vi ucciderò prima!” esalò,
avvelenata, alzando la bacchetta verso Ron.
“RON!”
La
risata stridula si interruppe quando la bacchetta di Bellatrix
le balzò via dalla mano, grazie ad un incantesimo di Hermione.
La
strega assottigliò gli occhi, come un felino che guardava il topo.
“Stupida Mezzosangue.” Sibilò con
disprezzo, e in un attimo si portò accanto ad Hermione
e la schiaffeggiò con ferocia, facendola cadere a terra con un gemito.
“HERMIONE!”
gridò Ron, disperato, alzando la bacchetta. “Stupefacium!”
“Protego.” Bellatrix
aveva preso la bacchetta di Hermione, e l’aveva usata
per difendersi.
“Cosa
volete fare, voi piccoli mocciosi? Non vedete che ormai è giunto il regno del
Signore Oscuro?! Non potete nulla contro di me.
Crucio.”
Ancora
quella lama tra le viscere!
Ron
credeva di impazzire per il dolore, e, quando cominciò a diminuire, sentì
qualcosa di appuntito perforargli il muscolo destro del braccio, causando un
nuovo grido addolorato.
Sentiva
i singhiozzi impotenti di Hermione e con la vista
annebbiata dalle lacrime, la vide sopra di sé tenuta per il polso da una Bellatrix che pareva tutto fuorché col senno.
I
suoi occhi si spostarono sul braccio, e questo movimento gli causò una fitta
che partiva dal muscolo lacerato: gli alti tacchi che portava la Mangiamorte gli stavano perforando il braccio.
Gli
occhi di Bellatrix brillavano.
“Oh,
ecco, grida traditore. È il regalo più nobile per il Signore Oscuro.”
Commentava
pazzamente Bellatrix, mentre Hermione
piangeva, tentando di liberarsi da lei. Scocciata, Bellatrix
le diede uno spintone, facendola cadere a terra, e sfilò con lentezza il tacco
dalla carne viva di Ron; tutto intorno alla ferita, vi era sangue, e il Weasley si ritrovò a gridare più forte che poteva,
tenendosi il braccio e rotolando per terra.
Hermione
singhiozzò il suo nome e fece per andare da lui, ma Bellatrix,
sorridendo con crudeltà, sibilò un Cruciatus che la
colpì talmente forte da farle perdere i sensi.
Bellatrix
rise nuovamente, pazzamente soddisfatta.
“E
ora vi uccido.”
Dovette
però abbassare la bacchetta, accorgendosi che qualcosa non andava. Alzando gli
occhi, la nebbiolina magica che proteggeva il labirinto era scomparsa.
Ci
fu un urlo: il grido straziato di Lord Voldemort.
Gli
occhi di Bellatrix si dilatarono, spaventati.
“Il
Signore Oscuro! Ha bisogno di me!”
Infervorata,
corse via, lasciando in vita Hermione e Ron.
*^*^*^*^*
[La
corsa tormentata di Ginny
Harry
e Han]
Ginny
correva tra le alte siepi del labirinto, il viso graffiato e una spalla che le
pulsava per via di una colluttazione nella battaglia.
L’aria
che entrava nei polmoni le bruciava la gola, troppo a lungo tenuta aperta per
respirare più ossigeno possibile, e il fianco le doleva per il troppo correre.
Ma
non poteva fermarsi, ora che era riuscita per una fortunata coincidenza ad
entrare nel Labirinto: per una volta, i Mangiamorte
si erano rivelati utili per toglierla dall’impiccio di pensare lei ad un modo per entrare.
Sentiva
boati e qualche volta vedeva scintille in lontananza sopra le siepi. Voltando
l’angolo vide perfino un paio di cadaveri a terra e non poté reprimere un
brivido, nonostante ne avesse visti ormai tanti. Ma prima nel tumulto della
battaglia non aveva avuto il tempo di rimanere a fissarli e di metabolizzare la
cosa, mentre adesso, senza la pressione di qualcuno che la inseguiva per
ucciderla, tutto le pareva così reale.
Cercò
di non pensarci e riprese a correre, seguendo la luce della bacchetta che le
indicava la strada per giungere da Harry.
Harry,
sempre lui.
Dannazione,
non era riuscita a non pensarci, a non aver paura di incontrare in quel
labirinto il suo cadavere steso a terra, senza vita, accanto ad un sogghignante
Tom Riddle, non quello del diario, ma Voldemort, con piccoli occhi rossi e il viso ormai più
serpentino che umano.
E
Han, Ginny? A lui non pensi?
Ginny
trattenne un brivido, e il volto di Harry si sovrappose a quello di Han: uno
che abbozzava un sorriso impacciato, il secondo le sorrideva in quel modo
pacato e insieme perverso.
Han
non è cattivo, si disse Ginny.
È solo fatto a modo suo. Mi vuole bene e
mi piace.
Continuò
a ripetersi questo, anche se sapeva che stava correndo da Harry, come un
mantra, per ricordarle che dopo la guerra ci sarebbe stato solo Han, e non
Harry.
Solo Han. Niente Harry.
Solo Han.
Non
poté impedirsi di venire soffocata da quell’idea, mentre si rendeva vagamente
conto che il pensiero di Han le era entrato in testa e non riusciva più a
liberarsene.
Cominciava
già ad essere la sua bambola di porcellana.
*^*^*^*^*
Il
Grido di una Madre
Il
borbottio dei Mangiamorte
Il
Ringhio dell’Oscuro Signore
“Il
prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter: sei morto!”
Un
tuffo al cuore e Ginny seppe di avere il coraggio di
affrontare il più Grande Mago Oscuro di tutti i tempi per lui.
“NOO!”
Gridò
con tutte le sue forze e una disperazione violenta che spinse il suo
incantesimo alla massima potenza contro Voldemort.
L’Oscuro
Signore si sollevò da terra, schiantato dalla forza di quell’anatema
inaspettato quanto l’urlo insolente della ragazzina Weasley
che un tempo aveva stregato col suo diario, che un tempo si era piegata al suo
controllo, che un tempo era debole… un tempo…
Voldemort
riuscì comunque a mantenere la stretta sulla propria bacchetta e, dissolvendosi
a mezz’aria in un turbine nero, frenò la sua caduta. Fluttuava, sorretto dalle
sue facoltà mentali, tuttavia fu costretto a ritornare al suolo da una violenta
fitta al braccio sinistro: il suo corpo cominciava a cedere.
Ringhiò
dal dolore e dall’umiliazione e per un attimo dimenticò Harry Potter e la sua
vittoria oscura: la bacchetta tremante di collera era puntata contro Ginny.
“Come
osi!”
Scagliò
una fitta serie di anatemi mortali. Ginny fu rapida
ed eresse degli scudi di protezione.
Il
ringhiò di Voldemort si levò nell’aria e la pioggia
incessante di maledizioni divenne più fitta e violenta. Lo scudo di Ginny si stava incrinando e il braccio che stringeva a
tutta forza la bacchetta stava per cedere.
Harry
si lasciò sfuggire un rantolo quando l’ennesimo raggio mortale sfiorò Ginny, minacciando di abbattere completamente le sue
difese. Affondò le mani disperatamente nella tunica, ma non riuscì a trovare la
bacchetta. I suoi occhi scivolarono sul suolo martoriato dai numerosi colpi
d’incantesimo: tra i fossi e i frammenti del guscio luminoso distrutto
riposavano i resti della sua bacchetta.
Gli
giunse un grido soffocato di Ginny che aveva appena
malamente subito il contraccolpo di un terribile Avada
Kedavra. Il respiro gli si bloccò in gola.
‘Non
deve morire, non deve morire… non di nuovo, non di nuovo… per colpa mia!’
Harry
si guardò in torno con la frenesia di un ossesso, cercando disperatamente
un’arma o qualsiasi cosa avrebbe potuto fermare Voldemort;
se fosse stato necessario l’avrebbe anche fermato a mani nude.
Finalmente
i suoi occhi incontrarono la figura cupa della Mangiamorte
che aveva assassinato Malfoy. In un attimo le fu
contro, le dita artigliate alla sua tunica nera.
“Dammi
la tua bacchetta! Dammela subito!”
La
Mangiamorte sembrò solo infastidita dal grido disperato
di Harry. Distolse velocemente lo sguardo dal suo viso sconfortato e riprese a
fissare con aria tramortita il corpo inerte di Malfoy.
Harry
non si fermò continuando a strillare in faccia alla Mangiamorte,
esasperato dalla sua indifferenza, ma due braccia robuste lo staccarono a forza
e lo respinsero, buttandolo a terra con brutalità.
Si
riprese dal duro colpo e fissò i due Mangiamorte,
schierati davanti alla compagna come guardie del corpo; entrambi i loro sguardi
minacciosi puntati contro Harry erano un chiaro monito d’avvertenza: se ci
riprovi, sei morto.
Harry
si rialzò incespicando, mentre ancora gli schianti degli anatemi di Voldemort e i gemiti di Ginny gli
riempivano la testa. Diede una rapida occhiata alla situazione: lei ancora resisteva
ai suoi attacchi ma stava per giungere al limite.
Si
gettò a capofitto verso la sua ultima speranza. Si accasciò accanto al corpo di
Piton e gli afferrò il polso della mano che stringeva
la bacchetta: era ancora caldo. Harry sobbalzò, premendo due dita contro il
polso e udendo distintamente i flebili battiti di un cuore debole.
‘E’
ancora vivo. Non è possibile.’
Ma
un ennesimo strillo di Ginny gli fece dimenticare
tutto il resto. Aprì il pugno di Piton e gli sfilò la
bacchetta dalle dita. Strinse l’arma e si fiondò verso Voldemort
.
Ancora
si sentì venir meno dal terrore: lo scudo di Ginny
aveva ceduto e l’Oscuro Signore sghignazzava a pieni polmoni. I resti dello
scudo infranto vorticavano per l’aria come una fitta nebbiolina che gli
ostruiva la visuale.
‘Dimmi
che non è morta… non può, non può…’
Voldemort
ghignò ancora e fu abbastanza per risvegliare la furia latente di Harry.
“Basta!!!”
Un
potente schiantesimo colpì Voldemort
alle spalle e gli fece inghiottire il ghigno e sputare saliva. Un ginocchio
cedette, sbattendo contro il suolo; un altro tremito gli scosse il corpo mentre
dalla sua bocca cominciò a colare sangue misto ad una sostanza oleosa e scura.
Appena
vide Voldemort accasciarsi a terra, Harry rivolse
tutta la sua attenzione al punto in cui i resti dello scudo si stavano
dissolvendo. Ginny era ancora in piedi, malridotta e
spaventata, ma ancora viva.
Harry
provò l’impulso di correrle incontro, stringerla e proteggerla, ma gli sembrò
quasi di non averne più il diritto: l’aveva lasciata e lei aveva smesso di
aspettare il suo ritorno.
All’improvviso
Ginny alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry
con un’espressione dolorante.
“Harry!”
Gli
sembrò di sentirla gridare: tutta la sua mente era concentrata sul viso
sofferente di Ginny e gli parve, con uno strappo al
cuore, che parte di quella sofferenza fosse anche colpa sua.
“Harry!
Voldemort!”
Harry
riconobbe troppo tardi un grido d’avvisaglia nelle parole di Ginny. Si voltò ed incontrò la punta della bacchetta di Voldemort, incollerito più che mai.
Harry
si sentì completamente vulnerabile; stringeva ancora la bacchetta ma gli parve
che levarla contro l’adirato Signore Oscuro fosse solo una mossa disperata. Ma Voldemort non attaccò e lui non osò certo interrompere
quella snervante tregua.
“Mio
Signore!”
Harry
riconobbe lo strillo euforico di Bellatrix Lestrange e, infatti, la vide emergere dal labirinto,
nell’esatto punto in cui era comparsa Ginny, seguita
da un consistente plotone di Mangiamorte.
Harry
seppe di essere sconfitto.
Voldemort
ghignò ancora, mentre i suoi fedeli Mangiamorte
formavano una compatta schiera oscura ai suoi lati: “Sei morto, Harry Potter.”
Il
sogghigno dell’Oscuro Signore si fece ancora più minaccioso ma non colpì.
Sembrò quasi voler assaporare quel momento. “Tutto ciò che hai fatto è inutile,
Harry Potter. La sfida che mi hai lanciato non è altro che un’impresa senza
senso, perché la vittoria è mia in ogni caso e anche tu questo lo sapevi: una sicura vittoria oscura. Io ti
ucciderò e dopo di te – il suo sguardo maniacale si rivolse a Ginny, catturata da due Mangiamorte
– moriranno i tuoi amici; tutto ciò che ami io lo distruggerò!”
Harry
strinse la bacchetta e il suo viso acquistò più vigore. Senza saperlo, Voldemort aveva riacceso il suo spirito combattivo.
‘Ecco
perché non posso lasciare che vinca, ecco perché lo devo sconfiggere: per
proteggere le persone che amo.’
Scorse
Ginny, incastrata tra due possenti Mangiamorte che appariva così vile, disarmata e impotente.
‘Adesso
basta, Voldemort sparirà oggi.’
“Anche
la morte di Severus è stata inutile, Potter”
imperversò Voldemort con uno sguardo disgustato al
corpo del suo diletto Mangiamorte “Perché posso creare
un nuovo suggello per i miei Horcruxes e sceglierò
qualcuno molto più fedele di Severus Piton.”
Si
voltò verso il manipolo di Mangiamorte che lo
spalleggiava. I suoi occhi serpentini scorrevano sulle bianche ed impassibili
maschere; ognuno fremeva al setaccio di quello sguardo vermiglio, ma già tutti
conoscevano l’obiettivo dello scandaglio.
“Tu,
Bella, sei tu la serva più devota.”
Bellatrix
sembrò sciogliersi di estasi sotto quel sibilo; abbandonò il viso in
un’espressione di pura gratificazione e magnificenza: “Mio Signore, mio
Signore, grazie!”
“Che
il rituale abbia inizio” sibilò l’Oscuro Signore facendo cenno a due corpulenti
Mangiamorte di imprigionare Potter.
Harry
scorse una disperata Narcissa Malfoy
che tentava di osservare la scena oltre le sue spalle. Diede un colpo d’occhio
al corpo immobile di Malfoy e alla Mangiamorte inginocchiata accanto a lui prima che due
figure incappucciate lo afferrassero per le braccia, costringendo Harry ad
allentare la presa sulla bacchetta di Piton.
Voldemort
sibilò qualcosa e Bellatrix protese le sue mani
tremanti dall’emozione; il viso lucido da lacrime di gioia.
L’Oscuro
Signore poggiò le sue lunghe dita su quelle lattee di Bellatrix
che fremette con un gemito estasiato. La cicatrice di Harry cominciò a
bruciare; soffocò un urlo di dolore, sorretto dai due Mangiamorte
che gli sigillavano le braccia.
Fu
costretto a tenere gli occhi completamente serrati dalla tremenda fitta che
minacciava di aprirgli la testa in due. Era tutto oscuro.
(Un
sicura vittoria oscura.)
Terminato
il rituale Voldemort avrebbe ripreso pieno controllo
sul suo corpo e così, con un intero battaglione di Mangiamorte
che lo spalleggiavano, senza bacchetta, lui, benché il Prescelto, non sarebbe
mai riuscito a sconfiggerlo.
La
cicatrice bruciava sempre di più e il rituale stava per concludersi: avvertì la
vittoria che gli scorreva via dalle dita e un disgustoso sapore amaro di
sconfitta, di resa e di sconforto… Ma la cosa più atroce fu il pensiero di Ginny intrappolata tra quei due Mangiamorte,
ancora prigioniera dell’oscurità.
Ma
uno strillo sconvolse tutto. Lo strillo di Bellatrix Lestrange.
Harry
riaprì di colpo gli occhi: il dolore era scomparso. Il corpo di Bellatrix era steso a terra, immobile quanto quello di Piton e Malfoy: morto.
Il
viso di Voldemort era una maschera di disperazione e
meraviglia.
Un
Mangiamorte della cerchia scattò all’improvviso ma
venne subito bloccato dal compagno; Harry pensò di riconoscervi Rodolphus Lestrange. Narcissa Malfoy era una statua con
gli occhi impassibili puntati sulla sorella che però, nel fondo, brillavano di
sconcerto.
Harry
seppe che era morta. Avvertì la Maledizione dei Black
che le strisciava addosso, appagata dalla sua morte per mano dell’Oscuro
Signore, l’essere che la donna, accecata e resa folle dalla prigionia aveva
amato con tutta se stessa.
Voldemort
si riscosse in un grido collerico: “Perché?! Non è possibile, una cosa del
genere sarebbe dovuta accadere solo se l’altro custode fosse ancora vivo, ma
non può essere – gli occhi saettarono
sul corpo di Piton – Severus
ha spezzato un Voto Infrangibile; la pena di ciò è la morte, non può essere
sopravvissuto.!”
Harry
rammentò la pulsione di deboli battiti.
“No,
no, no!” recuperò Voldemort con più collera “Non può essere
vivo, ha infranto il Voto!”
Un’ombra
sfilò accanto a Lord Voldemort e persino lui si sentì
gelare per un istante. L’Oscuro Signore riconobbe con astio una tunica da Mangiamorte che svolazzava.
“Narcissa Malfoy, come osi?”
Mai
nessuno aveva osato passargli accanto a testa alta, senza un monito, senza
rispetto. Ed anche in quel momento, sembrò che le parole di veleno dell’Oscuro
Signore non l’avessero scalfita: tutto il suo essere era proteso verso il
pallido e immobile corpo della creatura che più aveva amato.
“Il
mio unico figlio… il mio unico figlio…”
Narcissa
si accovacciò sul corpo gelido del figlio, sconquassata dai singhiozzi.
Striduli e disumani singulti di disperazione scossero il suo piccolo corpo; i
capelli biondi e scarmigliati cascarono sul viso di marmo del suo bambino.
Le
sue lunghe dita bianche annasparono sul petto immobile di Draco, artigliando il
mantello, tentando di afferrare la sua vita, di farlo ritornare da lei.
“Il
mio unico figlio… il mio bambino… il mio…”
Narcissa
Malfoy gridò per suo figlio e il suo grido scosse il
marito insensibile, anche l’Oscuro Signore ed anche la cicatrice di Harry
Potter: l’ultimo grido di Lily Potter si accavallò allo strillo disperato di Narcissa.
“Fai
silenzio, donna!” ringhiò Voldemort “O ucciderò anche
te?”
I
tremiti di Narcissa si bloccarono di colpo e dalle
sue labbra bianche si levò una voce tanto screziata da non sembrare umana:
“Anche? Anche?! – ripeté come un ossessa non riuscendo a staccare gli occhi dal
volto cereo del figlio “Non è stato Potter a uccidere mio figlio? E’ stato… è
stato… anche? Dite ‘anche’ mio Signore?”
Voldemort
sembrò in principio divertito da quella folle impudenza, ma le spalle tremanti
di Narcissa e la sua voce che si era caricata di una
sottile furia sconfinata gli fecero pronunciare parole velenose. “Dico ‘anche’,
Narcissa, perché tuo figlio era un traditore e ha
ricevuto ciò che gli spettava. E sarà il tuo stesso destino se non riuscirai a
contenere quella lingua.”
Narcissa
si staccò dal corpo del figlio, le unghie artigliate alla sua bacchetta. “… mia
sorella… mio figlio... il mio unico figlio! Per chi? Per chi questi
sacrifici!?” il suo strillo si perse nel silenzio di marmo dei Mangiamorte, sconvolti e meravigliati dall’audacia della
loro compagna.
Ginny
strinse gli occhi, provando una forte pietà. Anche sua madre aveva gridato
quando il fratello Percy se ne era andato di casa
ripudiando la famiglia; ma il grido di quella donna, benché Mangiamorte,
era più tremendo.
Narcissa
riprese con la voce che le grondava di una collera sordina e acuta. “Tutti
questi sacrifici… per chi? Guarda che lo so, lo so mio Signore. So che non siete altro che un lurido Mezzosangue.”
Molti
Mangiamorte sibilarono mentre il ringhio di Narcissa si perdeva nell’indignazione. Harry provò un moto
di gratitudine ma seppe anche che la signora Malfoy
era spacciata; poteva percepire la pungente furia di Lord Voldemort
dalla cicatrice.
Tuttavia,
prima che il grido dell’Oscuro Signore si levasse nell’aria, riuscì a cogliere
uno scambio di mugugni dai due Mangiamorte che lo
teneva stretto.
“Ma
che dice Narcissa?”
“L’Oscuro
Signore non può essere un Mezzosangue, discende direttamente da Salazar Serpeverde.”
“Ma
allora perché Narcissa l’avrà gridato?”
“E’
disperata per la morte del figlio, è chiaro, forse sta cercando una scusa per
aggredire l’Oscuro Signore.”
“E’
una pazza come la sorella. L’Oscuro Signore un Mezzosangue, poi… tsk… se fosse così perché condurre una guerra dei
Purosangue contro i Babbani?”
“Già,
è una folle.”
Una
scintilla di speranza disperata si accese nel cuore di Harry: forse non era
tutto perduto, forse avrebbe potuto riscuotere la sua vittoria contro Lord Voldemort, forse i Mangiamorte
sarebbero insorti al suo fianco se avessero scoperto le vere origini del loro
Signore.
“Te
la farò pagare, donna” mormorò Voldemort con dei
denti serpentini che gli brillavano nella bocca “Non avrai la fortuna di morire
subito come quel traditore di tuo figlio o Bellatrix.”
La
sua bacchetta scattò contro Narcissa ma si bloccò ad
un singulto.
“Bella.”
Tutti
gli occhi dei Mangiamorte si rivolsero a Rodolphus Lestrange; il suo
compagno dal volto indignato si mise da parte mentre l’Oscuro Signore si
volgeva verso di lui con un ringhio.
“Perché
Bella?” singhiozzò Rodolphus fissando Voldemort negli occhi senza alcun timore “Perché hai dovuto
uccidere Bella? Lei che era l’unica ad amarti…” abbandonò il capo al suolo.
Seguì
un concitato attimo di silenzio durante il quale nessun osò respirare. Gli
occhi dell’Oscuro Signore si iniettarono di sangue.
Rodolphus
singhiozzò ancora, per l’ultima volta, e levò il capo e la voce in un impeto di
pura collera: “Perché, dannato Mezzosangue!”
Un
raggio di luce verde partì e Rodolphus Lestrange ricadde a terra morto tra i gemiti degli altri Mangiamorte. Un gemito si levò più alto degli altri.
“Perché
anche mio fratello!?”
Era
Rabastan Lestrange ed aveva
estratto la bacchetta, puntandola contro Voldemort.
“Tu” sibilò Rabastan “Tu, lurido Mez…”
Ci
fu un altro scatto di furia e un ringhio da Lord Voldemort
e la dinastia dei Lestrange si estinse quando il
corpo di Rabastan scivolò, morto, accanto a quello
del fratello.
I
Mangiamorte si ritrassero dai due corpi, in preda ad
una collettiva ansia: temevano la morte per mano del proprio Signore.
Harry
capì che poteva ancora vincere, che poteva contare sull’aiuto più inaspettato:
i Mangiamorte. Bastava far capire loro quanto
rischiavano al servigio di quell’essere e quanto miserabili fossero alle
assolute dipendenze di Voldemort, che in realtà era
un Mezzosangue. Poteva far leva sul loro orgoglio e quella stessa superbia di
Purosangue che aveva scatenato la guerra poteva porvi fine.
Prese
ad agitarsi tra le braccia dei Mangiamorte,
mormorando ai due: “Vi ucciderà, vi ucciderà tutti. Lo sento dalla cicatrice,
vi ucciderà. Morirete per mano di un Mezzosangue, perché Voldemort
lo è, lui è un Mezzosangue, suo padre era un Babbano.”
Uno
dei Mangiamorte gli sferrò un colpo allo stomaco, con
un ringhio disgustato, ma il volto dell’altro era fisso su Harry, strabiliato
ed esterrefatto. Harry sogghignò sotto il duro colpo appena subito; sapeva di
essere riuscito ad insinuare il dubbio almeno in uno dei due.
Harry
cominciò ad agitarsi. Il Mangiamorte più titubante
provò a tenerlo fermo, ma senza metterci molto impegno. L’altro, quello più
irremovibile nelle sue convinzioni, si appellò all’Oscuro Signore per avvisarlo
delle blasfemie uscite dalle labbra indegne di Harry Potter.
“Mio
Signore, Harry Potter osa dire che…”
Harry
seppe già dal principio che quel fedele Mangiamorte
sarebbe stato ucciso dal suo stesso padrone. Avvertì la cicatrice che pulsava e
la rabbia di Voldemort che gli montava dentro: il suo
corpo sconquassato dalla mancanza di un suggello stava per cedere, e anche la
sua mente, martoriata dall’anima lacerata, non vedeva nulla di chiaro: Harry
sentì la paranoia infiammarsi nella mente dell’Oscuro Signore.
Il
Mangiamorte fedele tentò di avvertire il proprio
Signore con tutta la fiducia che si sente meritare un servo devoto, ma Voldemort lo zittì con un Avada Kedavra, temendo che anche lui pronunciasse parole di
ribellione.
Il
Mangiamorte rimasto che teneva fermo Harry, si
trascinò di lato col viso pallido di terrore mentre osservava il compagno
cadere a terra, morto.
Ci
fu un acceso brusio tra la schiera di Mangiamorte che
affiancava Lord Voldemort. Alcuni si ritrassero
spaventati dal loro Signore, altri borbottarono inorriditi, e altri ancora
retrocedettero, temendo una rappresaglia.
Voldemort
sentì un rumorio crescere alle sue spalle, i suoi Mangiamorte
che si lamentavano, che borbottavano, che tentavano di ribellarsi…
Agitò
la bacchetta con frenesia e abbatté tre Mangiamorte a
caso tra la schiera che gli stava alle spalle. Scatenò il panico tra i suoi
servitori.
Harry
sentì la cicatrici pulsargli e seppe che Voldemort
era pazzo e accecato dal timore del tradimento.
“Adesso
ucciderò chiunque apra la bocca!” ringhiò follemente l’Oscuro Signore “Chiunque
osi alzare la voce contro di me!”
Il
vociferare si interruppe all’istante e Voldemort
sembrò riacquistare un po’ di calma.
“Mio
figlio!”
La
cicatrice di Harry riprese a bruciare più intensamente di prima. Si voltò e
vide Narcissa Malfoy, ritta
davanti al corpo del figlio con l’espressione più collerica che avesse mai
visto rivolta all’Oscuro Signore.
“Va
bene” sibilò Voldemort “Allora ucciderò te, Narcissa!”
Affondò
la bacchetta nella direzione della donna con occhi rossi e impregnati di
desiderio di vendetta. Narcissa rimase immobile, le
parve che il suo immenso dolore la rendesse impermeabile a qualsiasi altra
cosa.
“Mio
Signore.”
Venne
una voce remissiva e umile. Voldemort si bloccò e si
volse con un sibilo impaziente a Lucius Malfoy.
“Dimmi,
Lucius.”
“Mio
Signore” replicò Lucius Malfoy
con voce atona e la bacchetta che riposa mollemente al suo fianco “Mio signore…
mio… mio figlio.”
Harry
ricevette una terribile scossa di fuoco alla cicatrice e seppe che era il
momento giusto per tentare la fuga e liberare Ginny,
mentre Voldemort, accecato dalla rabbia, levava la
bacchetta contro Lucius Malfoy.
Diede
una gomitata al Mangiamorte che lo tratteneva
mollemente, incantato da quella scena, e si liberò senza troppa difficoltà.
Ginny
se ne accorse e si protese verso di lui, ancora imprigionata da un Mangiamorte robusto. Harry puntò contro di lei, ignorando
il ringhio di Voldemort, sperando che nella sua cieca
rabbia non lo notasse.
La
bacchetta dell’Oscuro Signore si accese, diretta verso Lucius,
ma il colpo venne deviato con un sibilo feroce: “Ti ucciderò, Harry Potter!”
Ginny
gemette disperata, intimando a Harry di spostarsi. Lui si buttò a terra senza
un secondo ripensamento. Strisciò al suolo, graffiandosi la faccia e scrutando
il raggio verde che aveva schivato per un soffio filare sopra la sua testa e
schiantarsi contro un Mangiamorte della cerchia.
I
Mangiamorte che stavano al suo fianco si ritirarono
irrequieti, sibilando d’indignazione: l’Oscuro Signore aveva appena ucciso Dolohov, uno dei suoi servi più fedeli e capaci.
“Ti
ucciderò, Harry Potter! Ucciderò prima te Harry, e poi tutti gli altri” ripeté Voldemort come un indemoniato “Chiunque osi contraddirmi,
rivolgermi la parola o mancarmi di rispetto!”
La
sua bacchetta tornò a Lucius Malfoy
che restava immobile con un volto gelido e impassibile, privo di terrore ma
anche di rispetto e riverenza.
Un'altra
voce lo costrinse a bloccare l’incantesimo ed Harry sentì la pazienza di Voldemort giungere al limite.
Era
Donovan Darcy. “Ma è vero, mio Signore? E’ vero che lei è un Mezzosangue?”
Voldemort
gridò ancora e affondò la bacchetta contro Doppio Dolore che, con un gesto
fulmineo, riuscì a proteggersi e a schivare la fine. Molti Mangiamorte
sibilarono d’indignazione, ma non fu chiaro se l’indignazione fosse rivolta a Darcy Donovan o al loro Padrone.
Harry
si rese conto che Voldemort gli dava le spalle. Puntò
la bacchetta; notò che un Mangiamorte aveva colto il
suo gesto di offesa contro l’Oscuro Signore ma questi non fece niente per
bloccarlo, tornando a fissare la disputa tra Lord Voldemort
e Darcy Donovan.
Doppio
Dolore mugugnò con una pomposa indignazione: “Mi perdoni, mio Signore. Non
credevo di scatenare la sua ira omicida con una semplice domanda, è solo che –
fu costretto a riformare uno scudo per proteggersi dall’ennesimo anatema di Voldemort – è solo che mi sembra così ingiusto” riprese con
una voce melanconica “Noi siamo suoi servi e le siamo fedeli e le pare questo
il modo di ricompensarci? E se davvero lei
è un Mezzosangue, allora per quale
motivo dovremmo prostrarci ai suoi piedi, noi,
che siamo Purosangue?”
Ci
fu un mormorio di assenso tra i Mangiamorte. Voldemort fremette dalla rabbia.
“Maledetti
voi, siete i miei servi! Non oserete mancarmi di rispetto!”
Harry
seppe che era il momento giusto: scagliò un Avada Kedavra contro Lord Voldemort,
l’Anatema della Morte e lui era riuscito a pronunciarlo e a scagliarlo perché
lo desiderava davvero, perché non desiderava altro che la morte di Voldemort.
Quella
era la guerra e non era solo questione di uccidere o venire uccisi: era il suo
destino, ma non quello scelto dalla Profezie, quello che aveva scelto di
costruirsi da solo.
(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno…)
Il
raggio mortale si abbatté contro Lord Voldemort. Ci
fu uno schianto e il cuore di Harry mancò di un battito.
La
bacchetta di Voldemort, la gemella della sua, cadde a
terra spezzata in due.
I
Mangiamorte si bloccarono in un religioso silenzio e
fissarono il loro Signore, disarmato, miserabile in un corpo che stava per
cedere, ma ancora vivo.
Gli
occhi serpentini di Voldemort strisciarono sulla sua
bacchetta troncata e un altro urlo gli sfuggì dalle labbra. Ad Harry sembrò
quasi di udire il proprio grido di vittoria dietro il ringhio frustrato
dell’Oscuro Signore.
*^*^*^*^*
[Istinto
animale e coscienza umana
Fenrir Greyback
contro Remus Lupin]
I
Licantropi si erano fermati, mettendosi in cerchio intorno al duello che si
stavano consumando tra Lupin e Greyback.
D’istinto,
si comportavano come lupi obbedienti al maschio alfa, nel loro caso Greyback. Ma sapevano benissimo che in caso di sconfitta,
il branco sarebbe passato sotto il comando di colui che fosse riuscito ad
atterrare il capo, in questo caso Lupin.
Era
la legge naturale, e loro la seguivano, trepidanti nel sentire la carne umana,
ma mitigati da un preciso dovere di lealtà.
Li
guardavano scambiare zannate e saltarsi addosso come mostri inferociti,
sentendo i latrati addolorati di Remus e quelli
sghignazzanti di Greyback, che sembrava in vantaggio.
Si
studiavano attentamente, i due lupi, e poi attaccavano, allungando gli artigli
e cercando di colpire l’avversario alimentati uno da puro divertimento e sete
di sangue, l’altro dalla vendetta.
Entrambi
riuscivano a contenere il loro lato animale, almeno un po’, ma l’esperienza di Greyback era certamente più vasta. Remus
era in svantaggio, non abituato a muoversi con quel corpo e a comandarlo con
una mente pacata, meno grezza di quella del Licantropo.
Aveva
ferite superficiali sulla schiena e l’unica che lo preoccupava davvero era un
graffio lungo il collo che era riuscito ad assestargli proprio in quel momento.
Remus
era stanco.
Sentiva
le zampe tendersi, e un’unghia gli bruciava, troncata quando era ricaduto
sull’asfalto.
Greyback
rideva, invece, anche lui ferito.
Lo
stava divertendo quel gioco.
Voleva
far vedere a quella sua creatura la vera potenza dei Lupi Mannari.
Si
lasciò andare in un lungo ululato, e lo fissò con occhi grigi brillanti.
“Remus Lupin… tu oggi morirai.”
Lupin
spalancò gli occhi, sentendo il suo nome. Poi avvertì la rabbia scorrergli
prepotente nelle vene, mentre il ricordo del morso di Greyback
sulla spalla e gli anni di solitudine si accumulavano nella sua mente ora più
annebbiata e sempre più in balia dell’istinto animale.
“Maledizione…”
mormorò cercando di scacciare la voglia di sangue del lupo. “Non ora non ora
non ora…”
Sentiva
l’ululato nella testa, e il sangue pompare dalle arterie feroce, come l’odore
di sangue che lo stuzzicava a mordere. Mordere, mordere, mordere.
No,
maledizione, no!
Ripensò
a Ninfadora, all’ecografia del suo bambino, ai suoi
suoceri, a Harry e a Sirius e James.
E
finalmente sembrò che la nebbia si diradasse un poco dalla mente. Ma un’ombra
incombeva su di lui.
Accadde
in pochi secondi: Greyback era sopra di lui con le
fauci spalancate. Poi un raggio l’aveva colpito, facendolo cadere a terra con
un guaito.
La
voce di Ninfadora l’aveva raggiunto, preoccupata,
gridando il suo nome. “REMUS!”
Lui
aveva abbozzato un sorriso, così insolito ed inquietante sulle fauci di un Lupo
Mannaro. Lei aveva sorriso comunque, seduta su una scopa.
Poi
un raggio – blu, blu, blu si ripeteva Remus – la
colpì e Ninfadora fu sbalzata dalla scopa e cadde in
mezzo al Tamigi, ricoperto di ghiaccio. Ci fu solo un sonoro schianto, ma
niente urla.
Remus
guaì e fece due grandi balzi, per raggiungerla, ma Greyback
lo colpì a tradimento sulla schiena.
“Dove
vai, piccolino? Preoccupato per la tua bella?” sogghignò sadico Greyback, zampettandogli intorno. “Non ti preoccupare…
manderò qualcuno a prenderla.” Rise, e fece cenno ad uno dei Licantropi di
muoversi oltre la sponda del fiume di ghiaccio.
Gli
occhi di Remus si spalancarono spaventati, e fece per
andare contro quel Licantropo, ma la strada fu sbarrata da Greyback.
“No,
no.” Scosse la testa divertito. “L’unico modo per andare da lei è uccidermi,
Lupin.”
Gli
occhi di Remus si fecero rosso sangue.
*^*^*^*^*
La
Spada di Serpeverde
[L’Ultimo
Horcrux]
Voldemort
era disarmato e gridava. Nessuno dei Mangiamorte osò
muoversi, nessuno osò disperarsi con l’Oscuro Signore, nemmeno i più devoti e
fedeli.
Harry
cominciò a credere nella vittoria.
Ma
il grido di Voldemort si interruppe e ci fu solo
silenzio. Uno scorrere viscido si accese nell’immobilità. I Mangiamorte
si ritrassero, aprendo un varco per l’enorme serpente che strisciava verso il
suo Signore.
“Nagini” bisbigliò Voldemort con
gli occhi in fiamme per la gratitudine “Con te posso ancora vincere.”
Harry
strinse gli occhi sul serpente: l’ultimo Horcrux.
Nagini
scivolò fino ai piedi dell’Oscuro Signore che avevano ripreso a trasudare
sangue. Voldemort si chinò, afferrandole
l’attaccatura del capo. Mormorò una cantilena tra sibili e sogghigni.
Harry
avvertì di nuovo qualcosa che gli sfuggiva, ma non era la vittoria, era la sua
vita.
Il
sibilo di Nagini si perse in un lampo d’argento e
smeraldi. Voldemort sollevò la sua nuova arma: una
spada lunga e affilata, l’elsa riproduceva un serpente aggrovigliato tempestato
di smeraldi.
Harry
riconobbe nelle fattezze di quella lama la spada di Serpeverde.
‘Ha
trasfigurato il suo serpente nella spada di Serpeverde.
Se è pericolosa come quella di Grifondoro non
riuscirò a tenergli testa solo con la bacchetta di Piton.’
Ma,
contrariamente alle sue previsioni, Voldemort schivò
lo sguardo di Harry e puntò i suoi occhi rossi alle spalle del ragazzo.
“Tu
sei stata la prima ad osare mancarmi di rispetto” sibilò con ira “E sarai la
prima a morire così tra non molto potrai rivedere il tuo amato figlio.”
Voldemort
si perse in un sogghigno terribilmente osceno ma Narcissa
Malfoy non mosse un muscolo: il volto impassibile sembrava
celare una tremenda rabbia che aspettava solo di esplodere. Ma Harry sapeva che
la sola rabbia, per quanto forte fosse, non bastava per sconfiggere Lord Voldemort.
Voldemort
sollevò la lama da terra, fendendo l’aria con un sibilo. Alle sue spalle Lucius Malfoy estrasse la
bacchetta diretta contro l’Oscuro Signore. I Mangiamorte
si ritirarono, bisbigliando al compagno deboli moniti d’avvertimento, ma la
maggioranza si limitò a lanciargli occhiate d’approvazione e appoggio. Tra i
più esultanti spiccava Darcy Donovan.
Voldemort
avanzò, puntando verso Narcissa. Harry si ritrasse dalla
sua traiettoria, lasciandolo sfrecciare al suo fianco. Puntò la bacchetta di Piton alle spalle di Voldemort,
cominciando a mormorare l’Anatema della Morte; dietro di lui, sentì Lucius Malfoy fare lo stesso.
Forse due Avada Kedavra
mirati e potenti avrebbero potuto abbattere l’Oscuro Signore.
Narcissa
restò immobile, non tentò neanche di alzare la bacchetta; le parve che le
bastasse l’ira e il dolore di una madre per annientare l’assassino del proprio figlio.
Ma il resto dei presenti sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.
“Sono
stata io!”
Ancora
un grido giunse ad interrompere l’avanzata dell’Oscuro Signore. Sia Narcissa che Voldemort si
voltarono verso la voce.
Samantha
Drake era in piedi, a pochi passi dal corpo di Draco, con un ampio sogghigno sul
viso. “Io ho ucciso tuo figlio. E’ vero, l’ho fatto per ordine dell’Oscuro
Signore, ma sono stata io a pronunciare l’Anatema della Morte.”
Per
un istante sembrò solo che il volto di Narcissa si
fosse congelato in un orribile stupore, poi si infiammò di collera ceca: ora
conosceva il suo obiettivo, lo scopo della sua vita dall’istante in cui aveva
abbracciato il corpo gelido del figlio era stata la vendetta, e ora poteva
sperare di uccidere l’assassina di Draco.
Si
dimenticò completamente di Lord Voldemort e della
battaglia, o del motivo per cui si trovasse lì a combattere quella guerra; si
lanciò contro Samantha desiderando solo la sua morte.
Voldemort
sogghignò, pronto a colpire Narcissa con la spada.
Harry
prese la mira e lanciò un Avada Kedavra.
La
lama della spada rifletté il lampo verde e permise a Voldemort
di respingere il colpo; puntò la spada di Serpeverde
contro l’anatema: l’incantesimo rimbalzò sulla lama, proiettandosi nel cielo.
Harry
fremette: la spada era in grado di respingere gli incantesimi; forse non ce
l’avrebbe fatta.
Sentì
corrergli accanto qualcuno e vide Lucius Malfoy che oltrepassava Lord Voldemort
senza timore. Dietro di lui Narcissa tentava
disperatamente di colpire Samantha, ma due Mangiamorte
bloccavano e respingeva tutti i suoi anatemi ma non facevano niente per
colpirla. Lucius fiancheggiò la moglie e presero a
combattere insieme, uniti da una furia tremenda, per vendicare la morte del
figlio.
Voldemort
lanciò un’occhiata disgustata ai Malfoy e si volse a
Harry che indietreggiò nella mischia di Mangiamorte.
In un attimo l’Oscuro Signore gli fu di fronte con la spada levata in aria. Un
gemito giunse dalla schiera oscura: i Mangiamorte
erano terrorizzati.
“Ascolta,
Voldemort” attaccò Harry in tono solenne “Forse non
sopravvivrò alla battaglia, ma vincerò comunque. La guerra è persa per te, così
come hai perso l’appoggio dei tuoi Mangiamorte, il
rispetto, il tuo corpo e la tua anima: non ti resta più niente.”
Voldemort
lanciò un ringhio e si riprese in un sorriso sprezzante. “Sei tu che devi
ascoltarmi, Harry. L’Oracolo ha previsto una
sicura vittoria oscura, e sarà quella che avrò.”
“Ti
sbagli” ribatté Harry “Hai sempre riposto troppa fiducia nelle Profezie; è per
una Profezia che hai deciso di rovinarmi la vita, ma… adesso mi va bene così,
perché è la tua stessa fiducia nelle Profezie che ti porterà alla morte.”
Voldemort
ghignò. “Provaci, allora.”
Harry
scattò in avanti. Voldemort roteò la spada sopra la
testa fino a farla diventare un vortice di luce verde.
“Questo
ha lo stesso effetto dell’Avada Kedavra”
ghignò Voldemort prima di calare la spada su Harry.
Ci
fu un lampo. A Harry sfuggì un urlo acuto. La spada lo aveva sfiorato ma anche
così la lama era riuscita a fendergli il braccio destro, lasciandogli una
profonda ferita verticale che percorreva tutto l’avambraccio. Dovette mollare
la presa sulla bacchetta di Piton.
Harry
si portò una mano alla ferita e la sentì inzupparsi subito di sangue, che a
terra stava già sgocciolando in una considerevole pozza vermiglio scuro. Si
rese conto di perdere troppo sangue, il braccio ferito gli tremava e la testa cominciò
a vorticare.
Voldemort
gli rivolse un sorriso calmo ma che celava una grande euforia di trionfo.
“Vedi, Harry, te l’avevo detto: una
sicura vittoria oscura. Non hai l’esperienza né tantomeno il talento per
riuscire a sconfiggermi. Ora non puoi più utilizzare il braccio destro, quello
con cui esegui gli incantesimi: sei morto, non puoi usare la magia.”
Harry
serrò i denti e vide Voldemort rialzare la spada: ora
non aveva più speranze.
Stava
per calare sul suo capo, il ghigno del Signore Oscuro non cedeva, era tirato al
limite, assolutamente soddisfatto. Ma ci fu uno strappo e il ghigno cedette:
dal mento di Voldemort prese a gocciolare una
disgustosa sostanza verde simile alla bile.
Harry
si chinò per raccogliere la bacchetta di Piton e
dovette mollare il tampone sulla ferita con un forte gemito di dolore. Le dita
della mano sinistra si chiusero sul liscio legno del bastoncino, pronte a
scattare in aria per colpire l’aggressore, ma fu troppo tardi. Voldemort si era ripreso, più incollerito di prima e la
spada stava scendendo.
Un
altro schianto ed Harry ne fu quasi certo: quello schianto era lo strappo del
suo collo mozzato. Ma la spada volò via sotto l’impeto di un violento schiantesimo.
Harry
si voltò e vide Ginny ansante, con la bacchetta
levata e pericolosa. I Mangiamorte l’avevano lasciata
libera.
Il
cuore di Harry grondò di gratitudine quando si rialzò traballante a causa della
ferita e scorse Voldemort disarmato e impotente. Ma
poteva ancora recuperare la sua arma.
Ginny
fu più svelta. Gridò disperatamente: “Accio spada!”
E
la spada di Serpeverde levitò sopra il capo fiacco
dell’Oscuro Signore fino a posarsi tra le mani di Ginny.
“Come
osi impugnare la spada del mio antenato!” ringhiò Voldemort
scattando contro Ginny.
Con
un enorme fatica e uno strappo al braccio Harry riuscì a voltarsi e a puntare
la bacchetta alle spalle di Voldemort. Un raggio
verde partì dalla sua bacchetta e questa volta Harry seppe di non aver fallito.
L’Oscuro
Signore venne colpito dall’Avada Kedavra
di Harry dritto in mezzo alle scapole. Si piegò all’indietro quasi come se il
corpo fosse stato troncato in due e rovinò a terra inerme.
I
Mangiamorte trattennero il fiato, attendendo che il
loro immortale Padrone si levasse di nuovo per affrontare e sconfiggere il
Prescelto; alcuni temevano il suo ritorno, alcuni bisbigliarono sottovoce ‘fa
che sia morto’.
Ma
dopo qualche attimo, presero a respirare liberamente. Il loro Signore non si
sarebbe più rialzato.
Harry
abbandonò la bacchetta di Piton al suolo e si gettò
verso Ginny, ignorando la fitta lancinante al
braccio. Si bloccò a pochi, fatali passi da lei che ancora stringeva la spada
di Serpeverde. Stava per protendersi e abbracciarla,
quando un ghigno gli giunse alle spalle.
Il
volto di Ginny impallidì ma mai quanto quello di
Harry già stremato dalla perdita di sangue.
Si
levò un borbottio dai Mangiamorte, gemiti di
delusione: l’Oscuro Signore era ancora vivo.
Era
ritto dove Harry l’aveva colpito con l’Anatema della Morte, ai suoi piedi una
pozza di sangue misto a sudore e ai liquidi di ciò che restava del suo corpo;
la pelle ormai era attaccata alle ossa, il suo intero essere stava diventando
uno scheletro. Ma Lord Voldemort riusciva ancora a
sogghignare: “Bel tentativo, Harry. Ma hai dimenticato che sono immortale? Non
mi puoi uccidere ferendo questo corpo che ormai sta già morendo… un ultimo Horcrux mi protegge.”
Ginny
sentì la spada di Serpeverde agitarsi tra le sue mani
e lanciò un’occhiata disperata a Harry.
Harry
era sgomento: Voldemort era ancora vivo e lui non
poteva più usare la magia, ma forse…
Strappò
la spada dalle mani di Ginny con il braccio ancora
illeso e la pregò con lo sguardo. “Ginny ti prego,
aiutami, ma, ti scongiuro, non
morire.”
Lo
sguardo di Ginny era acceso di determinazione. “Non
ti preoccupare, Harry, ti aiuterò ma non morirò.”
Harry
provò l’impulso di baciarla sulle labbra, ma si trattenne con un sorriso
incoraggiante. Sguainò la spada contro Voldemort.
L’Oscuro
Signore o ciò che ne restava sogghignò e fu solo il suo teschio a piegare
l’osso della mascella, ormai visibile. “Ardito, Harry, davvero molto. Ma non
funzionerà, solo io posso usare la spada di Serpeverde,
nelle tue mani è solo una vile spada babbana. Ma su…
coraggio, attaccami! In questo stato mi basta toccarti per ucciderti.”
Harry
sbarrò gli occhi e rammentò Sirius dietro il Velo. Regulus gli aveva detto che quando un essere perde il suo
corpo ma resta nel mondo degli uomini non come un fantasma, col solo tocco può
strappare l’anima ai corpi viventi.
Una
goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena. Aveva paura, ma timore per Ginny, non per se stesso. Ormai, con quella battaglia, era
giunto quasi ad accettare la propria morte come inevitabile; ma Ginny, i suoi amici, tutti loro dovevano sopravvivere.
Ma
Voldemort doveva morire e gli occorreva il sostegno e
la forza di Ginny. Le lanciò un’occhiata piena di
significato. “Non morire. Non ti farò morire.”
Partirono
entrambi all’attacco, Harry che brandiva la spada sorretto da Ginny che impugnava la propria bacchetta.
Voldemort
era immobile e ghignava: era certo di poter vincere, anche se aveva perso il
corpo e spezzato la sua anima perché la Profezia aveva annunciato una sicura vittoria oscura.
Allungò
le dita, ormai ridotte a ossi che grondavano pelle e sangue, verso il viso di
Harry, contratto dall’affanno e dalla risoluzione.
Harry
e Ginny levarono spada e bacchetta. Voldemort aprì la mano: artigli che al solo tocco portavano
la morte.
Ci
fu lo scontro e i Mangiamorte sibilarono.
Harry
vide il bagliore omicida negli occhi rossi di Voldemort
e desiderò solo una cosa: ‘Le persone che
amo devono salvarsi.’
*^*^*^*^*
La
Fine…
I
corpi di Ron ed Hermione giacevano svenuti ormai da
troppo tempo.
Il
tremendo Cruciatus subito da Hermione
l’aveva scaraventata a terra: la folta chioma nascondeva un grumo di sangue.
La
ferita aperta sul braccio di Ron non aveva smesso di sanguinare.
Nessuno
dell’Ordine arrivava. Solo una nebbia ghiacciata.
Ron
rabbrividì anche se svenuto: il braccio lacerato si contorse quando un fiato
gelido gli sbuffò contro.
Il
Dissennatore era tornato ed era pronto a succhiare
l’anima dei due.
*
Harry
sedeva in disparte, osservando la fine di quella battaglia. Ma non la fine
della guerra.
I
Mangiamorte tacevano in muta raccolta. L’Ordine li
aveva incatenati, pronti per un’infinita prigionia ad Azkaban.
Narcissa
Malfoy fu costretta a staccarsi dal corpo del figlio,
trascinata col marito al medesimo destino degli altri Mangiamorte.
Ma Samantha restò china sul corpo di Draco e non venne sfiorata da nessuno,
così come i due Mangiamorte che l’avevano protetta e Darcy Donovan.
Per
loro, qualunque atrocità avessero commesso in guerra era perdonata.
Ginny
si stava ritirando, si stava allontanando da lui, affiancata da un guaritore e
da un Auror. Cercava la famiglia e cercava Han.
L’ultimo
Horcrux, la spada di Serpeverde
giaceva silenziosa, conficcata nelle reliquie di Lord Voldemort.
Ormai di lui non restavano altro che le ossa.
E
restava il ricordo. Lord Voldemort era morto ma era l’Oscuro Signore.
Per
questo, Harry lo sapeva, la guerra non era finita con la morte di Colui-che-non-deve-essere-nominato.
*=*=*=*=*=*=*=*
Al
solito, il ritardo è da attribuirsi a Kaho, che
ammette pienamente le sue colpe.
Signori,
questo è l’ultimo capitolo, ebbene sì, vi lasciamo a questo punto. Sadiche,
vero? *risate malefiche di sottofondo*
Dunque,
dunque, direi che dovete assolutamente leggere anche la seconda parte per poter
saziare la nostra curiosità, non credete? Vi aspettano la fine della Guerra e
il dopo-guerra, la parte più interessante! *__*
Speriamo
solo che non ci odiate per aver interrotto qui, è tutto programmato per
assetarvi di curiosità! XDDD
Risposte
veloci:
EDVIGE86:
Troppo buona troppo buona, se quello di prima ti aveva ucciso questo ti avrà
stroncato! XDDD Cerca di non morirci però eh! Che noi ci teniamo ai lettori!
*__* Grazie mille! Bye!
HarryEly:
Ciao! ^-^ Allora che ne dici di questo? Ti piace? Siamo troppo felici per i
commenti, mille grazie, troppo gentile! ^///^ Ci devi seguire anche nella
seconda parte, ci contiamo eh! XD Bye!
ninny:
Grazie! ^^
Nana92:
Bene, abbiamo visto il tuo entusiasmo per la nostra storia e ne siamo
orgogliose! XDDD Grazie mille per i complimenti, anche a Samy
è venuta voglia di Ciobar! *ç* Eh, sì, tra Marshall e
Ron saranno sempre guai temo! XDD A presto con la seconda parte! ^__-
Saty:
Tu meriteresti una risposta lunghissima, ma i tempi stringono e non possiamo
dilungarci, sappi solo una cosa, donna: ti adoriamo! *___* Samy
voleva aggiornare solo per leggere un tuo commento, pensa un po’ te! XDDD
Riesci a farci ridere e nel contempo comprendi i punti chiave, dando spazio a
tutti i momenti… sei un geniaccio, Saty! *___* Grazie
mille per tutto! ^^ Bye!
Ed
ora, ci sentiamo nella seconda parte!
Bye
gente bella! XD
Samy&Kaho
[Ordine di importanza come autrici ù.ù]