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Autore: ebstin    25/04/2013    9 recensioni
Forse per la prima volta nella sua vita gli occhi le bruciano come il fuoco, sente il sangue scaldarsi piano nelle sue vene, distribuendosi in ogni zona coperta e non coperta dai vestiti.
In quest’attimo, nella frazione più infima di tempo, si sente tremendamente giusta, non lo sa nemmeno lei il motivo, forse vedere le lenzuola bianche che la chiamano come a dire di non doverle disfarle, il cuscino che non le è mai sembrato più inutile, le pareti bianche che nella notte sono buie.
E in tutto il trambusto che il suo cervello mette in atto tutto ciò a cui pensa sono i suoi occhi: quel pozzo traboccante di emozioni non sempre positive, la profondità inaudita di quel luogo, dove sa di poter urlare le sue emozioni con le sue stesse pupille.
*
Perchè lui è così: inopportuno.
Inopportuno nel mordersi le labbra davanti agli occhi della professoressa di storia, inopportuno quando va a comprare l’erba dal suo amico più fidato, inopportuno quando, come in questo momento, getta sguardi inattesi alle ragazze nel corridoio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XVII
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 Quid facimus?
___________________________________________

 

Questo capitolo lo dedico alle persone che ancora leggono la mia storia.
Grazie mille, sappiate che scrivo solo grazie a voi.



Diana affonda nelle coperte, avvolgendovisi completamente. 

Non ha affatto voglia di andare a scuola: è troppo stanca, sia fisicamente, sia moralmente.
Non è riuscita a chiudere occhio. 

Dopo la litigata della sera prima si era accasciata sulla piccola panchina alla fermata, dato che Zayn aveva preferito non seguirla, in cerca di un petto su cui riversare tutte le sue lacrime.
Ma non avendone trovato nessuno, si era accontenta adel proprio. 

Non aveva poi incontrato nessuno, nemmeno un autobus, possibile che a Londra non passassero autobus? 

Evidentemente il detto che recita 'non tutte le sfighe capitano tutte assieme' è una grande cazzata.

Aveva percorso molti vicoli bui per arrivare a casa, con la paura a macchiarle il petto sconquassandolo dall'interno, e dopo un'ora -ora più ora meno- era giunta davanti al portone di casa sua. 

Era l'una di una notte prima di scuola.

Non aveva mai visto sua madre tanto arrabbiata e suo padre così deluso.
Era stata cacciata con molte grida ed urla da parte dei suoi sul fatto di aver irreparabilmente perso la loro fiducia e si era chiusa in camera, chiudendosi anche in un pianto asfissiante e tanto soffocante da non lasciarle nemmeno il tempo di respirare.

Quella perfezione apparente in cui si riconosceva era così fragile, debole, sottile che una sola svista avrebbe potuto farla cadere in mille pezzi, e con quella sua 'svista' della sera prima, anche se sarebbe meglio dire voragine, aveva polverizzato quello stato in cui credeva di vivere.

Zayn porta guai, Zayn è sinonimo di distruzione e nemmeno quei punti di luce che lascia intravedere sono abbastanza da illuminargli l'animo. 

Zayn, il caos quando serve solo ordine. 

Zayn, il suo 'grazie ed arrivederci' quando serve solo un 'buongiorno'.

Zayn, quel cancro che la divora dall'interno.

Zayn, il suo tutto, il suo niente.

Quel ragazzo è entrato così prepotentemente nella sua vita da farle dimenticare le sue sicurezze a cui sempre usava appellarsi; l'aveva trascinata senza preavviso in un abisso buio, senza darle tempo per afferrare un suo qualche ideale, un lume di salvezza.
E' stata ingannata, credendo di poterlo cambiare e forse credendo di poter cambiare se stessa.
E lei ora è rimasta in quell'oscura profondità del suo spirito, costretta a risalire verso la luce senza nessun appiglio, sola, sola come mai prima.

Per questo rimane raggomitolata tra le coperte, con mille fazzoletti sparsi sulla moquette panna, con i vestiti lanciati sul pavimento a dimostrazione del disordine che turbinava senza freni in lei, regnando sovrano.

Raccoglie gli occhiali dal comodino, tirando su con il naso, e appoggiandoli sui suoi occhi rossi.

Non ci mette molto a prendere un gran respiro e ad alzarsi dalle lenzuola stropicciate meno di lei.

Raccatta la divisa e la indossa svogliata, uscendo subito dalla porta.
Cammina con passo felpato per il corridoio volendo solo andare via da quella casa, non avrebbe retto un altro confronto coi suoi genitori, non in quel momento.

Tuttavia sua sorella le compare davanti nella sua uniforme perfetta, nella sua acconciatura perfetta, nel suo -strafottente- sorriso, ma comunque perfetto.

E Diana si guarda la punta dei calzini: avrebbe dovuto felparli meglio la volta successiva.

-Ciao sorellina!- esclamando ciò le schiocca un bacio al rossetto sulla guancia.

Si può gioire del male altrui?
Ebbene sì.

Diana allora la ignora e strofina il dorso della sua mano sulla guancia, nel tentativo di pulirsi dalla strisciata rossa che sua sorella le ha regalato.

-Vieni ti do una mano.- si avvicina sempre sorridendo alla sorella minora, che prontamente la scansa.

-Lasciami.- ringhia tra i denti.
Ed Eva sorride ancora più largamente.

Avere una sorella sadica: fatto √.

-Io te l'avevo detto che non era il ragazzo per te.- 

E se la sera prima ha utilizzato l'indifferenza, con Eva decide di scoppiare.

-Tu forse non hai capito, devi farti i cazzi tuoi. Sei solo una piccola vipera di cui il mondo farebbe volentieri a meno. E' solo perché hai un fisico pazzesco se hai tutta questa popolarità nella scuola, ma la realtà è che sei la persona più stupida e viscida di questa terra. Sinceramente mi domando come io e te possiamo essere sorelle, ma sono felice di essere inferiore a te perché se essere migliori significa essere come te allora preferisco stare sottoterra.- le dice fulminandola ad ogni parola di più, scandendone ognuna. 

Si gira, dandole le spalle, prima di dirle un'ultima cosa:

-Ah ed evita di sprecare fiato per rispondermi, perché semplicemente non mi interessa la tua opinione.-

Con un sorriso lungo dal Polo Nord al Polo Sud scende le scale, capendo perché è così bello gioire del male altrui se quello te ne ha inflitto troppo precedentemente.

Si infila le scarpe ed agguanta la cartella in pochi gesti, lasciando un post it ai suoi genitori.
 
'Sono andata a scuola prima, ho pensato preferiste non vedermi stamattina, e vi capisco. 
A stasera, Diana.'
 
 Lascia chiudere la porta dietro di sé dolcemente fiondadosi all'esterno. 

Con l'ennesimo gran respiro inizia a camminare sperando che un po' d'aria fresca avrebbe potuto rinfrescare anche lei.




Zayn ha sempre creduto che la stanchezza fosse un male sopravvalutato, ma, scendendo dall’autobus, capisce che è sin troppo sottovalutata.
Gli occhi gli bruciano per quanto sono stati aperti e la mente non ha avuto un attimo di risposo, e se anche avesse voluto regalargliene uno, non avrebbe potuto.

Ha preso così tante linee, autobus solo per arrivare in anticipo a scuola sapendo di poter trovare lei, l’unica ad entrare prima dell’orario prestabilito. Ma mentre scende per l’ultima volta alla fermata davanti alla scuola si rende conto di non aver preparato nulla per farsi perdonare.
E quando la vede correre verso l’entrata tutto si ferma e nemmeno la terra ruota più attorno al sole.
I capelli color grano sono raccolti in un fermaglio rosso e la divisa le cade perfettamente addosso, mettendo in risalto quelle curve che solo lui aveva avuto il permesso di toccare. 
Questa mattina le sembra ancora più bella, forse perché si capisce l’importanza delle cose proprio quando non le si hanno più.
Tuttavia non riesce a muovere nemmeno un passo: le fibre dei suoi muscoli sembrano essersi ghiacciate in un colpo solo.
Decide di rimandare il discorso a più tardi, quando ne avrebbe avuto uno.


Diana si siede accanto alla finestra della sua classe di biologia con ancora le cuffiette e guarda fuori cercando di distrarsi, senza buoni risultati.
Non riesce nemmeno a distendere le labbra in un’espressione che ricordi vagamente un sorriso e le occhiaie violacee le cerchiano gli occhi facendola sembrare davvero un mostro.
Non sa cosa pensare, avrebbe fatto meglio a non andarci a scuola per una buona volta, rimanendo rintanata nelle sue coperte.

Sente la campanella suonare e piano piano la classe inizia a riempirsi di giovani alunni che quella mattina sembrano felici, perché non possono regalare un po’ di qull’allegria anche a Diana?

Ma guardando bene tra la folla di studenti Diana ne nota uno in particolare. 

Niente pelle olivastra, niente capelli neri, niente Zayn.
Solo labbra fini, occhi color nocciola e caramello e capelli scarmigliati.
Solo Liam.

Lo fissa insistentemente, domandandosi cosa ci faccia lì e poi capisce che quel ragazzo era sempre stato nel suo corso di Biologia, anche se più grande di lei, come Zayn.
Dannazione perché continua a saltarle in mente quel maledetto nome?
Deve disintossicarsi da quegli occhi magnetici e da quel sorriso brillante.
Ed in quel momento l’antidoto migliore le sembra proprio affogare in quegli occhi caramello del ragazzo davanti a lei, che la saluta con la mano.

Se ha perso una scommessa con Zayn questo non vuol dire che non ne può iniziare una con se stessa.





_____________
TA DA DAAAAAAA
Colpo di scena, che ne pensate di Liam? 
A me piace da morire come l'ho impostato da personaggio, è davvero perfetto secondo me lol
Scrivere questo capitolo mi è piaciuto molto, forse perché mi sono un po' descritta, ma non ditelo a nessuno. Vi dico di non dirlo a nessuno e lo posto su internet, sono furba eh? 
Volevo dirvi che mi farebbe piacere se passaste sul mio blog e vi lascio il link -http://xcombie.wordpress.com/-, per qualsiasi cosa io sono sempre lì e potete commentare anche se non siete iscritti. Mi farebbe davvero un piacere immenso. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e spero di poter leggere qualche recensione in cui mi dite cosa ne pensate.
Vi voglio un mondo di bene,
Alessandra.

ps. il titolo significa 'cosa facciamo?'
pps. per il trailer: ne avrei anche fatto uno, ma vi giuro che fa davvero schifo e non c'entra quasi per niente con la storia, se volete vederlo lo stesso però ditemelo! (:
  
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