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Autore: lulubellula    27/04/2013    3 recensioni
Kalokairi, Grecia.
Una donna in fuga dalla sua famiglia e da un mondo scintillante che l'ha ripudiata.
Un mazzo di chiavi ed un vecchio casolare di famiglia sono il suo punto di partenza.
Una bionda pittrice entrerà nella sua vita come una ventata d'aria fresca e nuova, finché ...
L'arco temporale abbraccia circa vent'anni di vita delle due donne, vicine e distanti, due anime destinate a trovarsi, perdersi e ritrovarsi di nuovo.
CalliopexArizona
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Colors of the sea

Chapter Second


La mattina seguente, quando Calliope si svegliò, impiegò diversi attimi prima di rendersi conto del luogo in cui si trovava.

Una stanza che non credeva di ricordare, un comodino vicino al muro, accanto al letto, un materasso troppo scomodo per i suoi gusti e anche informe sugli angoli, una finestrella che dava su un cortile interno.

Furono pochi attimi, istanti, brevi e fugaci, ma intensi, nei quali si cullò nell’idea di trovarsi nel casolare dei suoi nonni, a Kalokairi, momenti nei quali si immaginò che la domestica, Helena, sarebbe entrata a un momento all’altro nella sua cameretta e le avrebbe portato latte e biscotti su di un vassoio, invitandola ad una sana e golosa colazione da gustare nella veranda che dava sul mare.

Per pochi secondi assaporò quest’immagine, vi si aggrappò quasi, come ci si aggrappa con tutte le proprie forze ad un’ancora di salvezza, affondandovi le dita, le unghie, i gomiti, per salvarsi la pelle a tutti i costi.

Ma Calliope non si trovava nel casolare dei suoi nonni ed inoltre non era più una bambina di nove anni, non lo era più da un bel po’ ormai.

Si portò istintivamente le mani sul ventre, accarezzandolo piano, sentendosi meno sola, anche se era ancora presto per sentire i primi movimenti del suo bambino, anche se era troppo tardi per ritornare alla vita di prima.

Aveva preso la sua decisione e non sarebbe ritornata sui suoi passi per nessun motivo al mondo, tuttavia questa consapevolezza non serviva a farla sentire meno sola e meno triste, ma serviva a rammentare dolorosamente, in ogni minuto della giornata che aveva voltato pagina e che piangere sul latte versato, sul passato scintillante a cui era avvezza, sugli amici, le feste in piscina e sui bagni di mezzanotte, non sarebbe servito a nulla, se non ad intristirla inutilmente.

Ricordò gli avvenimenti del giorno precedente e di quelli antecedenti ad esso, suo padre che urlava, sua madre che piangeva, sua sorella che non la guardava più nemmeno negli occhi e lei che cercava di spiegarsi, di cercare di farli ragionare, senza alcun risultato.

Quando aveva capito come stavano le cose, all’incirca al secondo servizio di piatti scagliato a terra con violenza, Calliope se n’era andata in camera sua ed aveva preparato le valigie, riponendovi lo stretto necessario per vivere, qualche abito comodo, delle fotografie, la sua macchina fotografica e la videocamera, qualche altro ricordo e ninnoli di vario genere.

Tutta la sua vita rinchiusa in due bagagli a mano.

Venticinque anni della sua esistenza che si riducevano a questo.

Se ne andò via, lasciandosi tutto alle spalle, chiedendo e ottenendo le chiavi del casolare sull’isola greca e poche migliaia di dollari, che le sarebbero bastati a malapena a vivere per un paio di anni, forse tre, se avesse vissuto in modo estremamente frugale.

Il ricordo del giorno prima si riduceva a qualche brandello di immagini e sensazioni, ricordava il gran caldo e il mare irrequieto e il senso di nausea che le aveva attanagliato lo stomaco.

Si ricordava della donna che l’aveva soccorsa, una pittrice solitaria e gentile, forse un po’ troppo taciturna per i suoi gusti, almeno per quelli di un tempo.

La sua ospitalità l’aveva quasi commossa, l’aveva accolta in casa sua per la notte, nonostante la conoscesse solo da mezzora e le aveva offerto la sua camera e il suo letto, adattandosi a dormire sul divano nel salottino, vicino al tinello.

Calliope si alzò dal letto e sistemò le lenzuola, portandole semplicemente sopra al cuscino, aggiustandole agli angoli, poi si pettinò velocemente guardandosi allo specchio e notando il colorito pallido, quasi verdastro, che le si era dipinto sul volto da quasi due mesi ormai, campanello d’allarme delle sue nausee mattutine, che avevano insospettito i suoi genitori e l’avevano smascherata prima del previsto.

Prese dei trucchi dal beauty case e applicò un fondotinta lievemente più scuro del colore della sua pelle, in modo da darle un po’ di colore e toglierle la stanchezza e il malessere dal suo volto.

Poi si cambiò d’abito, scegliendo un prendisole giallo e dei sandali color beige e  raccolse i lunghi capelli corvini in una semplice coda di cavallo, lasciando intravedere maggiormente il suo sguardo, in particolare gli occhi grandi ed espressivi.

Aprì la porta ed entrò in salotto, chiamò la padrona di casa, Arizona, per ringraziarla dell’ospitalità e dell’aiuto prestatole.

“Sono nella veranda, Calliope. Vieni, esci dalla porticina principale e gira a destra. Mi troverai qui”.

Callie seguì le istruzioni e si diresse verso la veranda.

C’era un grande tavolo in legno grezzo, una semplice e candida tovaglia di lino e un vaso di girasoli a completare l’opera.

Un gazebo grande e spazioso che consentiva di consumare i pasti lontano dalla calura di quelle giornate di fine estate e permetteva di gustarsi la deliziosa colazione che Arizona ha preparato.

Caffè, latte, biscotti e croissant alla marmellata e al cioccolato.

“Wow, Arizona. Non avresti dovuto prepararmi tutte queste leccornie. Mi dispiace esserti di peso in questo modo”.

“Nessun disturbo, Calliope. Mi fa piacere coccolare i miei ospiti” le disse Arizona, tendendo lo sguardo a terra.

“Bè, allora grazie. Direi che potrei cominciare con un croissant al cioccolato e un caffè, anche se immagino che tra dieci minuti potrei pentirmene, pentirmi in generale di aver fatto colazione”.

Arizona la guardò con aria interrogativa.

“Perché? Ti prego, Calliope, non dirmi che sei una di quelle donne perennemente fissate con il peso forma, la linea, le diete!” le chiede incuriosita e un tantino esasperata.

Calliope iniziò a ridere.

“No, Arizona, tutt’altro, mi piace la buona cucina. E’ solo che il piccolino non sempre la gradisce” e si accarezza la pancia con dolcezza.

“Odia il cioccolato, il gelato, la pizza, i sottaceti e praticamente tutti i cibi che mi piacciono di più. Forse dovrei evitare il croissant”.

Arizona rimase senza parole per qualche istante.

“Tu, tu sei, tu aspetti, tu ...”.

“Sì, Arizona, aspetto un bambino” le disse semplicemente Callie.

“E ..., stai bene? C’è qualcosa che posso fare per te?” le chiese.

“Veramente sì, potresti darmi un passaggio fino al casolare in cima alla collina in mattinata? Non credo di riuscire ad arrivarci da sola con due valigie”.

“C-certo, certo, ci mancherebbe! Dimmi solo quando vuoi partire e ti ci accompagno!”.

“Magari più tardi, Arizona, credo che al bambino non piaccia nemmeno la marmellata!”.







“Dannazione, Arizona! Non puoi farlo, non puoi partire proprio adesso! Non pensi a me, non pensi a Sofia. Lei ti cerca prima di addormentarsi, vuole il bacio della buonanotte da te, vuole che le racconti se il terzo porcellino riuscirà a salvarsi nella sua casetta di mattoni! Ti chiama Mama, lei ti chiama Mama! Non significa niente per te tutto questo? Io non significo più nulla per te?”.

Arizona reagisce a quelle parole come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno volto.

“Bene, adesso vedo che ti viene facile dare tuttala colpa a me. Ora ti ricordi. Ti ricordi di noi due, eppure quella sera, quando hai baciato Mark al falò, vicino al mare, non mi sembrava che ti importasse qualcosa di Noi!”.

Arizona infila di tutta fretta dei vestiti in un borsone e inizia a camminare per la strada polverosa.

“Hai davvero intenzione di andartene, di lasciarci?”.

Arizona continua a camminare allungando il passo.

“Sei esattamente come i miei genitori!” le grida Callie.

Arizona si volta.

“Non sono come loro, io non ti ho abbandonata, non ti ho ripudiata, io ti ho voluto bene, ti ho amata, ho vissuto questi ultimi tre anni pensando a renderti felice, dimenticandomi della mia di felicità. Ora è tempo che io pensi a me, che mi decida a troncare questo rapporto soffocante e tossico!”.
Calliope rimane ferita dalle sue parole e si ferma.

“Fantastico. Allora vai, vattene! Sii felice, realizzata, amata, fai tutte quelle cose che ti ho impedito di fare in questi terribili tre anni! Sei libera! Libera! Non farti più vedere qui. Io non ti voglio più vedere. Se te ne vai ora, cerca di non tornare indietro. Non è difficile, sai? Persino un mostro del mio calibro ci è riuscito”.

Arizona osserva Calliope piangere e tornare verso la locanda, quel casolare sulla collina che solo fino alla sera prima chiamava casa.

Continuano a camminare tutte e due, in direzioni opposte, perchè è più facile andarsene via che chiedere scusa e tornare indietro, anche se loro due si amano, anche se dovranno aspettare altri diciotto anni per rivedersi di nuovo.






 
 
“Mamma! Mamma! Mamma!”.

Una giovane dai lunghi capelli corvini e dagli occhi scuri ed espressivi sveglia sua madre nel cuore della notte.

“Che c’è? S-sono sveglia! Sono sveglia! Il terremoto!” risponde svegliandosi di soprassalto.

“Mamma, non è il terremoto. Sono io, Sofia, tua figlia, ricordi?”.

“Che ore sono? E’ ancora buio fuori: e’ successo qualcosa?” chiede ancora insonnolita.

Sofia, con gli occhi che le brillano e al colmo dell’emozione, le dice: “Me l’ha chiesto, Ethan me l’ha chiesto!”.

“Che cosa, amore, che cosa ti ha chiesto?”.

“Come che cosa, mamma? Mi ha chiesto di sposarlo!”.

“T-ti ha, lui ti ha, oddio, te lo ha chiesto!”.

“Sì, mamma!”.

“E tu che cosa hai risposto?”.

“Sì, io ho detto di sì!”.




 
 
NdA:
Sono riuscita a scrivere questo capitolo (si commuove), ce l’ho fatta!
Sappiate che le persone che hanno recensito, aggiunto alle preferite/seguite/ricordate, hanno parte del merito per avermi spronata.
E sì, Ethan è proprio il bambino che sta tanto a cuore ad Owen, perciò io lo considero già suo figlio.
Alla prossima
Luisa
 
   
 
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