Ed eccomi a scuola,in quest'inferno che costringe ogni
studente al collasso completo.
Suonò la campanella.
Come ad ogni interminabile lezione di matematica mi
ero persa nei miei pensieri.
Sono solita seguire per i primi dieci minuti poi mi
perdo.
Mi perdo fra i numeri,fra le mille regole e le
troppe soluzioni.
Alla tipica domanda: “Hai capito l'argomento?”
posta dalla grigia e buffa persona ormai stanca di
insegnare qualcosa di cosi impegnativo,risposi un
bugiardo “sisi”
Sono brava a mentire,anche di fronte all'evidenza.
Come quando dico di stare bene e sorriso.
Avevo davanti a me un foglio a quadretti bianco,puro.
Presi una penna nera e iniziai a colorare un
quadratino,due quadratini,tre...
E pian piano mi ritrovai una lunga e spessa striscia
nera. La osservai mentre in sottofondo sentivo
l'eco della mia compagna che chiedeva chiarimenti.
Lei,su ventiquattro anime era l'unica attenta ai
movimenti del professore.
Vidi in quella macchia nera poggiata sul foglio un
abisso. Mi ci tuffai.
Immaginai discorsi mai fatti e scene mai viste.
Ripensai al dolore che avevo in mente e a quello
che portavo nel cuore.
Riemersi di colpo.
Oggi è giovedi!
E la professoressa di alimentazione ha un'ora buca.
Magari vado a parlarle,se le gambe smettono di
cedere e la testa la pianta di girare.
Ho paura,troppa. Ho paura del suo giudizio,ho
paura di quello che potrebbe succedere.
Ma come al solito,la mia testa dopo aver vagato nei
meandri dei miei pensieri perse la cognizione
del tempo.
E giunse il momento,mi feci forza.
E barcollando andai dalla professoressa.
Incrociai il suo sguardo,mi avvicinai.
Notai immediatamente il suo sorriso e la sua
disponibilità nascosta dietro un viso ancora ignaro di
tutto questo.
“Prof, posso parlarle un momento,magari in
privato?
Sa,ho perso le redini di questa vita,non so più
dove sbattere la testa.”