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Autore: giulia_b    03/05/2013    2 recensioni
Si siede, le mani strette tra i capelli, e grida.
Il vetro della finestra accanto a lui va in frantumi, così come il bicchiere e la bottiglia abbandonati sul tavolo, il boccettino dell’inchiostro tra la carta, lo specchio appeso alla parete. I pochi passanti in strada sollevano lo sguardo sulle schegge di vetro che cadono dall’alto. Una giovane madre al piano sottostante scuote leggermente il capo e, con un sospiro, sale le scale buie stringendo il bambino a sé.
Mentre l’urlo di Alexander si spegne, i frammenti sparsi per la stanza si ricompongono e tornano al loro posto, l’inchiostro rientra nel recipiente, i fogli appesi oscillano, la gente in strada torna a camminare credendosi visionaria.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-È figlia del diavolo!-
Il padre grida nella stanza accanto. Alexandra si nasconde sotto il tavolo, raccogliendo le gambe vicino al corpo e nascondendo il viso tra le mani. Ha solo cinque anni, ma le attitudini per la magia si sono fatte vive già da un po’. È per questo che il padre la guarda diffidente da un paio di anni, fino a quel giorno, quando la bambina giocava con le bambole facendole volteggiare intorno a sé. Lei non capisce il motivo di quella reazione. Non capisce perché suo padre urli contro sua madre e la picchi così tanto. Non capisce perchè, quando la porta dello studio si apre, la donna le corra in contro e la stringa a sé, dando le spalle al marito. Non capisce perchè il padre, con il volto sfigurato dalla rabbia, colpisca sua madre talmente forte, che Alexandra non la vedrà mai più aprire gli occhi. Non capisce perché l’uomo che l’ha cresciuta, la scagli contro una vetrinetta, che si frantuma sotto di lei. Non capisce perché i domestici impieghino così tanto a intervenire. Non sa come, fa uscire i pezzi di vetro dalla carne e richiude le ferite, che rimarranno profondi segni chiari sulla sua pelle. Non sa come, non sa perché, ma capisce che è rimasta sola.
 
Alexandra apre gli occhi. La candela è ormai spenta e consumata, i fogli sono sparsi davanti a lei sul tavolo. L’unica luce è quella grigia dell’alba oltre il vetro. I do forgive thy robb’ry, gentle thief, Although thou steal thee all my poverty.Le parole di Shakespeare sostituiscono l’immagine degli occhi vitrei di sua madre e del volto sfigurato dalla rabbia di suo padre. Si alza e si avvicina alla finestra. L’orologio della torre segna le quattro e trentacinque. Appoggia le mani sul davanzale, facendo ticchettare le unghie nere sul legno. Accanto alle sue dita c’è il volantino che qualche settimana prima l’ha convinta a partecipare alle selezioni. Lo solleva e inizia a strofinarne un angolo. Fiamme arancioni avvolgono la carta, consumandola e riducendola in cenere che cade leggera sul pavimento. Una scuola di illusionismo. Che sciocca ad avere anche solo pensato di potercela fare. Lei, che per sopravvivere deve vestirsi da uomo e mettere in scena spettacoli che incantano i bambini ai lati della strada. Che vive tra quattro mura buie e fredde. Che ha trascorso l’infanzia passando da un istituto all’altro.
Apre il vetro della finestra. Il vento frizzante del mattino entra nella stanza e le smuove le ciocche di capelli.
Stringe le dita sul davanzale, mentre i capelli lentamente si accorciano e i tratti del suo viso cambiano, lasciandolo senza fiato. Si volta e si sfila l’abito. La fascia abbandonata in un angolo dalla sera prima si solleva e si avvolge intorno al suo petto nudo, nascondendo le forme del suo corpo. Alex la fissa con dita sicure, in modo che rimanga ferma tutto il giorno. Alza le braccia per infilare la camicia immobile sopra la sua testa. Indossa le calze a righe e i pantaloni, mentre i fogli sul tavolo si raccolgono in un pila ordinata. Prima di uscire prende la giacca e il cappello. Non gli serve altro per l’esibizione. Si chiude la porta alle spalle e fa scattare la serratura dall’interno.
Scende velocemente le scale illuminate debolmente dalla luce grigia, giocando con le poche monete che ha in tasca. Incrocia giovani abbandonati contro le pareti, lo sguardo annebbiato dal laudano e dall’assenzio. Incrocia le ombre negli occhi stanchi delle donne giovani e meno giovani che tornano nelle loro stanze dopo una notte di lavoro: i capelli scompigliati, il trucco sbavato, gli abiti strappati. Sospira, pensando che sarebbe potuta essere tra loro in questo momento. Sul punto di lasciare lo stabile, incontra una ragazzina rannicchiata in un angolo.  Le spalle scosse dai singhiozzi, le lacrime, nere a causa del trucco sciolto, che le rigano le guancie. Poco più che quindicenne, probabilmente è stata la sua prima notte di lavoro. Le sue colleghe più anziane la guardano e le rivolgono un sorriso amaro, sanno che all’inizio è difficile, ma lentamente passerà, o almeno diventerà più sopportabile. Alexander le si avvicina e le si inginocchia accanto. Lei sussulta al tocco leggero delle sue dita sul braccio e si ritrae alla vista del ragazzo dagli occhi gialli e il sorriso gentile davanti a lei. Con un rapido movimento delle dita, lui fa comparire un fiore bianco che le porge lentamente.
-Ce la puoi fare. Non lasciare che ti scalfiscano l’anima-
Poi si alza ed esce. La ragazzina si asciuga gli occhi con una mano, trascinando il colore lungo il viso, e osserva i petali candidi.
Il primo gesto gentile dopo tanto tempo. 



Ciao =)
Io sto continuando a scrivere (forse perchè mi sono già affezionata a questi personaggi, benchè solo abbozzati), ma non so quanto, nè tantomeno quando, riuscirò a pubblicare. In ogni caso, ci terrei davvero molto a sentire cosa ne pensate.
Grazie per aver letto =)
Ciaociao a presto
 
giulia
  
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