Capitolo tre.
Una
settimana dalla
festa
Il Times, il Times!
Non poteva crederci. Era come il sogno proibito di qualsiasi
giornalista, e lo
stava vivendo lui! Lui! Che era ancora fresco di laurea! Non era
possibile
essere così fortunati nella vita: aveva trovato per pura
serendipità lo scoop
dell’anno, del decennio!, e tutto quello che avrebbe dovuto
fare era passare
tempo con Zayn.
Harry sapeva di essere un novellino,
ma non era idiota.
Ovviamente si era tenuto il nome per sé e al direttore non
aveva fatto altro
che dire di poter scrivere un articolo sul vero volto dietro la
maschera di
Stone. E ovviamente l’uomo si era messo subito
sull’attenti. Harry gli avrebbe
quasi riso in faccia. Quando era entrato, l’aveva squadrato,
probabilmente
l’aveva reputato troppo giovane, per essere in gamba, e nella
sua testa stava
già pensando a un modo per sbarazzarsi di lui. Ma Harry era
davvero, davvero
tenace, non si sarebbe fatto abbattere da nessuno sguardo
disinteressato. E poi
sapeva di avere tra le mani un articolo potenzialmente dorato. E se era
andato
dal giornale più prestigioso d’Inghilterra invece
che da una qualsiasi rivista
scandalistica era perché non voleva semplicemente vendere
un’informazione
preziosa e far sapere al mondo di Zayn, ma perché voleva
scrivere un articolo che
fosse degno di essere chiamato tale e che avrebbe dato il via alla sua
carriera,
se possibile.
Rientrò in casa che
probabilmente i suoi piedi si trovavano
a trenta centimetri dal pavimento, per la gioia.
Trovò Louis sul divano e
lo salutò, la voce che non poteva
non far trapelare tutta la sua contentezza.
Il suo coinquilino si
voltò e lo guardò un po’ stranito,
perché evidentemente si era svegliato male e non riusciva a
credere che qualcun
altro non fosse abbattuto quanto lui.
«Che cos’hai da
essere così felice?» gli chiese, infatti,
con tono acido, ritornando subito dopo a guardare la televisione.
«Guardi
Dragonball?» disse Harry, senza rispondere alla
domanda. Non perché non volesse raccontarglielo (anzi, non
vedeva l’ora di
vantarsi con lui), ma perché voleva la sua completa
attenzione.
«Già. Zitto,
Goku sta per sconfiggere Majin Bu. È un momento
pieno di pathos» esclamò, con gli occhi ancora
incollati allo schermo.
«Ma se l’avrai
visto mille volte!» lo prese in giro Harry,
perché era vero. Lo conosceva a memoria ed era assurdo che
invece di lavorare
perdesse tempo così. «Non hai un articolo da
scrivere?»
Louis lo guardò male. Era
il tipo di persona che arrivava
sempre all’ultimo, a fare le cose, che si malediceva quando
si trovava con
pochissimo tempo e che si riprometteva di non ritrovarsi mai
più in quella
situazione. Solo per venir meno al suo impegno già il giorno
dopo.
Anche se l’altro era
più grande, Harry gli faceva da
fratello maggiore, nonché da agenda e da cuoco. Senza di
lui, Louis si sarebbe
dimenticato di qualsiasi impegno e avrebbe mangiato solo cereali.
«Indovina chi ho incontrato
oggi» ovviamente non glielo
aveva detto che si sarebbe visto col direttore del Times,
perché anche se era
quasi impossibile, non era detto che gli avrebbe davvero pubblicato un
articolo
del genere, e a Harry non piaceva parlare delle sue sconfitte, grandi o
piccole
che fossero.
«La fata Turchina che ti ha
detto che se non starai zitto ti
trasformerà in un ciocco di legno»
proferì Louis.
«Tu guardi troppi cartoni
animati, Louis, e ti fai troppe
poche docce» aggiunse, dopo essersi seduto vicino
all’altro.
Per quanto potesse non sembrare,
Harry adorava l’amico, e
l’altro adorava lui anche di più; per questo il
loro rapporto era così perfetto.
Louis per lui avrebbe fatto di tutto e Harry, d’altro canto,
non si faceva
sfuggire nessuna occasione per chiedere favori all’altro.
Si erano conosciuti
all’università, perché Louis era
rimasto
indietro in un paio di corsi. Non aveva voglia di studiare, diceva.
C’era
sempre una festa a cui partecipare o una ragazza o un ragazzo da
viziare e il
tempo da dedicare ai libri diventava sempre di meno. Poi, aveva
conosciuto
Harry, appunto. Aveva cercato di tirarselo dietro a ogni party o in
qualsiasi
mattata il suo cervello pazzo congegnasse, ma l’ambizione del
più piccolo era
tale che nulla, neanche Louis Tomlinson, sarebbe riuscito a farlo
distrarre. E,
infatti, era successo il contrario: per quanto potesse sembrar strano,
erano
diventati così amici da essere inseparabili e, piano piano,
la determinazione
di Harry era diventata quella di Louis.
Appena anche Harry si era laureato, a
distanza di un anno e
qualche mese da Louis, i due erano andati a vivere insieme.
L’appartamento era
modesto, anche perché, all’inizio specialmente,
era stato difficile trovare
incarichi. Louis era stato assunto come giornalista sportivo da un
quotidiano
della città, e lavorare lì gli piaceva,
perché era fissato col calcio, e gli
sarebbe piaciuto da impazzire lavorare in televisione, in uno di quei
programmi
dedicati allo sport. Harry, invece, era più interessato alla
politica, ma in
fondo, per arrivare in alto, era disposto a fare e a scrivere di tutto.
«Non ci crederai
mai» iniziò, perché tanto la puntata
stava
per finire e se avesse aspettato che l’altro fosse pronto ad
ascoltarlo
sarebbero passate ore. «Avevo un appuntamento con il signor
Bennett» aspettò
una qualche forma di riconoscimento da parte dell’altro. Un
grido di sorpresa,
un sobbalzo, una mano al cuore. Qualcosa. Tutto quello che ottenne fu
un sopracciglio
alzato e un cambio di canale. Ma è
serio?
si disse Harry, è
impazzito o è
scemo. Io lo ammazzo.
«Ma sei scemo?»
glielo chiese, per sicurezza.
Louis si voltò verso di
lui, girando anche il busto. Oh, se per avere
la tua attenzione dovevo
offenderti, bastava dirlo, pensò, traendo un
sospiro di sollievo.
«Finalmente» borbottò a mezza voce.
«Il signor Bennett,
capisci?» perché in fondo ripetita
iuvant. «Del Times»
aggiunse quando gli fu chiaro che altrimenti non
sarebbe arrivato da nessuna parte.
Negli occhi dell’amico
passò una luce di comprensione. «Quel
Bennett? Mi prendi per il culo? E che dovevi dirgli, scusa?»
disse, come fosse
assurda l’idea che lui avesse bisogno di parlare con il
direttore del giornale
più importante del paese.
«Dovevo proporgli una
storia» disse solamente.
«Ma»
boccheggiò il più grande.
«Ma… che storia? E poi si può
fare? E comunque ti ha ascoltato davvero? Sul serio? Ma sei certo che
fosse il
giusto Bennett, eh?»
Harry lo guardò male,
perché non si meritava altro che
quello. Però era molto più importante gratificare
il suo ego che rimanere
offesi, per cui aveva bisogno dei complimenti che, inevitabilmente,
Louis gli
avrebbe fatto dopo aver sentito la sua storia.
«Sì. Ovvio, quel
Bennett. Comunque, avrò bisogno del tuo
aiuto. Che tu mi regga il gioco, insomma» chiosò
Harry.
«Eh? Sì, ci
sto» fece, annuendo, anche se ancora non sapeva
nulla e non ci stava più capendo niente.
«Hai presente la festa
della settimana scorsa? Ti ricordi il
tipo che ho rimorchiato, no? Quello che ho rivisto anche un paio di
giorni fa?»
iniziò Harry, partendo dall’inizio.
«Zayn qualcosa»
confermò l’altro.
«Malik»
completò Harry per lui. «Be’, la sera
della festa
siamo andati a casa sua. Dovresti vederla. Un super attico, giuro, ma
lì per lì
non c’ho fatto caso» disse con un sorriso saputo.
«Solo che ero stanco e mi
sono fermato a riposare un po’. Sai come faccio, no? Esco
sempre prima
dell’alba e tutto. E, infatti, saranno state più o
meno le tre o giù di lì, mi
sono svegliato e mi sono messo a cercare il bagno. Solo che, in breve,
al suo
posto trovo uno studio. E nello studio una scrivania. E in un cassetto
della
scrivania» attimo di silenzio per creare la giusta dose di
suspance. Louis si
stava innervosendo, Harry lo vedeva. «Il manoscritto del
libro, che deve ancora
uscire, di Mick Stone. Quel Mick
Stone, il suo nome almeno ti dice qualcosa?» si
accertò, perché evidentemente
Louis stava invecchiando e iniziava ad avere seri problemi a collegare
volti e
nomi.
«Non ci credo»
cacciò uno strillo Louis, che evidentemente
quella volta aveva capito tutto senza bisogno di sostegno. Stiamo migliorando, pensò
l’altro quasi malignamente. «Cioè, tu
sei
andato a letto con Mick Stone? Mick Stone è Zayn?»
«Zayn Malik è
Mick, direi» lo corresse Harry.
«Non ci posso credere. Con
tutto il sesso casuale che fai,
uno si aspetterebbe che ti ritrovassi tra le mani un caso di sifilide,
non una
scoperta del genere! E tu sei andato da Bennett a dirglielo?»
disse tutto d’un
fiato l’altro.
«Sì,
cioè no» rispose Harry, emozionato per la reazione
del
collega. «Gli ho detto che sono nelle condizioni di scrivere
un pezzo sul
passato della persona che si nasconde dietro al nome di Stone. Lui mi
ha preso
per pazzo. Ma io sono il genio del convincimento, quindi a fine
incontro mi ha
quasi pregato di fargli avere l’articolo» ok, non
è che l’avesse proprio
pregato, ma la verità non era troppo distante.
«E quindi?»
chiese Louis, che adesso sembrava sul serio
interessato.
«E quindi dovrò
scrivere un pezzo su Zayn, svelare la sua
identità, ma soprattutto il suo passato e la sua
personalità. Capire cosa c’è
dietro la streghetta e tutte quelle cazzate lì. Una cosa da
inserto culturale,
insomma. Non proprio il mio genere, ma chi se ne frega. Il Times,
Louis, il
Times!» ripeté, impazzito. «E non sai
neanche la parte migliore! Ho fino a metà
febbraio per scrivere questo articolo, e se Bennett ne sarà
soddisfatto – e lo
sarà perché sono un genio – mi
assumerà! Il Times! Certo, il contratto è solo
di tre anni e all’inizio specialmente dovrò
scrivere di stronzate e farò un
sacco di gavetta, ma il T-»
«Il Times, abbiamo capito
tutti, in sala» concluse per lui,
sorridendo. «Wow, non so che dire. Non ci credo»
«Ha detto che probabilmente
ho un fiuto incredibile per le
buone storie» si vantò, scrollando le spalle.
«No, dico, non posso
credere che tu ti scopi uno e poi
scopri che è tipo l’uomo più ricco
d’Inghilterra ma che, non si sa come,
nessuno sembra conoscere né di nome, né di
faccia. A proposito, com’è?»
perché
anche l’occhio vuole la sua parte.
«Mi sono mai portato a
letto uomini di brutto aspetto?»
domanda retorica. «Ti dico solo che passare tempo con lui per
scoprire ogni suo
segreto sarà la cosa più semplice che abbia mai
fatto»
«E sei sicuro che lui
voglia passarne con te, di tempo?»
domandò Louis. Harry non avrebbe voluto degnarlo di
risposta, perché insomma,
ma era contento e si sentiva
buono e gentile.
«Sono sicuro. Te
l’ho detto, l’ho già rivisto. Usciamo
anche
stasera. Comunque, qui mi serve il tuo aiuto» disse,
arrivando al punto. «Dopo
aver scoperto tutto, sono tornato a letto, invece di andarmene.
Ovviamente. E
la mattina ho fatto finta di essere tipo l’uomo perfetto e
gli ho fatto la
colazione. Non è che potessi dirgli che sono un giornalista,
quindi gli ho
detto che, dopo una lunga pausa, ho iniziato a studiare inglese e che
lavoro
part time in un panificio. Vedi di non dimenticartene, eh. Non buttarmi
tutto
all’aria o ti strozzo» concluse.
«Ma se neanche lo
conosco» obiettò giustamente Louis.
«Be’, non si sa
mai. Anzi, dovresti trovarti una specie di
falsa identità anche tu, giusto in caso. E evita di
inventartela sul momento,
se no ti confondi. E niente cose idiote o che abbiano a che fare con
supereroi;
e no,» disse, prevenendo l’altro. «non
puoi fare lo skater. E neanche il
cantante di fama mondiale»
«Rovini sempre tutto il
divertimento» sentenziò l’altro,
braccia incrociate ed espressione imbronciata.
«Ma mi ami lo
stesso» gli sorrise Harry.
«Sei fortunato che sia
vero» sbuffò Louis, quasi ghignando
di rimando.
Harry si alzò dal divano.
Era l’ora di iniziare a
prepararsi. Cominciava lo show, e lui doveva essere perfetto.
Note:
Ok, qui facciamo un balzo in avanti
di una settimana e
scopriamo cosa ci facesse Harry, nel primo capitolo, al Times (che ho
scelto perché
volevo una cosa figa e un giornale credibile. Insomma, Harry ha degli
standard
elevati).
C’è anche Louis
<3 tanto per, nel prossimo arriva Liam!
Non c’è Zayn, in
questo (e lo so che la cosa è taaaanto
triste), perché è più che altro un
capitolo di passaggio che mi serviva per
spiegare meglio le ragioni e le reazioni di Harry. Che, sì,
è un po’ meschino,
per usare un eufemismo. J
Uhm… non credo ci sia
altro da aggiungere (?).
Grazie mille a chi legge e segue e
perde tempo sopra questa
cosa!
Alla prossima ;-)