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Autore: Hi Ban    25/04/2013    3 recensioni
«Oh, calzini calzini! Perché siete voi, calzini? Rinnegate la vostra puzza, rifiutate la vostra avversione per i buchi cuciti o, se non volete, giurate che vi farete lavare e io non vi butterò! Solo il vostro tanfo mi è nemico, voi siete vo-»
«Che diavolo vuol dire ‘io non vi butterò’?! Sbarazzati di quella merda se non vuoi finirci tu nella lavatrice con la bocca cucita.»
«... Che cosa vuol dire ‘buttare’? Non è una mano, né un pied-»
«Vuol dire che se non la pianti ti butto dalla finestra e raccolgo il tuo sangue con i tuoi calzini.»
«... ryokai.»
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hidan, Shisui Uchiha
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piove anche sotto l'ombrello se Shisui non lo apre'
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8. Fuji san




A Hidan piaceva dormire fino a tardi, la mattina, specialmente se non aveva lezioni a cui doveva andare per forza. Solo quelle necessarie, eh, le altre le saltava senza troppi complimenti.
E comunque la domenica non era certo il suo giorno preferito così, tanto per. No, la domenica poteva dormire, al caldo, sotto le coperte, con la certezza che niente e nessuno avrebbe avuto la facoltà di farlo alzare se non era lui a deciderlo.
No, un attimo, meglio ricominciare da capo, qualcosa stona.
A Hidan piaceva dormire fino a tardi, la mattina. Ecco, che a Hidan piacesse era un conto, non c’era scritto da nessuna parte che Shisui fosse d’accordo con il pigro Hie. Ed è giusto anche sfatare le convinzioni di Hidan riguardo alle facoltà di svegliarlo o meno.
Una domenica a caso, comunque, l’Uchiha ebbe il buon cuore di dimostrare al coinquilino quanto fosse stupido credere di poter dormire fino a mezzogiorno solo perché lo si voleva.
«Hidan! Hidaaaan! Hie, svegliaaaa! Svegliati, Hidapyon, su!»
Lo Hie sentiva giusto qualcosa come una vocina in sottofondo, qualcosa di particolarmente fastidioso come un ronzio molesto. Qualcuno aveva lasciato il phon acceso? La vecchietta del piano di sopra stava prendendo lezioni di merengue con un giradischi rotto? O forse si stava preparando un tè e la teiera fischiava? No, forse nella stanza c’era uno sciame di coleotteri particolarmente rumorosi che facevano quel rumore fastidiosissimo… No, i coleotteri non lo chiamavano per nome.
«Hiiiidaaaan, Hidapiiiii» era da un bel po’ che sua madre non lo chiamava per farlo alzare, poi era quasi certa che sua madre non fosse un uomo e suo padre non aveva una voce tanto… tanto odiosa.
E cosa rimaneva allora? Forse era proprio per proteggersi da solo che l’inconscio di Hidan, complice il fatto che era mezzo addormentato, non voleva saperne di fargli comprendere chi era che gentilmente gli urlava addosso.
Il suo inconscio poteva anche provare a salvargli orecchie, occhi e vita, ma aveva poteri limitati pure lui.
Ad un tratto qualcosa gli cadde addosso – o gli salto addosso, piombò dall’alto, lo avvinghiò dal lato, Hidan quello non lo poteva sapere, perciò ipotizzò.
«Hiiiidapyon!»
Quanti deficienti c’erano al mondo che lo chiamavano in quel modo idiota? No, nemmeno il più mieloso dei parenti acquisiti aveva il coraggio di avvicinarsi a lui e dirgli una cosa del genere; solitamente, vista l’espressione poco amichevole e l’aspetto che completava il quadro, gli stavano alla larga o facevano qualche semplice gesto fraintendibile: era un saluto o, in caso non avesse apprezzato, stavano scacciando una mosca.
Hidan incuteva timore a mezzo mondo, ma Shisui Uchiha quella peculiarità del ragazzo proprio non la notava.
Deficienza Uchiha? Forse, anche Sasuke non mostrava poi tutti quegli indugi ad insultarlo. Forse era un desiderio di morte precoce.
«Sve-glia-ti!» Hidan ebbe modo, in maniera non particolarmente carina, di rendersi conto che non c’era niente nella stanza oltre a Shisui che continuava a scuoterlo avanti ed indietro, chiedendogli di svegliarsi.
È facilmente intuibile che il ragazzo, essendo poco trattabile di giorno, al mattino non fosse minimamente in condizioni di tenere una discussione civile. Figurarsi dopo essere stato brutalmente svegliato senza un apparente motivo.
Non lo sentiva agonizzare a terra, perciò non poteva gioirne, ergo non c’era un motivo. Santo cielo, non c’era un motivo e quell’imbecille lo stava svegliando in modo orribile, Shisui avrebbe dovuto scappare a gambe levate; il rischio lo si poteva avvertire come una palata in faccia, eppure il ragazzo continuava a fare il suo comodo.
E poi si meravigliava pure se trovava una descrizione di Hidan riguardo a soggetti psicopatici; gli assassini molte volte non facevano tutto da soli, eh. Ammazzavano chi gli dava fastidio, a volte. Beh, Shisui era la vittima, Hidan l’assassino. Tutto tornava. E fu così che lo Hie si trovò citato anche nel nuovo manuale di Criminologia Oggi.
Quando l’ennesimo scossone rischiò di buttarlo giù dal letto e nemmeno mugugnare parolacce parve sortire alcun effetto, Hidan non poté resistere oltre.
Scattò a sedere con rabbia e irritazione, tanto da buttare quasi a terra il ragazzo, che per non cadere gli afferrò un ginocchio. E Hidan odiava che gli venissero toccate le ginocchia. E i gomiti. E qualsiasi dannata parte del corpo, perché lui la mattina odiava tutto, anche il fatto stesso di odiare tutto: lui appena sveglio era un essere senza simili al mondo, una specie in via d’estinzione che aveva il potenziale di far estinguere tutto il resto del mondo.
A modo suo anche l’Uchiha era un essere in via d’estinzione: non c’era alcuna possibilità che potesse sopravvivere alla furia di Hidan appena svegliato in modo atroce.
«Si può sapere cosa cazzo vuoi? Mh? E perché cazzo sei seduto addosso a me? E perché cazzo continui a scuotermi, razza di mentecatto?» La sequela di domande uscì dalla sua bocca in maniera poco perentoria e decisamente meno minacciosa rispetto a quel che avrebbe voluto. Shisui, almeno per una volta in vita sua, decise di tacere su quanto trovava sexy la voce di Hidan appena sveglio.
«Secondo me ci sono troppi ‘cazzo’ nella frase. È volgare, sai? Sei volgare Hidapi» fu la pacata risposta di Shisui, con tanto di sopracciglio inarcato e tono biasimante.
Hidan aveva gli occhi tanto spalancati che presto gli sarebbero usciti fuori dalle orbite e, non essendo troppo sveglio, non aveva poi tutta questa capacità di intendere e di volere. Da qui si potrebbe ricavare una nuova legge*, qualcosa come Legge del Mancato Istinto di Sopravvivenza negli Uchiha. E poi anche un corollario.
Comunque, era lodevole come lo Hie, nonostante fosse più di là che di qua, fosse stato in grado di mettere insieme più parole, creando addirittura tre frasi interrogative. Gli insulti venivano fuori da sé, erano come i punti, impliciti nella discussione. Di giorno, comunque, un freno se lo dava da solo, dopo un’angosciante avvenimento, come quello di essere brutalmente svegliato da un deficiente, si meritava di mettere tutte le parolacce esistenti al mondo.
Si sarebbe vendicato, comunque. Sì, oltre a formulare frasi era anche in grado di appuntarsi piani di vendetta verso l’ameba. Ammirevole.
«Cosa?» sibilò in risposta a quanto detto dall’Uchiha, che più o meno doveva essere interpretato come un ‘hai dieci secondi per ritrattare tutto, inginocchiarti a terra e baciarmi i piedi chiedendomi perdono’. Purtroppo il messaggio subliminale non fu minimamente colto.
«Sei sboccato, Hie, sboccato! Dici troppe parolacce! Lavati la bocca con il sap- ma brutto deficiente!»
Giusto parlando di sboccati.
Hidan non aveva resistito e con un gesto secco l’aveva buttato per terra.
Ah, ora era meno pesante.
L’Uchiha fece per rialzarsi, massaggiandosi più parti del corpo contemporaneamente – tutto il corpo era collegato, secondo le sue teorie poco logiche, e se si faceva male ad un gomito era ovvio che anche l’anca ne avrebbe risentito –, ma Hidan non gliene diede il tempo.
Sfidando il freddo che avrebbe incontrato fuori dalle coperte, allungò un piede e glielo schiaffò in faccia, così da farlo ricadere nuovamente a terra.
«Restaci per il resto dei tuoi giorni, imbecille, e non osare mai più svegliarmi. Muori» concluse; il ‘muori’ era la sua versione aggiornata del classico ‘notte’. E cosa importava che gli aveva augurato una notte un po’ troppo lunga – eterna – e che probabilmente era già mattina.
«Tu sei completamente stupido!» si lamentò Shisui, tentando di tirarsi in piedi, ma il piede di Hidan era ancora sulla sua faccia. Se c’era una cosa che si doveva riconoscere allo Hie era che, anche da addormentato, poteva fare molto cose insieme. Infatti si era già assopito di nuovo, ma la pressione del suo piede sul povero volto dell’Uchiha non era minimamente diminuita.
Come avesse fatto a riaddormentarsi così di sasso, da un momento all'altro, per Shisui era un mistero: un attimo prima urlava e il secondo dopo dormiva, il ragazzo doveva avere qualche disturbo a livello inconscio. Non che a livello conscio stesse messo tanto meglio, eh.
Shisui smise per un attimo di dimenarsi e lamentarsi giusto per sentire un leggero russare in sottofondo, molto fine per appartenere ad Hidan.
L’Uchiha, prevedendo che di lì a qualche minuto avrebbe iniziato suonare le trombe dell’apocalisse per annunciare la venuta del demonio, con una mano afferrò il piede del ragazzo e con l’altra gli tirò via le coperte.
Hidan, svegliato brutalmente per la seconda volta in dieci minuti, perse quel minimo di pazienza, se così si poteva definire lo stato di apatia dato dal sonno. Con una forza che nemmeno lui sapeva di avere, si tirò a sedere sul letto e afferrò letteralmente il collo di Shisui.
Forse era anche la volta buona che lo uccideva, infatti anche l’Uchiha parve cogliere il pericolo. «Hi-Hidan, il collo… mi serve, respiro con il- da-davvero, poi muohh- Hidan io ti amo tanth-» si bloccò immediatamente, notando che le moine in quel momento avevano solo peggiorato la situazione: probabilmente il pomo d’adamo era dall’altra parte del collo.
Stava per morire.
Addio mondo, per lui non c’era più niente da fare. E ancora non aveva comprato quelle dannate carpe!
A mali estremi, estremi rimedi.
«Razza di-» fu la mezza risposta irritata che brontolò Hidan quando Shisui riuscì a strisciare sul letto per poi spiaccicargli una mano in faccia. L’Uchiha era quasi certo di avergli messo accidentalmente una mano nel naso, ma erano in guerra, non poteva farsi bloccare da dettagli simili.
«Ok, Hie, io lascio te e tu lasci me» fu il pacifico tentativo di Shisui di risolvere le cose e Hidan emise un grugnito. In buona fede, l’Uchiha lo interpreto come un ‘ok’. Quando Hidan allentò la presa sul suo collo, Shisui staccò leggermente la mano dalla sua faccia.
Nell’esatto momento in cui lo Hie tolse completamente le mani dal suo collo Shisui scappò dall’altro capo della stanza, tastandosi gola, collo e trachea alla ricerca del suo amato pomo d’adamo.
Lui amava il suo pomo, era parte di lui. Aveva pianto lacrime amare quando Hidan gli aveva strappato qualche capello, amava anche quelli. Shisui si amava, era amore platonico, non poteva lasciare che Hidan scalfisse anche una sola parte del suo bellissimo corpo.
L’Hie, comunque, era fuori di sé dalla rabbia: «Dammi una buona ragione per cui mi hai svegliato, deficiente, o potrei decidere che devi crepare» disse con una calma pressoché assente visto che stava urlando a squarcia gola.
Pace all’anima della povera vecchietta san, là sopra, che era schiattata d’infarto sentendo le inumane grida dei due giovani di sotto.
Anche Shisui aveva urlato quando Hidan lo aveva buttato per terra; il suo era stato il preludio alla sfuriata dello Hie, perciò a modo suo era stato anche utile, benché inconsapevolmente.
«Sì, Dio, non credo tu possa arrivare a tanto, ma apprezzo il gesto. So che il voler decidere quando devo crepare in realtà è tutto un tuo modo astruso per dirmi che mi ami tanto da volermi tenere in vita e voler decidere tu stesso quando sarà la mia ora, ma- ma si può sapere che cazzo di problemi hai, tu, Hie?! È una scarpa quella! Fa male!»
Hidan aveva la faccia più infuriata che Shisui gli avesse mai visto. Ok, ne aveva combinate veramente tante, lui, una buona cinquantina delle sue bravate avevano davvero fatta arrabbiare Hidan – sarebbe troppo lungo elencare tutte le volte in cui qualche mobile era eroicamente deceduto nella guerra Hie-Uchiha – ma era chiaro che quel mattino aveva davvero dato il meglio di sé.
Quando Hidan si alzò dal letto, scalciando di lato le pantofole perché non avrebbe creato pathos perdere tempo per infilarle, Shisui vide passare dinnanzi a sé la sua intera vita. In genere quella era una cosa che capitava a quelli che stavano per morire, perciò o Shisui stava davvero per tirare le cuoia o stava solo esagerando. Ciò che vide, comunque, fu il bagnoschiuma nuovo in bagno – se fosse morto non avrebbe potuto usarlo! –, il fatto che lui l’avesse interpretata a posteriori come la visione della sua intera vita dovrebbe farvi capire in quale delle due casistiche sopra riportate rientra l’Uchiha.
«Uchiha, la tua ironia te la puoi ficcare su per il culo» fu il rude commentò di Hidan, che era furioso come non mai. Probabilmente era anche colpa del fatto che lui al mattino era davvero l’essere più intrattabile sulla faccia della terra, risvegli così non facevano altro che aumentare la sua letalità.
Benché fosse spaventoso un Hidan così propenso all’assassinio truculento, Shisui non riusciva a scollegare la rabbia del ragazzo dall’immagine di lui appena sveglio che trovava vagamente tenera. Lo Hie, infatti, aveva tutti i capelli sparati in testa, qualche ciuffo di qua, qualche altro di là e gli occhi erano ancora assonnati.
Una persona normale, se si fosse trovava Hidan davanti in quelle condizioni lo avrebbe trovato anche più spaventoso, ma dal punto di vista dell’Uchiha era come trovarsi di fronte un orsacchiotto di peluche e pretendere di trovarlo terrificante all’ennesima potenza.
Contro ogni logica, perciò, Shisui sorrise e ciò che disse lasciò spiazzato anche Hidan.
«Hie, lo sai che sei proprio tenero al mattino? Con quegli occhietti, poi!»
La sequela di insulti scurrili che Hidan aveva sulla punta della lingua scivolarono di nuovo giù per la trachea per poi disintegrarsi nell’acido che stava corrodendo le pareti del suo stomaco dopo il modo in cui se n’era uscito l’Uchiha.
Quel ragazzo andava soppresso. Aveva il potere di ucciderlo anche parlando soltanto, chissà quali altri poteri malefici aveva. Eppure lo slancio omicidi di Hidan era scomparso dopo che gli era stato detto che era tenero mentre minacciava di morte.
«Ti ho appena detto che voglio ucciderti, idiota, e tu mi dici che sono tenero?» chiese senza comprendere la logica dell’Uchiha. Non che ci tentasse, eh, aveva perso le speranze. Forse era più giusto dire che non ci aveva proprio nemmeno mai provato.
«Potrebbe essere sindrome di Stoccolma pensandoci… o forse ho senso dell’estetica, cosa di cui tu sembri disgraziatamente sprovvisto… te l’ho già detto che secondo me dovremmo ritinteggiare le pareti? Sono brutte… bianche poi!»
Perché diavolo quell’imbecille stava parlando di pareti da ritinteggiare quando solo cinque minuti prima la morte lo stava chiamando a sé? Cosa c’era che non andava in quel ragazzo? Perché era toccato a lui l’ingrato compito di sorbirselo senza nemmeno una retribuzione mensile per chi si occupava di animali in via d’estinzione? Ok, certo, non andava a raccogliergli la cacca in giro e mangiava pure da solo, ma lo sopportava. Ci provava, suvvia, eppure i suoi sforzi non venivano riconosciuti.
«Non ritinteggeremo proprio un cazzo, almeno che il tuo sangue non finisca sulle pareti mentre ti staccherò la testa» borbottò Hidan tra i denti, mentre uno sbadiglio lo coglieva impreparato. Al diavolo il pathos da perfetta scena dell’horror, aveva troppo sonno per trattenersi.
«Vedi? Il sangue non è bello, è brutto, tu non hai senso dell’estetica. È per quello che ti ostini a ricoprirti la testa di gel, stai meglio senza! Tipo adesso… con quei ciuffetti… che tenero!»
Hidan non sapeva se voleva uccidere l’Uchiha per le idiozie che stava dicendo o suicidarsi, perché non credeva di voler vivere un secondo di più con il ricordo di quel che stava dicendo. Era… orribile.
«Anche tu hai sonno, tornatene a dormire e lascia in pace me, imbecille» grugnì lo Hie, voltandosi per tornarsene a letto.
Si era alzato mosso dalla voglia di seccare quell’idiota, ma il sonno aveva prevalso. In più, sperava che quello fosse tutto un orribile sogno e che presto si sarebbe svegliato davvero, scoprendo che nulla di tutto quello era realmente accaduto. Era tutto così stressante, però, che si sarebbe addirittura svegliato stanco.
Le vane speranze erano uno dei pochi punti che accomunavano quei due casi patologici.
«Cosa ti fa credere che io sia assonnato?» chiese allegramente Shisui, stiracchiandosi come se da un momento all’altro avrebbe dovuto iniziare a correre per una maratona. Impossibile ipotesi, Shisui non correva mai, nemmeno quando decideva di attraversare con il rosso per un motivo ai più sconosciuto e le macchine passavano lo stesso.
Era convinto di essere immortale, forse; in un certo senso aveva anche ragione, dopo tutte le volte che era sopravvissuto all’ira di Hidan era logico convincersi del fatto di avere qualche carattere divino che lo proteggeva.
O forse era solo idiota e prima o poi sarebbe stato investito. Quello era il sogno nel cassetto dello Hie.
Hidan sbuffò: «Il fatto che dici stronzate. Se fossi sveglio voglio sperare ti zittiresti da solo» biascicò, mentre un altro sbadiglio lo costringeva a spalancare indecentemente la bocca.
Shisui scosse la testa di qua e di là, accendendo poi la luce della camera.
«Hie, muoviti! Faremo tardi!» sbottò, aprendo un cassetto a caso a lanciandogli il contenuto; doveva vestirsi o avrebbero davvero fatto tardi.
«Non è mai troppo tardi per ucciderti e smettila di lanciarmi mutando e calzini, idiota» gridò Hidan, mentre il cassetto della biancheria ormai era vuoto, poiché il contenuto era riverso sul pavimento.
Shisui voleva che si vestisse in fretta, non gli importava cosa si mettesse addosso. Fosse stato per lui sarebbe anche potuto andare in giro nudo, anzi, avrebbe apprezzato. Però avrebbe preferito di no: c’erano alcune cose che voleva tenere per sé. Gli M&M’s e Hidan.
Ah, l’amore.
«E tu vestiti invece di guardarmi come un assassino! Nemmeno Sas’ke chan mi guarda così male e a lui ne ho combinate di peggiori… mettiti i boxer neri, ti fanno un culo migliore» borbottò distrattamente, mentre afferrava una maglia e gliela tirava addosso.
«Shisui» l’Uchiha chiamato in causa si girò di colpo.
Raramente lo chiamava per nome.
No, non era romanticismo, era più qualcosa tipo che era incazzato come una biscia e lo avrebbe ucciso nell’arco di quattro secondi.
Una persona qualunque sana di mente si sarebbe buttata già dalla finestra, piuttosto che farsi impalare con la gamba della sedia dall’albino, che poi lo avrebbe anche appeso al lampadario per le palle.
Ma Shisui non era normale e, diamine, aveva dei piani per quella mattina!
Prima che l’Uchiha potesse dire qualcosa a sua discolpa, parlò ancora Hidan.
«Che ora è?» ringhiò con una ferocia tale che avrebbe fatto nascondere anche un leone molto arrabbiato. Ah, cosa non faceva l’essere svegliati alle quattro e mezza del mattino.
«Quattro e trentasei- sette, e trentasette» disse infatti, controllando distrattamente l’orologio.
«E si può sapere che cazzo vuoi da me alle quattro e mezza del mattino, razza di coglione? Vai ad affogarti nel cesso e non farti vedere da me per i prossimi vent’anni, se non vuoi che usi il tuo intestino per appenderti al lampadario» gridò con tanta irritazione che perfino il sonno per un po’ si era fatto da parte.
«Ah, mh, sì, una minaccia abbastanza convincente, ma non credo riusciresti ad appendermi con l’intestino… cioè, è lungo, sai, Hidapi? Tipo quattro metri e qualcosa. Quattro metri! Che te ne fai di tutti quello che avanza? E-»
«Perché diavolo mi stai dicendo della lunghezza dell’intestino a quest’ora? Perché sei sveglio a quest’ora e disturbi me? Perché esisti a quest’ora del mattino?!»
Shisui sventolò la mano per chiedergli implicitamente di calmarsi – era lui il maturo sotto quel tetto e Hidan era il moccioso che doveva essere ammonito. Meno male che c’era l’Uchiha a capire cose del genere.
«Io esisto a tutte le ore, ma se può farti sentire meglio non esisto nel sessantunesimo secondo di un minuto. O nel sessantunesimo minuto di un’ora. O nella venticinq- l’ho schivata!-» la sveglia gli volò dritto sopra le testa, ma il cellulare lo colpì in pieno stomaco.
«Questo no» borbottò Hidan, che poi prese a fissarlo in cagnesco.
A quel punto non sapeva nemmeno lui cosa fare. Shisui blaterava cose tipo ‘ahia, sto morendo, il cellulare mi ha disintegrato gli organi interni, non venderli al mercato nero, vedo tutto buio, ah! La luce, la luce!’ e lo Hie non sapeva se dargli il colpo di grazia, stare lì a guardarlo, tornare a dormire o andare a mangiare.
Non ebbe tempo di decidere la più ottimale delle soluzioni, perché Shisui parve notare l’ora che era segnata sul cellulare che teneva stretto in mano, segno della sua prossima morte.
«Aaaaah! Muoviti! Vestiti! Faremo tardi!» gridò in piena crisi, mentre si rimetteva in piedi e si muoveva freneticamente. «Io preparo qualcosa da mangiare! Anzi, no, prenderemo qualcosa là! Ma almeno il tè… no, non c’è tempo, muoviti!»
«E smettila di urlare, deficiente!»
«Ma sei tu che urli ora!»
«Perché stavi urlando tu!»
«Sì, ma-»
«Allora smettiamola e basta» sbottò Hidan e Shisui annuì: «Mi sembra una cosa ragionevole.»
Calò per il silenzio e nello stesso istante in cui vide l’Uchiha gesticolare di nuovo, l’albino parlò per primo.
«Si può sapere dove diavolo vuoi andare?» in effetti era una domanda più che logica.
L’Uchiha lo guardò con fare sconvolto. Poi fece per avvicinarsi, ma si bloccò. Fece così due o tre volte, prima di essere interrotto da un urlo irritato di Hidan, che aveva la pazienza sotto ai piedi e la voglia di ucciderlo che pompava sangue al posto del cuore.
«Come dove? Al Fuji! È domenica, possiamo andare al Fuji. Andiamo al Fuji?» Hidan si rese conto di aver notato due cose soltanto: la parola Fuji ripetuta troppe volte e lo sguardo da cagnolino bastonato di Shisui con cui gli chiedeva se ci andavano.
E sarebbe stato molto più da Hidan arrabbiarsi, chiedergli perché – con tante parolacce e imprecazioni – proprio alle quattro del mattino, informarlo che lo odiava, che un giorno avrebbe distrutto in suo cadavere in tanti piccoli pezzi grandi quanto i suoi peli e insultarlo ancora. Picchiarlo, magari. Ma, soprattutto, sarebbe stato molto più da lui dirgli no, diamine, no, nessuno andava al Fuji, Shisui da solo se proprio, ma lui non ci sarebbe andato.
Invece, il massimo che fece fu piegare la testa di lato, assottigliare lo sguardo e osservarlo per un po’, mentre Shisui muoveva le labbra in preghiere silenziose, alzava le sopracciglia e dava pieno sfogo alla sua idiozia. Poi afferrò un cuscino, glielo tirò dietro e borbottò qualcosa che all’Uchiha suonò come un ‘vado in bagno’ e vi lesse anche un non detto ‘ok, andiamo’.
Hidan ignorò anche tutti i commenti idioti di Shisui, mentre si muoveva tra la cucina e la camera, che gli fecero prendere in seria considerazione l’idea di infilarlo con la testa nel lavandino, ma si cambiò davvero, perché aveva deciso di assecondarlo. Il perché a lui era sconosciuto, ma così aveva deciso.
Era colpa del sonno, tutta colpa del sonno. Aveva accettato perché era troppo assonnato anche per fare due più due.
Due volte due…?
«Ma io lo sapevo che mi avresti accompagnato! Senza di me non puoi resistere, se io vado al Fuji tu rimani solo e ti deprimi… ah, come ti conosco io non ti conosce nessuno, Hidapyon! Forse nemmeno tua madre sa che dormi senza i calzini e-» ad un tratto l’Uchiha smise di parlare.
Forse gli era preso un infarto. Hidan incrociò le dita dei piedi cercando il pettine.
Un attimo dopo lo vide irrompere in bagno e afferrarlo per il cappuccio della felpa, rischiando quasi di soffocarlo.
«Che cazzo-»
«È tardi, è tardi, poi arriviamo quando c’è troppo sole e mi ustiono, vuoi forse far ustionare una pelle da idol come la mia? Pazzo!» così dicendo lo trascinò fuori dalla porta senza preavviso.
Lo Hie si pentì in un secondo di aver assecondato quell’idiota, ma c’era poco da fare. Per quel che ne sapeva Shisui, Hidan poteva anche essere in mutande, ma gli importava poco.
L’unica cosa che l’albino si sentì di promettersi, in un momento del genere, fu che appena tornato a casa sarebbe andato da un medico, forse dritto all’ospedale, reparto psichiatrico almeno. Per vedere se c’era una cura per quel suo improvviso attacco di remissività. Era malato, molto malato, forse addirittura morente.
«E ora si va al Fuji!»
Hidan voleva uccidere. Era più o meno come nel film di Harry Potter, il secondo, quando Harry sentiva la voce che gli diceva ‘sento odore di sangue’. Ecco, solo che in questo caso era Hidan che se lo ripeteva e voleva staccare la testa a Shisui, non era sangue generico. E non era nemmeno un basilisco.
Mentre i due facevano le scale in simbiosi – Shisui non si staccava da lui, continuando a tenerlo per il cappuccio e Hidan era costretto a scenderle all’indietro – lo Hie giurò a se stesso che mai si sarebbe assecondato ancora se era in preda al sonno.
Più di metà condominio poté sentire le dolci parole con cui Hidan apostrofò Shisui e la nonnetta, non comprendendo cosa stesse succedendo, decise che era bene sprangare porte e finestre.
Il demonio era vicino.
Avrebbe riempito la casa di omamori.


«Non c’è benzina nell’auto» commentò spassionatamente Hidan, convinto che ora avrebbe potuto tornarsene nel letto a dormire. Non avrebbe mai ammesso a se stesso che se si trovava fuori dall’appartamento era solo colpa sua, così come non avrebbe mai ammesso che forse un pochino si era fatto influenzare dall’espressione di Shisui. Mai.
Comunque, non era l’assenza di un mezzo di trasporto che lo avrebbe fermato.
«Cosa ce l’hai a fare una macchina se non la usi mai?» si lamentò Shisui e Hidan fu molto prossimo ad un omicidio lampo.
«Non sono fatti tuoi» semplicemente non aveva soldi per la benzina, le sue precarie condizioni economiche non erano un mistero, visti i suoi trascorsi nel tentare di trovare un lavoro. Riteneva ancora piuttosto irritante la storia del call center.
«Se vuoi posso ucciderti e mettere il tuo sangue nel serbatoio» propose con un sorriso molto ispirato, ma l’Uchiha fece di no con la testa, poco convinto.
«E come andiamo al Fuji?» chiese con disperazione, scompigliandosi i capelli più e più volte. La pazzia era qualcosa di spaventoso.
«Non ci andiamo.»
«Ma nemmeno per idea!»
Peccato.
Hidan sbadigliò e si staccò dall’auto, a cui si era parzialmente appoggiato.
«Ho sonno, me ne vado» borbottò, ma l’Uchiha gli si appese letteralmente ad una spalla e in un attimo il silenzio fu distrutto dalla finezza di Hidan e dai Shisui, che blaterava cose a caso.
Come sempre.
«Hie! Non ti tirare indietro!»
«Presto tirerò te avanti, contro un muro» lo minacciò, ma ovviamente l’Uchiha non gli prestò ascolto. Invece si staccò e prese a camminare avanti e indietro.
«Come, come, come…» borbottava tra sé l’Uchiha, mentre il rumore assordante di un motore si faceva sempre più vicino. Shisui si immobilizzò di colpo e un attimo dopo venne colto da un’illuminazione improvvisa.
«La nostra salvezza!»
«Cosa?» chiese Hidan senza comprendere, ma l’Uchiha non lo ascoltava.
«Honma san! Honma saaaaaan!» Shisui iniziò ad urlare, sbracciandosi come un pazzo e per poco non si fece tirare sotto da un furgoncino blu dall’aria poco sicura. Fortunatamente Hidan lo afferrò per un braccio, tirandolo indietro e l’Uchiha scoppiò a ridere. Il mezzo inchiodò e una risata giunse dall’interno.
Perché ride? Quella domanda aveva decisamente più importanza di quanta gliene attribuì Hidan appena la pensò.
«Ah, non sarei morto, però grazie per la premur-» Hidan gli mollò una spallata poco discreta e si accinse a commentare con uno sprezzante: «se crepavi non potevo avere io l’onore di essere la causa della tua morte.»
Shisui gli fece la linguaccia e in quel momento scese il proprietario del mezzo. Un nonnetto dall’aria piuttosto allegra che si reggeva in piedi per la grazia di Buddha, ma l’ultima volta che Hidan aveva pronosticato sulla possibile dipartita per vecchiaia di qualcuno, quella persona si era rivelata davvero ammorbante e idiota. Non per altro era parente di Shisui, ma quella era un’altra storia.
«Honma san!» disse ancora contento Shisui, portandosi davanti al vecchio con un mezzo inchino.
Lo Hie non ci stava più capendo niente, ma dubitava fosse solo perché aveva sonno. Con Shisui in genere c’era poco da comprendere.
Si scambiarono una serie di convenevoli che Hidan si rifiutò di ascoltare e prendervi parte era sicuramente fuori discussione. Ad un tratto un esultante ‘yatta’ provenne da Shisui, che si voltò verso di lui.
«Ci porta al Fuji!»
«Che?» chiese scandalizzato e non era un termine riduttivo.
«Con quel coso? Andremo a seppellirci, al Fuji» commentò con irritazione Hidan, senza premurarsi di tenere la voce bassa.
«Hie! Non fare l’idiota!» poi lo afferrò per un braccio e lo spinse sul retro scoperto. Non senza che l’altro opponesse resistenza, eh, ma in un modo o nell’altro ce la fece.
Il rumore che fece quella carretta per avviarsi fece prendere in considerazione ad Hidan l’idea di dire una o due preghiere.
No, no, meglio: se fosse sopravvissuto sarebbe diventato un monaco.
«Come torniamo indietro?» chiese lo Hie, mentre temeva silenziosamente che da un momento all’altro quel coso sbandasse e li mandasse tutti al creatore.
«Boh!»


«Non ci credo.»
«Cosa, Hie?»
«Un cazzo di furgoncino. Sono sul retro di un cazzo di furgoncino, senti gli insetti ronzarmi nelle orecchie e tu canticchi mentre andiamo su quello stupido monte di cui a me non è mai fregato niente. Non ci credo.»
«Sei molto prolisso di mattina-»
«Sono le cinque, io ho sonno, ti aspetti che stia zitto?»
«Dormi allora!»
«Come, di grazia, con ‘sto cazzo di coso che prende tutte le buche che- perché merda ha sbandato adesso! E-»
«Avrà sonno, non è colpa sua… sono le cinque del mattino per tutti, eh…»
«Dillo che sei un idiota, dittelo da solo perché mi sono stancato di dirtelo e- è un bastardo, il vecchio lo fa apposta, le prende tutte lei- E SMETTILA, QUELLA ERA NELL’ALTRA CARREGGIATA, LO FAI APPOSTA! Cazzo di-»
«Hie!»
«Cosa, figliolo? Non sento!»
«Ho detto- io una tampa gliela faccio in testa-»
«Hidan, calma!»
«Calmati tu, idiota! Ci farà uscire di strada!»
«Ma che-»
«Non sa guidare, moriremo. Colpa tua, dannato imbecille.»
«Sa guidare, lo fa da un sacco di tempo-»
«Investe la gente, sfonda i cancelli e passa sulle rotonde? E per caso lo fa nell’altro senso di marcia? No, in questo caso non vuol dire che sa guidare!»
«Idiota! Guida come tutti…»
«E cosa guidava, la bicicletta? Il triciclo?»
«Carro funebre.»
«Cosa?!»
«Dettagli, dettagli… Honma san sa guidare benissimo e questo furgoncino non ha problem- ahia! Beh, forse le botte non sono molto ammortizzate…»
«Provo un grande desiderio di ammortizzare la tua testa contro quella di quel vecchio rimbambito. Guardalo, sorride pure… no, guarda! Ha riso quando ha preso la buca! Lo fa apposta!»
«Ma cosa dic- Oh. Hai ragione. Ride!»
«Ci ucciderà. Pensa che siamo due cadaveri.»
«Dai, siamo quasi arrivati…»
«Quanto?»
«Tra poco-»
«Quanto, cazzo di Uchiha suicida e assassino?»
«Mezz’ora circa… no, ma guarda che-»
«Taci, Uchiha, o ti morderai la lingua quando prenderà la prossima buca.»


Hidan aveva una gran voglia di vomitare quel che non aveva mangiato, gli faceva male il sedere per tutte le botte, era quasi certo che qualcosa lo avesse punto, la testa minacciava di implodergli, ma nonostante tutto non aveva il coraggio di lamentarsi. Era sceso sano e salvo da quella trappola mortale, andava bene. Quella era il genere di esperienza che andava bene se la provavano gli altri, ma lui non ci teneva. Tipo se era lui a guidare e dietro c’era Shisui era perfetto.
«Bye bye~ Honma san» gridò Shisui sventolando la mano allegramente, mentre il nonnetto e l’aggeggio infernale tornavano indietro.
«E ora?» chiese svogliatamente Hidan, che si era abbandonato a terra, incurante del fatte si sarebbe sporcato i pantaloni; era pronto a vendere anche la sua milza per non dover ripetere un’esperienza del genere.
Non avevano nemmeno camminato, ma lui era stanco psicologicamente.
Shisui inspirò ed espirò più volte, incrociando le mani dietro la testa ed osservando il Fuji con aria soddisfatta. Erano proprio alle pendici e si stagliava dinnanzi a loro con aria maestosa.
«E adesso che diavolo facciamo?» sbottò di nuovo lo Hie, che avrebbe tanto gradito una risposta, visto che era stato lo stupido Uchiha a trascinarlo lì.
E ora come minimo sarebbe anche voluto salire fino in cima, già che c’era…
«Beh, ora niente… torniamo a casa!» disse allegramente e sedendosi a terra di fianco ad Hidan.
«Cosa cazzo vuol dire ‘torniamo a casa’? Mi hai fatto fare un viaggio con un pazzo che rideva e per poco non siamo finiti in un fosse quattro volte e tu te ne esci con un fottuto ‘torniamo a casa’?» disse furioso per l’ennesima volta in quella giornata. Aveva già perso il conto di tutte le volte che aveva perso la pazienza da quando si era dovuto svegliare, alle quattro, un orario indecente che non voleva nemmeno ricordare. Poi era più che legittimo che si arrabbiasse. Se ci fosse stato uno di quegli psicologi falliti che sparavano scemenze avrebbe logicamente detto che l’isteria di Hidan era data da una rabbia repressa. E ci avrebbe anche azzeccato, strano ma vero.
«Beh, il Fuji l’ho visto, cosa dobbiamo fare ancora qui?» chiese retoricamente, prendendo poi a frugarsi nelle tasche.
«Se volevi solo vederlo non potevi guardarlo in una foto? O venirci da solo?» non riusciva nemmeno più a dire parolacce, era talmente allibito dalla stupidità del ragazzo da non avere più parole abbastanza scurrili per decorare la conversazione.
«Te l’ho già detto! Da solo sarebbe stato triste! E poi in foto non sarebbe stato realistico… non ci sarebbe stato questo bellissimo odore…»
«È smog» borbottò Hidan.
«No, non è smog, non è nemmeno la puzza di ginseng che c’è nel tuo stupido appartamento, e-»
«Puoi sempre andartene, nessuno ti ha mai invitato» rimarcò lo Hie, che ricordava la verità amaramente. Stupido jankenpon, avrebbero dovuto dichiararlo illegale.
«Non dire scemenze, senza di me non sopravvivresti un giorno, Hidapi» commentò con fare supponente Shisui, ancora intento a cercare qualcosa nelle tasche. Se cercava il cervello, pensò Hidan, non lo avrebbe trovato nemmeno fra trent’anni, ma quella dritta se la tenne per sé.
«La tua utilità nella casa non mi è chiara» fece presente con irritazione e Shisui mosse la mano come per scacciare una mosca.
«Moriresti di crepacuore, Hie, di cre-pa-cuo-re, perché non puoi vivere lontano da me- oh!» Hidan non ebbe tempo di commentare quella perla di idiozia perché l’Uchiha finalmente trovò l’oggetto delle sue ricerche.
«Ah, l’orario del pullman!»
«A che ora possiamo mettere fine a questa stupidaggine?» si informò Hidan, che agognava il letto come un assetato desidera l’acqua nel deserto.
«Vediamo vediamo… oh, ok, il prossimo pullman è a mezzogiorno! Non ci resta che aspettare!»
«Sono soltanto le nove e dieci, mi rifiuto di aspettare qui per tre ore con un fottutissimo idiota come te!» sbottò Hidan con rabbia, perché non pensava di poter resistere oltre. E doveva anche andare in bagno.
«Ah, non fare il difficile, su! Che vuoi che siano tre orette? Se vuoi però possiamo andare in cima al Fuji mentre aspettiamo» disse Shisui allegramente, ignorando il commento poco simpatico del ragazzo.
Ah, quello Hie, qualcuno avrebbe davvero dovuto insegnargli un po’ di educazione.
«No» fu la secca risposta di Hidan, che non voleva nemmeno immaginare l’apocalittico scenario di loro due che si perdevano anche in un sentiero tracciato – per colpa di Shisui – e finivano con il morire di stenti in qualche punto sperduto della montagna.
Certo, lo Hie probabilmente si sarebbe dato al cannibalismo al secondo giorno, ma quelli erano dettagli.
Rimasero in silenzio per un po’, fino a quando Hidan ritenne troppo snervante lo sguardo dell’Uchiha su di sé.
«Cosa vuoi?» lo aggredì senza troppe cerimonie e Shisui sorrise in quel suo modo malandrino che l’albino non aveva mai sopportato.
«Non ti sei messo il gel stamattina!» ghignava, il bastardo, e Hidan non riusciva a capirne il motivo.
«Non ho avuto tempo, visto che qualche imbecille mi ha svegliato e buttato su uno stupido furgoncino» ringhiò in risposta.
«Oh, non rompere le scatole, Hie!» poi, a tradimento, Shisui passò una mano tra i capelli di Hidan e glieli scompigliò completamente; nei minuti seguenti, l’Uchiha tentò di convincersi che gli occhi ametista del ragazzo non fossero, per un attimo, divenuti rossi. Rosso stile rosso sangue-ora-ti-sventro-brutto-stronzo.
«Ah, sei tenero come ‘sta mattina adesso! Beh, eri meno sveglio prima…»
«Dacci un taglio» gli consigliò poco gentilmente Hidan, ma Shisui continuava a scompigliargli i capelli.
«No, è un’occasione più unica che rara poterti toccare i capelli senza che le mani rimangano incollate come se usassi colla per topi!»
«Uchiha…» lo avvertì tra i denti lo Hie, ma l’altro ragazzo se la rideva e ignorava la minaccia reale che costituiva il toccare i capelli a Hidan.
«Oh, è una cosa tenera toccarti i capelli! Sembriamo tanto teneri… ok, se vinci a jankenpon la smetto di toccarti i capelli- levati di dosso! Le mie costole! Le stai distrug- ahia!»
I due avevano preso a rotolarsi nella polvere che si sollevava a causa dei loro movimento convulsi, entrambi intenti ad avere la meglio in quella lotta last minute.
I vecchietti che passavano di tanto in tanto commentavano con afflizione i modi di fare della gioventù moderna, che era ormai totalmente priva di decoro.
Alla fine convennero che il tempio lì vicino sarebbe stato ottimo per passare il tempo.



*Riferimento alla Legge di Hidan e al Corollario alla Legge di Hidan dell’altra oneshot Jankenpon! Anche la storia del call center viene da lì.
Gli omamori sono degli amuleti giapponesi contro gli spiriti maligni.

Aaaaah, non sono morta! Che è una cosa emozionante rendersene conto, vi giuro! Dopo delle settimane del genere inizia a venire il dubbio di non essere più tanto in vita, davvero!;w;
Ed ecco a voi dieci pagine di demenzialità gratuita!:D Shisui è un povero genio incompreso, Hidan lo capisce ancora meno di tutti devo dire!XD No, Hidan in realtà gli vuole taaaanto bene, solo che non sa ancora convertire il suo bisogno di violenza verso l’Uchiha in tanto affetto… ma imparerà u-ù
Honma san è un tizio uscito due ore fa dalla mia testa evidentemente non troppo a posto; diciamo che grazie a lui, spuntato come un fungo dal nulla, ho cambiato la trama di mezza shot, ma chissene, l’importante è che sono riuscita a finirla senza arrivare tra due anni e chiedermi cosa stessi scrivendo XD Succede, davvero.
Mh, non so quando aggiornerò di nuovo (è diventata la mia frase tipo, ma abbiate pietà di me: siamo ormai a maggio e io sono disgraziatamente in quinta, si può dire che il mio tempo si è suicidato), ma di certo non la mollo: ‘sti due hanno un significato troppo idiota per me, non posso abbandonarli XD
Ringrazio di cuore chi recensisce, mette tra preferiti/seguiti/ricordate e chi legge soltanto!:D
  
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