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Autore: Kaho    07/11/2007    8 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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Capitolo 15 – L’Ultima Battaglia

 

 

[Pur di non tradire…]

 

 

Si fece scorrere addosso l’ampio mantello nero da Mangiamorte e in un attimo fu rivestito e pronto per la battaglia che infuriava oltre quel debole nido.

 

Sbirciò oltre la finestra. Aveva una perfetta visuale del centro storico di Londra, martoriato da fiammate di draghi, colpi di Troll e Giganti. Il cielo era grigio, completamente immerso nella nebbia e infestato dai Dissennatori. Il grande fiume Tamigi era ghiacciato sotto l’influsso di quei mostri e dei corpi straziati e galleggiati erano rimasti intrappolati nella spessa crosta di ghiaccio macchiato dal sangue.

 

Draco impose ai suoi occhi di non guardare oltre, ma si abbassarono sulle strade per soddisfare una curiosità macabra.

 

Si allontanò dalla finestra con un mugugno schifato e un forte impulso nelle viscere.

 

Come aveva immaginato: le strade erano dei cimiteri profanati, corpi di chiunque, qualsiasi cosa, riversi scomposti sull’asfalto bagnato.

 

“La mia proposta è ancora valida.”

 

Draco si voltò piano verso la voce, ribattendo con un sibilo.

 

“Assolutamente no; non voglio tradire l’Oscuro Signore… so cosa fanno ai traditori.”

 

Samantha si levò dalla penombra della stanza con un sogghigno. “Se hai veramente così tanta paura non vedo perché tu debba andare a combattere. Scappa.”

 

Draco sobbalzò, combattuto da quella pressante tentazione. “Mi piacerebbe tanto, ma…” il suo sibilo si spense in un lieve mormorio “… i miei genitori…”

 

“Bene, allora torniamo a combattere” borbottò Samantha “Il Marchio Nero ci chiama.”

 

Draco si afferrò il braccio sinistro, premendo il tessuto ruvido della tunica contro il tatuaggio che pulsava di sangue nero.

 

“So che ci sta chiamando e… sembra arrabbiato.”

 

Samantha piegò il capo di lato con un sospiro. “Se torniamo ora avremo comunque un castigo, un tremendo castigo, ma non moriremo.”

 

Draco strinse gli occhi. “Va bene, allora. Non dobbiamo morire.”

 

“Sarà un dolore atroce…” sbuffò Samantha “Sai quanto sono tremende le torture dell’Oscuro Signore?”

 

“Ora è impegnato ad uccidere Potter” ribatté Draco con una forte urgenza nella voce.

 

“Ma prima o poi Potter cederà e si sfogherà su di noi. A meno che Potter vinca…”

 

‘Quanto vorrei che vincesse Potter!’ Draco sibilò a denti stretti, sentendosi terribilmente vile e codardo per quel desiderio.

 

“Ma Potter non può vincere contro l’Oscuro Signore!”

 

Samantha fece spallucce. “Forse con un piccolo aiuto…”

 

“Smettila!” le gridò addosso “Perché fai così? Non ti rendi conto che stiamo per morire? Perché prima o poi moriremo.”

 

“Non è un mio problema” ribatté Samantha con uno sguardo molto serio “E anche per te non sarebbe un problema, se solo…”

 

“Ho detto di no!” strillò Draco.

 

Un lampo di delusione passò sul viso di Samantha. “D’accordo, come vuoi tu, Draco. Ma ti avverto” la sua voce si fece più bassa e fatale di un sussurro “Per proteggere questo segreto sono disposta ad uccidere chiunque.”

 

Draco la fissò negli occhi con un guizzo di sorpresa e angoscia. “Fai come meglio credi. Ma adesso andiamo.”

 

“Ti seguo.”

 

I due si smaterializzarono nel cuore del Covo Oscuro ora silenzioso e tombale, svuotato dei suoi uomini per l’ultima e cruciale battaglia.

 

Draco mosse qualche passo, seguendo i tremendi rumori dello scontro.

 

“Eccoli i codardi!”

 

Il grido acuto di Cortess che gli giunse alle spalle valse quasi un infarto al giovane Mangiamorte. Rimase voltato dalla parte opposta e sentì la voce stizzosa di Samantha replicare.

 

“Che cosa ci fai anche tu qui? Codardo al pari nostro?”

 

Una risata perfida di Cortess. “Oh no, Drake, codardo come voi è ben difficile. Ma non temere per la mia integrità di Mangiamorte, sono qui per volere dell’Oscuro Signore: mi manda a punire i traditori!”

 

Draco si morse violentemente il labbro inferiore. L’aveva voluto lui; lui aveva convinto Samantha a tornare per affrontare la punizione. Eppure tremava dalla paura, tremava al sibilo delle promesse che scorrevano dalla lingua velenosa di Cortess.

 

I suoi occhi grigi scorsero la mano che si agitava senza controllo.

 

‘Non tremare, maledizione… ho paura di farmi male, ho paura del dolore… ma ho più paura di morire.’

 

Un altro ghigno estasiato dalla macabra prospettiva della tortura. “E ora seguitemi, Draco e Samantha, se non volete che vi uccida sul posto o che ci pensi l’Oscuro Signore in persona.”

 

Draco marciò all’istante verso il suo futuro torturatore, o chissà, boia. Scorse Samantha che gli lanciava un’occhiata esasperata.

 

Draco negò con fermezza, serrando ancora le mani contro la tunica nera.

 

‘Mi dispiace, ma anche se dovessi venire ucciso, io non tradirò mai i miei genitori.’

 

*^*^*^*^*

[Il Valore di una Profezia]

 

 

Il magico guscio luminescente fremette al sibilo tetro di Lord Voldemort.

 

“Così non c’è gusto.”

 

Harry rimase immobile; solo il respiro affannato e il latito del suo cuore accompagnavano la voce crudele di quel ricordo:

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

La bacchetta di Harry era stretta in un pugno floscio, completamente vile di fronte al suo destino. La sua gemella era brandita con fermezza, senza pietà, contro il più grande nemico del padrone.

 

Il sogghigno serpentino di Voldemort si piegò, avvertendo la pacata resa dell’avversario.

 

“Vuoi combattere, Harry Potter!?”

 

Un altro respiro e quel ricordo, ma nient’altro giunse dal Prescelto.

 

La smorfia scocciata dell’Oscuro Signore si era tramutata in un ghigno di pura rabbia.

 

“Allora morirai subito!”

 

Harry sbarrò gli occhi, colpito in pieno da quelle parole, da quella profezia.

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Voldemort agitò la bacchetta, la punta rivolta contro di lui, minacciosa come il grugno di un drago.

 

“Ora morirai, Harry Potter.”

 

La pelle prese a formicolargli; l’aria era tremendamente pungente. Il fiato gli venne meno.

 

La gemella della sua bacchetta si accese di verde come gli occhi mortiferi di un basilisco. Il taglio sbilenco sul viso di Voldemort si piegò in una smorfia di gioia.

 

“Ho vinto io!”

 

“Una sicura vittoria oscura!”

 

Harry lasciò andare il fiato. Le lenti dei suoi occhiali catturarono il bagliore verde che gli fulminò contro.

 

Voldemort lasciò andare il capo all’indietro, scosso da una tonante risata, mentre ancora stringeva la bacchetta illuminata di verde. “E’ la fine del Prescelto! Così vuole la profezia!”

 

Harry chiuse gli occhi.

 

Così vuole la profezia…

 

… Una sicura vittoria oscura…

 

‘Così potrò ritrovare…’

 

… Professor Silente…

 

(“Sai, Harry, una profezia ha valore solo se si decide di darle del valore. Voldemort ha deciso di riporre tutta la sua vita in quella Profezia e hai visto dove questa scelta l’ha condotto. Tu puoi scegliere, e allora scegli, Harry.” )

 

Sirius

 

(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci, ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black… entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il nostro destino.”)

 

… Papà…

 

(“Lo so che ora tutto è molto difficile, ma devi imparare a distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile. Provaci, Harry, e impegnati.”)

 

… Tutti…

 

(“Prima di dirmi addio, Harry, promettimi che ti impegnerai per sconfiggerlo.”)

 

(“Queste sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort, Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”)

 

Harry socchiuse gli occhi; il lampo verde a millimetri dal suo viso.

 

‘Quella Profezia…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

… in confronto ai desideri dei miei amici, di Silente, di Sirius, di mio padre… di tutti…

 

Le dita si serrarono con decisione sulla bacchetta che fremeva per combattere.

 

… non vale niente!’

 

La gemella della bacchetta malvagia si levò contro l’Anatema della Morte e lo fermò.

 

Harry sentì la mano tremare sotto il contraccolpo dell’Avada Kedavra, ma la sua stretta tornò salda in un attimo.

 

Avvertì un grugno di sorpresa e rabbia provenire dall’avversario; levò il capo fiero e urlò contro Voldemort.

 

“Ora, dato che ci tieni molto, combatterò! E ti assicuro che vincerò io!”

 

L’Oscuro Signore sembrò solo infinitamente divertito. Gli occhi rossi e serpentini si strinsero mentre dalle sue labbra erompeva una risata macabra.

 

“Tu non puoi sconfiggermi, Harry Potter! Sono molto più forte di te. Non puoi ferirmi.”

 

Harry abbassò il capo e Voldemort gli sorrise di rimando. Anche le labbra di Harry assunsero il profilo di una smorfia.

 

“Hai ragione, Voldemort” mugugnò Harry “Sei molto più forte tu e io non ti posso ferire…”

 

Un fulmineo ricordo gli balenò davanti agli occhi. Una profonda emozione gli strinse le viscere.

 

(“Non ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)

 

“E dato che non ti posso ferire, allora…”

 

Gli occhi di Harry saettarono su Piton, ancora chinato nel tentativo di stabilizzare i flussi del guscio luminescente.

 

Voldemort seguì il suo sguardo deviato e gli sfuggì un solo gemito inorridito, prima che la sua bacchetta si protendesse contro Harry; ma era troppo tardi. Il Prescelto aveva già scagliato un Sectusempra contro l’ignaro Severus Piton.

 

Harry affondò la bacchetta nell’aria, spingendo il raggio ferreo come una lama affilata contro il bersaglio.

 

‘Per te, Principe Mezzosangue, grazie per avermi insegnato questo anatema.’

 

Piton levò il capo, cogliendo di sfuggita il bagliore ferreo dell’incantesimo e Voldemort gridò dal profondo del suo corpo:

 

“NOOH!”

 

*^*^*^*^*

[Il Dissennatore]

 

 

I Dissennatori cadevano dal cielo come una pioggia fittissima e nerissima.

 

Hermione e Ron stavano uniti, schiena contro schiena, riparati dai loro Patronus argentati che cominciavano a perdere la luce protettrice. Al loro fianco già giacevano i primi sconfitti, assiderati nel gelido alito dei Dissennatori, svuotati della loro anima e dei loro bei ricordi.

 

“Ron… Ron” gemette Hermione, mentre tentava di rafforzare la presa sulla bacchetta traballante “Non resisto più. Un altro colpo e…”

 

Un lampo di ferro ed Hermione cacciò un urlo tremendamente acuto. La sua bacchetta rimbalzò sonoramente contro l’asfalto sudicio della strada e finì oltre il parapetto del Tamigi.

 

La piccola lontra sparì inghiottita in un flusso argentato dalla bocca del Dissennatore.

 

Hermione trattene uno strillo cercando appoggio dalla vicinanza di Ron.

 

“Ron! No, non può essere…”

 

Ron cercò la mano esasperata di Hermione e la strinse forte, mentre con l’altra tentava di forzare il suo Patronus contro un Dissennatore particolarmente resistente.

 

“Calma, Hermione, adesso ci penso io!”

 

Hermione boccheggiò senza riuscire a trovare le parole per comunicare la sua angoscia. La mano libera ancora raspava in giro, cercando disperatamente la sua bacchetta o un arma con cui difendersi.

 

Il Dissennatore che stava calando su di lei con le fauci aperte era ben diverso dagli altri: più piccolo, ma infinitamente più fulmineo nei movimenti fluidi e quasi irreali, e, soprattutto, era stato capace di inghiottire la pura luce di un Patronus, bagliore che invece avrebbe dovuto esorcizzarne la vicinanza.

 

Il mostro calò ed Hermione ebbe l’impressione di scorgere due occhi umani dietro le pieghe sgualcite del cappuccio: occhi scintillanti e rosso sangue che riflettevano il suo viso pallido di terrore.

 

Hermione chiuse gli occhi, quasi certa della tremenda fine che la attendeva. Avvertì il calore della mano di Ron che stringeva la sua ed ebbe un tuffo al cuore, già la nostalgia di averlo perso, di essere sparita e di averlo lasciato solo a combattere in quella battaglia furiosa.

 

Riaprì gli occhi per affrontare quella terribile visione, per tentare di combattere. Ma il Dissennatore si era già bloccato, paralizzato da una figura fluttuante che Hermione riconobbe come Nicl-quasi-senza-testa. Sentì una calda lacrima di consolazione che le scendeva sulla guancia fredda, investita dal gelido fiato del Dissennatore.

 

Ron si voltò, richiamando il fedele Patronus e si lasciò sfuggire un gemito strozzato: Hermione era accasciata ai suoi piedi col volto spettrale e le guance incredibilmente rosse, gli occhi sbarrati e la bocca piegata in una smorfia sotto la nube ghiacciata che gettavano le fauci del Dissennatore. Sfoderò la bacchetta e la puntò immediatamente contro il mostro.

 

Expecto Patronum!”

 

Il cagnolino robusto e fedele puntò contro la creatura. Ci fu uno schianto e un lampo argentato. Ron riconobbe l’urlo di Nick e sperò davvero di non averlo danneggiato. Il Patronus retrocedette con un guaito dalla nube di scintille argentate e da lì schizzò in aria il piccolo Dissennatore, gettandosi a capofitto nell’imponente banco di nebbia in cielo.

 

Ron prese una considerevole boccata d’aria respirabile ora che il gelo polare era scomparso col mostro fluttuante. Sentì immediatamente le dita intrappolate nella morsa disperata di Hermione, mentre ancora fissava sbalordita la figura trasparente di Nick che si riprendeva dall’attacco.

 

“Cos’era?” mugugnò Hermione con un filo sottilissimo di voce.

 

Ron ebbe un tuffo al cuore, la medesima sgradevole sensazione di impotenza che l’aveva colto quando non era stato capace di proteggere la sorellina dalle grinfie di quell’odioso Babbano. “Hermione, calma… era solo un Dissennatore.”

 

Infine Hermione parve rendersi conto della presenza di Ron e sembrò così incredibilmente grata che rinsaldò la presa sulle dita agonizzanti del ragazzo. Ron gemette piano per non preoccupare la ragazza e portò l’altra mano a proteggere quella piccola e morbida di Hermione che ancora tremava per il freddo e la paura.

 

Nick fluttuò sopra i due e disse con un tono gravido di preoccupazione. “Oh no, giovane Weasley; quello non era un Dissennatore qualsiasi.”

 

Hermione si strinse nelle spalle e Ron la cinse con entrambe le braccia mentre fissava Nick di stucco. “Come scusa? Non mi dire che esistono tante razze di Dissennatori?”

 

La figura trasparente di Nick sembrò tremare tutta. “Oh no! Ma questo era particolare. Te lo posso dire con sicurezza. Appena gli sono andato contro per proteggere Hermione è riuscito a toccarmi.”

 

Ron tentò di emulare una reazione di sorpresa, anche se in realtà non conosceva molto bene i normali parametri di comportamento di un Dissennatore. “Bene, capisco… l’hai toccato? Beh, ed è strano per un Dissennatore?”

 

Nick esibì un sorrisetto stiracchiato, un misto di sorpresa e rimprovero. “Oh, Ron, caro signor Weasley, non l’hai ancora imparato? Un Dissennatore è solo un corpo senza anima, solo uno spirito tremendamente impuro che vaga sulla terra tormentando i bei ricordi delle persone, ma resta pur sempre qualcosa di concreto e un essere del genere non dovrebbe mai, in nessun caso, poter toccare un’anima pura, cioè io: un fantasma. E invece quello di prima mi ha toccato e sono persino riuscito a sentire il suo alito gelido. Riesci a crederlo? Io ho sentito! Io che sono un fantasma e non dovrei sentire più nulla. Ma è persino riuscito a farmi provare terrore, persino paura di morire, una brutta sensazione che ormai non sperimentavo da secoli e secoli.”

 

“Quindi… cos’era quello di prima?” domandò Ron.

 

“E’ quello che vorrei sapere anch’io, Ron.”

 

Ron sospirò consolato, percepita la voce più vigorosa di Hermione. Era riuscita a tirarsi in piedi, aggrappata alla spalla del ragazzo, ma il fiato era ancora ansante e disperdeva nuvolette di aria fredda.

 

“E’ stato terribile, Ron, e pensare che non si è nemmeno avvicinato tanto.”

 

Le braccia di Ron la cinsero ancora, più teneramente, tentando di trasmetterle del calore. “Niente paura, Hermione, ci sono i nostri Patronus e anche Nick e i suoi fantasmi, quel Dissennatore non si avvicinerà più a te… poi ci sono anche io e non sono poi così male, vero?”

 

“Già” ammise Hermione con un singhiozzo “Io sono molto brava nelle prove pratiche, qualsiasi prova ci assegnasse Moody la portavo a termine alla perfezione… ma erano solo prove. Sul vero campo di battaglia sei tu il migliore, Ron.”

 

Ron sentì un grande orgoglio, impareggiabile ai complimenti dell’austero Moody o persino agli applausi e alle urla fanatiche dei suoi acclamatori sugli spalti di un campo da Quidditch: il complimento di Hermione era qualcosa di più.

 

“Oh beh, grazie Hermione! Ma è il dovere di qualsiasi bravo ragazzo.”

 

Hermione accennò un sorriso tenero; non voleva lasciarsi trasportare da quella tiepida emozione perché sapeva che poi non sarebbe più riuscita a staccarsi da Ron e dal suo caldo abbraccio. Doveva, invece, tornare nel gelido pungente del campo di battaglia, con l’ansia alla gola, temendo per la sua vita e per quella del ragazzo.

 

Ma doveva rischiare anche se mai avrebbe permesso che qualcosa di spiacevole capitasse a Ron: si sarebbero protetti a vicenda, la loro vicinanza, lo stimolante che li avrebbe spinti a dare il massimo, il loro amore, lo scudo che si sarebbe trasfigurato in un fedele Patronus argentato…

 

… Poi lo doveva a Harry e alla sua ostinazione: combattere per i propri cari.

 

*^*^*^*^*

[Il Valore di un Segreto]

 

 

Draco si riprese solo quando una mano salda e decisa gli strattonò il mantello. Alzò gli occhi e venne colpito in pieno da quella vista: tracce di lacrime sul viso impassibile di Samantha.

 

“Muoviti, adesso andiamo.”

 

Samantha si morse il labbro inferiore mentre con un incantesimo riparava la tunica da Mangiamorte ridotta a brandelli.

 

“Forza, Draco, alzati.”

 

Lo disse con una voce rigida e forte, ma lei non lo era per niente. Come poteva esserlo? Quando solo un istante prima l’aveva sentita strillare e urlare disperatamente perché la salvasse dalle grinfie di Cortess.

 

E lui l’aveva fatto… finalmente… Si era sbloccato ed era riuscito a fare proprio…

 

I suoi occhi grigi scivolarono sul volto contorto di Cortess. Gli salì un conato fino alla gola.

 

L’aveva ucciso. E allora dov’era tutta l’eccitante soddisfazione che i Mangiamorte gli avevano promesso?

 

‘Sì, fidati, giovane Malfoy, la prima volta che uccidi è così incredibilmente eccitante! Ti senti ribollire di sangue e di lussuria, lo vorresti rifare all’infinito!’… Allora forse sono io quello strano perché tutto quello che sento – anche se ho ucciso per difendermi, anche se ho ucciso un uomo che odiavo – è solo schifo.

 

Draco scrutò la fossa in cui erano stati gettati come bestie in attesa del macello. Catene arrugginite che penzolavano dalle pareti, sbarre di ferro fissate alle piccole finestre e… il cadavere del torturatore steso accanto a lui, proprio vicino alla porta.

 

Lo fissò per un attimo in quegli occhi vacui e sorpresi che ti dona l’Anatema della Morte. Poi strinse la bacchetta contro il petto e mugugnò quel tremendo incantesimo a fior di labbra.

 

Non successe nulla. Allora fu pronto a seguire Samantha verso la morte sicura. Almeno per lui.

 

Lei gli stava sempre di fianco, più preoccupata e nervosa che apprensiva; continuava a mormorargli qualcosa su quel ‘segreto’.

 

“Non dirlo, capito? Neanche all’Oscuro Signore, tenta di celargli i tuoi ricordi o morirai subito.”

 

Draco storse il naso, mentre ormai cominciavano a fuoriuscire dal Covo Oscuro. Quando si parlava di morte solo lui poteva esserne il soggetto. Lei era intoccabile. E infatti due Mangiamorte – ma in realtà non lo erano – marciavano dietro di loro come irriducibili guardie del corpo.

 

Finalmente scorsero l’uscita e una cupola luminosa oltre quella.

 

“Cos’è?” sfuggì a Samantha, mentre accelerava il passo.

 

Draco la seguì e percepì i due Mangiamorte avanzare al loro medesimo passo. Poi la vide, la scena che aveva figurato infinite volte con la speranza di un reciproco annientamento: l’Oscuro Signore contro San Potter.

 

Ma l’obiettivo di Potter non era Lord Voldemort.

 

“Quello è Piton!” gridò Samantha mentre si gettava più veloce verso la sfera dei duellanti.

 

‘Potter vuole uccidere Severus Piton? Quello è lo stesso incantesimo che mi ha quasi ucciso al sesto anno.

 

Draco strinse più forte la bacchetta, mirando contro il Prescelto oltre la barriera. E l’odio verso Harry crebbe nella sua stretta. Gridò qualche incantesimo ma il guscio luminoso lo respinse come nulla.

 

Nessuno parve curarsi del suo gesto azzardato, tranne Samantha che si era arrestata bruscamente a pochi passi dalla barriera visto il totale effetto protettore che aveva respinto l’anatema di Draco.

 

E ci pensò l’Oscuro Signore a proteggere la vita del suo pupillo. Draco non credeva di essergli mai stato più grato che in quel momento: mentre Voldemort sollevava fulmineo la bacchetta ed erigeva uno scudo di luce verde ai piedi di Severus Piton.

 

Draco scoprì di esultare di soddisfazione quando vide il Sectusempra di Potter rimbalzare prima contro il guscio verde e poi smembrarsi contro la sfera luminescente. Ma l’attacco di Potter aveva contratto dei danni all’ex professore di Pozioni.

 

Lo scoppio del Scetusempre contro il temporaneo scudo eretto da Lord Voldemort aveva investito in pieno Piton e la presa sulla sua bacchetta era venuta meno: la barriera cominciò a traballare.

 

Draco desiderò di avventarsi contro Potter. Si spinse contro la barriera, più in là di quanto avrebbe dovuto osare. Samantha gli strinse una spalla per costringerlo a fermarsi, ma lui la trascinò dietro e i due Mangiamorte le gridarono di lasciarlo andare a morire contro la barriera.

 

Draco gemette di stupore, incapace di frenare la sua avanzata, il limite del guscio luminescente, delimitato da segni di magia arcaica, era sempre più vicino.

 

‘Se ci finisco contro è la fine.’

 

La barriera cedette all’improvviso e sia Draco che Samantha si ritrovarono oltre il perimetro della barriera, buttati a terra. I due Mangiamorte tentarono di raggiungere Samantha ma il guscio luminescente ricomparve tanto repentinamente così com’era scomparso.

 

Harry digrignò i denti mentre vide Piton rialzarsi e recuperare la sua bacchetta; poi udì un tonfo, ancora esasperato dal mancato colpo diretto verso Piton. Si voltò solo un attimo – Malfoy e una Mangiamorte erano accasciati a terra – ma quell’istante bastò come distrazione. La bacchetta gli volò via dalle mani, richiamata dalla sua gemella.

 

Ritornò a fissare Voldemort: stringeva la sua bacchetta con un ghigno sadico.

 

“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”

 

Gli occhi rossi guizzarono verso Draco e Samantha.

 

“Ho intenzione di sistemare un paio di traditori.”

 

*

“Di qui!”

 

Hermione si affrettò a stare dietro a Ron. Avevano percorso un lato del labirinto che magicamente era apparso dietro a quello che rimaneva del centro di Londra – era davvero una gigantesca struttura, frutto di magia antichissima.

 

Ron svoltò l’angolo e Hermione lo seguì, fermandosi, e appoggiando i palmi sulle ginocchia piegate, ansimando forte. Anche Ron di fianco a lei aveva il fiatone, ma sembrava meno provato.

 

“Quanti… metri… circa?”

 

Hermione prese un gran respiro per poter rispondere. “Ricopre… un bel po’… del perimetro… del parlamento… direi… almeno… un kilometro…”

 

Ron si accigliò. “Questa è il lato più lungo, vero Hermione?”

 

Hermione rimase molto colpita: Ron dimostrava dei nervi saldi che mai si sarebbe aspettata da lui. “Sì, a occhio sembra così, il lato corto è circa un terzo di quello lungo.” Disse Hermione, fissando la folta siepe davanti a sé.

 

Ron alzò lo sguardo deciso. “Entriamo, allora.”

 

“No! Ron ti prego abbi la pazienza di aspettare qualche minuto!”

 

Il ragazzo si voltò accigliato verso Hermione, assottigliando gli occhi irritato dal comportamento tentennante di lei. “Non è il caso di essere prudenti adesso, Hermione! Qui siamo in guerra!”

 

Lei gli rimandò l’occhiata truce con una ancora più scottante. “Lo so, Ron, per Merlino! Ci sono passata anch’io in mezzo a tutti quei corpi!”

 

Ron si irrigidì e la stessa Hermione sentì i muscoli tendersi mentre ricordava il caotico scontro in mezzo alla folla ‘bestiale’ in cui bastava un solo attimo di esitazione per rischiare la morte, che si esibiva in una danza macabra ai loro piedi e davanti ai loro occhi.

 

Hermione… dobbiamo salvare Harry.” Ron spezzò la tensione, ed Hermione si ritrovò stancamente ad annuire.

 

“Ok, andiamo. Ma lasciami soltanto verificare una cosa…”

 

Hermione allungò un braccio verso una stretta apertura del labirinto, tra del folto fogliame intricato. Una bacchetta spuntò dalla fessura e le si conficcò tra le costole.

 

Sentì Ron gemere di sorpresa quando una robusta fattura lo scaraventò lontano da lei.

 

Il fogliame si disperse e le fu visibile il volto folle di Bellatrix Lestrange.

 

“Bene, ecco la Mezzosangue amica di Potter, pronta per morire?”

 

La spinse a terra con un colpo violentissimo e le punto la bacchetta alla fronte.

 

Gli occhi nocciola di Hermione si dilatarono.

 

‘Sono morta?’

 

*

 

La bacchetta di Voldemort si levò verso i due Mangiamorte. “Prima questi traditori, poi tu, Harry.”

 

A Draco sfuggì un grido disperato: “Aspetti!”

 

Voldemort sghignazzò, più divertito che oltraggiato. “Sì, Draco?”

 

Draco sperò solo che la sua voce non tremasse. “Io… io ho un’informazione.” I suoi occhi grigi scivolarono fulminei verso Samantha, ma in un attimo tornarono a fissare, titubanti, la figura di Lord Voldemort “Un’informazione davvero importante: ci sono dei traditori, molti traditori tra i Mangiamorte.”

 

Samantha fece un movimento improvviso, ma così lieve che probabilmente solo Draco se ne accorse.

 

Le labbra di Voldemort si piegarono in una smorfia, ma la sua bacchetta non attaccò. “Non prenderti gioco di me, Draco; posso fare qualcosa di peggio che ucciderti.”

 

“Mio Signore!” strillò Draco atterrito, i suoi occhi tremavano tanto da impedirgli di mettere a fuoco. “Davvero, è la verità! E’ una specie di complotto, sono in molti che complottano alle sue spalle!”

 

Questa volta l’Oscuro Signore non si scompose. A Draco sembrò che stesse allentando la presa sulla bacchetta. Lo sperò infinitamente: non voleva morire; a qualunque costo sarebbe rimasto in vita, anche se…

 

Samantha al suo fianco lo squadrava con occhi di fiamma, gli stessi che aveva prima di infliggere il colpo di grazia alle sue vittime. Si mordeva il labbro inferiore, tentando di trattenere parole urgenti e velenose. E fissandola a sua volta, Draco fu quasi certo di cogliere i suoi pensieri…

 

Non lo fare, non osare… altrimenti io…

 

L’attenzione di Draco fu catturata dal sibilo dell’Oscuro Signore, quasi imbarazzato ma anche tremendamente iroso.

 

“E allora, Draco, avresti delle prove?”

 

Draco ricominciò a tremare e il singulto d’avvertimento di Samantha non lo aiutò a regolarizzare il respiro. “No, ma… glielo posso assicurare… posso dirle i nomi…”

 

Draco sentì uno schiocco, come di legno spezzato. Era stata Samantha, tra le sue mani riposavano i resti della sua bacchetta.

 

Draco frugò sotto il mantello ma non riuscì a trovare la sua bacchetta. Tornò a fissare Samantha.

 

‘Mi ha disarmato, non ho più una bacchetta… non vorrà forse…?’

 

Samantha lasciò scivolare a terra i resti della bacchetta di Draco. E lei prese a fissarlo con due occhi incredibilmente mortiferi.

 

“Sta farneticando” disse lei con incredibile calma “Inoltre” aggiunse con tono fatale e un sogghigno sulle labbra “… è lui il traditore: ha ucciso il Mangiamorte Hernan Cortess.”

 

Draco sobbalzò ancora. Il suo sguardo atterrito si indurì in un’espressione di rabbia.

 

‘L’ho fatto per te, dannata ingrata, dannata ingrata…’

 

Voldemort fissò attentamente Samantha fronteggiare senza timore il suo sguardo serpentino. Si espose completamente al più grande Legilimens del mondo, ma per lei non era un problema perché, come sapeva bene Draco, gli Occlumanti avevano degli occhi davvero speciali.

 

L’Oscuro Signore non perse tempo a leggerle la mente: se un Mangiamorte aveva l’ardire di esporsi spontaneamente al giudizio dei suoi occhi di Legilimens, allora meritava piena fiducia.

 

“Ti credo, Samantha. Quindi dovrò giustiziare un solo traditore” i suoi occhi si strinsero su Draco “Ma non sperare di scampare alla punizione, Samantha, potrai conservare la vita ma subirai il mio Cruciatus per esserti rifiutata di partecipare a questa cruciale battaglia.”

 

Samantha si inchinò profondamente. “Lo comprendo, mio Signore.”

 

Draco prese un’altra boccata d’aria, socchiudendo gli occhi, appesantiti da una sinistra sensazione di torpore: resa?

 

‘Non è possibile, non è possibile… non voglio morire, non voglio morire…’

 

“E’ lei! E’ Samantha la traditrice!”

 

Draco disperse il poco fiato che aveva in gola in un urlo miserabile e folle. Di nuovo il paesaggio divenne traballante mentre i suoi occhi di ghiaccio di riempivano di lacrime di rabbia.

 

‘Non voglio morire, dannazione!’

 

Voldemort rimase impassibile. Levò la bacchetta verso Draco.

 

“Mio Signore!” gridò Samantha con una strana voce. Draco si voltò verso di lei e vide che gli puntava contro la bacchetta.

 

Samantha ricambiò lo sguardo e Draco vide un guizzo, era flebile ma riuscì a capire cosa fosse: vuoi uccidermi tu?

 

‘Anche se stavo per denunciarti, non puoi farlo, non puoi. Perché sono sicuro che tu mi ami.

 

“Mio Signore!” seguitò Samantha con una voce talmente euforica e squilibrata da ricordargli quella di zia Bellatrix. “Farò questo per dimostrarle tutta la mia fedeltà!”

 

Draco storse la bocca: forse tentava di fare un sogghigno divertito o forse una smorfia amareggiata.

 

‘Cosa sarebbe ‘questo’, Samantha? Ne saresti davvero capace? Arriveresti a tanto per proteggere il tuo segreto?... No, tu non puoi, perché io ti ho appena salvato la vita.

 

Samantha levò la bacchetta, puntandola al petto di Draco.

 

Lui sobbalzò e rimase immobile.

 

‘Ne avrai il coraggio?’

 

Quei suoi incredibili occhi bicolore lo fissavano: erano pietosi e malinconici quando gli mormorò piano: “Mi dispiace, Draco.”

 

‘Certo che sì: tu sei una vera Mangiamorte.’

 

Per Draco non fu una sorpresa, attendeva da tempo quel momento; però sentì comunque uno strappo al cuore quando vide la bacchetta della Mangiamorte accendersi di verde.

 

*

 

Narcissa riconobbe in un urlo screziato e folle la voce della sorella.

 

Bellatrix!” strillò volteggiando la bacchetta e abbattendo un altro nemico, un Auror.

 

Bellatrix…” un singhiozzo riuscì a sfuggirle dal groppo che aveva in gola. “Sorella, dov’è mio figlio?”

 

Bellatrix continuava a strillare verso i due fuggiaschi, l’amico di Potter e la Mezzosangue, i suoi occhi nero pece da vera Black iniettati di truce vendetta non avevano altro obiettivo che la morte. Non aveva tempo per le suppliche della sorella minore.

 

Narcissa smise di ascoltare la battaglia, la mano le cadde inerme lungo un fianco, completamente indifesa e vulnerabile ad un qualsiasi attacco.

 

“Mio… mio figlio?”

 

Avvertì dei passi alle spalle che le puntavano contro, ma non le importava nulla, stava ancora attendendo la risposta. Poi sentì un tonfo e un corpo morte che piombava al suolo.

 

Si voltò ed incontrò gli occhi impietosi del marito, il cadavere di un giovane Eclitto era steso ai suoi piedi come il trofeo di una spietata caccia.

 

“Stupida donna” le sibilò “Se non presti attenzione alla battaglia finirai per farti uccidere.”

 

Narcissa socchiuse gli occhi: aveva forse percepito un filo di preoccupazione? Ma anche questo non le importava; tutto quello che contava davvero in quel momento era…

 

Lucius, dov’è?” quasi lo implorò con voce miserevole “Dov’è Draco? Dov’è nostro figlio!?”

 

Una luce violacea si accese alle sue spalle. Il cuore le salì in gola.

 

Era la bacchetta di sua sorella: si era illuminata a mezz’aria, quasi calata sul corpo prostrato della Mezzosangue. Bellatrix era immobile e fissava a bocca aperta la bacchetta che le tremava in mano. Un raggio nero partì, tagliando la nebbia e insinuandosi nel labirinto.

 

Narcissa gridò con tutte le sue forze, disperata mentre si lasciava cadere a terra con un singhiozzo atroce e le unghie conficcate nei capelli.

 

Lucius sospirò al suo fianco. ‘Che siginifica?’

 

“Quello è il raggio mortale di un Voto Infranto.”

 

E tra l’orrore di quella rivelazione, Narcissa udì lo strillo di sua sorella. “Piton ha infranto il voto!”

 

[Forse posso… aiutare Draco.]

[Severus… oh, Severus… lo aiuterai? Lo proteggerai, lo difenderai?]

[Posso provare.]

 

*

 

Moddy raggiunse una delle estremità aperte del labirinto con uno sbuffo di stanchezza. Affannarsi nel gelo opprimente di quella nottata di fuoco era incredibilmente spossante, anche per un veterano combattente come lui.

 

Poggiò il bastone per sostenersi su un fianco; la gamba destra penzolava, parzialmente rotta. Prima di morire per mano sua un Mangiamorte gli aveva fatto la cortesia di schiantargli la gamba ancora buona. Ora tutto il suo peso si reggeva sulla protesi di ferro, anche quella ridotta allo stremo dalle intemperie climatiche e dagli eccessivi sforzi.

 

Moody strinse l’occhio ancora umano. ‘Ora i miei movimenti sono molto limitati. Devo stare attento; se qualcuno mi coglie impreparato sarà la fine per me: vigilanza costante!’

 

Avada Kedavra!”

 

Moody sbarrò gli occhi mentre la nebbia di quel settore si illuminava di verde. Il corpo morto di un Auror venne scaraventato oltre i confini del labirinto, rispedito fuori.

 

Moody sbatté il bastone a terra creando una cortina evanescente per camuffarsi nella nebbia.

 

‘A quanto pare non sono l’unico che ha tentato di oltrepassare il labirinto. Riposa in pace, soldato.’

 

Moody chinò il capo verso il cadavere del giovane Auror e scorse oltre il primo muro del labirinto, ringhiando contro l’assassino.

 

Un robusto Mangiamorte dagli occhi incredibilmente viola uscì dal perimetro incantato seguito da un compagno più vecchio e allampanato e dall’aria servile. Si accostò al corpo dell’Auror e lo spintonò con un piede.

 

“Morto. Peccato, sarebbe stato più divertente farlo soffrire col Cruciatus. Sai, Nott, la mia specialità è la tortura.”

 

“Lo so Doppio Dolore, signore” ribatté il Mangiamorte più vecchio con un sibilo ostile “Il suo talento nella tortura le ha valso senza dubbio la nomina a comandante.”

 

“Non leccare con quelle false adulazioni, Nott” sogghignò Doppio Dolore “So perfettamente ciò che hai in testa.”

 

“Io, invece, non ho la minima idea di quello che avete in testa, Doppio Dolore” attaccò Nott con un tono minaccioso.

 

Dalla sua posizione Moody lo vide rilassare le spalle e prendere una profonda boccata d’aria con un’inequivocabile espressione sul volto scarno e anziano: stava per ricattare l’altro Mangiamorte, quello dagli occhi viola e strafottenti che si faceva chiamare Doppio Dolore.

 

“Sono un amico di vecchia data del Signore Oscuro; abbiamo sostenuto la Casata di Serpeverde durante gli stessi anni di scuola. Ma fu una cosa ad avvicinarsi: il nostro comune ed eccezionale talento nella Legilimanzia. Il mio era un vero talento, ma l’Oscuro Signore eccelleva in tutto ed oltre ad essere uno dei più esperti Legilimens del mondo magico era anche un combattente, un pozionista e un mago di prima categoria.”

 

L’occhio incantato di Moody si spostò su Doppio Dolore. Il veterano dell’Ordine era bravo a percepire variazioni e repentini turbamenti d’animo grazie alla sua vista speciale: il Mangiamorte dagli occhi viola era in preda ad un chiaro momento di difficoltà; le parole del vecchio compagno l’avevano scosso.

 

“Quindi, mi chiedo” proseguì Nott con un sogghigno, scorgendo l’espressione preoccupata sul volto di Doppio Dolore “Per quale motivo non riesco a leggerti nella mente? Anche ora che sei completamente vulnerabile e mi fissi negli occhi; come posso non riuscirci? Io che sono uno dei più abili Legilimens, quasi alla pari del nostro Signore?”

 

La voce di Nott sfumò nel silenzio. Doppio Dolore teneva le labbra serrate, non riuscendo a formulare alcuna replica, ma il suo volto era tornato superbo ed impassibile; Moody pensò di scorgervi un guizzo omicida.

 

“La spiegazione è una sola, Doppio Dolore: sei un Occlumante, un vero Occlumante” dichiarò Nott con tono fatale e volutamente calcato, aspettando avidamente una reazione sconquassata e implorante dal collega più giovane e superbo. “Allora, Doppio Dolore, comandante dei Mangiamorte, cosa ne dite della mia teoria? E’ abbastanza valida da essere esposta al nostro Potente Signore?”

 

Moody vide le dita di Nott afferrare la bacchetta dietro la schiena. Evidentemente sapeva che ricattando un uomo che aveva la fama di spietato torturatore, avrebbe rischiato di venire aggredito, se non ucciso.

 

Anche Doppio Dolore afferrò la sua bacchetta. Moody percepì sentore di morte e ora fu certo del guizzo omicida negli occhi viola di Darcy Donovan.

 

“Astuto, Nott, per essere un vecchio” sibilò lui “Ma non ti pare che la tua argomentazione sia un po’ debole?”

 

“Perché dovrebbe?” borbottò Nott “Ho tutte le prove che mi occorrono, prima fra tutte i tuoi occhi: quel colore incredibile, viola intenso. La prima indicazione per riconoscere un Occlumante è il colore incredibile degli occhi.”

 

Doppio Dolore sogghignò mentre le sue dita si intrecciavano saldamente lungo la bacchetta nascosta agli occhi di Nott. “Grazie del complimento.”

 

Nott mugugnò qualcosa, ovviamente indignato; anche la sua presa sulla bacchetta si fece più insistente. “L’Oscuro Signore sarà proprio felice, Doppio Dolore: un Occlumante tra i suoi servitori. Sembra quasi fatto apposta, non credi? Voglio dire, l’Oscuro Signore è notoriamente il più abile dei Legilimes ed è strano che tra i suoi servitori ve ne sia uno capace di scongiurare totalmente il suo potere più tremendo: leggere nella mente… magari per scovarvi qualche segreto… e il fatto che sia tu poi, un uomo dalle origini misteriose, arruolato all’improvviso, senza alcuna vocazione di servitù, senza rispetto nei confronti del nostro Potente Signore… sai, si potrebbe pensare che tu sia un traditore… o una spia!”

 

Moody era quasi certo che le ultime parole di Nott furono quelle: o una spia! La sua aperta condanna si era persa in un rantolo di dolore struggente quando l’improvviso incantesimo di Doppio Dolore lo aveva raggiunto e gli aveva aperto il petto in due.

 

Moody strinse forte il bastone mentre analizzava col suo occhio magico i risultati di quel tremendo anatema: il vecchio Mangiamorte era così lacerato da sembrare più una poltiglia di carne da macello che i resti di un essere umano.

 

Poi giunse il sogghigno infido di Doppio Dolore. “Ecco la fine che meriti. Nessuno può osare dare della spia a dei validi mercenari come noi. Comunque ti faccio i miei complimenti, eri quasi giunto a svelare il Nostro Segreto. Per proteggere quel Segreto noi siamo disposti a tutto e ora devo fare piazza pulita… anche tu, vecchio nascosto.”

 

Moody lo vide girarsi esattamente nella sua direzione. I suoi mortiferi occhi viola erano puntati alla perfezione contro di lui e così la sua bacchetta. Fu più rapido di un fulmine; di questo Moody gliene diede atto. Forse anche se non avesse avuto una gamba fuori uso e i riflessi rallentati dalla poca visuale che gli dava la nebbia, non sarebbe riuscito ad evitare quel colpo micidiale.

 

Si sentì ribaltare indietro con la forza doppia di un normale schiantesimo. Ma la sensazione peggiore fu il sentirsi svuotato delle sue stesse viscere. L’occhio magico guizzò disperatamente verso il suolo dove era riversata una quantità incredibile di sangue, del suo sangue. Seppe di essere spacciato ancora prima di toccare il duro asfalto e perdere completamente i sensi.

 

Il corpo era quasi del tutto insensibile, ma l’occhio magico riuscì a catturare il suo ultimo ricordo. Vide solo la bacchetta di Bellatrix Lestrange che si accendeva di nero e saettava un anatema viola; la giovane Hermione Grangere era stesa ai suoi piedi. Moody pregò con le sue ultime forze che quella cara ragazza si salvasse.

 

Doppio Dolore riversò il corpo macerato di Malocchio Moody con un gran ghigno. “Lo dicevo anche a Nott: per preservare il Nostro Segreto noi dell’I.M.M.U.N.D.O. siamo pronti a fare qualsiasi cosa, anche uccidere il nostro più fedele compagno.”

 

*^*^*^*^*

 

 [Severus, vuoi tu vegliare su mio figlio Draco…

… vuoi tu, al massimo delle tue capacità, proteggerlo da ogni pericolo?]

[Lo voglio.]

 

[Voto Infranto]

 

Era caduto a terra. Il lampo verde si stava estinguendo. La sua vita si era estinta.

 

Samantha si chinò su di lui e gli chiuse gli occhi: freddi e grigi, più gelidi del solito, agghiacciati dalla morte.

 

Severus lo vide, il suo preferito, il suo superbo studente che amava tormentare Potter quasi quanto lui… morto.

 

Le lacrime sul volto della madre di Draco furono il suo primo pensiero. Non avrebbe mai sopportato la vista del suo adorato figlio così, rigido e freddo in una morte violenta. Sarebbe impazzita come la sorella Bellatrix.

 

Lui, Narcissa e Bellatrix… Gli rievocarono un altro ricordo: un Voto solenne, Infrangibile… ormai era a pezzi. La felicità di Narcissa, la vita di Draco erano state riposte tra le sue mani e l’ultima gli era sfuggita per un accidenti, per colpa di un imprevisto, un’assassina che Severus mai avrebbe creduto diventasse l’assassina di Draco.

 

E con la vita di Draco se ne andava la felicità di Narcissa… e anche la sua vita, la vita di Severus: il Voto era Infranto e la pena era la morte.

 

Severus chiuse gli occhi nero pece, ma prima si soffermò sul viso di Potter… forse anche la vita del Prescelto sarebbe stata sacrificata quel giorno… ma non gli importava… gli bastavano i suoi occhi: occhi verde vivo, occhi di un amore lontano.

 

Harry sfuggì quello sguardo insistente e malinconico e ritornò sul corpo immobile di Malfoy. Sette anni di acerrima inimicizia era tutto ciò che li legava, che li aveva legati. Ma la pietà era concessa per lui ed Harry sapeva il perché: un destino di morte infelice, la Maledizione dei Black.

 

Da Narcissa Black era arrivata fino a lui, l’ultimo discendente di sangue puro di quella Nobilissima e Antichissima Casata. Lui, come Sirius e Regulus: ucciso dalla persona che più amava. Era plausibile allora che quella Mangiamorte dagli occhi bicolore gli avesse tolto la vita come voleva la Maledizione dei Black.

 

La persona che più amava…

 

Samantha si staccò dal corpo di Draco, in mano ancora la bacchetta, calda per l’assassinio. La nascose tra le pieghe del mantello da Mangiamorte, stringendosi le vesti con forza: voleva proteggere la bacchetta, almeno la bacchetta la voleva proteggere.

 

E mentre Lord Voldemort ghignava la sua soddisfazione, Severus Piton attendeva la morte. Ed Harry attendeva la vittoria.

 

*

 

Il raggio nero oltrepassò il labirinto, insinuandosi tra i complicati corridoi, lasciandosi alle spalle una striscia violacea che marchiava la nebbia. Esattamente un minuto dopo la morte di Draco, dopo che il Voto fu infranto, colpì l’infame traditore: Severus Piton.

 

L’incantesimo perforò persino la barriera indistruttibile perché era implacabile nella sua punizione; neanche l’incanto di protezione di Lord Voldemort riuscì a fermarlo. Severus lo attese a braccia aperte e crollò al suolo, trascinando con sé l’immortalità dell’Oscuro Signore.

 

L’eco della caduta di Severus Piton si esaurì e gli occhi di Voldemort riconobbero l’incantesimo.

 

“NO! Maledetto Severus! Non potevi stringere un Voto Infrangibile senza il mio permesso!”

 

Mentre ancora gridava scongiuri contro il recente morto si accasciò a terra e tremò, sudando sangue.

 

Harry osservò con occhi avidi il sangue viscoso di Voldemort che colava: è la fine?

 

Piton giaceva morto tra i resti luminescenti della barriera magica.

 

(“Non ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)

 

La più grande debolezza di Lord Voldemort è Severus Piton, l’unico legame che ha con il regno dei mortali.

 

La morte di Severus Piton è la morte di Lord Voldemort.

 

‘E’ la fine?’

 

Harry cominciò a tremare quasi quanto Voldemort, ma lui era infervorato da quella vittoria quasi fulminea, così fantastica da non sembrare plausibile.

 

Non aveva inferto lui il colpo di grazia a Voldemort, ancora non aveva provato il senso di soddisfazione nello sporcarsi le mani del suo sangue. Ma ora quel sangue lo vedeva colare dal suo stesso corpo e ne era felice. Mai avrebbe creduto di rimanere così talmente affascinato da uno spettacolo misero quanto la lenta morte di un essere vivente. Ma quella era la guerra.

 

I suoi occhi erano ancora catturati dal viso sofferente di Voldemort. Ma l’Oscuro Signore riuscì a sorridere e il sangue di Harry si gelò.

 

“Mi dispiace, Harry, ma non mi puoi sconfiggere. E’ impossibile! Il mio destino è la vittoria! Così diceva il Profeta: una sicura vittoria oscura! Tu morirai prima di me, Harry Potter, così è scritto nel futuro quindi…” si piegò in due, colto da una fitta di dolore e più sangue trasudato prese a scorrergli sulla pelle biancastra “… ci vorrà del tempo prima che il mio corpo cominci a marcire… e prima… prima che ciò accada io… io ti ucciderò Harry Potter!”

 

La mano di Harry annaspò tra le pieghe del mantello ma non trovò la bacchetta. Giaceva ai piedi di Voldemort a pezzi: era disarmato.

 

Ma l’Oscuro Signore stringeva la gemella della sua bacchetta distrutta.

 

Harry strinse gli occhi.

 

‘Non è vero, non posso morire adesso. Non mi arrendo alla profezia!’

 

Avada Kedavra!”

 

Harry udì l’urlo che si era aspettato e si buttò a capofitto da un lato. Ringraziò suo padre e i fulminei riflessi che aveva ereditato da lui. Il raggio verde lo aveva mancato: forse lui lo aveva schivato o forse Voldemort stava per giungere al limite.

 

E lui era ancora vivo. Poteva ancora sperare di sopravvivere alla guerra.

 

Voldemort emise un ringhio, un misto di frustrazione e dolore: “Il prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter. Non mi sfuggirai: io te lo giuro!”

 

*^*^*^*^*

 [Contro il Nero

La Magia di Bellatrix Lestrange]

 

 

Seguivano la scia dell’Anatema da un certo lazzo di tempo, ormai, ma non sembravano ancora vicini al presunto luogo della battaglia – probabilmente già iniziata – tra Harry e Voldemort.

 

Hermione aveva ancora le tempie pulsanti dal terrore: la certezza assoluta di essere morta con la bacchetta assassina della folle Bellatrix Lestrange puntata sulla fronte. Ma alla fine tutto si era bloccato e il colpo si era trascinato nel labirinto, costringendo Bellatrix a cedere la presa su di lei e a permetterle di fuggire nel labirinto con Ron.

 

La stessa scia di quell’Anatema li avrebbe condotti da Harry.

 

Procedevano correndo, e quando non ce la facevano più, a passo spedito.

 

Ron tentava di non eccedere in velocità, preoccupato che Hermione non potesse sostenere il suo ritmo, ma la ragazza sembrava stringere i denti e molte volte era lei che andava davanti e gli faceva capire senza parlare che avrebbe resistito; e Ron, ogni qualvolta lo faceva, reprimeva a stento un sorrisetto.

 

Però adesso Hermione ansimava un po’ troppo e si teneva la mano sul costato, un chiaro segno di cedimento.

 

Hermione… fermiamoci due minuti per riprendere fiato.”

 

“Ma…” annaspò lei a malapena, strozzata dal suo stesso fiato.

 

Ron alzò le sopracciglia. “Sei uno straccio, così non sei d’aiuto.” Costatò, maledicendo se stesso quando vide un lampo di sofferenza negli occhi di Hermione. Stupido.

 

“Non intendevo… Hermione, tu sei d’aiuto! Ma non in queste condizioni!” si affrettò a spiegare. Hermione annuì stancamente e si passò una mano sul viso.

 

“D’accordo.” Dovette fare una pausa, ostacolata dal fiatone. “Mettiamoci… in quel… angolo.”

 

“Va bene.”

 

Hermione si lasciò finalmente andare addosso alla siepe, il collo disteso verso l’alto e il fiato che si stava pian piano calmando.

 

Ron, intanto, osservava intorno a sé la situazione, accertando l’assenza di Mangiamorte, sapendo bene che ve n’era qualcuno all’interno del Labirinto, dato che ne avevano sconfitti già due.

 

“Non hai la sensazione di girare a vuoto?” le chiese sospettoso. In effetti era da parecchio tempo che correvano, ormai.

 

Hermione scosse la testa, facendosi aria con una mano.

 

“L’incantesimo non può non funzionare Ron. A meno che…”

 

A quel ‘a meno che’ Ron sussultò. “Cosa Hermione?!”

 

Lei osservò la polvere azzurrina metri più in su. “Niente. Questa è la scia dell’incantesimo involontario di Bellatrix Lestrange… credo sia l’Anatema finale di un Voto Infrangibile… credo… ma se è davvero così, sapendo ciò che ci ha detto Harry riguardo a Piton e al voto che ha stretto con la madre di Malfoy…”

 

“Allora è per Piton quell’Anatema? Ha infranto il Voto Infrangibile” concluse Ron per lei.

 

“Esatto” confermò Hermione con un sospiro “Questa scia ci porterà da Piton, il servo più fedele di Vold… di Colui-che-non-deve-essere-nominato… sarà al suo fianco e sarà là che troveremo Harry.”

 

“Lo spero, anche se in realtà…” Si lasciò sfuggire Ron, passandosi una mano sul viso, frustrato. Harry, il suo migliore amico, contro il più terribile mago di tutti i tempi: sperava solo che fosse ancora vivo.

 

“E ora?”

 

Hermione analizzò in fretta. “Beh… credo sia meglio segnare ogni angolo con un incantesimo, in modo da ricordarci dove siamo passati e dove no. E poi… e poi bisogna seguire l’istinto, Ron.”

 

Lui sospirò, afflitto. “Ok. Ti sei ripresa?”

 

Hermione asserì annuendo. “Possiamo andare.”

 

“Bene.” L’aiutò ad alzarsi e raggiunsero il primo bivio. Ron si grattò il mento. “Uhm, destra o sinistra?” domandò a se stesso.

 

Ma non gli giunse la risatina leggera di Hermione, né un suo rimprovero, bensì una flessuosa e bassa voce di donna.

 

“Da nessuna parte. Crucio!

 

Prima che potesse intendere quel che accadeva, un raggio rosso colpì Hermione facendola cadere a terra e contorcere spasmodicamente.

 

“HERMIONE!”

 

Ron alzò gli occhi infuocati contro l’aggressore e dovette sforzarsi di non aprire la bocca. Aveva già visto quella donna a Grimmauld Place, nell’arazzo di famiglia dei Black, nelle foto della Gazzetta del Profeta e nella Sala Misteri: davanti a lui sogghignava Bellatrix Lestrange, alta e resa ancora più magra dal vestito nero stracciato in qualche punto e dai capelli nero pece scomposti che le ricadevano sulle spalle, donandole un’aria pericolosa.

 

“Prima la Mezzosangue e poi il Traditore, o il contrario?” cinguettò come se fosse una filastrocca, ridendo.

 

Hermione!

 

Ron strinse gli occhi. “Non le farai del male.”

 

Bellatrix sorrise sinistramente. “Crucio!” cantilenò e il raggio rosso colpì ancora Hermione e il suo grido rimbombò nelle orecchie di Ron, stringendogli il petto e mandandogli il sangue al cervello.

 

“TU!” Pieno di rabbia, si avventò sulla Mangiamorte che schivò il pugno teso.

 

Il volto di Bellatrix rimase beffardo e canzonatorio. “Il traditore vuole raggiungere la sua bella principessa? Il traditore pensa di sconfiggermi senza bacchetta, alla babbana? Che squallore! Crucio.”

 

Ron sentì il colpo centrarlo in pieno e le viscere attorcigliarsi spiacevolmente. Cercò invano di contenere un grido, ma era come se gli stessero infilando una lama nella carne pulsante, tanta era la ferocia di quel Cruciatus, niente che avesse mai sperimentato prima.

 

“Merlino…” riuscì a emettere in un sussurro quando tutto fu finito, tenendosi il ventre con un braccio, caduto a terra.

 

Bellatrix continuava a ridere, girando su se stessa, come una baccante.

 

“Il Signore Oscuro sarebbe così felice nel vedere quel che sto combinando agli amichetti di Potter!” squittì deliziata, lanciandogli un altro Cruciatus. L’urlo di Ron riecheggiò nel labirinto come un eco di dolore.

 

“Ma non vi preoccupate” li rassicurò con voce zuccherina “Non vivrete abbastanza per poter vedere la morte del vostro amico… vi ucciderò prima!” esalò, avvelenata, alzando la bacchetta verso Ron.

 

“RON!”

 

La risata stridula si interruppe quando la bacchetta di Bellatrix le balzò via dalla mano, grazie ad un incantesimo di Hermione.

 

La strega assottigliò gli occhi, come un felino che guardava il topo.

 

Stupida Mezzosangue.” Sibilò con disprezzo, e in un attimo si portò accanto ad Hermione e la schiaffeggiò con ferocia, facendola cadere a terra con un gemito.

 

“HERMIONE!” gridò Ron, disperato, alzando la bacchetta. “Stupefacium!

 

Protego.Bellatrix aveva preso la bacchetta di Hermione, e l’aveva usata per difendersi.

 

“Cosa volete fare, voi piccoli mocciosi? Non vedete che ormai è giunto il regno del Signore Oscuro?! Non potete nulla contro di me. Crucio.”

 

Ancora quella lama tra le viscere!

 

Ron credeva di impazzire per il dolore, e, quando cominciò a diminuire, sentì qualcosa di appuntito perforargli il muscolo destro del braccio, causando un nuovo grido addolorato.

 

Sentiva i singhiozzi impotenti di Hermione e con la vista annebbiata dalle lacrime, la vide sopra di sé tenuta per il polso da una Bellatrix che pareva tutto fuorché col senno.

 

I suoi occhi si spostarono sul braccio, e questo movimento gli causò una fitta che partiva dal muscolo lacerato: gli alti tacchi che portava la Mangiamorte gli stavano perforando il braccio.

 

Gli occhi di Bellatrix brillavano.

 

“Oh, ecco, grida traditore. È il regalo più nobile per il Signore Oscuro.”

 

Commentava pazzamente Bellatrix, mentre Hermione piangeva, tentando di liberarsi da lei. Scocciata, Bellatrix le diede uno spintone, facendola cadere a terra, e sfilò con lentezza il tacco dalla carne viva di Ron; tutto intorno alla ferita, vi era sangue, e il Weasley si ritrovò a gridare più forte che poteva, tenendosi il braccio e rotolando per terra.

 

Hermione singhiozzò il suo nome e fece per andare da lui, ma Bellatrix, sorridendo con crudeltà, sibilò un Cruciatus che la colpì talmente forte da farle perdere i sensi.

 

Bellatrix rise nuovamente, pazzamente soddisfatta.

 

“E ora vi uccido.”

 

Dovette però abbassare la bacchetta, accorgendosi che qualcosa non andava. Alzando gli occhi, la nebbiolina magica che proteggeva il labirinto era scomparsa.

 

Ci fu un urlo: il grido straziato di Lord Voldemort.

 

Gli occhi di Bellatrix si dilatarono, spaventati.

 

“Il Signore Oscuro! Ha bisogno di me!”

 

Infervorata, corse via, lasciando in vita Hermione e Ron.

 

*^*^*^*^*

[La corsa tormentata di Ginny

Harry e Han]

 

 

Ginny correva tra le alte siepi del labirinto, il viso graffiato e una spalla che le pulsava per via di una colluttazione nella battaglia.

 

L’aria che entrava nei polmoni le bruciava la gola, troppo a lungo tenuta aperta per respirare più ossigeno possibile, e il fianco le doleva per il troppo correre.

 

Ma non poteva fermarsi, ora che era riuscita per una fortunata coincidenza ad entrare nel Labirinto: per una volta, i Mangiamorte si erano rivelati utili per toglierla dall’impiccio di pensare lei ad un modo per entrare.

 

Sentiva boati e qualche volta vedeva scintille in lontananza sopra le siepi. Voltando l’angolo vide perfino un paio di cadaveri a terra e non poté reprimere un brivido, nonostante ne avesse visti ormai tanti. Ma prima nel tumulto della battaglia non aveva avuto il tempo di rimanere a fissarli e di metabolizzare la cosa, mentre adesso, senza la pressione di qualcuno che la inseguiva per ucciderla, tutto le pareva così reale.

 

Cercò di non pensarci e riprese a correre, seguendo la luce della bacchetta che le indicava la strada per giungere da Harry.

 

Harry, sempre lui.

 

Dannazione, non era riuscita a non pensarci, a non aver paura di incontrare in quel labirinto il suo cadavere steso a terra, senza vita, accanto ad un sogghignante Tom Riddle, non quello del diario, ma Voldemort, con piccoli occhi rossi e il viso ormai più serpentino che umano.

 

E Han, Ginny? A lui non pensi?

 

Ginny trattenne un brivido, e il volto di Harry si sovrappose a quello di Han: uno che abbozzava un sorriso impacciato, il secondo le sorrideva in quel modo pacato e insieme perverso.

 

Han non è cattivo, si disse Ginny. È solo fatto a modo suo. Mi vuole bene e mi piace.

 

Continuò a ripetersi questo, anche se sapeva che stava correndo da Harry, come un mantra, per ricordarle che dopo la guerra ci sarebbe stato solo Han, e non Harry.

 

Solo Han. Niente Harry. Solo Han.

 

Non poté impedirsi di venire soffocata da quell’idea, mentre si rendeva vagamente conto che il pensiero di Han le era entrato in testa e non riusciva più a liberarsene.

 

Cominciava già ad essere la sua bambola di porcellana.

 

*^*^*^*^*

Il Grido di una Madre

Il borbottio dei Mangiamorte

Il Ringhio dell’Oscuro Signore

 

 

“Il prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter: sei morto!”

 

Un tuffo al cuore e Ginny seppe di avere il coraggio di affrontare il più Grande Mago Oscuro di tutti i tempi per lui.

 

“NOO!”

 

Gridò con tutte le sue forze e una disperazione violenta che spinse il suo incantesimo alla massima potenza contro Voldemort.

 

L’Oscuro Signore si sollevò da terra, schiantato dalla forza di quell’anatema inaspettato quanto l’urlo insolente della ragazzina Weasley che un tempo aveva stregato col suo diario, che un tempo si era piegata al suo controllo, che un tempo era debole… un tempo…

 

Voldemort riuscì comunque a mantenere la stretta sulla propria bacchetta e, dissolvendosi a mezz’aria in un turbine nero, frenò la sua caduta. Fluttuava, sorretto dalle sue facoltà mentali, tuttavia fu costretto a ritornare al suolo da una violenta fitta al braccio sinistro: il suo corpo cominciava a cedere.

 

Ringhiò dal dolore e dall’umiliazione e per un attimo dimenticò Harry Potter e la sua vittoria oscura: la bacchetta tremante di collera era puntata contro Ginny.

 

“Come osi!”

 

Scagliò una fitta serie di anatemi mortali. Ginny fu rapida ed eresse degli scudi di protezione.

 

Il ringhiò di Voldemort si levò nell’aria e la pioggia incessante di maledizioni divenne più fitta e violenta. Lo scudo di Ginny si stava incrinando e il braccio che stringeva a tutta forza la bacchetta stava per cedere.

 

Harry si lasciò sfuggire un rantolo quando l’ennesimo raggio mortale sfiorò Ginny, minacciando di abbattere completamente le sue difese. Affondò le mani disperatamente nella tunica, ma non riuscì a trovare la bacchetta. I suoi occhi scivolarono sul suolo martoriato dai numerosi colpi d’incantesimo: tra i fossi e i frammenti del guscio luminoso distrutto riposavano i resti della sua bacchetta.

 

Gli giunse un grido soffocato di Ginny che aveva appena malamente subito il contraccolpo di un terribile Avada Kedavra. Il respiro gli si bloccò in gola.

 

‘Non deve morire, non deve morire… non di nuovo, non di nuovo… per colpa mia!’

 

Harry si guardò in torno con la frenesia di un ossesso, cercando disperatamente un’arma o qualsiasi cosa avrebbe potuto fermare Voldemort; se fosse stato necessario l’avrebbe anche fermato a mani nude.

 

Finalmente i suoi occhi incontrarono la figura cupa della Mangiamorte che aveva assassinato Malfoy. In un attimo le fu contro, le dita artigliate alla sua tunica nera.

 

“Dammi la tua bacchetta! Dammela subito!”

 

La Mangiamorte sembrò solo infastidita dal grido disperato di Harry. Distolse velocemente lo sguardo dal suo viso sconfortato e riprese a fissare con aria tramortita il corpo inerte di Malfoy.

 

Harry non si fermò continuando a strillare in faccia alla Mangiamorte, esasperato dalla sua indifferenza, ma due braccia robuste lo staccarono a forza e lo respinsero, buttandolo a terra con brutalità.

 

Si riprese dal duro colpo e fissò i due Mangiamorte, schierati davanti alla compagna come guardie del corpo; entrambi i loro sguardi minacciosi puntati contro Harry erano un chiaro monito d’avvertenza: se ci riprovi, sei morto.

 

Harry si rialzò incespicando, mentre ancora gli schianti degli anatemi di Voldemort e i gemiti di Ginny gli riempivano la testa. Diede una rapida occhiata alla situazione: lei ancora resisteva ai suoi attacchi ma stava per giungere al limite.

 

Si gettò a capofitto verso la sua ultima speranza. Si accasciò accanto al corpo di Piton e gli afferrò il polso della mano che stringeva la bacchetta: era ancora caldo. Harry sobbalzò, premendo due dita contro il polso e udendo distintamente i flebili battiti di un cuore debole.

 

‘E’ ancora vivo. Non è possibile.’

 

Ma un ennesimo strillo di Ginny gli fece dimenticare tutto il resto. Aprì il pugno di Piton e gli sfilò la bacchetta dalle dita. Strinse l’arma e si fiondò verso Voldemort .

 

Ancora si sentì venir meno dal terrore: lo scudo di Ginny aveva ceduto e l’Oscuro Signore sghignazzava a pieni polmoni. I resti dello scudo infranto vorticavano per l’aria come una fitta nebbiolina che gli ostruiva la visuale.

 

‘Dimmi che non è morta… non può, non può…’

 

Voldemort ghignò ancora e fu abbastanza per risvegliare la furia latente di Harry.

 

“Basta!!!”

 

Un potente schiantesimo colpì Voldemort alle spalle e gli fece inghiottire il ghigno e sputare saliva. Un ginocchio cedette, sbattendo contro il suolo; un altro tremito gli scosse il corpo mentre dalla sua bocca cominciò a colare sangue misto ad una sostanza oleosa e scura.

 

Appena vide Voldemort accasciarsi a terra, Harry rivolse tutta la sua attenzione al punto in cui i resti dello scudo si stavano dissolvendo. Ginny era ancora in piedi, malridotta e spaventata, ma ancora viva.

 

Harry provò l’impulso di correrle incontro, stringerla e proteggerla, ma gli sembrò quasi di non averne più il diritto: l’aveva lasciata e lei aveva smesso di aspettare il suo ritorno.

 

All’improvviso Ginny alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry con un’espressione dolorante.

 

“Harry!”

 

Gli sembrò di sentirla gridare: tutta la sua mente era concentrata sul viso sofferente di Ginny e gli parve, con uno strappo al cuore, che parte di quella sofferenza fosse anche colpa sua.

 

“Harry! Voldemort!”

 

Harry riconobbe troppo tardi un grido d’avvisaglia nelle parole di Ginny. Si voltò ed incontrò la punta della bacchetta di Voldemort, incollerito più che mai.

 

Harry si sentì completamente vulnerabile; stringeva ancora la bacchetta ma gli parve che levarla contro l’adirato Signore Oscuro fosse solo una mossa disperata. Ma Voldemort non attaccò e lui non osò certo interrompere quella snervante tregua.

 

“Mio Signore!”

 

Harry riconobbe lo strillo euforico di Bellatrix Lestrange e, infatti, la vide emergere dal labirinto, nell’esatto punto in cui era comparsa Ginny, seguita da un consistente plotone di Mangiamorte.

 

Harry seppe di essere sconfitto.

 

Voldemort ghignò ancora, mentre i suoi fedeli Mangiamorte formavano una compatta schiera oscura ai suoi lati: “Sei morto, Harry Potter.”

 

Il sogghigno dell’Oscuro Signore si fece ancora più minaccioso ma non colpì. Sembrò quasi voler assaporare quel momento. “Tutto ciò che hai fatto è inutile, Harry Potter. La sfida che mi hai lanciato non è altro che un’impresa senza senso, perché la vittoria è mia in ogni caso e anche tu questo lo sapevi: una sicura vittoria oscura. Io ti ucciderò e dopo di te – il suo sguardo maniacale si rivolse a Ginny, catturata da due Mangiamorte – moriranno i tuoi amici; tutto ciò che ami io lo distruggerò!”

 

Harry strinse la bacchetta e il suo viso acquistò più vigore. Senza saperlo, Voldemort aveva riacceso il suo spirito combattivo.

 

‘Ecco perché non posso lasciare che vinca, ecco perché lo devo sconfiggere: per proteggere le persone che amo.

 

Scorse Ginny, incastrata tra due possenti Mangiamorte che appariva così vile, disarmata e impotente.

 

‘Adesso basta, Voldemort sparirà oggi.’

 

“Anche la morte di Severus è stata inutile, Potter” imperversò Voldemort con uno sguardo disgustato al corpo del suo diletto Mangiamorte “Perché posso creare un nuovo suggello per i miei Horcruxes e sceglierò qualcuno molto più fedele di Severus Piton.”

 

Si voltò verso il manipolo di Mangiamorte che lo spalleggiava. I suoi occhi serpentini scorrevano sulle bianche ed impassibili maschere; ognuno fremeva al setaccio di quello sguardo vermiglio, ma già tutti conoscevano l’obiettivo dello scandaglio.

 

“Tu, Bella, sei tu la serva più devota.”

 

Bellatrix sembrò sciogliersi di estasi sotto quel sibilo; abbandonò il viso in un’espressione di pura gratificazione e magnificenza: “Mio Signore, mio Signore, grazie!”

 

“Che il rituale abbia inizio” sibilò l’Oscuro Signore facendo cenno a due corpulenti Mangiamorte di imprigionare Potter.

 

Harry scorse una disperata Narcissa Malfoy che tentava di osservare la scena oltre le sue spalle. Diede un colpo d’occhio al corpo immobile di Malfoy e alla Mangiamorte inginocchiata accanto a lui prima che due figure incappucciate lo afferrassero per le braccia, costringendo Harry ad allentare la presa sulla bacchetta di Piton.

 

Voldemort sibilò qualcosa e Bellatrix protese le sue mani tremanti dall’emozione; il viso lucido da lacrime di gioia.

 

L’Oscuro Signore poggiò le sue lunghe dita su quelle lattee di Bellatrix che fremette con un gemito estasiato. La cicatrice di Harry cominciò a bruciare; soffocò un urlo di dolore, sorretto dai due Mangiamorte che gli sigillavano le braccia.

 

Fu costretto a tenere gli occhi completamente serrati dalla tremenda fitta che minacciava di aprirgli la testa in due. Era tutto oscuro.

 

(Un sicura vittoria oscura.)

 

Terminato il rituale Voldemort avrebbe ripreso pieno controllo sul suo corpo e così, con un intero battaglione di Mangiamorte che lo spalleggiavano, senza bacchetta, lui, benché il Prescelto, non sarebbe mai riuscito a sconfiggerlo.

 

La cicatrice bruciava sempre di più e il rituale stava per concludersi: avvertì la vittoria che gli scorreva via dalle dita e un disgustoso sapore amaro di sconfitta, di resa e di sconforto… Ma la cosa più atroce fu il pensiero di Ginny intrappolata tra quei due Mangiamorte, ancora prigioniera dell’oscurità.

 

Ma uno strillo sconvolse tutto. Lo strillo di Bellatrix Lestrange.

 

Harry riaprì di colpo gli occhi: il dolore era scomparso. Il corpo di Bellatrix era steso a terra, immobile quanto quello di Piton e Malfoy: morto.

 

Il viso di Voldemort era una maschera di disperazione e meraviglia.

 

Un Mangiamorte della cerchia scattò all’improvviso ma venne subito bloccato dal compagno; Harry pensò di riconoscervi Rodolphus Lestrange. Narcissa Malfoy era una statua con gli occhi impassibili puntati sulla sorella che però, nel fondo, brillavano di sconcerto.

 

Harry seppe che era morta. Avvertì la Maledizione dei Black che le strisciava addosso, appagata dalla sua morte per mano dell’Oscuro Signore, l’essere che la donna, accecata e resa folle dalla prigionia aveva amato con tutta se stessa.

 

Voldemort si riscosse in un grido collerico: “Perché?! Non è possibile, una cosa del genere sarebbe dovuta accadere solo se l’altro custode fosse ancora vivo, ma non  può essere – gli occhi saettarono sul corpo di PitonSeverus ha spezzato un Voto Infrangibile; la pena di ciò è la morte, non può essere sopravvissuto.!”

 

Harry rammentò la pulsione di deboli battiti.

 

“No, no, no!” recuperò Voldemort con più collera “Non può essere vivo, ha infranto il Voto!”

 

Un’ombra sfilò accanto a Lord Voldemort e persino lui si sentì gelare per un istante. L’Oscuro Signore riconobbe con astio una tunica da Mangiamorte che svolazzava.

 

Narcissa Malfoy, come osi?”

 

Mai nessuno aveva osato passargli accanto a testa alta, senza un monito, senza rispetto. Ed anche in quel momento, sembrò che le parole di veleno dell’Oscuro Signore non l’avessero scalfita: tutto il suo essere era proteso verso il pallido e immobile corpo della creatura che più aveva amato.

 

“Il mio unico figlio… il mio unico figlio…”

 

Narcissa si accovacciò sul corpo gelido del figlio, sconquassata dai singhiozzi. Striduli e disumani singulti di disperazione scossero il suo piccolo corpo; i capelli biondi e scarmigliati cascarono sul viso di marmo del suo bambino.

 

Le sue lunghe dita bianche annasparono sul petto immobile di Draco, artigliando il mantello, tentando di afferrare la sua vita, di farlo ritornare da lei.

 

“Il mio unico figlio… il mio bambino… il mio…”

 

Narcissa Malfoy gridò per suo figlio e il suo grido scosse il marito insensibile, anche l’Oscuro Signore ed anche la cicatrice di Harry Potter: l’ultimo grido di Lily Potter si accavallò allo strillo disperato di Narcissa.

 

“Fai silenzio, donna!” ringhiò Voldemort “O ucciderò anche te?”

 

I tremiti di Narcissa si bloccarono di colpo e dalle sue labbra bianche si levò una voce tanto screziata da non sembrare umana: “Anche? Anche?! – ripeté come un ossessa non riuscendo a staccare gli occhi dal volto cereo del figlio “Non è stato Potter a uccidere mio figlio? E’ stato… è stato… anche? Dite ‘anche’ mio Signore?”

 

Voldemort sembrò in principio divertito da quella folle impudenza, ma le spalle tremanti di Narcissa e la sua voce che si era caricata di una sottile furia sconfinata gli fecero pronunciare parole velenose. “Dico ‘anche’, Narcissa, perché tuo figlio era un traditore e ha ricevuto ciò che gli spettava. E sarà il tuo stesso destino se non riuscirai a contenere quella lingua.”

 

Narcissa si staccò dal corpo del figlio, le unghie artigliate alla sua bacchetta. “… mia sorella… mio figlio... il mio unico figlio! Per chi? Per chi questi sacrifici!?” il suo strillo si perse nel silenzio di marmo dei Mangiamorte, sconvolti e meravigliati dall’audacia della loro compagna.

 

Ginny strinse gli occhi, provando una forte pietà. Anche sua madre aveva gridato quando il fratello Percy se ne era andato di casa ripudiando la famiglia; ma il grido di quella donna, benché Mangiamorte, era più tremendo.

 

Narcissa riprese con la voce che le grondava di una collera sordina e acuta. “Tutti questi sacrifici… per chi? Guarda che lo so, lo so mio Signore. So che non siete altro che un lurido Mezzosangue.”

 

Molti Mangiamorte sibilarono mentre il ringhio di Narcissa si perdeva nell’indignazione. Harry provò un moto di gratitudine ma seppe anche che la signora Malfoy era spacciata; poteva percepire la pungente furia di Lord Voldemort dalla cicatrice.

 

Tuttavia, prima che il grido dell’Oscuro Signore si levasse nell’aria, riuscì a cogliere uno scambio di mugugni dai due Mangiamorte che lo teneva stretto.

 

“Ma che dice Narcissa?”

 

“L’Oscuro Signore non può essere un Mezzosangue, discende direttamente da Salazar Serpeverde.”

 

“Ma allora perché Narcissa l’avrà gridato?”

 

“E’ disperata per la morte del figlio, è chiaro, forse sta cercando una scusa per aggredire l’Oscuro Signore.”

 

“E’ una pazza come la sorella. L’Oscuro Signore un Mezzosangue, poi… tsk… se fosse così perché condurre una guerra dei Purosangue contro i Babbani?”

 

“Già, è una folle.”

 

Una scintilla di speranza disperata si accese nel cuore di Harry: forse non era tutto perduto, forse avrebbe potuto riscuotere la sua vittoria contro Lord Voldemort, forse i Mangiamorte sarebbero insorti al suo fianco se avessero scoperto le vere origini del loro Signore.

 

“Te la farò pagare, donna” mormorò Voldemort con dei denti serpentini che gli brillavano nella bocca “Non avrai la fortuna di morire subito come quel traditore di tuo figlio o Bellatrix.”

 

La sua bacchetta scattò contro Narcissa ma si bloccò ad un singulto.

 

“Bella.”

 

Tutti gli occhi dei Mangiamorte si rivolsero a Rodolphus Lestrange; il suo compagno dal volto indignato si mise da parte mentre l’Oscuro Signore si volgeva verso di lui con un ringhio.

 

“Perché Bella?” singhiozzò Rodolphus fissando Voldemort negli occhi senza alcun timore “Perché hai dovuto uccidere Bella? Lei che era l’unica ad amarti…” abbandonò il capo al suolo.

 

Seguì un concitato attimo di silenzio durante il quale nessun osò respirare. Gli occhi dell’Oscuro Signore si iniettarono di sangue.

 

Rodolphus singhiozzò ancora, per l’ultima volta, e levò il capo e la voce in un impeto di pura collera: “Perché, dannato Mezzosangue!”

 

Un raggio di luce verde partì e Rodolphus Lestrange ricadde a terra morto tra i gemiti degli altri Mangiamorte. Un gemito si levò più alto degli altri.

 

“Perché anche mio fratello!?”

 

Era Rabastan Lestrange ed aveva estratto la bacchetta, puntandola contro Voldemort.

 

“Tu” sibilò Rabastan “Tu, lurido Mez…”

 

Ci fu un altro scatto di furia e un ringhio da Lord Voldemort e la dinastia dei Lestrange si estinse quando il corpo di Rabastan scivolò, morto, accanto a quello del fratello.

 

I Mangiamorte si ritrassero dai due corpi, in preda ad una collettiva ansia: temevano la morte per mano del proprio Signore.

 

Harry capì che poteva ancora vincere, che poteva contare sull’aiuto più inaspettato: i Mangiamorte. Bastava far capire loro quanto rischiavano al servigio di quell’essere e quanto miserabili fossero alle assolute dipendenze di Voldemort, che in realtà era un Mezzosangue. Poteva far leva sul loro orgoglio e quella stessa superbia di Purosangue che aveva scatenato la guerra poteva porvi fine.

 

Prese ad agitarsi tra le braccia dei Mangiamorte, mormorando ai due: “Vi ucciderà, vi ucciderà tutti. Lo sento dalla cicatrice, vi ucciderà. Morirete per mano di un Mezzosangue, perché Voldemort lo è, lui è un Mezzosangue, suo padre era un Babbano.”

 

Uno dei Mangiamorte gli sferrò un colpo allo stomaco, con un ringhio disgustato, ma il volto dell’altro era fisso su Harry, strabiliato ed esterrefatto. Harry sogghignò sotto il duro colpo appena subito; sapeva di essere riuscito ad insinuare il dubbio almeno in uno dei due.

 

Harry cominciò ad agitarsi. Il Mangiamorte più titubante provò a tenerlo fermo, ma senza metterci molto impegno. L’altro, quello più irremovibile nelle sue convinzioni, si appellò all’Oscuro Signore per avvisarlo delle blasfemie uscite dalle labbra indegne di Harry Potter.

 

“Mio Signore, Harry Potter osa dire che…”

 

Harry seppe già dal principio che quel fedele Mangiamorte sarebbe stato ucciso dal suo stesso padrone. Avvertì la cicatrice che pulsava e la rabbia di Voldemort che gli montava dentro: il suo corpo sconquassato dalla mancanza di un suggello stava per cedere, e anche la sua mente, martoriata dall’anima lacerata, non vedeva nulla di chiaro: Harry sentì la paranoia infiammarsi nella mente dell’Oscuro Signore.

 

Il Mangiamorte fedele tentò di avvertire il proprio Signore con tutta la fiducia che si sente meritare un servo devoto, ma Voldemort lo zittì con un Avada Kedavra, temendo che anche lui pronunciasse parole di ribellione.

 

Il Mangiamorte rimasto che teneva fermo Harry, si trascinò di lato col viso pallido di terrore mentre osservava il compagno cadere a terra, morto.

 

Ci fu un acceso brusio tra la schiera di Mangiamorte che affiancava Lord Voldemort. Alcuni si ritrassero spaventati dal loro Signore, altri borbottarono inorriditi, e altri ancora retrocedettero, temendo una rappresaglia.

 

Voldemort sentì un rumorio crescere alle sue spalle, i suoi Mangiamorte che si lamentavano, che borbottavano, che tentavano di ribellarsi…

 

Agitò la bacchetta con frenesia e abbatté tre Mangiamorte a caso tra la schiera che gli stava alle spalle. Scatenò il panico tra i suoi servitori.

 

Harry sentì la cicatrici pulsargli e seppe che Voldemort era pazzo e accecato dal timore del tradimento.

 

“Adesso ucciderò chiunque apra la bocca!” ringhiò follemente l’Oscuro Signore “Chiunque osi alzare la voce contro di me!”

 

Il vociferare si interruppe all’istante e Voldemort sembrò riacquistare un po’ di calma.

 

“Mio figlio!”

 

La cicatrice di Harry riprese a bruciare più intensamente di prima. Si voltò e vide Narcissa Malfoy, ritta davanti al corpo del figlio con l’espressione più collerica che avesse mai visto rivolta all’Oscuro Signore.

 

“Va bene” sibilò Voldemort “Allora ucciderò te, Narcissa!”

 

Affondò la bacchetta nella direzione della donna con occhi rossi e impregnati di desiderio di vendetta. Narcissa rimase immobile, le parve che il suo immenso dolore la rendesse impermeabile a qualsiasi altra cosa.

 

“Mio Signore.”

 

Venne una voce remissiva e umile. Voldemort si bloccò e si volse con un sibilo impaziente a Lucius Malfoy.

 

“Dimmi, Lucius.”

 

“Mio Signore” replicò Lucius Malfoy con voce atona e la bacchetta che riposa mollemente al suo fianco “Mio signore… mio… mio figlio.”

 

Harry ricevette una terribile scossa di fuoco alla cicatrice e seppe che era il momento giusto per tentare la fuga e liberare Ginny, mentre Voldemort, accecato dalla rabbia, levava la bacchetta contro Lucius Malfoy.

 

Diede una gomitata al Mangiamorte che lo tratteneva mollemente, incantato da quella scena, e si liberò senza troppa difficoltà.

 

Ginny se ne accorse e si protese verso di lui, ancora imprigionata da un Mangiamorte robusto. Harry puntò contro di lei, ignorando il ringhio di Voldemort, sperando che nella sua cieca rabbia non lo notasse.

 

La bacchetta dell’Oscuro Signore si accese, diretta verso Lucius, ma il colpo venne deviato con un sibilo feroce: “Ti ucciderò, Harry Potter!”

 

Ginny gemette disperata, intimando a Harry di spostarsi. Lui si buttò a terra senza un secondo ripensamento. Strisciò al suolo, graffiandosi la faccia e scrutando il raggio verde che aveva schivato per un soffio filare sopra la sua testa e schiantarsi contro un Mangiamorte della cerchia.

 

I Mangiamorte che stavano al suo fianco si ritirarono irrequieti, sibilando d’indignazione: l’Oscuro Signore aveva appena ucciso Dolohov, uno dei suoi servi più fedeli e capaci.

 

“Ti ucciderò, Harry Potter! Ucciderò prima te Harry, e poi tutti gli altri” ripeté Voldemort come un indemoniato “Chiunque osi contraddirmi, rivolgermi la parola o mancarmi di rispetto!”

 

La sua bacchetta tornò a Lucius Malfoy che restava immobile con un volto gelido e impassibile, privo di terrore ma anche di rispetto e riverenza.

 

Un'altra voce lo costrinse a bloccare l’incantesimo ed Harry sentì la pazienza di Voldemort giungere al limite.

 

Era Donovan Darcy. “Ma è vero, mio Signore? E’ vero che lei è un Mezzosangue?”

 

Voldemort gridò ancora e affondò la bacchetta contro Doppio Dolore che, con un gesto fulmineo, riuscì a proteggersi e a schivare la fine. Molti Mangiamorte sibilarono d’indignazione, ma non fu chiaro se l’indignazione fosse rivolta a Darcy Donovan o al loro Padrone.

 

Harry si rese conto che Voldemort gli dava le spalle. Puntò la bacchetta; notò che un Mangiamorte aveva colto il suo gesto di offesa contro l’Oscuro Signore ma questi non fece niente per bloccarlo, tornando a fissare la disputa tra Lord Voldemort e Darcy Donovan.

 

Doppio Dolore mugugnò con una pomposa indignazione: “Mi perdoni, mio Signore. Non credevo di scatenare la sua ira omicida con una semplice domanda, è solo che – fu costretto a riformare uno scudo per proteggersi dall’ennesimo anatema di Voldemort – è solo che mi sembra così ingiusto” riprese con una voce melanconica “Noi siamo suoi servi e le siamo fedeli e le pare questo il modo di ricompensarci? E se davvero lei è un Mezzosangue, allora per quale motivo dovremmo prostrarci ai suoi piedi, noi, che siamo Purosangue?”

 

Ci fu un mormorio di assenso tra i Mangiamorte. Voldemort fremette dalla rabbia.

 

“Maledetti voi, siete i miei servi! Non oserete mancarmi di rispetto!”

 

Harry seppe che era il momento giusto: scagliò un Avada Kedavra contro Lord Voldemort, l’Anatema della Morte e lui era riuscito a pronunciarlo e a scagliarlo perché lo desiderava davvero, perché non desiderava altro che la morte di Voldemort.

 

Quella era la guerra e non era solo questione di uccidere o venire uccisi: era il suo destino, ma non quello scelto dalla Profezie, quello che aveva scelto di costruirsi da solo.

 

(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno…)

 

Il raggio mortale si abbatté contro Lord Voldemort. Ci fu uno schianto e il cuore di Harry mancò di un battito.

 

La bacchetta di Voldemort, la gemella della sua, cadde a terra spezzata in due.

 

I Mangiamorte si bloccarono in un religioso silenzio e fissarono il loro Signore, disarmato, miserabile in un corpo che stava per cedere, ma ancora vivo.

 

Gli occhi serpentini di Voldemort strisciarono sulla sua bacchetta troncata e un altro urlo gli sfuggì dalle labbra. Ad Harry sembrò quasi di udire il proprio grido di vittoria dietro il ringhio frustrato dell’Oscuro Signore.

 

*^*^*^*^*

[Istinto animale e coscienza umana

Fenrir Greyback contro Remus Lupin]

 

 

I Licantropi si erano fermati, mettendosi in cerchio intorno al duello che si stavano consumando tra Lupin e Greyback.

 

D’istinto, si comportavano come lupi obbedienti al maschio alfa, nel loro caso Greyback. Ma sapevano benissimo che in caso di sconfitta, il branco sarebbe passato sotto il comando di colui che fosse riuscito ad atterrare il capo, in questo caso Lupin.

 

Era la legge naturale, e loro la seguivano, trepidanti nel sentire la carne umana, ma mitigati da un preciso dovere di lealtà.

 

Li guardavano scambiare zannate e saltarsi addosso come mostri inferociti, sentendo i latrati addolorati di Remus e quelli sghignazzanti di Greyback, che sembrava in vantaggio.

 

Si studiavano attentamente, i due lupi, e poi attaccavano, allungando gli artigli e cercando di colpire l’avversario alimentati uno da puro divertimento e sete di sangue, l’altro dalla vendetta.

 

Entrambi riuscivano a contenere il loro lato animale, almeno un po’, ma l’esperienza di Greyback era certamente più vasta. Remus era in svantaggio, non abituato a muoversi con quel corpo e a comandarlo con una mente pacata, meno grezza di quella del Licantropo.

 

Aveva ferite superficiali sulla schiena e l’unica che lo preoccupava davvero era un graffio lungo il collo che era riuscito ad assestargli proprio in quel momento.

 

Remus era stanco.

 

Sentiva le zampe tendersi, e un’unghia gli bruciava, troncata quando era ricaduto sull’asfalto.

 

Greyback rideva, invece, anche lui ferito.

 

Lo stava divertendo quel gioco.

 

Voleva far vedere a quella sua creatura la vera potenza dei Lupi Mannari.

 

Si lasciò andare in un lungo ululato, e lo fissò con occhi grigi brillanti.

 

Remus Lupin… tu oggi morirai.”

 

Lupin spalancò gli occhi, sentendo il suo nome. Poi avvertì la rabbia scorrergli prepotente nelle vene, mentre il ricordo del morso di Greyback sulla spalla e gli anni di solitudine si accumulavano nella sua mente ora più annebbiata e sempre più in balia dell’istinto animale.

 

“Maledizione…” mormorò cercando di scacciare la voglia di sangue del lupo. “Non ora non ora non ora…”

 

Sentiva l’ululato nella testa, e il sangue pompare dalle arterie feroce, come l’odore di sangue che lo stuzzicava a mordere. Mordere, mordere, mordere.

 

No, maledizione, no!

 

Ripensò a Ninfadora, all’ecografia del suo bambino, ai suoi suoceri, a Harry e a Sirius e James.

 

E finalmente sembrò che la nebbia si diradasse un poco dalla mente. Ma un’ombra incombeva su di lui.

 

Accadde in pochi secondi: Greyback era sopra di lui con le fauci spalancate. Poi un raggio l’aveva colpito, facendolo cadere a terra con un guaito.

 

La voce di Ninfadora l’aveva raggiunto, preoccupata, gridando il suo nome. “REMUS!”

 

Lui aveva abbozzato un sorriso, così insolito ed inquietante sulle fauci di un Lupo Mannaro. Lei aveva sorriso comunque, seduta su una scopa.

 

Poi un raggio – blu, blu, blu si ripeteva Remus – la colpì e Ninfadora fu sbalzata dalla scopa e cadde in mezzo al Tamigi, ricoperto di ghiaccio. Ci fu solo un sonoro schianto, ma niente urla.

 

Remus guaì e fece due grandi balzi, per raggiungerla, ma Greyback lo colpì a tradimento sulla schiena.

 

“Dove vai, piccolino? Preoccupato per la tua bella?” sogghignò sadico Greyback, zampettandogli intorno. “Non ti preoccupare… manderò qualcuno a prenderla.” Rise, e fece cenno ad uno dei Licantropi di muoversi oltre la sponda del fiume di ghiaccio.

 

Gli occhi di Remus si spalancarono spaventati, e fece per andare contro quel Licantropo, ma la strada fu sbarrata da Greyback.

 

“No, no.” Scosse la testa divertito. “L’unico modo per andare da lei è uccidermi, Lupin.”

 

Gli occhi di Remus si fecero rosso sangue.

 

*^*^*^*^*

La Spada di Serpeverde

[L’Ultimo Horcrux]

 

 

Voldemort era disarmato e gridava. Nessuno dei Mangiamorte osò muoversi, nessuno osò disperarsi con l’Oscuro Signore, nemmeno i più devoti e fedeli.

 

Harry cominciò a credere nella vittoria.

 

Ma il grido di Voldemort si interruppe e ci fu solo silenzio. Uno scorrere viscido si accese nell’immobilità. I Mangiamorte si ritrassero, aprendo un varco per l’enorme serpente che strisciava verso il suo Signore.

 

Nagini” bisbigliò Voldemort con gli occhi in fiamme per la gratitudine “Con te posso ancora vincere.”

 

Harry strinse gli occhi sul serpente: l’ultimo Horcrux.

 

Nagini scivolò fino ai piedi dell’Oscuro Signore che avevano ripreso a trasudare sangue. Voldemort si chinò, afferrandole l’attaccatura del capo. Mormorò una cantilena tra sibili e sogghigni.

 

Harry avvertì di nuovo qualcosa che gli sfuggiva, ma non era la vittoria, era la sua vita.

 

Il sibilo di Nagini si perse in un lampo d’argento e smeraldi. Voldemort sollevò la sua nuova arma: una spada lunga e affilata, l’elsa riproduceva un serpente aggrovigliato tempestato di smeraldi.

 

Harry riconobbe nelle fattezze di quella lama la spada di Serpeverde.

 

‘Ha trasfigurato il suo serpente nella spada di Serpeverde. Se è pericolosa come quella di Grifondoro non riuscirò a tenergli testa solo con la bacchetta di Piton.’

 

Ma, contrariamente alle sue previsioni, Voldemort schivò lo sguardo di Harry e puntò i suoi occhi rossi alle spalle del ragazzo.

 

“Tu sei stata la prima ad osare mancarmi di rispetto” sibilò con ira “E sarai la prima a morire così tra non molto potrai rivedere il tuo amato figlio.”

 

Voldemort si perse in un sogghigno terribilmente osceno ma Narcissa Malfoy non mosse un muscolo: il volto impassibile sembrava celare una tremenda rabbia che aspettava solo di esplodere. Ma Harry sapeva che la sola rabbia, per quanto forte fosse, non bastava per sconfiggere Lord Voldemort.

 

Voldemort sollevò la lama da terra, fendendo l’aria con un sibilo. Alle sue spalle Lucius Malfoy estrasse la bacchetta diretta contro l’Oscuro Signore. I Mangiamorte si ritirarono, bisbigliando al compagno deboli moniti d’avvertimento, ma la maggioranza si limitò a lanciargli occhiate d’approvazione e appoggio. Tra i più esultanti spiccava Darcy Donovan.

 

Voldemort avanzò, puntando verso Narcissa. Harry si ritrasse dalla sua traiettoria, lasciandolo sfrecciare al suo fianco. Puntò la bacchetta di Piton alle spalle di Voldemort, cominciando a mormorare l’Anatema della Morte; dietro di lui, sentì Lucius Malfoy fare lo stesso. Forse due Avada Kedavra mirati e potenti avrebbero potuto abbattere l’Oscuro Signore.

 

Narcissa restò immobile, non tentò neanche di alzare la bacchetta; le parve che le bastasse l’ira e il dolore di una madre per annientare l’assassino del proprio figlio. Ma il resto dei presenti sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.

 

“Sono stata io!”

 

Ancora un grido giunse ad interrompere l’avanzata dell’Oscuro Signore. Sia Narcissa che Voldemort si voltarono verso la voce.

 

Samantha Drake era in piedi, a pochi passi dal corpo di Draco, con un ampio sogghigno sul viso. “Io ho ucciso tuo figlio. E’ vero, l’ho fatto per ordine dell’Oscuro Signore, ma sono stata io a pronunciare l’Anatema della Morte.”

 

Per un istante sembrò solo che il volto di Narcissa si fosse congelato in un orribile stupore, poi si infiammò di collera ceca: ora conosceva il suo obiettivo, lo scopo della sua vita dall’istante in cui aveva abbracciato il corpo gelido del figlio era stata la vendetta, e ora poteva sperare di uccidere l’assassina di Draco.

 

Si dimenticò completamente di Lord Voldemort e della battaglia, o del motivo per cui si trovasse lì a combattere quella guerra; si lanciò contro Samantha desiderando solo la sua morte.

 

Voldemort sogghignò, pronto a colpire Narcissa con la spada.

 

Harry prese la mira e lanciò un Avada Kedavra.

 

La lama della spada rifletté il lampo verde e permise a Voldemort di respingere il colpo; puntò la spada di Serpeverde contro l’anatema: l’incantesimo rimbalzò sulla lama, proiettandosi nel cielo.

 

Harry fremette: la spada era in grado di respingere gli incantesimi; forse non ce l’avrebbe fatta.

 

Sentì corrergli accanto qualcuno e vide Lucius Malfoy che oltrepassava Lord Voldemort senza timore. Dietro di lui Narcissa tentava disperatamente di colpire Samantha, ma due Mangiamorte bloccavano e respingeva tutti i suoi anatemi ma non facevano niente per colpirla. Lucius fiancheggiò la moglie e presero a combattere insieme, uniti da una furia tremenda, per vendicare la morte del figlio.

 

Voldemort lanciò un’occhiata disgustata ai Malfoy e si volse a Harry che indietreggiò nella mischia di Mangiamorte. In un attimo l’Oscuro Signore gli fu di fronte con la spada levata in aria. Un gemito giunse dalla schiera oscura: i Mangiamorte erano terrorizzati.

 

“Ascolta, Voldemort” attaccò Harry in tono solenne “Forse non sopravvivrò alla battaglia, ma vincerò comunque. La guerra è persa per te, così come hai perso l’appoggio dei tuoi Mangiamorte, il rispetto, il tuo corpo e la tua anima: non ti resta più niente.”

 

Voldemort lanciò un ringhio e si riprese in un sorriso sprezzante. “Sei tu che devi ascoltarmi, Harry. L’Oracolo ha previsto una sicura vittoria oscura, e sarà quella che avrò.”

 

“Ti sbagli” ribatté Harry “Hai sempre riposto troppa fiducia nelle Profezie; è per una Profezia che hai deciso di rovinarmi la vita, ma… adesso mi va bene così, perché è la tua stessa fiducia nelle Profezie che ti porterà alla morte.”

 

Voldemort ghignò. “Provaci, allora.”

 

Harry scattò in avanti. Voldemort roteò la spada sopra la testa fino a farla diventare un vortice di luce verde.

 

“Questo ha lo stesso effetto dell’Avada Kedavra” ghignò Voldemort prima di calare la spada su Harry.

 

Ci fu un lampo. A Harry sfuggì un urlo acuto. La spada lo aveva sfiorato ma anche così la lama era riuscita a fendergli il braccio destro, lasciandogli una profonda ferita verticale che percorreva tutto l’avambraccio. Dovette mollare la presa sulla bacchetta di Piton.

 

Harry si portò una mano alla ferita e la sentì inzupparsi subito di sangue, che a terra stava già sgocciolando in una considerevole pozza vermiglio scuro. Si rese conto di perdere troppo sangue, il braccio ferito gli tremava e la testa cominciò a vorticare.

 

Voldemort gli rivolse un sorriso calmo ma che celava una grande euforia di trionfo. “Vedi, Harry, te l’avevo detto: una sicura vittoria oscura. Non hai l’esperienza né tantomeno il talento per riuscire a sconfiggermi. Ora non puoi più utilizzare il braccio destro, quello con cui esegui gli incantesimi: sei morto, non puoi usare la magia.”

 

Harry serrò i denti e vide Voldemort rialzare la spada: ora non aveva più speranze.

 

Stava per calare sul suo capo, il ghigno del Signore Oscuro non cedeva, era tirato al limite, assolutamente soddisfatto. Ma ci fu uno strappo e il ghigno cedette: dal mento di Voldemort prese a gocciolare una disgustosa sostanza verde simile alla bile.

 

Harry si chinò per raccogliere la bacchetta di Piton e dovette mollare il tampone sulla ferita con un forte gemito di dolore. Le dita della mano sinistra si chiusero sul liscio legno del bastoncino, pronte a scattare in aria per colpire l’aggressore, ma fu troppo tardi. Voldemort si era ripreso, più incollerito di prima e la spada stava scendendo.

 

Un altro schianto ed Harry ne fu quasi certo: quello schianto era lo strappo del suo collo mozzato. Ma la spada volò via sotto l’impeto di un violento schiantesimo.

 

Harry si voltò e vide Ginny ansante, con la bacchetta levata e pericolosa. I Mangiamorte l’avevano lasciata libera.

 

Il cuore di Harry grondò di gratitudine quando si rialzò traballante a causa della ferita e scorse Voldemort disarmato e impotente. Ma poteva ancora recuperare la sua arma.

 

Ginny fu più svelta. Gridò disperatamente: “Accio spada!”

 

E la spada di Serpeverde levitò sopra il capo fiacco dell’Oscuro Signore fino a posarsi tra le mani di Ginny.

 

“Come osi impugnare la spada del mio antenato!” ringhiò Voldemort scattando contro Ginny.

 

Con un enorme fatica e uno strappo al braccio Harry riuscì a voltarsi e a puntare la bacchetta alle spalle di Voldemort. Un raggio verde partì dalla sua bacchetta e questa volta Harry seppe di non aver fallito.

 

L’Oscuro Signore venne colpito dall’Avada Kedavra di Harry dritto in mezzo alle scapole. Si piegò all’indietro quasi come se il corpo fosse stato troncato in due e rovinò a terra inerme.

 

I Mangiamorte trattennero il fiato, attendendo che il loro immortale Padrone si levasse di nuovo per affrontare e sconfiggere il Prescelto; alcuni temevano il suo ritorno, alcuni bisbigliarono sottovoce ‘fa che sia morto’.

 

Ma dopo qualche attimo, presero a respirare liberamente. Il loro Signore non si sarebbe più rialzato.

 

Harry abbandonò la bacchetta di Piton al suolo e si gettò verso Ginny, ignorando la fitta lancinante al braccio. Si bloccò a pochi, fatali passi da lei che ancora stringeva la spada di Serpeverde. Stava per protendersi e abbracciarla, quando un ghigno gli giunse alle spalle.

 

Il volto di Ginny impallidì ma mai quanto quello di Harry già stremato dalla perdita di sangue.

 

Si levò un borbottio dai Mangiamorte, gemiti di delusione: l’Oscuro Signore era ancora vivo.

 

Era ritto dove Harry l’aveva colpito con l’Anatema della Morte, ai suoi piedi una pozza di sangue misto a sudore e ai liquidi di ciò che restava del suo corpo; la pelle ormai era attaccata alle ossa, il suo intero essere stava diventando uno scheletro. Ma Lord Voldemort riusciva ancora a sogghignare: “Bel tentativo, Harry. Ma hai dimenticato che sono immortale? Non mi puoi uccidere ferendo questo corpo che ormai sta già morendo… un ultimo Horcrux mi protegge.”

 

Ginny sentì la spada di Serpeverde agitarsi tra le sue mani e lanciò un’occhiata disperata a Harry.

 

Harry era sgomento: Voldemort era ancora vivo e lui non poteva più usare la magia, ma forse…

 

Strappò la spada dalle mani di Ginny con il braccio ancora illeso e la pregò con lo sguardo. “Ginny ti prego, aiutami, ma, ti scongiuro, non morire.”

 

Lo sguardo di Ginny era acceso di determinazione. “Non ti preoccupare, Harry, ti aiuterò ma non morirò.”

 

Harry provò l’impulso di baciarla sulle labbra, ma si trattenne con un sorriso incoraggiante. Sguainò la spada contro Voldemort.

 

L’Oscuro Signore o ciò che ne restava sogghignò e fu solo il suo teschio a piegare l’osso della mascella, ormai visibile. “Ardito, Harry, davvero molto. Ma non funzionerà, solo io posso usare la spada di Serpeverde, nelle tue mani è solo una vile spada babbana. Ma su… coraggio, attaccami! In questo stato mi basta toccarti per ucciderti.”

 

Harry sbarrò gli occhi e rammentò Sirius dietro il Velo. Regulus gli aveva detto che quando un essere perde il suo corpo ma resta nel mondo degli uomini non come un fantasma, col solo tocco può strappare l’anima ai corpi viventi.

 

Una goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena. Aveva paura, ma timore per Ginny, non per se stesso. Ormai, con quella battaglia, era giunto quasi ad accettare la propria morte come inevitabile; ma Ginny, i suoi amici, tutti loro dovevano sopravvivere.

 

Ma Voldemort doveva morire e gli occorreva il sostegno e la forza di Ginny. Le lanciò un’occhiata piena di significato. “Non morire. Non ti farò morire.”

 

Partirono entrambi all’attacco, Harry che brandiva la spada sorretto da Ginny che impugnava la propria bacchetta.

 

Voldemort era immobile e ghignava: era certo di poter vincere, anche se aveva perso il corpo e spezzato la sua anima perché la Profezia aveva annunciato una sicura vittoria oscura.

 

Allungò le dita, ormai ridotte a ossi che grondavano pelle e sangue, verso il viso di Harry, contratto dall’affanno e dalla risoluzione.

 

Harry e Ginny levarono spada e bacchetta. Voldemort aprì la mano: artigli che al solo tocco portavano la morte.

 

Ci fu lo scontro e i Mangiamorte sibilarono.

 

Harry vide il bagliore omicida negli occhi rossi di Voldemort e desiderò solo una cosa: ‘Le persone che amo devono salvarsi.’

 

*^*^*^*^*

La Fine…

 

 

I corpi di Ron ed Hermione giacevano svenuti ormai da troppo tempo.

 

Il tremendo Cruciatus subito da Hermione l’aveva scaraventata a terra: la folta chioma nascondeva un grumo di sangue.

 

La ferita aperta sul braccio di Ron non aveva smesso di sanguinare.

 

Nessuno dell’Ordine arrivava. Solo una nebbia ghiacciata.

 

Ron rabbrividì anche se svenuto: il braccio lacerato si contorse quando un fiato gelido gli sbuffò contro.

 

Il Dissennatore era tornato ed era pronto a succhiare l’anima dei due.

 

*

 

Harry sedeva in disparte, osservando la fine di quella battaglia. Ma non la fine della guerra.

 

I Mangiamorte tacevano in muta raccolta. L’Ordine li aveva incatenati, pronti per un’infinita prigionia ad Azkaban.

 

Narcissa Malfoy fu costretta a staccarsi dal corpo del figlio, trascinata col marito al medesimo destino degli altri Mangiamorte. Ma Samantha restò china sul corpo di Draco e non venne sfiorata da nessuno, così come i due Mangiamorte che l’avevano protetta e Darcy Donovan.

 

Per loro, qualunque atrocità avessero commesso in guerra era perdonata.

 

Ginny si stava ritirando, si stava allontanando da lui, affiancata da un guaritore e da un Auror. Cercava la famiglia e cercava Han.

 

L’ultimo Horcrux, la spada di Serpeverde giaceva silenziosa, conficcata nelle reliquie di Lord Voldemort. Ormai di lui non restavano altro che le ossa.

 

E restava il ricordo. Lord Voldemort era morto ma era l’Oscuro Signore.

 

Per questo, Harry lo sapeva, la guerra non era finita con la morte di Colui-che-non-deve-essere-nominato.

 

 

 *=*=*=*=*=*=*=*

 

 

Al solito, il ritardo è da attribuirsi a Kaho, che ammette pienamente le sue colpe.

Signori, questo è l’ultimo capitolo, ebbene sì, vi lasciamo a questo punto. Sadiche, vero? *risate malefiche di sottofondo*

Dunque, dunque, direi che dovete assolutamente leggere anche la seconda parte per poter saziare la nostra curiosità, non credete? Vi aspettano la fine della Guerra e il dopo-guerra, la parte più interessante! *__*

Speriamo solo che non ci odiate per aver interrotto qui, è tutto programmato per assetarvi di curiosità! XDDD

 

 

Risposte veloci:

EDVIGE86: Troppo buona troppo buona, se quello di prima ti aveva ucciso questo ti avrà stroncato! XDDD Cerca di non morirci però eh! Che noi ci teniamo ai lettori! *__* Grazie mille! Bye!

HarryEly: Ciao! ^-^ Allora che ne dici di questo? Ti piace? Siamo troppo felici per i commenti, mille grazie, troppo gentile! ^///^ Ci devi seguire anche nella seconda parte, ci contiamo eh! XD Bye!

ninny: Grazie! ^^

Nana92: Bene, abbiamo visto il tuo entusiasmo per la nostra storia e ne siamo orgogliose! XDDD Grazie mille per i complimenti, anche a Samy è venuta voglia di Ciobar! *ç* Eh, sì, tra Marshall e Ron saranno sempre guai temo! XDD A presto con la seconda parte! ^__-

Saty: Tu meriteresti una risposta lunghissima, ma i tempi stringono e non possiamo dilungarci, sappi solo una cosa, donna: ti adoriamo! *___* Samy voleva aggiornare solo per leggere un tuo commento, pensa un po’ te! XDDD Riesci a farci ridere e nel contempo comprendi i punti chiave, dando spazio a tutti i momenti… sei un geniaccio, Saty! *___* Grazie mille per tutto! ^^ Bye!

 

Ed ora, ci sentiamo nella seconda parte!

Bye gente bella! XD

 

Samy&Kaho

[Ordine di importanza come autrici ù.ù]

 

 

  
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