Si vive solo il tempo in cui si ama.
[cit. Claude-Adrien Helvetius
Il tempo scorreva.
Scorreva lento.
Il tempo scorreva lento e Bente correva.
Correva con ai piedi le sue blazer a fiori che consumavano la suola ad ogni passo pesante della ragazza sul marciapiede scuro e grigio che circondava a destra e sinistra le strade poco affollate delle 15.47 della periferia di San Francisco.
Bente arrivò davanti il cancello della classica villetta estiva e suonò il citofono aspettando con ansia che sua sorella, suo padre o sua madre le aprissero e quando sentì il lieve rumore del cancelletto che si apriva si fiondò in casa.
Le sveglie e gli orologi della classica villetta di San Francisco segnavano tutte le 15.59 in quel momento, tranne l'orologio della cucina, perché Bente lo sapeva. Conosceva bene quell'orologio e sapeva bene che segnava sempre quattro minuti avanti. E sapeva bene anche che tutte le lancette scattavano allo stesso secondo e tutti i numeri aumentavano di uno nello stesso momento, ma che la sveglia a lancette che aveva sopra il comodino della sua camera da letto faceva scattare le lancette dei minuti sempre otto secondi dopo.
Bente era così: sapeva sempre tutto quello che accadeva a casa sua, chi entrava, chi usciva, quando una persona entrava e quando questa usciva. Sapeva tutto quasi in maniera ossessiva.
Sapeva tutto quello che le accadeva intorno, ma non sapeva quello che accadeva dentro di lei. Non l'aveva mai saputo.
Inciampò per le scale di legno scuro mentre raggiungeva la sua stanza al secondo piano, intenzionata a cambiarsi il prima possibile per poter finalmente andare al lavoro, dove la stava aspettando Trisha e dove sperava di arrivare evitando il ritardo del giovedì pomeriggio, il giorno in cui l'università la occupava più di quanto lei volesse.
Lanciò la borsa ai piedi del letto e spalancò l'armadio, cercando disperatamente una maglietta per potersi levare la polo ed indossare qualcosa di più comodo.
Ne estrasse poco dopo una canotta a fiori e la posò malamente sulla coperta non molto pesante del letto matrimoniale che occupava più spazio di quanto si aspettasse quando aveva scelto i mobili della sua camera da letto.
Si girò sfilandosi con i piedi le scarpe mentre toglieva la polo attillata.
"Sei in ritardo anche oggi?" domandò una voce che Bente, però, conosceva fin troppo bene. Si voltò, fregandosene del fatto che fosse in reggiseno e sorrise all'amico che era poggiato con una spalla allo stipite della porta e la guardava con un sorriso beffardo in volto.
"Ma tu non la hai una casa, Horan?" domandò lei di rimando, scherzando. Prese la canotta e la infilò.
Niall si scostò dalla porta ed entrò in camera dell'amica sedendosi sulla sedia girevole della scrivania e si voltò a guardare la bionda che stava prendendo da vicino l'armadio i suoi anfibi gialli a fiori. "Preferisco di gran lunga la tua villa, Bente. Poi se giri sempre in reggiseno va benissimo." sorrise malizioso.
La ragazza seduta sul letto alzò gli occhi al cielo e prendendo un cuscino lo lanciò in viso al suo migliore amico. Lui sorrise prendendolo al volo e lanciandolo sul letto, ignorando lo sguardo assassino di Bente fisso su di lui.
"Comunque domani sera ci sei?"
"Dove devo essere?" chiese confusa la ragazza guardando interrogativa Niall.
Sbuffò. "Domani andiamo a bere qualcosa al bar dove lavora Waliyha, vieni?"
Lei annuì e si alzò dal letto recuperando il cellulare dalla borsa che aveva lanciato a terra appena entrata in camera e lo infilò dentro la tasca posteriore destra del jeans chiaro che indossava e non aveva cambiato. Uscì dalla camera, per poi voltarsi e guardare Niall che reggeva in mano il giacchetto giallo della ragazza che stava per dimenticare.
Lei sorrise e gli si avvicinò stampandogli un bacio sulla guancia e sorridendogli mentre iniziava a scendere le scale.
Niall sorrise.
Bente era la sua migliore amica. Lo era sempre stata, dai tempi dell'asilo. Amava tutto di lei e non avevano mai litigato seriamente, se non qualche piccolo ed innocente insulto mentre giocavano alla playstation quando erano più piccoli e vinceva sempre l'altro.
Bente sorrise mentre prendeva le chiavi della sua Vespa appese vicino le chiavi della macchina di sua madre.
Niall era il suo migliore amico. Lo era sempre stato, da quando erano nati, nonostante lei avesse un anno in meno del ragazzo. Avevano sempre giocato insieme da piccoli, così Bente era diventata un maschiaccio ed aveva più amici maschi che femmine.
La bionda scese i tre gradini che conducevano alla porta del garage e la aprì, trovando la sua Vespa arancione spento dove l'aveva lasciata la sera precedente ed il casco bianco poggiato sopra la sella con un biglietto attaccato.
Sorrise ed accartocciò il foglietto di carta mettendolo dentro la tasca del giacchetto mentre finiva di infilare la manica sinistra.
ciaoo!
lo so che sono in ritardo, ma ci sono stati -piccoli- incidenti di percorso :)
sono riuscita a postare una sola storia prima di questa settimana ed avevo scelto Storm.
poi ci sono stati i colloqui a scuola e su -forse saggia- decisione mia madre e mio padre mi hanno sequestrato il computer, dove c'era già salvato questo capitolo.
da lunedì fino a ieri sera sono stata a Trieste in gita scolastica e non ho potuto fare niente.
oggi ho domandato ai miei genitori e mi hanno permesso l'uso del computer per aggiornare, quindi eccomi qui :D
il capitolo non è bellissimo, ma devo ancora entrare nel vivo della storia, quindi mi ci vorrà qualche altro capitolo.
forse due o tre.
ma quasi quasi anche uno, come potrebbe essere quattro.
è tutto da decidere ancora.
qui abbiamo due nuove new entri: Niall e Samantha.
direi che io amo il personaggio di Sam in questa storia e lei sarà particolarmente fondamentale qui.
ora vi lascio perché sono di fretta e mamma potrebbe uccidermi se non lascio il possesso del pc ora ahahaha.
alla prossima.
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underthemistletoe <3