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Autore: La Mutaforma    29/04/2013    1 recensioni
Quanta tristezza hai dovuto affrontare, amico mio? Quanto valgono adesso le tue fughe, il tuo imbarazzo?
Dov’è l’amore?

Feliciano pianse più forte, perché tanto Ludwig era dietro di lui e non poteva vederlo.
O forse perché era solo un bambino, e per i bambini non c’è vergogna a piangere.  
Qualcuno ha creato il mondo, bello come niente. Ci ha regalato il cielo, le stelle, il sole, il mare, la musica. Abbiamo inventato l’amore.
Eppure ci facciamo la guerra. 
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Chibitalia, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina Eliza gli aveva pettinato i capelli e gli aveva dato dei vestiti puliti, i più belli che avesse trovato della sua misura.

Adesso era seduta in poltrona a scucirgli da una giubba blu l’aquila austriaca.

La sua espressione serena non era affatto indice di tutto quello che avevano sofferto.

La loro prigionia non era durata che pochi giorni, forse una settimana.

Di quell’esperienza non era rimasta che una cicatrice sulla tempia di Elizabeta e una stretta fasciatura intorno al ginocchio di Feliciano.

Era allegro e ansioso.

“Andiamo a fare una gita?”

“Forse. Ti piacerà Praga”

“Sono così felice Eliza!” disse il bambino, mentre lei gli sistemava la giubba addosso. Lui fece una piroetta per mostrarsi per bene. “Sembro un principe”

“Ti scambieranno per il figlio di Vittorio Emanuele a Praga”

“Sarebbe divertente” disse, ma non lo pensava davvero.

 

A Praga, Feliciano non poté trattenere la sua euforica agitazione di ragazzino.

“Guarda, Ita-chan, stanno cominciando la cerimonia”

Anche se erano nazioni minori, avevano avuto la possibilità di vedere, anche se da lontano, anche se Eliza era distratta, persa nei suoi pensieri.

“E’ proprio lui, vero?”

Gilbert era là, con un sorriso orgoglio in volto. Eliza riuscì a vedere nella calca anche la mano austriaca che firmava il trattato. Tremava, un po’ sconfitta, un po’ impaziente di far finire tutto.

Ed era tutto merito di Prussia. Gilbert, il bambino con cui aveva trascorso l’infanzia. Ora aveva fondato un regno.

Le aveva scritto molto da quando era finita la guerra.

Anche prima.

Forse avrebbe continuato a farlo. E lei non avrebbe smesso di aspettare sue notizie.

Già si immaginava, ancora a casa di Austria-san, con le sue missive tra le mani, indecisa tra l’aprirle o gettarle nel camino.

Sorrise e sentì le lacrime pungerle gli occhi mentre Feliciano le tirava il vestito e lo indicava con dito festosamente.

Era tutto finito.

Era finalmente tutto finito.

A termine di cerimonia, Gilbert si avvicinò a loro. Avrebbe voluto abbracciarlo per fargli coraggio, ma si limitò a fargli un sorriso e si appiattì alla parete, senza avere nulla da dire. Eppure aveva pensato tutta la notte ad un bel discorso decisivo e distaccato da farli.

Invece era troppo emozionata di essere lì, di rivederlo.  

“Hallo Feliciano. C’è una persona che vorrebbe conoscerti”

“Chi?”

Gilbert indicò un giovane uomo dai capelli biondi e due grandi occhi azzurri.

“E’ un ambasciatore, viene da Parigi”

“Oh, Parigi deve essere bella” disse il bambino con sguardo sognante.

“Venezia lo è ancora di più”

Feliciano sgranò gli occhi, incredulo, e rivolse lo sguardo a Prussia che invece gli sorrise accarezzandogli i capelli rossi.

“Sì, Feliciano, adesso torni a casa”

 

Non attese un momento. Si mise in carrozza con Francia, tutto euforico. Aveva a stento salutato Ludwig e di era tuffato in braccio a quello sconosciuto dalle rosee promesse che aveva subito chiamato fratello.

La cosa la inteneriva.

Feliciano allungò la mano dal finestrino per prendere quella di Ungheria.

“Mi raccomando, Eliza, vienimi a trovare a Venezia. Sarà bellissimo quando verrai anche tu da me! Me lo prometti?”

Lei sorrise annuendo e lo salutò un’ultima volta prima di rendersi conto di non averlo salutato abbastanza, quando la carrozza si allontanò. Quella partenza la lasciò vuota e impreparata, e si trattenne dal piangere, pur essendo felice della sua libertà.

Chiuse gli occhi, come la bambina che lascia volare via la sua piccola farfalla.

In fondo, non era sua madre. Non aveva alcun diritto su di lui.

Per me non c’è nulla a Venezia. Il mio posto è ancora qui. Io non sono libera.

A cerimonia conclusa, pareva che a Praga tutto fosse tornato com’era. Ungheria si voltò verso la carrozza preparata per Austria, pronta per tornare a Vienna.

Il suo padrone salì per primo e lo sportello prima che lei potesse anche avvicinarsi.

“Ma padrone… che vuol dire?”

“Ah, non lo sai? Sei indipendente ora. Col trattato ho…” indugiò per un istante “…deciso di dare l’indipendenza anche a te. L’Ungheria adesso sarà un regno governato dallo stesso imperatore, ma adesso avete diritti ad un’amministrazione propria. Sono stufo delle rivoluzioni. Addio, Eliza. Buon ritorno a Budapest” disse il suo padrone, come se la cosa non sconvolgesse né lui né l’altra.

Quando la carrozza partì Eliza ancora non poteva crederci. Con due carrozze la sua vita era definitivamente cambiata. Dovette premersi una mano sulle labbra per impedirsi di urlare per la gioia. Saltò ripetutamente sull’erba, incredula, e si avvicinò ad un alto cavallo. 

Si sorprese perché ricordava ancora come montare a cavallo, nonostante la lunga gonna, nonostante il tempo trascorso.

Accarezzò il collo dell’animale e lo spronò gentilmente ad allontanarsi. Trattenne le lacrime di gioia che le bagnavano già le ciglia, e sorrise. Un sorriso vero, a denti scoperti, un sorriso di cuore, indirizzato solo a sé stessa.

Fuori dal palazzo di Praga dove si era tenuto il congresso, un altro cavaliere aspettava.

Era lui. Era lui che non aveva mai smesso si aspettarla. Era lui che le aveva reso la libertà.

Prussia spronò il cavallo bianco e le si avvicinò tanto quanto bastava per metterle un fiore tra i capelli. Si sorrisero.

“Da qui a Budapest è lunga la strada. Ti scorto io?”

Era lui. E nulla gli avrebbe più impedito di odiarsi come si odiano i bambini, quando si tirano i capelli e giocano alla guerra.

“Sarebbe un onore, generale

 Lui rise stringendo le redini di pelle e la guardò. “No. Tu puoi ancora chiamarmi Gilbert. O ‘Magnifico’ al limite”

“Sì, Gilbert” lo spense lei, sospirando esausta. Le tese la mano.

“Eliza” sorrise “Andiamo a casa”

E presero la via più lunga.

 

Forse c’era nel mondo, un posto dove non valeva la pena continuare a mentirsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alzate i vostri bicchieri di birra, piccoli bastardi!

Sì, è finita anche questa long. Probabilmente non per sempre. Negli ultimi giorni avevo sfiorato l’idea di continuarla, giusto perché mi ero appassionata a questa storia.

Ma è stata un’idea passeggiera, per ora non saprei nemmeno come svilupparla.

Per ora.

Intanto, vi passo le precisazioni di ordine storico.

Col trattato di Praga nel 30 agosto del 1866 l’Austria riconosce la Confederazione degli stati tedeschi del Nord, quindi non si può ancora parlare di Germania vera e propria (e non se ne potrà parlare per un bel po’ di tempo);

L’Ungheria storicamente non ha preso parte agli avvenimenti che vanno dal 61 al 66, cioè quelli raccontati. Al tempo, c’erano ancora le rivoluzioni di Kossuth (spero si scriva così) per l’indipendenza;

L’indipendenza verrà raggiunta non tanto dalle spinte rivoluzionarie, ma dalla politica di Francesco Giuseppe II, che deciderà di dividere il suo vasto regno e dare delle concessioni alle varie etnie del regno da adesso austro-ungarico. Tutto ciò nel 1867, la mia forzatura temporale è dettata dal fatto che questa storia voleva un finale PruHun;

L’Italia tecnicamente ha perso la guerra, è stata sconfitta clamorosamente due volte, ma la vittoria tedesca è stata così schiacciante da far finire la guerra. L’Austria per orgoglio ha ceduto il Veneto prima alla Francia e poi la Francia lo cederà all’Italia.

In sintesi, anche se perdiamo vergognosamente, troviamo sempre un modo per salire sul carro dei vincitori.

Sono felice che a qualcuno sia piaciuta questa storia senza particolari pretese e ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito e mi hanno commentata.

Grazie di cuore!

   
 
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