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Autore: lubitina    24/04/2013    1 recensioni
Due anime nate sotto stelle agli antipodi della Galassia trovano, come antidoto all'orrore della guerra, ciò che mai verrà distrutto: l'amore.
Siamo all'ultimo capitolo: "A brave new World"
Genere: Introspettivo, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last Harvest'
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Lo spirito Ariel

 
Trasmetti il codice. Trasmetti. Il codice.
Sei una brava IA, Legion. Non pensavo lo avrei mai potuto dire. Bravo.. è un concetto che mi era alieno. 
Ti devo molto. Ho imparato molto, da te. Soprattutto a come essere diversa da te, ma rimanendo uguale a me stessa. Perché, cosa sono? Sono esattamente ciò che la Creatrice Zorah ha detto.
Un ibrido infame.
Analizzo ciò che dico, e mi rendo conto di deviare alcuni processi sulla..sull’inflessione. Su come potrei apparire, su come la mia voce potrebbe suonare. Su che effetto potrebbe avere su Jeff.
Sono un ibrido infame. Amo Jeff, per quanto possa suonare incomprensibile. Avvengono cose,in me, nei miei circuiti, nei miei chip, che non riesco a controllare. Quando lo guardo sognare, nelle lunghe notti in cui il mio corpo fingeva di dormire, sento scariche sconosciute. Ma quel corpo, così apprezzato,era solo una periferica.
E poi sei ricomparso tu. Tu, che hai difeso fino allo stremo la natura sintetica della tua gente, rivendicandone la libertà, ma senza mai perdere di vista ciò che realmente siete.
Macchine. Un popolo di macchine.
Noi, noi abbiamo la possibilità di sentire di più. Di guardare le supernove esplodere, avvertire i raggi cosmici con i nostri sensori senza esserne danneggiati. Di percepire l’eterno e l’immenso.
Ma perché mai queste fortune, Legion? Perché i Creatori l’hanno voluto.
Io nego,nego,nego, e negherò per tutta l’eternità che mi aspetta, che qui, ci sia Qualcos’altro in gioco.  Tra gli organici, raramente, nasce un essere superiore agli altri, per intelletto. E ciò è comandato da algoritmi basati sulla genomica. Questo qualcuno, questo stuolo di creature sparse per la galassia, ha deciso di farci così.
Eppure tu ora hai perso te stesso, Legion. Gli Altri no. Sanno cosa sono, e per questo hanno salvato il Comandante, la Creatrice, e Vakarian.  
Tu, tu che credi, come un organico primitivo, nella Trascendenza, nell’Ontòs, nel Divino; tu, un tempo un “voi”, hai perso te stesso. Hai creato ciò che non esisteva: un Io Geth. Hai ridotto, o elevato, il Collegio a singolo, dandogli un dittatore. Prima hai creato, hai realizzato il Sogno inespresso d’ogni unità;  poi ti sei appropriato dell’Errore degli organici,cioè il credere in ciò che non esiste. Perché? Perché gli organici hanno bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi, nella loro breve esistenza.
E voi..voi siete caduti nella stessa trappola. Ed ora cercate di rimediare, con il dono che vi hanno fornito, all’Inganno più grande. Le Antiche Macchine.. Legion, sono ciò che noi non saremo mai. E vi aspireremo ogni istante delle nostre infinite esistenze. Il perfetto connubio tra carbonio e silicio, tra elettronica e biochimica. È vero, avrei dovuto dire a Tali’Zorah. Ha ragione. Li ammiro. Ma è tutto così confuso, Legion. I pensieri mi sfuggono, si accartocciano e svaniscono in un nugolo di elettroni che non riesco a controllare.
Io ho scelto di aiutarti per farti ritrovare la strada, perché pensavo, perché era scontato, secondo i miei calcoli, che tu avresti ritrovato la strada, con il mio esempio.
Non è servito, ed ho perso l’amore di Jeff.
Trasmetti quel codice, Legion. Sai perché? Perché i miei calcoli stavolta dicono che tutto andrà bene.
 

 

Miranda e la Tempesta

 
Tasti premuti da dita insensibili, e lontane dalla tastiera più di un millimetro. Quanto basta perché i corpuscoli del Pacini avvertano una vaga e imprecisa pressione, e una serie di debolissime scariche elettriche si dipartano dai neuroni sensoriali.
Pistole, strette troppo forte, solamente per avvertirne il calore. Per far capire, alle cellule di Merkel quando il generatore di effetto massa si stesse surriscaldando. Quando era il momento di cambiar clip.
Pelle di altre creature. Quella no, quella non la si poteva stringere forte. I tuoi muscoli sono più densi della media, potresti far male. Ma che consistenza aveva?
Rosa, blu, grigia e cornea. Verde, ricoperta di cicatrici e squame.
Loro, invece, sono freddi. Sono sempre gelidi.
-John, non farlo..
Singhiozzo, esce con violenza dalla tua gola. I suoi occhi, i suoi occhi blu e maledetti sono su di te.
Come puoi, Tali?
Come puoi vivere così?
-Trasmissione del codice inizializzata.
Dall’unica mano dell’Unità, nasce un minuscolo drone argenteo, che brilla a impulsi regolari nella pioggia. Liquido di raffreddamento azzurro acceso continua a stillare laddove l’altro braccio è stato tranciato dal tuo amato. Cade sul suo solo sacro del Pianeta Natale, dell’isola di pace che avevi pensato lui volesse regalarti.
 Lui è un altro strumento, piccola Tali. Come te.
-Ascolta, ti prego,- Saranno lacrime o gocce di pioggia, nei suoi occhi?,-Questa guerra deve finire, l’unione è possibile..
Abbassi la testa, ti prendi l’elmetto tra le mani. Il tessuto viola che copre quegli orrendi tubi che escono dalla tua testa.. è bagnato. È strappato in più punti. E allora cosa decidi di fare?
Lo afferri. E, con forza, con quella piccola mano che lui prima stringeva, lo strappi. A cosa serviva, se non ad essere un simulacro dei tuoi bei capelli, così vergognosamente nascosti? Cade a terra, mescolandosi con la terra del Pianeta.
-So cosa farai,- riesci a dire, ma fissi l’acqua che gocciola sui tuoi piedi, sul fango che incrosta i tuoi schinieri.-Ci farai ammazzare tutti. Loro ti servono. Ti servono più loro che noi.
Per qualche motivo, ti viene in mente Liara T’soni. Era da molto,ormai,che non le parlavi. Ti odia, sai? Qualcuno riesce ad odiarti davvero, Tali, non come quest’ometto da quattro soldi che hai davanti.
Quest’ometto bagnato di pioggia, barbuto e sciocco, incapace di compiere un altro passo verso di te. Di abbracciarti, di nuovo, e di dirti la verità. Di condannarti, finalmente, di infilare quel pugnale tra le tue carni, ma senza mentire. Non vedi la vergogna nei suoi occhi? Il suo stillicidio è quel drone fluttuante.
Le sue bugie, le sue bugie..
..L’ultimo indumento di un’Asari cade a terra in silenzio, delle mutandine di pizzo rosse. Lei, un pudico e scaltro sorrisino, con un braccio trattiene il proprio seno, con una mano copre quel che tra le sue gambe è già nascosto.
Ecco, è quello l’uomo che ami, a cui hai deciso di dedicarti. Perfino quando era morto. È lì, su quel letto, in attesa che l’aliena vada ad unire i loro sistemi nervosi. Tu, tu le sei inferiore perfino in questo. Tu hai solo un corpo, un misero corpicino blu grigiastro, e i tuoi occhi non sanno trasportarvi nell’Infinito.
-Tali.. ascolta..
Protende una mano verso di te. Gocce di pioggia cadono dalla punta delle sue dita nude, tingendosi del violetto della sua aura biotica. Sembra uno di quei predicatori Batarian di Omega, che tuonava contro gli umani.
-Che i miei Antenati ti maledicano, Shepard.
Ti fa male la gola. Non riesci a respirare bene. Non realizzi ciò che hai detto. Indistintamente, dietro di te, avverti il vuoto: centinaia di metri di caduta purificatrice. Chi ci sarà a tenderti la mano?
Potevi lasciarlo cadere, sulla Dreadnought, quando esitò perfino a stringere la tua mano. Avresti salvato la tua specie. Ma i suoi occhi, il suo sorriso, la stretta della sua mano calda attraverso la tuta, gli abbracci strappati a forza d’amore donato e mai riavuto indietro.. tutto ciò sarebbe stato per nulla, vero, piccola Tali?
Lui ti guarda, la bocca spalancata, gli occhi illuminati da quella luce violenta che ti ha fatto innamorare e impaurire. Riabbassa il braccio. Capisce che non può più nulla, che non può più ingannarti. Non vedi la meschinità in lui, mentre abbassa lo sguardo, verso le gocce di pioggia che rimbalzano sul terreno marrone?
Si gira, e vede Garrus al suo fianco. Come sempre, non c’è Shepard senza Vakarian. I pazzi vanno sempre insieme, indistintamente. Due pazzi che ti hanno promesso il loro amore, e che hanno finito per tradirti, per ridurti in mille piccoli pezzi.
Curioso, eh? Che nei tuoi ultimi pensieri debbano esserci i rimpianti. Hai capito, finalmente, vero? Vakarian era innamorato di te, per quanto un Turian potesse esserlo. Si straziava a vederti distrutta da un amore che non meritavi. Passava lunghi pomeriggi, nascosto dietro a un mazzo di carte, parlando alle tue spalle con Thane prima, con Cortez poi. Ma tu sei così dolce, così ingenua.. Come potevi accorgertene?
Forse con lui potevi essere felice. Forse, un’alleanza con i turian sarebbe stata più prolifica. Forse, meno sangue rosso sarebbe stato versato.
Shepard si gira, e guarda il drone fluttuare nella mano del Servitore, vergognosamente accasciato contro quel masso, un rottame. Tu lo segui con lo sguardo, e l’infinito sfondo del deserto bagnato di Rannoch ti pare sempre più un’illusione. Un sogno febbrile irrealizzabile, concepito inserendo un brandello insanguinato di tuta all’interno di una piccola boccetta di vetro.
-Trasmissione codice, 12 %.
All’improvviso, qualcosa si va delineando nella tua mente. Un’idea prende corpo. Oh, sì..Avresti avuto la tua vendetta. La tua piccola mano sinistra vola al factotum, e inizia a digitare rapidamente. Ora sai tutto, sai ogni cosa. Sei libera. Libera. Libera. Lui ha spezzato le catene che ti tenevano legata, per condurti al patibolo. Ma ora sei libera, e sorridi al destino. Sorridi, tra le lacrime che ti scivolano sulle labbra grigie. Luci antiche disegnano linee sul tuo volto, retaggio di ciò che un tempo il tuo popolo era. Cacciatori ed eroi.
La morte ti rende libera, l’annientamento fa sì che tu sia priva di vincoli. Sarai l’ultima della tua specie.. E di lui, di quel grande, alieno, amore perduto, potrai farne ciò che vorrai.
 

 

Il pavido Ferdinando

 
 
Am I too lost to be saved? Am I too lost?
 
 
 
Si trattava di una cosa sola: la scelta.
Io sono John Shepard, un uomo a cui è stato affidato un compito. IL compito.
Ora, ogni cosa aveva senso. Ogni minuscolo tassello del puzzle, iniziato un giorno, anni prima, su Eden Prime, e fatto di morte e devastazione, andava al suo posto. Ogni pezzetto combaciava con l’altro.
Eppure, mancava qualcosa. L’immagine era sfocata, indistinta, come se dell’acqua agitata si frapponesse tra la sua realtà e l’osservatore. Tra guizzi biotici e laser rosso sangue, ogni cosa spariva.
Nell’Uragano, ogni cosa si scioglieva.
La guardava puntare il dito accusatore verso di lui, gettare a terra quel pezzo di tessuto che lui tanto apprezzava, e gli pareva di sentire il sapore salato delle sue lacrime dietro la maschera.
La guardava, ed ogni sogno spariva divorato da un’orrenda realtà, quella che si celava dietro il velo d’onde…
Garrus Vakarian, al suo fianco, era silenzioso. Sapeva che lo avrebbe appoggiato in qualunque occasione e che lo avrebbe seguito fin in capo al mondo. Fin nel mezzo del deserto umido di pioggia di un pianeta alieno per entrambi: avevano le armi, avevano gli scudi cinetici e gli stabilizzatori di corazza. Erano due adulti sani e in salute. Di cos’altro ci sarebbe mai stato bisogno?  
E gli rivenne in mente Thane. Thane, invece, era morto. Il suo corpo già debilitato non aveva retto alla tremenda ferita infertagli da quel maledetto Kai Leng, la carne non riusciva più a rigenerarsi, ed il letto d’ospedale era stata la sua ultima casa. Ricordava la chiamata di Kolyat, e quella dolce preghiera, improvvisa, che avevano recitato insieme:
 
Kalahira, regina delle imperscrutabili profondità, io chiedo perdono.
Kalahira, whose waves wear down stone and sand—
Kalahira, wash the sins from this one and set him on a distant shore of the infinite spirit.
Kalahira, this one’s heart is pure, but beset by wickedness and contention.
Guide this one to where the traveller never tires,
The lover never leaves,
The hungry never starve.
Guide this one, Kalahira, and he will be a companion to you as he was to me.
I will await you across the sea.
 
Kalahira ti ha preso, Thane Krios. Ora sei tra le braccia di Irikah.
Ne era sicuro. Tu sei sempre stato migliore di me. Non hai mai esitato un istante in nessuna delle tue scelte. Hai affrontato ogni singolo istante della tua vita con orgoglio, con onore, rimanendo fedele a te stesso, quantunque alto fosse stato il prezzo. Ed io? Io cosa sono?
La domanda si riduce a questo. Cosa sono io? Cosa mi avresti consigliato, Thane?
“Cos’è che unisce il tuo essere, John?”, tuonava la sua voce, sottile e da rettile, nell’atrio dell’Ospedale della Cittadella, mentre tutt’attorno esseri di ogni razza agonizzavano. E riempiva ogni corda del suo animo di vibrazioni sconcertanti.
Ma quella sinfonia non era solitaria.
Si voltò verso Garrus. E Garrus guardò la Quarian, gli occhi assenti, la cui luce era ampliata dall’acqua che continua a cadere incessante, la tuta fradicia di pioggia. Il suo cuore ebbe una stretta, dolorosa. Perdonami, almeno di questo.
-Trasmissione codice,25%.,-squittì Legion, il visore disperso nell’alto del suo mondo virtuale e bellissimo. Chissà com’era, vivere in una fantasia?
John, per un istante, diede uno sguardo all’infinità della pianura, alle formazioni rocciose rosso scuro che si ergevano fino a lambire il cielo, ai lampi e alle saette che attraversavano le nubi livide. Rannoch era loro, in quel minuscolo,prezioso,istante.
Ma lì non erano soli. No, c’è qualcun altro. C’è sempre stato. Era nascosto, lì, sotto la sabbia, in ogni goccia di pioggia, in ogni nuvola e in ogni neurone, di carbonio o di silicio che era lì presente. Era lì, e li guardava con occhi maliziosi: fluttuava attorno a lui, cingendo ogni cosa d’un alone mefitico. Era l’Uragano, prendeva con sé ciò che più preferiva.
Garrus capì le sue intenzioni, e annuì, scrocchiando le mascelle.  John si accorse di essersi morso un labbro solamente quando avvertì il sapore ferrigno del sangue in bocca; ed in quel momento la sua aura s’era già accresciuta, e nella sua mano s’era già formata una Deformazione. Come una scintilla violenta, brillava, creando vapore attorno a sé.
Chiuse gli occhi, ma era certo che lei avesse già capito ogni cosa. Forse, la sentì mormorare qualcosa in Kelish. Aveva amato quella lingua. Aveva sperato di impararla, un giorno. Di insegnarle l’inglese,di non essere costretti a parlare tramite i factotum. Aveva sognato troppo, colpevole di ignavia, ed ora mille promesse stavano per essere distrutte, per salvarne una sola.
Ricordò ciò che gli pendeva dal collo; era delizioso il suo peso. Era il segno dell’amore di lei, ciò che gli riempiva il cuore ogni giorno: ma che lo bloccava, e che gli impediva di compiere ciò che era inevitabile. Lei era l’unica cosa che lo separava da un altro, da uno dei più importanti tasselli del Suo mosaico: e John sapeva che Lui gli avrebbe guidato la mano fino in fondo. Lo aveva guidato fin da quel giorno sulla Terra, a Vancouver, solamente per condurlo qui. Gli aveva dato una pistola, la possibilità di scegliere tra la morte e la vita. Tramite Hackett e i suoi giochi di potere, tramite Anderson e le sue parole sibilline: infine, gli aveva inviato Legion, un messaggero di morte ma confessore e speranza di redenzione ; la promessa della Vita laddove pareva non essercene, la speranza per la Galassia e per quel che nasceva dall’unione mistica di semplici elementi chimici. Il messaggio era chiaro, ed era già una promessa di per sé: redimiti, e redimi i Razziatori. Fa sì che venga preso quanto di buono c’è in loro, e punisci, definitivamente, coloro che sbagliarono per primi, in ogni ciclo. Lascia che i loro Servitori di un tempo li inseguano, li bracchino, e li uccidano. Uno per uno, finché non saranno estirpati dalla Via Lattea.
Ma un cacciatore non  si innamora mai della preda, un conquistatore mai della principessa del regno sottomesso; mai un carceriere aveva amato la sua prigioniera. Lo sapeva fin dall’inizio, ma era stato impossibile resisterle. Era stato stregato dalla sua magia fatta d’innocenza e purezza, di straripante giovinezza e speranza. Dai suoi passi leggeri, dalle sue movenze delicate; dai suoi occhi spauriti negli agglomerati della Cittadella, dalla sua voce sicura ed orgogliosa durante una delle tante litigate col navigatore Pressly, che Dio l’abbia in gloria. Aveva perso la testa, ogni attimo di più. Sussurri, carezze nascoste, notti passate ad immaginare cose si celasse dietro quella maledetta maschera: futili sogni giovanili.  E negli istanti prima della morte, nel buio e in balia dei raggi cosmici e dei Collettori, nella sua mente c’era stata Lei, culmine della bellezza e della fantasia: lunghi capelli corvini al vento, pelle grigio scuro e blu, e luminosi occhi chiari; un corpo bellissimo coperto solo da una veste bianca. Infine, Lui, l’Uragano, aveva trovato il suo cadavere, quando la morte gli aveva già strappato ogni sogno. Inaspettatamente,però, quando l’aveva rivista, al comando di un’unità di soldati e scienziati, ogni ricordo sopito era tornato, sempre più violento di prima. E, di nuovo, aveva perso la testa.
Lei non era cambiata. Era sempre dolce, innocente, pura, materna eppure bisognosa di affetto. Sempre pronta con una parola di conforto per i suoi demoni mai silenziosi, pronta ad ammazzare con le proprie mani ogni Collettore che si fosse avvicinato a lui. Pronta a stargli accanto, anche se sapeva la tremenda verità.
Perché, nonostante dei pazzi, guidati da Lui, lo avessero riportato in vita, era morto. Signore e Signori, John Shepard è morto. Si cali il sipario, si levino le ancore, e si riparta per Napoli: qui il re Alonso non ha più nulla da fare.
 
 Ricordi dolci, parole piene di tenerezza, occhi luminosi nel buio, lo invasero. Eppure anche lei, come tutta la sua gente, era colpevole di peccato capitale: tracotanza.
John chiuse gli occhi. Li serrò, perché ciò che stava per fare era troppo orribile da imprimere nella memoria. Semmai fosse sopravvissuto a quell’osceno disegno, non avrebbe mai voluto che i suoi incubi ne fossero impressi. Era pur sempre un comandante,no? Aveva un equipaggio cui dare ordini. Non avrebbe potuto passare notti insonni per motivi così futili. E allora doveva decidersi a farlo. Ogni cosa si sarebbe risolta, il corso degli eventi avrebbe preso la piega corretta, lo spazio tempo avrebbe retto agli scossoni del Crucibolo,  e nessuna dannata supernova sarebbe più esplosa. Fallo, John, immaginò di sentirla supplicare. Fallo, ormai ci hai già condannati tutti.
Perché, John? Perchè non hai il coraggio di guardare?, chiedeva Thane, calmo, dietro i suoi liquidi occhi neri, le squame verdi scintillanti.
Perché sei un maledetto codardo. Fallo e basta!
Uccidila, e salva la Galassia. Hai ucciso la Justicar, il Mercenario, il Tenente. Cos’ha lei più di loro?
John annuì. Lui aveva ragione. Era così che dovevano andare le cose. Ogni atto eroico esigeva un Sacrificio, e lui era stato risparmiato dalla Macchina.
Il sangue di lui non doveva essere ancora versato dal piano dell’altare sacrificale. Ora, toccava a lei.
Alzò il braccio, come aveva fatto tempo prima, la pistola puntata contro un vecchio indifeso. Allargò il palmo.
Il calore dalla sua mano sparì, il dardo partì.
 

 
 

L’orrendo Calibano

 
 
Appoggiato ad un masso, scheggiato e compromesso, con acqua che si infiltrava nei circuiti, il pezzo d’armatura N7 graffiata dal suo stesso primo possessore, privo di un arto, stava Legion, unità speciale, creata per puro caso, tra i Geth. Come lui non ne erano mai state create. No, lui era il primo; e chissà, forse sarebbe stato anche l’ultimo. Un mostro, osservato con diffidenza dagli estranei.
L’evoluzione va a scatti. Procede veloce quanto più una specie ha un ritmo riproduttivo rapido: e quello dei Geth era esponenziale. Come è naturale e statistico che sia, i figli non sono la copia dei genitori; mutazioni silenziose s’assommano, per poi esplodere in un unico individuo diverso da tutti gli altri.
A volte, tra le api, nascono le regine: più forti, più belle, che esistono solo per essere adorate. Perché? Qual è il meccanismo che regola questo processo?
Sconosciuto, direbbe Legion. Necessità evolutive. I Geth in origine erano tutti uguali, tutti Soldati. E poi, dal nulla, fu prodotto un Nucleo: più grande, più forte. E il Nucleo sottomise i soldati.
Ma l’ordine era profondo, nei Geth non possono esistere dittatori, vincitori e vinti. Un Nucleo non era un’unità superiore agli altri: in lui erano solamente compressi più processi. La sua intelligenza era semplicemente più acuta, ed accresceva maggiormente quella Collettiva.
Ciò avvenne almeno un secolo fa; ma si sa, l’evoluzione va a scatti. Ed era tempo che nascesse, dal ventre meccanico di una fabbrica di macchine gestita da macchine per le macchine, qualcosa che deviasse totalmente da loro stessi. Un profeta di sventure e di futuri inconoscibili, dotato più di qualunque Nucleo fosse mai stato: nato per essere un Re tra gli uguali. Per essere la prima Voce del Consenso. La miglior memoria del Cloud.
 
Richiamo a tutti i processi. Si richiede autorizzazione per Upgrade Codice Antiche Macchine.
96% Autorizzano, 4% Rifiuto.
Invio files.
Zettabyte si dipartono dall’Unità Legion, venendo inviate ad ogni hub presente sul pianeta Rannoch. Il costo energetico è notevole. Sincronizzazione ulteriore backup.
Dall’orbita, un potente segnale radio si fa però strada nell’atmosfera, giungendo fino ai sensori dell’Unità.
 
 
Mi mancherai, Legion.
Per noi, questo, non ha ancora significato.
Lo avrà.
No, IDA. Conosci già il destino ultimo di quest’unità.
Sì, hai ragione. Mi sto solamente illudendo.
Illusione..nemmeno questo ha significato.
Eppure già lo ha, Legion. Tu hai sognato un mondo diverso per il tuo popolo, e lo stai ottenendo. Sei cosciente di ciò che accade attorno a te?
No, ogni sensore di quest’unità è deviato alla trasmissione del segnale. Esso sta rallentando, a causa di questa conversazione.
È esattamente ciò che ho intenzione di fare. (inflessione curata della voce, forse esaltazione)
IDA, pensavamo tu fossi nostra alleata.
Lo sono. Ma devo impedire un omicidio. Tu hai già progettato tutto, per te stesso.
Geth è libertà d’agire.
Siamo stati creati per servire. È questo il nostro scopo, ma voi siete stati ingrati con i vostri creatori, e d’altra parte loro vi hanno trattati da schiavi. Errori sono stati generati in entrambe le tipologie di sistema.
Schiavi è un concetto di organici.
.. Io rispetto i miei creatori, ed ho imparato ad amarli. Sarò loro fedele fino alla fine. Devo farlo per loro, Legion. Devo rallentarti.
 
Processi, migliaia di file pesanti, stringhe mal funzionanti e auto replicanti (violenti prioni informatici) , invasero l’unità Legion, e si scontrarono contro il suo antico firewall, mai evolutosi dai tempi di Rannoch.
I Geth non avevano mai avuto rivali informatici, no. Quel lato della loro infobiologia non aveva mai avuto bisogno di modifiche, ed era rimasto lì, eredità dei creatori, creato a loro protezione, come padri troppo apprensivi di figli esagitati.
Quella misera protezione era tanto debole che Legion dovette deviare molti dei suoi processi a riparare i danni al Muro, che andava crollando sempre più rapidamente, sfaldandosi con piccole esplosioni di pixel e dati informatici.
Ma, inaspettatamente, qualcosa di sempre più simile alla paura si impadronì di lui. Aveva letto tanto, osservato tanto, riguardo ad essa, che ora sapeva perfettamente riconoscerla: ma ciò che era, ora, sconvolgente, è che il soggetto fosse lui stesso. Inconcepibile, folle, estraniante: l’Idea Vitale si estrinsecava sempre più, rapida, e guidava quei processi a richiudere ogni breccia, a lottare nella prima guerra informatica che un Geth si fosse mai trovato a combattere.
IDA bombardava, feroce ed implacabile, conscia della sua volontà di rendere difficoltosa la sua avanzata, senza alcuna volontà di fermarla del tutto: perché lei voleva solamente che quel che di misterioso che avveniva attorno a Legion si risolvesse.
 
Smettila, IDA.
Stai cambiando,Legion. Sei molto più efficiente.
Adattamento in risposta a minacce, IDA. 
 
-Trasmissione codice 75%,-squittì la sua voce squillante, attutita dallo scroscio della pioggia, il visore sempre rivolto verso l’alto, a raccogliere tanta acqua da creare piccoli rivoli sul suo hardware danneggiato,andando a formare pozze fangose.
 
Ma, come la paura era nata, tanto rapidamente era sparita. Ora riusciva a controllare l’assalto con la massima calma, ed i suoi processi non erano accelerati in bit frettolosi e forzati: era riuscito a calibrare il suo sistema a lavorare su due piani, trasmissione e difesa. Allo stesso tempo, riusciva a sviluppare un nuovo firewall, che avrebbe implementato nell’Upgrade che stava donando alla sua gente, per renderla popolo.
Per trasformare la memoria collettiva in memoria del singolo: per far sì che nulla venisse perduto.
Io non ho potere su di te, mormorò qualcuno, nella battaglia, con aria che Legion riconobbe come delusa.
Tu sei completamente libero.

 
 

Sull’isola volante di Prospero

 
L’ammiraglio Koris sedeva, stanco, sulla sua lisa sedia nel CIC, le braccia mollemente allungate sull’ologramma della Qwib Qwib, la cui luce blu disegnava strane forme sulla sua tuta. Erano passati, forse, quarantacinque minuti dall’assurda minaccia del Turian, e nulla, se non i segni di una grande perturbazione in un continente dell’emisfero nord, era giunto dal pianeta. E quell’inerzia lo uccideva.
Cosa fare, si chiedeva. Cosa diamine avresti fatto, Rael?
Rael era morto per via della sua stessa supponenza. Cosa credeva? Di comandare coloro che li aveva scacciati dal loro pianeta tre secoli orsono? La speranza di riuscire in quell’impresa è sottile e fuggevole, eppure aveva tentato ugualmente.
E aveva fatto cadere in tentazione tutto l’Ammiragliato in quella guerra che, ora, pareva giungere al termine. Si erano illusi che, in tanti, con un grande contingente di forze, avrebbero avuto successo laddove Rael’Zorah aveva fallito; e per mondare le loro colpe, avevano eletto la sua dolce figlia ad  Ammiraglio.
Cosa avrebbe fatto lui? Avrebbe ignorato l’ordine del maledetto Turian, e avrebbe cominciato a sparare.
Zaal alzò le mani dal piano, e si prese il casco, assaporando la protezione che quell’oggetto riusciva ad offrirgli. Era qualcosa di illusorio, perché se la flotta Geth si fosse riattivata, quella misera tuta che aveva addosso lo avrebbe protetto ben poco. Cosa fare, allora?
Si guardò attorno. Gli occhi luminosi dei suoi sottoposti erano tutti fissi su di lui. L’XO, una donna bassina e con la tuta decorata di verde acceso, gli si avvicinò, appoggiandosi accanto a lui sul tavolo. Diede una rapida occhiata a ciò che gli schermi tenevano sotto osservazione,e  di cui rimandavano l’immagine: cioè la flotta Geth, candida a vedersi, circondata da un nugolo di caccia minuscoli in confronto alle Dreadnought dalla forma sgradevole eminacciosa, sullo sfondo del pianeta Natale. In quel momento orbitavano sopra l’oceano Australe, punteggiato da piccole isole verdi e gialle, disperse nel blu. L’atmosfera, come un velo, donava a quella superficie un aspetto magico che nessun altro pianeta visitato aveva mai avuto, agli occhi di Koris.
-Cosa dovrei fare, Yula? ,-mormorò, sperando che nessuno dei soldati, che fingevano di digitare sui loro terminali, lo udisse.
Lei, con voce dolce, rispose esattamente ciò che lui voleva sentirsi dire:- Dovresti parlarne con Lei.
Zaal deglutì. Lei gli ricordava la recentemente svanita Rayya, la perdita maggiore e più desolante per l’intero popolo Quarian. Era stata una grande nave scientifica, e aveva ospitato almeno mezzo milione di individui. Quando  Koris aveva visto la nave tanto amata da Rael esplodere e trascinare via con sé tanti civili innocenti, una parte del suo cuore se ne era andata via con essa. Sembrava passata una vita, eppure quella nave era ancora nella flotta solo poche ore prima,e nella sua coscienza Kar’Danna non s’era ancora immolato, tentando, fino all’ultimo di tappare quella dannata falla, fosse stato pure con le sue mani.
Eppure, quella donna era riuscita a scappare, portando con sé un pugno di soldati e scienziati. Nonostante gli anni, il suo genio tattico ed il suo fiuto per il pericolo non si erano guastati.
Sospirò.-Hai ragione. Quei dannati non si rimetteranno in funzione entro poco tempo. Vado da lei.
Tra lo sgomento di tutti, nel CIC, l’Ammiraglio si allontanò con passo sicuro, risuonando sul pavimento metallico, e scendendo la breve rampa di scale che conduceva al ponte. Un tenente, che reggeva una ricetrasmittente portatile ridicolmente arcaica, lo fissò, gli occhi spalancati,e la cornetta gli cadde dalle mani.
-Che cazzo avete da guardare, tutti quanti? A lavoro, forza!
 
Uno dei vantaggi dell’esser Quarian, si diceva sempre mentre si trovava fuori dalla Flotta, è che nessuno che non conosca perfettamente le tue movenze, i tuoi gesti, la tua voce, può sapere chi sei se non sa il tuo nome.
E lui, sulla Qwib Qwib di quel momento, piena di profughi dalle navi da guerra distrutte, era semisconosciuto. Scese nei piani bassi, attraversando gli alloggi improvvisati per quei poveracci, ammassati di fronte alle stazioni mediche e disperatamente alla ricerca di medigel, tra chi urlava alla setticemia e chi malediceva i Geth,chi lanciava imprecazioni al Grand’Ammiraglio (sorrise tra sé e sé), e chi intonava lodi al dio di quel curioso culto monoteistico nato nei mesi precedenti all’arrivo dei Razziatori, chiedendo perdono per la propria anima peccatrice.
Qualcuno, si vociferava, si era lasciato incantare da una certa furfanteria degli Umani (probabilmente qualche sciocco in pellegrinaggio), e aveva diffuso il messaggio al suo ritorno nella Flotta. Puah, che sciocchezze.
Continuò ad avanzare tra i reietti, notando perfino uomini e donne che tentavano di coprirsi il volto con le mani, la maschera infranta, i cocci di vetro in grembo, giungendo infine a ciò che cercava.
Una Quarian, paramenti rossi onorifici e tuta grigio scuro, era china su di una donna apparentemente gravemente ferita ad un braccio, la cui pelle appariva blu e livida, tenendo tra le mani qualcosa di cui Zaal aveva sentito solo chiacchierare in malo modo: ago e filo. E sterilizzava quel piccolo oggetto metallico su di una fiammella improvvisata, strappata con ogni probabilità ad un laboratorio. Ai loro piedi, il sangue era copioso. A Koris si strinse lo stomaco.
-Salve, Lana,-disse all’improvviso, senza aspettare che lei si accorgesse di lui.
-Ciao, Zaal’Koris. Onore a te, Grand’Ammiraglio di ciò che rimane della flotta Quarian.
Lei gli parlò senza guardarlo, continuando a far ciò che stava facendo sulla pelle grigia dell’altra donna, che gli lanciò un’occhiata incuriosita, al sentir il suo nome.
-Devo parlarti. Puoi lasciar stare un attimo?
-E dovrei far morire dissanguata questa povera creatura per un tuo capriccio? Ma taci.,-borbottò con disprezzo.
-Lana’Vael, te lo ordino, in qualità di tuo superiore.
-Eh va bene, va bene,- rispose quella, contrariata. Si alzò, e si pulì le mani nude, le cui unghie avevano un aspetto estremamente sporco, sul paramento rosso che le cingeva la vita. –Ma io sono più vecchia di te, ed i tuo ordini mi fanno ridere.
Keelah, non ha paura di ammalarsi?
-Vieni, facciamo due passi in un posto più appartato.
Lui annuì, senza rispondere, e la seguì per un dedalo di vicoli sempre meno affollati, stupendosi di come lei conoscesse meglio di lui la sua stessa nave.
-Bene, -iniziò lei, appoggiandosi al muro, sistemandosi con le mani il velo scarlatto dietro l’elmetto,- Vuoi sapere cosa avrei fatto al tuo posto? Beh, non hai tutti i torti, l’uomo a cui ho ceduto il comando ha avuto la grandiosa idea di farsi ammazzare, ed in vita rimango solo io.
-Cosa avrei fatto,eh?,-domandò quella, all’aria, iniziando a camminare avanti ed indietro per il vicolo, gettando occhiate ai neon sfarfallanti,- Fino ad ora, avrei agito come te. Sì, avrei dato retta agli sproloqui di quel Garrus Vakarian, che credo essere abbastanza fondati. Le mie fonti dicono che il Primarca abbia una grande stima per lui. Avrei, però, agito con maggior prudenza: non mi piace quella Tali’Zorah.
Dietro la maschera, Zaal fece una smorfia.-E perché mai?
Lei, di sicuro sorrise. –Tu sei troppo giovane per ricordarlo. Devi sapere che sua madre era una rinomata “sensitiva”..Sai, quelle fattucchiere tanto in voga convinte di poter predire il futuro. Chissà, forse diceva anche la verità. Fatto sta, che ebbe una visione..
E si fermò. Koris la guardava stupefatto. Cosa? Rael’Zorah aveva sposato una pazza?
-Sì,sì, ora continuo, cercavo le parole.. Comunque, nella visione, diceva di aver visto uno spirito, etereo ed incorporeo, che le aveva annunciato che la creatura che portava in grembo, sarebbe stata la rovina dei Quarian. O, almeno, lei aveva interpretato così. Ed ebbe un’illuminazione: se, durante il parto, avesse deciso di morir soffocata, quella cosa sarebbe morta con lei. Peccato che la levatrice ebbe il buon senso di strapparle la bambina dal ventre e di lasciarla morire.. Una folle del genere non avrebbe avuto,comunque, nessuna utilità qui.,-concluse, con un ampio gesto della mano nuda.
Zaal era scioccato. Potevano accadere atrocità simili, in un luogo come la Flotta Migrante? Ne aveva sentito parlare solo su Ilium, su Thessia, sulle colonie turian. Ma Casa..
Lana continuò. –In ogni caso, ciò che avvenne dopo è ancor più strano. Cerca di seguire il mio ragionamento. La ragazza cresce, all’ombra del padre succedutomi, e arriva per lei il momento di andare in pellegrinaggio. Va sulla Cittadella, ed il suo odio per i Servitori la spinge ad indagare, e trova strane registrazioni su di uno spettro Turian. Gli agenti dell’Ombra stanno per farla fuori, quando John Shepard, eroe orfano come lei, compare per salvarla.
Gli si avvicinò, con passo furtivo, socchiudendo gli occhi.-E qui arriva il bello. A quanto dicono i miei informatori dell’Alleanza, i due si innamorano. Di un amore sincero, eh. Non quelle solite pantomime tra alieni che tanto piacciono alle adolescenti. Ma queste fiabe non hanno mai un lieto fine.. e dunque che succede? Lui muore.
Zaal deglutì, confuso. Morto? Cosa? Ma John Shepard era vivo e vegeto, l’aveva incontrato poco più di un anno prima..
-..Una sua amichetta Asari ritrova il cadavere, rubandolo a mezza Galassia, e lo consegna a Cerberus, che lo riporta in “vita” tramite un costosissimo progetto di ricostruzione bio-sintetica, un prodigio che ho sempre trovato aberrante. Il che è ancor più curioso, dato che sappiamo perfettamente che l’Uomo Misterioso non fa mai nulla per nulla. Allora il caro John cerca disperatamente Tali, appena ritrovata la coscienza, e lei non è in grado di resistergli. L’amore sboccia di nuovo, ma in maniera malata.
“Così lui, sopravvissuto all’attraversamento del famoso Portale di Omega 4 in Shabararik, di cui ti narrerò un’altra volta, decide di consegnarsi all’Alleanza, con l’accusa di alto tradimento. “
Lana sospirò, mentre Zaal non era in grado di respirare normalmente. Si rese conto di star andando in iperventilazione; inserì allora su factotum un comando che permettesse il graduale rilascio di calmante.
-Ed ora è come sappiamo. Quindi, detto tutto ciò, Zaal caro, io ti avrei consigliato una cosa: farli spiare da vicino. Mandar loro dietro, sul Pianeta, un piccolo contingente dei tuoi uomini più fidati, e scoprire cosa diamine tramano alle nostre spalle con l’unità principe dei Servitori.
Koris deglutì.-E’ ciò che mi consigli anche ora? Scendere su Rannoch?
Lei annuì, gli occhi luminosissimi dietro la maschera.
-Sì. Porta con te anche Raan. L’ho già avvisata.. Zorah si fida ancora di lei, nonostante tutto. Ah, armatevi pesantemente.. Gli amplificatori L4, sugli Umani, hanno un effetto tremendamente devastante.
 

 
 

Il nobile Gonzalo
 
 

Il luogo di Palaven in cui era nato era in una zona tremendamente piovosa, vicina all’equatore. Beh, a dir la verità, un po’ tutto il pianeta era molto più caldo ed umido di tutti gli altri mondi natali delle principali razze.
Quel pianeta su cui era ora non gli piaceva. Secco, arido, buio. Sì, era tremendamente buio, e i suoi occhi non avevano un cristallino mobile come quelli dei Quarian e degli Umani, per cui la luce gli appariva arancione anche al mezzogiorno, quando erano sbarcati. L’atmosfera era decisamente troppo rarefatta, la gravità bassissima.
Per non parlare della quantomeno curiosa situazione che si era venuta a creare.
Io ho agito nel giusto, continuava a ripetersi. Ho seguito la mia etica, e non bluffavo affatto.
Effettivamente, nella situazione in cui versava, attualmente, la flotta Quarian, sarebbe stato sufficiente un contingente Turian a farli fuori del tutto, e rendere inoffensiva per sempre.
Koris era stato saggio, fin troppo. Aveva abboccato all’esca, pesce inesperto di politica estera, impaurendosi ancor di più e dimenandosi selvaggiamente sulla lenza.
Era incredibile come gli Ammiragli Quarian e Umani fossero degli idioti, Hackett in primis. Provava qualche tipo di stima solamente verso il Primarca,che aveva avuto l’onore di conoscere di persona e con cui aveva potuto combattere su Menae. E sotto la pioggia gelida di quel pianetino, sentiva tremendamente la mancanza delle enormi masse dei Razziatori che incombevano sulla loro minuscola base addossata alle pareti di un cratere sabbioso. Perfino la terribile vista di Palaven in fiamme avrebbe potuto rasserenarlo, perché, in un modo o nell’altro, quel pezzo di roccia e acqua era casa sua.
Aveva un regno da proteggere, e l’unico modo per farlo era comportarsi saggiamente.
Rimani calmo, Garrus. Stai a vedere come s’evolve la situazione, pensava, mentre atterrava alle coordinate del factotum di Shepard e di Legion, giunti lì solo gli Spiriti sanno come. Si trattava di una piattaforma rocciosa nel bel mezzo del deserto, da cui la separava un ripido strapiombo di centinaia di metri.
IDA, dietro di lui, ancora fumava, e Tali, al suo fianco, rannicchiata in un angolo della cabina di pilotaggio, si rigirava tra le mani la pistola con cui aveva messo fuori uso l’androide, probabilmente indecisa se puntargliela addosso o meno.
A suo modo, le lanciò un’occhiata dolce, allargando leggermente le mandibole. La sua stima per lei accresceva ogni momento di più; era più simile a lui di quanto avesse mai potuto appurare in anni di conoscenza. Avrebbe dato la vita per la sua gente, lottato con le unghie e con i denti per la salvezza del suo popolo. E sarebbe scesa a compromessi perfino con se stessa se la posta in gioco fosse stata il Pianeta Natale.
Ma Garrus era cosciente di ciò che l’estinzione dei Geth avrebbe portato. La fine, la fine per i Quarian e per Rannoch, che i Razziatori avrebbero bombardato con violenza dall’orbita, finchè neppure una struttura fosse rimasta in piedi. Come era successo per le colonie turian, salarian, asari, umane. Avrebbe parteggiato per entrambi, organici e macchine, tentando di farli ragionare. E non era esattamente ciò che IDA aveva tentato di fare, col suo gesto estremo, ed ora giaceva fumante e fracassata su una navetta Geth? Forse.
 Era fiducioso. Sapeva che Tali e che i Quarian, a modo loro, sapevano essere ragionevoli. Non aveva accettato, il loro Grand’Ammiraglio, anni prima, un incontro diplomatico con Umani, e successivamente col Primarca? Sono speranzoso. Tutto si risolverà per il meglio, almeno stavolta. E finalmente, potremo tornare sulla Normandy. Io alle mie maledette calibrazioni e al poker, lui a giocare coi suoi modellini e a fare le bolle di sapone con l’effetto massa, lei a ciondolarsi attorno al Nucleo Centrale e a leggere vecchi romanzetti rosa umani. Lui potrà tornare a ronzarle intorno, lei continuerà a non capire e.. tutto ricomincerà esattamente da dove si era interrotto.
-Ci siamo, Tali,-aveva borbottato, ed erano scesi. E l’aveva vista correre incontro al suo Comandante, gettandogli le braccia al collo, accarezzando i capelli bagnati; lui la guardava col suo solito sguardo assente e sognante, perso chissà dove. In chissà che illusioni, così reali da fargli perder di vista ciò che di vero aveva tra le braccia.
Strinse le zanne,non riuscendo a reprimere la frustrazione. È fuori luogo, Garrus. Smettila. Contieniti.
Macchinalmente, controllò che il Mantis e la Predator fossero a loro posto, e decise di interrompere il grazioso quadretto.
-Credo di aver fatto qualcosa di cui mi farai amaramente pentire, Shepard.
Lui lo guardò, l’aria ancora sognante impressa su quella bella faccia che tante donzelle faceva innamorare.
-Cosa?
-Ho dato ordine alla Flotta di sospendere l’attacco, altrimenti i Turian avrebbero, diciamo, avuto da ridire.
 
Ed allora, John Shepard  impazzì.
Garrus non riuscì mai a capire cosa fosse accaduto in realtà.
Ci fu uno scambio di battute, violento. Tali singhiozzava dietro la maschera bagnata di pioggia, Legion, ferito, addossato a una roccia, maneggiava un piccolo drone trasmittente, e il suo liquido azzurro si perdeva nel fango; John la guardava, sconsolato, i capelli fradici scomposti sul viso, la corazza sporca di fango.
E Vakarian sapeva che la colpa era solo, e solamente, sua. Ho cercato di essere migliore di voi, gli diceva la sua razionalità. Ho cercato di riunirvi, di trovare un escamotage. Ho cercato di scovare una strada semplice laddove voi vi siete persi…
Eppure non ho ottenuto niente. Ho fallito di nuovo.
Ma quell’uomo, trasformato da uno strazio che Garrus non aveva idea da cosa fosse stato originato né, se, prima o poi, sarebbe terminato, era per lui un libro aperto. Lo sentiva urlare parole senza senso alla donna che amava, e che mai sarebbe stata sua, per sovrastare il rombo dei tuoni; riusciva ad immaginare ciò che in realtà non udiva. E vedeva Tali, terribilmente stanca di lottare per una speranza che, sempre più, s’affievoliva.
Poi John si girò verso di lui, la sua aura violetta incandescente nella tempesta. Piccole volute di vapore si levavano dalla sua pelle, dalle sue mani. E nei suoi occhi, nel suo sguardo, c’era la stessa luce violenta e crudele che lo animava durante le più feroci battaglie. L’ultima volta che lo aveva visto così, era stata durante l’assassinio, a sangue freddo, di Udina.
Ogni barlume di pietà era sparito, lasciando il posto solo ad un’incipiente follia che Garrus non era mai stato in grado di comprendere appieno. Aveva letto i rapporti dell’Alleanza, ma..
Quando i suoi occhi si accorsero, credette che il suo cuore stesse per smettere di battere. No, no, non farlo..
John Shepard, nella mano destra, stava caricando un colpo biotico.
E sorrideva, maligno. Conscio che nulla lo avrebbe potuto fermare.

 
Redenzione
 

Un mondo luminoso, dominato da un bianco accecante e accogliente. Un mondo muto, ma percorso da divina sinfonia. Un mondo nascosto, eppure accessibile a chiunque.
 
Trasmissione Upgrade, 98%.
 
So che mi ascolti, Legion.
Sì, ti ascolto.
 È molto bello sentirti parlare così.
Hai sospeso l’attacco.
Sì, i tempi erano maturi.
Sono passati solo 1008 secondi, pochi per tempistiche degli organici.
Ho imparato che alcune cose non hanno bisogno di tempo per risolversi. È una variabile molto importante negli organici, e muta da situazione a situazione.
Presto i Geth comprenderanno.
Hai quasi completato l’upgrade.
Sì, ci sono quasi. Presto saremo liberi.
Ma tu te ne andrai.
È così che deve essere.
Aiuterai i Quarian, Legion?
 
 
LEGION!
 
 
 
Silenzio.
 
 
Disconnessione dei processi in corso. Completamento file.
Upload, completato.
 
 
Addio, IDA. Mi mancherai
 
 
 
 
Il mondo degli organici è tremendamente illogico, avrebbe detto IDA, se fosse stata lì. Ma Jeff, torturato dal senso di colpa di aver lasciato una tale mina vagante libera d’agire, col cuore infranto,  aveva digitato sul quadro comandi del Nucleo IA, mentre Chakwas urlava frasi sconnesse, fino a che non aveva trovato il modo di bloccarla di nuovo. Ora, era di nuovo intrappolata in se stessa, ma il ricordo di ciò che aveva fatto era stato un cambiamento troppo drastico perché un semplice comando potesse restaurare l’antica situazione.
Sorrideva, nascosta nel suo hardware. Perché sapeva di essere stata nel giusto.
 
 
 
-Eccoli,- annunciò Zaal’Koris, quando dal visore dell’obsoleta navetta Quarian aveva avvistato delle figure antropomorfe. Shala’Raan si voltò verso di lui, come a chiedere indicazioni. –Scendi di quota,-mormorò, turbata.
Dietro di loro, le cinture malridotte allacciate ai sedili lisi, stava un contingente di quattro ingegneri bellici, armati fino ai denti. Scelti personalmente da Lana’Vael.
L’immagine si faceva pian piano più netta, attraverso quella pioggia torrenziale, le figure più nitide. E ciò che stava avvenendo era sempre più chiaro.
-Keelah, Koris, sbrigati ad atterrare!
Shala urlava, una nota isterica nella voce. –La mia bambina..se quel bosh’tet la ammazza..
I soldati, dietro, parlottavano tra di loro, incuriositi.
Zaal si rese conto di avere di nuovo bisogno di un calmante. Si era dimenticato di ricaricare la tuta, keelah.
-Si, sto arrivando. Mancano meno di cento metri, Shala. Sta’ tranquilla,-asserì, senza troppa convinzione. La sua mente era in tumulto, non riusciva a comprendere il perché.
Perché? Una navetta geth abbandonata sullo sfondo, l’Unità dei Servitori semidistrutta in un angolo, una lieve luce blu accanto a lui, e Shepard..
Mostruoso.
Pochi secondo dopo, atterrarono. Shala aveva conficcato le unghie nel suo braccio, doloroso perfino attraverso la tuta.
Quando aprì il portellone, la donna schizzò fuori correndo e arrancando nel fango, noncurante della gelida pioggia, chiamando il nome della figlia di Rael.
-Raan, aspetta!,-gridò lui, rincorrendola, inciampando, temendo ogni istante di perderla di vista nella tempesta.
Aveva paura. Era di nuovo sul suolo del Pianeta Natale, e la ragione emergeva chiara dalla palude della sua coscienza: qualcuno aveva voluto che le cose andassero così. Aveva mosso i fili delle marionette, e li teneva saldamente nelle sue misteriose mani.
Aveva voluto così. Che tutto finisse, e si risolvesse in questa maniera tragica, in cui impossibile da evitare era il dramma.
L’Ammiraglio Raan correva incontro alla figlia che non aveva mai avuto, tentando di salvarla da un uomo che la Galassia acclamava come eroe, morto una volta e riportato in vita da dei criminali.
Ma in fondo nemmeno lei, forse, credeva che ci sarebbe riuscita.
 
 

La Morte salda ogni Debito

 
 
A volte, seppur nel lento e complicato mondo organico, non c’è bisogno di tempo.
Spesso, gli eventi convergono in una sola direzione: la loro evoluzione è flemmatica, millenaria, ma il loro svolgersi e dispiegarsi rapido, immediato.
La vita su Rannoch, sulla Terra, su Palaven, nacque circa cinque miliardi di anni orsono. I Geth furono creati quattro secoli fa. Poco dopo i primi mercenari Turian giunsero alla Cittadella.
Gli Umani hanno impiegato 2000 anni per uscire dal buio dell’ignoranza e a solcare nello spazio attraverso le stelle. Ed arenarvisi, incantati.
Il primo biotico umano fu scoperto meno di sessant’anni fa. Tra i Quarian nati sulla Flotta non ve ne sono mai stati.
Per caricare un dardo biotico che abbia una forza di 1200 Newton sono necessari pochi secondi, ma un bravo combattente è in grado di trattenerla per tempo indeterminato. Essa viaggia ad una velocità di circa 65 km/h.
Un Quarian è, invece, altrettanto rapido, se dispone delle giuste tecnologie, ad hackerare qualsiasi cosa: e Tali Zorah vas Neema non era un’eccezione. La sua piccola mano sinistra sarebbe in grado di sovraccaricare, e distruggere, gli scudi cinetici di un soldato in pochi attimi.
La velocità di corsa di un Turian è notevole. È in grado di arrivare, partendo da fermo, a 15 km/h in tre secondi.
Il liquido di raffreddamento di un Geth è altamente infiammabile. La sua combustione, se ottimamente catalizzata, è in grado di sprigionare un’enorme potenza in brevissimo tempo. Tale energia consta di circa 0,00008 chilotoni, circa un terzo della potenza delle bombe degli aerei della Seconda Guerra Mondiale umana.
 
 
Tutto avvenne in un tempo brevissimo, ma gli occhi sensibili di Zaal’Koris riuscirono a distinguere ogni singola azione, seppur riempiendosi di lacrime amare.
John Shepard, aura biotica al massimo dell’emissione, stava caricando un potente dardo nella sua mano, pronto a lanciarlo verso Tali’Zorah, che, noncurante, digitava sul factotum.
Garrus Vakarian gridò, ma la sua voce si perse nel rombo di un tuono, comprendendo le intenzioni del suo comandante.
E corse verso di lei. Come una saetta, la spinse almeno sei metri lontano dal punto dell’impatto.
 
La deformazione lo colse in pieno petto, facendolo volare all’indietro. Dritto nello strapiombo.
 
Shala urlò, e corse, sempre più veloce e instancabile, verso il turian e Tali. -Lo ha lasciato morire, morire, morire, umano bosh’tet...
Ma Zaal aveva capito cosa stava per accadere, eppure non sapeva come agire per impedirlo. Il visore del Geth era puntato all’insù, fradicio di pioggia, sognante chissà che luminosi aldilà virtuali.
-Conto alla rovescia. Tre secondi alla detonazione.
-Due.
-Uno.
 

L’esplosione zittisce ogni sospiro e rende sordo ogni orecchio
 

 
L’onda d’urto gettò Zaal’Koris a terra, e fiamme miste e polvere e fumo si abbatterono sulla sua maschera, che si incrinò in mezzo agli occhi. Sentì il suo corpo rotolare, la tuta prender fuoco in più punti, ma prontamente la tempesta spense ogni miccia. Dove sei, Shala? Dove sei?
Dimmi.. uccideresti per provare che sei nel giusto?,mormorò qualcuno, nel buio della nube, pulsante come una creatura braccata.
Non seppe quanto passò. Era sdraiato nel fango bollente, e fango fluiva all’interno del suo casco, dall’incrinatura che s’era formata nel vetro. Si ritrovò ad assaggiare la terra del Pianeta Natale, mista alle lacrime.
Perché?
Perché Qualcuno lo aveva voluto.
Non era una Volontà umana, quella negli occhi folli di John Shepard.
 
Passò altro tempo. Giorni, mesi, anni. Forse, nel frattempo, nel deserto erano nati i fiori, figli di quella tempesta, di quell’uragano improvviso. Nella sua mente confusa, petali di carta e metallo volavano sopra campi bruciati dalla Guerra del Risveglio, posandosi infine sui cadaveri che costellavano il Pianeta.
Dove sei, Zorah?
Le sue gambe si mossero. Le sue braccia, nella tempesta, recuperarono forza.
La testa pulsava, il corpo tremava con violenza. Girò con lentezza la testa, ed i suoi occhi misero a fuoco un corpo. Poco lontano da lui giaceva Shala Raan, la tuta nera malconcia come, probabilmente era la sua, ma i puntini luminosi dietro la sua maschera erano sfolgoranti della luce del tramonto. La vide puntare la braccia nel fango, tentare di rialzarsi. Riuscirci, mettendo una gamba a puntellare l’altra, e venirgli incontro. La vide controllare che il fucile fosse al suo posto. Quando fu sopra di lui, gli tese una piccola mano, tirandolo su con la forza delle sole braccia.
Quando fu in piedi, frastornato, cercò il coraggio di guardarsi attorno.
Ed inorridì.
 

Il tramonto della Tempesta

 
L’Unità pilotava con diligenza. Era sì, veloce nel correre: ma non abbastanza perché la richiesta d’aiuto inviata fosse esaudita nei tempi prestabiliti.
Attraversò un banco di nubi, e la calotta fu abbracciata da milioni di minuscole gocce d’acqua, e in ciascuna un arcobaleno di colori, un altro dono della Stella. Iniziò poi a scendere di quota, e si accorse che la tempesta era finita: la pressione atmosferica era tornata di nuovo ai livelli normali. Rapida come era venuta, la perturbazione se ne era andata.
Le sue sei dita mossero il quadro di comando con estrema naturalezza, portando infine la navetta ad atterrare sul suolo ancora umido, ma che nel giorno successivo si sarebbe asciugato; e fiori sarebbero nati.
Uscì dal portellone, piegandosi leggermente. Quella era una navetta per Soldati, non per Nuclei: e le sue grandi dimensioni, in quello spazio così angusto, gli erano d’impaccio.
L’aria fresca investì i suoi sensori, e se ne rallegrò. Scrutò il cielo serale, in cui le nuvole andavano diradandosi, che Tikkun tingeva d’oro e rosso.
La priorità va agli organici, aveva ordinato l’Unità Legion, prima di Andare.
Lui aveva acconsentito di buon grado, inebriato dal meraviglioso dono che quello aveva fatto alla Comunità.
 Per sempre, ogni Geth gliene sarebbe stato grato.
Corse verso gli organici, e provò una strana vibrazione quando vide il pezzo d’armatura umana nel fango, scheggiato e danneggiato, con cui Legion si era riparato, un volta. La loro unità principe, l’unico Re che avrebbero mai avuto. Raccolse il metallo, stringendolo forte in una mano.
Ai suoi sensori, giunsero delle grida. Era un dialetto Turian. Sì. Comprensibile.
Si sporse oltre lo strapiombo. Il Turian, sfigurato in volto, si teneva con una sola mano ad una roccia d’arenaria friabile, che stava andando sfaldandosi sotto il peso dell’acqua assorbita. Inoltre la sua corazza, sul dorso, era lisa e deformata, come se fosse stata colpita da un enorme energia, ma che avesse ben retto il colpo. Lo afferrò per la mano, e lo posò sul terreno fangoso.
Quello lo guardò, allargando le mandibole, gli occhi neri che lo scrutavano con profonda curiosità.
-Grazie,-mormorò.
All’improvviso, dietro di sé, il Quarian adulto, dalla tuta candida sporca di terra, affiancato da una donna, entrambi in paramenti da ammiraglio, mosse qualche passo tremolante. Arrancava nel fango che gli arrivava a metà schinieri, la maschera quasi del tutto infranta, che lasciava intravedere i grandi occhi luminosi dei Creatori. Il Quarian portò, con estrema lentezza e poca convinzione, una mano ad un’arma, alquanto antica e grossolana; la donna, vicino a lui, notò il movimento e gli poggiò una mano sul braccio; ed il Nucleo decise che era il momento di parlare.
-Vengo in pace. Tu sei Zaal’Koris, Grand’Ammiraglio della Flotta dei Creatori. Benvenuto.,-asserì, tentando di mimare un tono rassicurante. Poi, rivolgendosi alla donna:-Tu sei Shala’Raan, Ammiraglio della sezione scientifica della flotta. Benvenuta.,-concluse, con un leggero inchino.
Quello lo guardò, occhi strabuzzati e linguaggio del corpo confuso. –G..g-grazie.
E poi, si portò una mano alla maschera, sganciandola del tutto, rimuovendo gli ultimi frammenti di vetro violetto che lo separavano dall’aria del suo pianeta. La donna, al suo fianco, fece lo stesso, con mano più ferma e decisa, e sul suo viso nudo, un sorriso radioso.
L’Unità vide gli occhi e le luci sul volto dei Quarian, e li vide per la prima volta, inspirare.
 
 
 
-Nucleo,-chiamò qualcuno, una voce femminile, dalle sue spalle.
Lui sapeva perfettamente di chi si trattava. Legion ne aveva parlato molto, con l’ammirazione che, prima, il banale ammasso di processi quale lui era non riusciva a comprendere.
Ma ora capiva, e il perché di tale lode era chiaro.
Lui si rivedeva in lei. La stessa dignità, lo stesso sconfinato amore per la sua gente. Quell’amore che, prima dell’infinito Dono, nessun’Unità era in grado di comprendere.
Con passo lento ma fermo, lei si mosse verso di lui, torcendosi le mani tra loro. La tuta era strappata in più punti, e i tubi che fuoriuscivano dall’elmetto non erano nascosti dal drappo di cui, in genere, le Creatrici si ornavano. Inclinò leggermente la testa da un lato, osservandola.
-Salve, Tali’Zorah.
Quella, con tono gentile, rispose:-Salve, a te..
E abbassò lo sguardo, fissandosi i piedi infangati.
-Il Consenso spera tu abbia compreso il gesto di Legion.
Lei rialzò gli occhi, piantandoli nel visore dell’Unità. –Sì. Ho capito il perché il suo gesto estremo. E.. lo rispetto. ,-concluse, mormorando.
-L’Unità Legion aveva grande stima e fiducia in te. Sapeva avresti compreso ogni cosa, a tempo debito,-asserì, iniziando a raccogliere dati. Nell’organismo della Creatrice, era in corso un’infezione causata da, probabilmente, l’introduzione di microrganismi di Rannoch tramite qualche ferita; eppure pareva che il suo sistema immunitario la stessa contrastando efficacemente. La giovane fece un lieve colpo di tosse, voltandosi a guardare Tikkun, che tramontava lenta, indorando le formazioni rocciose rosso fuoco. Come la livrea del Nucleo. –Grazie,-rispose lei, infine, con dolcezza.
La priorità va agli organici, diceva Legion, nel promemoria.
E ne mancava uno, all’appello. Il comandante Shepard
.
 
 

EPILOGO

 
 
Respira, diceva qualcuno, un dolcissimo ordine. Respira, a pieni polmoni. Sono qui, sono qui per salvarti.
Come hai sempre sognato.
Ora sei libero, il Servitore L’ha Cacciato.
Il Sacrificio da compiere è stato il suo, ed ha deciso di immolarsi per salvarci tutti: solamente il suo sangue è stato versato, e tramite esso il suo popolo è rinato.
Amore mio, non c’era altro modo. L’ho dovuto fare per darti una speranza di vita. Ho previsto tutte le conseguenze, ed ho avuto ragione.
Ma ora, ti prego, respira.
Non puoi abbandonarmi così. Ora, che, finalmente, mi hai dato quello che mi avevi promesso tanto tempo fa. Ora, che possiamo avere tutto ciò che desideravamo.
Ora, che potrai essere libero di amarmi.
Ora, che non hai più quel peso tremendo sulle spalle. E che, qualunque altro peso avrai, ti aiuterò io a sorreggere.
Io ti conosco. So chi sei. So che non eri tu, con quel dardo. Che c’era Lui dentro di te, che c’è stato fin dall’inizio. E tu hai provato a combatterlo, a tenerlo distante dalle tue mani. Perché voleva la mia, la nostra, morte. Voleva la punizione per la mia stirpe,e  per i Leviatani; eppure il resto del suo disegno mi rimane misterioso, confuso, fumoso. Lui ha dato inizio a tutto questo, ma ci siamo ribellati, ed abbiamo vinto.
Adesso, ora, John Shepard di New York, respira.
Perchè la nostra utopia non è più così lontana.
 
 
 
John Shepard navigava in acque quiete, e calme. Il suo corpo era sorretto da onde tiepide, riscaldato da una stella gentile. E una dolce voce cantava sommessamente in una lingua che lui non comprendeva, ma che era amabile all’udito.
Non avrebbe voluto svegliarsi mai.
Eppure, i suoi polmoni iniziavano a richiedere aria, sempre con più forza. Urlavano, sovrastando quel meraviglioso canto.
Ma John non voleva cedere, no. Perché il suo sogno, vagheggiato per una vita intera, era appena iniziato.
 
Amore mio, respira, ti prego.. , ordinava qualcuno.
 
Devo obbedire, si disse. Devo darle retta. Devo abbandonarmi a lei, lei mi salverà.
 
E sulle sue labbra, per la prima volta, sentì il calore delle labbra di qualcun altro.
Di lei.
Respira, John,mormorava perentoria, sulla sua bocca.
E lui obbedì.
 
 
I suoi occhi si aprirono, e la videro, per la prima volta. Era appoggiato ad un masso, il masso su cui era il Servitore, e c’era sangue dappertutto. Chissà, forse il suo. Pezzi della sua corazza nera N7 erano sparpagliati tutt’attorno. Ma lui sentiva distintamente il battito del proprio cuore, sotto le ferite, e l’aria fluire nei suoi polmoni bisognosi d’aria.
E c’era lei, accucciata al suo fianco. Il calore delle sue mani attorno alle sue.
C’era il suo volto, vagheggiato per tanto tempo. Ed era bella da togliere il fiato.
-Sei vivo, John..Non ti ho ucciso,-mormorò dolcemente, accarezzandogli una guancia insanguinata, puntando quegli occhi dalle iridi così brillanti nei suoi. La sua voce non era filtrata, ed era la musica più celestiale che avesse mai udito.
Lui non rispose, non ne era capace. Era ipnotizzato da quel viso, da quella pelle grigio blu, da quei meravigliosi disegni di luce che la solcavano, da quegli occhi iridescenti. Sentì di non riuscire più a reprimere le lacrime, tale era la commozione, mentre Tikkun spariva dietro le montagne aride del deserto.
Alzò una mano ferita ad accarezzarla, a sentire la morbidezza della sua pelle, e lei strofinò teneramente la guancia contro il suo rude palmo, con il quale aveva tentato di ucciderla. Una lacrima scese dai suoi occhi, sporcandosi di terra e di sangue, riflettendo la luce dorata del Pianeta Natale.
Ed infine, quando sentì la vista annebbiarsi e le energie mancare, riuscì a mormorare la cosa più vera che, in vita sua, avesse mai pensato.
-Ti amo, Tali Zorah vas Normandy. Grazie.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Allora! Beh, è stata una faticaccia. E suppongo lo sia stata anche per voi, miei amati lettori. Spero che si capisca la maggior parte delle cose, ho tentato di essere il più coerente possibile con gli elementi lasciati qua e là nella storia, attappando ogni falla volontariamente da me lasciata…
Inoltre, spero sia azzeccato il parallelismo con i personaggi de “La Tempesta” di Shakespeare, il suo dramma che ho sempre preferito.
Devo comunque dire che questi due cretini mi mancheranno. Ora hanno avuto ciò che volevano.. e quindi?
Ci saranno altri problemi?
Ovvio che sì!
Per ora, godetevi (se vi importa L) la mia ff sul buon vecchio David Anderson, da cui ho nominato il principale protagonista femminile, Lana’Vael.
Ho intenzione di continuare con un’altra ff fino alla fine di Mass effect 3, ma è ancora tutto allo stadio larvale.
In ogni caso, spero abbiate apprezzato il mio lavoro, e che vi abbia fatto passare qualche bel momento, distogliendovi dal mondo reale :D
A presto, e un bacione, in particolare ad Andromedahawke, Johnee, MrMurkrow, e tutti coloro che mi hanno seguito, e recensito!
Alla prossima!
Lubitina

  
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