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Autore: AliceFoster    20/04/2013    3 recensioni
Siamo a Berlino nel 1975, anno in cui la città è divisa in due parti dal Muro di Berlino. Takuto è un nobile figlio di un'importante famiglia che vive ad ovest del muro, Kirino è un orfano che sopravvive di stenti ad est. Takuto e Kirino diventeranno amici, ma le due frazioni non sono in buoni rapporti...
Questa fic mi è venuta in mente mentre "studiavo" storia... la mia mente fa davvero collegamenti strani.
E' la mia prima fic, siate clementi... Ci vediamo dentro! ^^
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kirino Ranmaru, Shindou Takuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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POV SHINDOU
L’aria frizzante carezza la mia pelle chiara, passa tra i capelli mossi, libera. In questo momento mi sento bene come lo sono stato poche volte nei miei 14 anni di vita. La mia è una nobile famiglia tedesca che vive a Berlino da generazioni e io sono l’unico erede dei miei genitori; questo mi ha costretto fin dalla tenera età a studiare legge diritto ed economia e ad esercitarmi con il pianoforte, strumento in gran voga (?) per il quale sono particolarmente portato. I miei sono sempre via e li vedo davvero poco, non ho amici veri con cui parlare e la servitù mi tratta con garbo, senza mai concedersi  un po’ di confidenza. Oggi però è diverso. La servitù ha il giorno libero i miei sono fuori per lavoro e la balia dorme, così sono scappato per concedermi una breve passeggiata da solo per la città, cosa che mi è stata sempre negata. Cammino lentamente  lungo i giardini spogli, è inverno e io ho solo in leggero cappotto con me ma non m’importa perché il vento che mi soffia addosso rende tutto più piacevole. Continuo a ciondolare per la strada, le mani nelle tasche e la testa bassa, gli occhi quasi chiusi, cullato dal ritmo cadenzato dei miei passi. All’improvviso apro gli occhi, l’incanto di quel momento rotto da un rumore secco vicino a me. Vedo un gigantesco muro di cemento armato e filo spinato che si stende all’infinito, serpeggiante tra le case. Non ho mai visto questa zona della capitale. Le case fatiscenti hanno tutte le finestre sbarrate e non c’è nessuno per strada, nonostante siano le 4 del pomeriggio. Lentamente mi riaffiorano alla mente la spiegazioni dell’ insegnante di politica e storia riguardo alla divisione della mia città tra USA, Francia, Inghilterra e URSS la quale aveva ordinato la costruzione di questo gigantesco muro. I motivi me li aveva solo abbozzati, passando quasi un’ora raccomandandomi di non andare mai in quella zona della città. Ora mi trovo proprio lì e non ho la più pallida idea di come tornare a casa. Mi siedo preoccupato su quello che era un muretto di cinta, cercando un modo per cavarmi d’impiccio, quando scorgo un ciuffo rosa sbucare da sopra il muro. Al ciuffo seguono due grandi occhi azzurri come il cielo estivo, che scrutano ovunque fino a quando non si incontrano con i miei, stupefatti. Subito ritrae la testa, nascondendosi come può alla mia vista. Mi alzo in piedi incuriosito e cerco qualcosa che mi permetta di vedere oltre il muro. Adocchio subito una gigantesca scala che sembra fare al caso mio e l’appoggio delicatamente al muro. Prima di salire lancio un’occhiata guardinga al posto di guardia, così lontano da sembrare un puntino. Lentamente salgo. Mi affaccio, facendo attenzione al filo spinato e cerco con lo sguardo quel ragazzo. Lo trovo mentre si affaccia dalla porta della casa più vicina. Sembra spaventato, così gli sussurro:-  Pss, non avere paura. Non voglio farti del male. Che stavi facendo?- chiedo poi curioso. Il ragazzo si volta e mi fissa con quegli occhioni azzurri che mi lasciano senza fiato. Inizialmente sembra spaventato e fa per tornare dentro, ma io lo imploro di getto:- Ti prego… non andartene.- non ho neanche pensato prima di parlare, ma il rosa si avvicina e afferra una scala simile alla mia.
- Ciao -dice piano. - io sono di Berlino Est, sai? Non potrei parlare con te. -
- Perché? - chiedo. Sapevo di questa divisione rigida, ma che non potessimo neanche parlare…
- I Sovietici non lo permettono. Se mi scoprono i Vopos*… -
- Come ti chiami? - domando, incurante di quello che mi sta dicendo. D’altronde, abbiamo già infranto la regola…
- Kirino Ranmaru. E tu?
- Shindou Takuto**. -
- Che ci facevi seduto lì? Non hai l’aria di uno che fa la fame. -
- Mi sono perso. - ammetto a malincuore. - Tu perché guardavi di qua? - chiedo incuriosito. Lui si avvicina finchè quasi non tocca il filo spinato con il volto e poi sussurra:- Tento di scappare… da noi la situazione è insostenibile, e un orfano come me ha ancora meno speranze di guadagnarsi da vivere. - spiega afflitto. 
- Oh… capisco. - rispondo, ma in verità non ho capito molto. Perché la situazione è così dura? Non c’è la guerra… non faccio in tempo a chiederglielo che sento un vociare alle mie spalle.
- Devo andare. - gli sussurro scendendo. - torna domani! -
Poi mi giro e corro incontro agli Inglesi che camminano, terribilmente vicini dal scoprirmi, e chiedo informazioni per tornare a casa. Non mi resta che aspettare domani…

ANGOLINO DELL'AUTRICE MATTA che ha gli esami però perte temppo a scrivere ste cose obrobriose
* i Vopos erano delle guardie severissime che avevano l'ordine di spararea chiunque tentasse di sacvalcare il muro e dovevano mantenere l'ordine nella parte est della città.
** ho usato i nomi Giapponesi invece che quelli Italiani nonostante sia ambientato in Europa perchè mi suonano davvero brutti in Italiano... 
va buo, non ho da dire molto, spero che vi sia piaciuta almeno un pochino -seee come no e che recensirete. Sinceramente scrivere la vicenda al presente non mi convince molto, ma siccome sono tutta matta e non dò mai ascolto nemmeno a me stessa l'ho scritta così eugualmente! E' la mia prima fic, quindi suggeritemi cosa posso migliorare e soprattutto datemi un titolo decente... ne ho urgentemente bisogno!! ^^
Bisez! *la neuro la trascina via*
  
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