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Autore: _Even    03/05/2013    7 recensioni
Sei lune piene.
Sei mesi passati in una tomba per una shinigami che non è mai stata tale.
Sei mesi per trasformare una grande tristezza in un'inesorabile follia.
Sei mesi per dimenticare sé stessa e per fare suo un nome.
Grell Sutcliff.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Six Fool Moons

 

William estrasse la propria falce dalla schiena di Grace e osservò il sangue fuoriuscire brutalmente dalla ferita aperta. Non avrebbe voluto essere così violento con lei, tuttavia non aveva avuto altra scelta: voleva avere accesso a quanti più Cinematic Records possibili.

La sua speranza era che, nel rivedere la propria vita scorrerle davanti, Alice (o come si faceva chiamare, Grace) sarebbe riuscita a ricordare chi era stata e, forse, a ritornare in sé.

In caso contrario, William avrebbe avuto un serio problema.

Un brivido gli corse lungo la schiena quando il suo sguardo incrociò quello estasiato di Grell.

L’estasi di Grell non comportava mai nulla di buono.

 

I Cinematic Records riempirono presto la stanza delle memorie di Alice McKenzie.

Mostrarono Grell Sutcliff intento a fare da insegnante a un gruppetto di reclute, tra le quali lei. I capelli raccolti, talmente viola da sembrare neri, i denti perlacei e l’espressione mite di Alice erano in netto contrasto con l’attuale aspetto di Grace. 

Grell non teneva delle vere e proprie lezioni, piuttosto amava impelagarsi in lunghi racconti circa la sua esperienza in quanto shinigami, acquisendo pian piano la bizzarra abitudine di parlare di se stesso al femminile.

Nonostante tutto Alice lo ascoltava, rapita e ammirata.

Voleva essere come lui.

Cominciò a seguirlo ovunque andasse, a volte di nascosto, altre alla luce del sole. Lo spiava mentre civettava con uomini aitanti e novellini dalle bizzarre inclinazioni; una volta lo pedinò ed ebbe perfino la fortuna di vederlo all’opera, mentre prendeva l’anima di una ragazzina malmenata a morte da un criminale.

Il suo obiettivo era somigliargli il più possibile.

Purtroppo fallì miseramente.

Sostenne l’esame finale: doveva occuparsi dell’anima di un bambino di soli sette anni, investito da una carrozza mentre giocava per strada.

All’ultimo minuto, Alice era stata sopraffatta dalla pietà per quella creatura così piccola e innocente, e non aveva trovato il coraggio di finire il lavoro. Così era tornata indietro.

Venne relegata a vita alle Risorse Umane.

Tra i monotoni spezzoni della sua vita da impiegata, apparvero le immagini di un vicolo buio.

Whitechapel Road.

Una prostituta, morta. Il suo cadavere, completamente sventrato, e una donna in rosso china su di lei, con un coltello sanguinante tra le mani.

I suoi occhi scarlatti si posarono su Alice e quella scappò senza esitare, incurante del fatto che per gli shinigami era impossibile morire per qualche ferita.

Riuscì a seminarla e si guardò intorno. Poi indietro. Poi in alto.

Appena in tempo per vedere una figura in rosso piombare giù da un tetto su di lei.

Il viso del carnefice passò dal puro piacere alla sorpresa, e dalla sorpresa all’orrore.

Aveva una motosega e la teneva puntata verso Alice.

Tentò di spostarsi, pur sapendo che non ne avrebbe mai avuto il tempo.

L’arma le trapassò l’utero da parte a parte.

Fu così che Grell Sutcilff credette di aver ucciso Alice McKenzie.

 

Grace fissava quei fotogrammi, quasi malinconica: era una storia triste, come ne aveva viste a migliaia, ed era sinceramente dispiaciuta per Alice.

Benché quei ricordi stessero dolorosamente sgorgando dalla sua schiena, però, lei non li sentiva affatto suoi. Li guardava come avrebbe guardato un brutto spettacolo messo su in una bettola di quart’ordine: con apatia e totale disinteresse. Come se quella vita triste e penosa fosse appartenuta a qualcun’altra.

Forse, in fondo, era la verità.

Sentiva un dolore sordo squarciarle il petto, anziché la schiena, e sperava che presto quello stesso dolore tramutasse in rabbia, con la quale aveva ormai imparato a convivere da tempo.

Tese la mano verso quella bobina infernale e, in quel momento, vide una figura profilarsi al centro della stanza.

Alice.

Era proprio lì, davanti a lei, e piangeva sommessamente. Grace sorrise.

-Tu!- le urlò contro. –Eccoti finalmente. Temevo che non sarei mai riuscita ad incontrarti.

Fece schioccare la lingua e le andò vicino, parlandole con quel tono mellifluo che di solito si usa con i bambini:- Cosa combini, Alice? Insegui miss Sutcliff come fossi un cagnolino ubbidiente, ti fai prendere dalla compassione verso un bambino e getti al vento la tua opportunità di diventare una shinigami. Ti fai quasi ammazzare.– scosse il capo, ridacchiando. –Non si fa, Alice. Proprio non si fa.

Le girò attorno, mentre quella frignava disperata.

-La tua vita è proprio una noia mortale, dolcezza mia. Oh, dimenticavo.- il suo sorriso si spense e i suoi strilli acuti riempirono la stanza. –Quella era la mia vita! Non me la ricordo più, non riesco più nemmeno a riconoscerla, ed è solo colpa tua! Perché Alice? Perché mi hai fatto questo?!

Le si piazzò di fronte. Grace ed Alice, uguali e diverse come solo la disperazione aveva potuto renderle.

-Guarda il tuo passato, Alice. La tua vita è stata un’umiliazione.- ringhiò. –Forse il mio è un passato rubato, ma è stato un passato dignitoso ed eccitante, non mi sono mai piegata a nessuno. Io ero padrona della mia vita e io decidevo cosa era meglio per me. Anche se non l’ho mai vissuta, per me è stata questa la vita!

Non poteva sopportare oltre.

Si scagliò su Alice trasformando le parole in un urlo infuriato.

Ma cadde sul pavimento freddo. Completamente sola.

I Cinematic Records attorno a lei erano scomparsi, riavvolti nella sua carne lacerata.

-Dov’è andata?- chiese tristemente.

William le posò una mano sulla spalla. –Alice, in questa stanza non c’è nessun altro a parte noi.

Si voltò di scatto verso di lui, digrignando i denti per trattenere la rabbia. Come l’aveva chiamata? –Che stai dicendo? Ho parlato con lei fino a pochi secondi fa.

La mano del moro tremava sulla sua pelle. La stringeva, per evitare di lasciarsi andare al terrore.

-No. Tu hai parlato da sola fino a pochi secondi fa.- precisò.

Non poteva essere.

Non doveva accadere.

Grace aveva gli occhi lucidi.

Aveva davvero visto Alice?

Poteva essere, come poteva non essere.

E infondo era un po’ la stessa cosa, no?

La sua voce era un sussurro spezzato. -Quindi avevi ragione? Sono davvero impazzita?- chiese titubante.

-Temo di sì.

Grace lasciò che una lacrima le rigasse una guancia, e fece l’impensabile.
Scoppiò in una risata irrefrenabile, senza riuscire a contenersi.

Non smise di ridere neanche quando la portarono via.

Nemmeno quando la trascinarono fino ad un’altra stanza, minuscola ed opprimente.

Non smise, quando la incatenarono al muro. Lei stava ferma e li lasciava fare, e nel frattempo rideva.

Non smise, quando la lasciarono da sola con i polsi in catene, quasi crocifissi al muro.

Rise finché non svenne per tutto il sangue che aveva perso.

 

Quanto tempo era passato? Un’ora forse, o un giorno. Grace non lo sapeva.

Aveva smesso di ridere, come di sperare. Non tentava più nemmeno di liberarsi: non ne aveva la forza. Aveva fallito e ora si sentiva svuotata, quasi violata dalle sue stesse memorie.

Fu un attimo.

Un rumore la destò dalla sua assenza di pensieri: qualcuno aveva aperto la porta della sua “cella”.

Sentì il ritmico battito dei tacchi sul pavimento.

Capì immediatamente chi era entrato.

Una risatina curiosa e inquieta solleticò Grace nel profondo, là dove risiedevano la sua rabbia e la sua sete di vendetta.

-Guarda un po’ chi si rivede!- squittì quella voce familiare. -La brutta copia della sottoscritta.

Grace sollevò la testa di scatto, e la visione del sorriso sornione di Grell bastò a far resuscitare tutto il suo dolore. Si lanciò su di lui, ma le catene bloccarono la sua folle corsa.

-Non essere così violenta, o ti resteranno i segni sui polsi, cara.- proseguì, appena indignato. –Hai creato un tale scompiglio presentandoti qui. Will ha un diavolo per capello: non sa proprio come fare per liberarsi di te. Dice che secondo chissà quale regola, non può farti fuori. Ma ha paura che se ti tiene qui, tu prima o poi riuscirai ad uscire e, pensa, vuole punire me per questo! Secondo lui è tutta colpa mia, Alice cara.

-Io mi chiamo Grace!- strillò quella, dimenandosi invano.

Grell le si piazzò di fronte, abbastanza vicino da farsi quasi raggiungere, ma non abbastanza da permetterle di sfiorarlo. La torturava lentamente, imponendole e al contempo privandola della sua presenza.

-Se preferisci, è così che ti chiamerò.- batté le mani, sbrigativo.

-Vattene via!- urlò questa, talmente forte che Grell sentì le proprie ciglia vibrare. Rise entusiasta come fosse un bambino.

Le andò più vicino e si avvolse uno dei suoi riccioli attorno al dito, ma lo ritrasse subito dopo: i capelli della shinigami erano ancora impregnati di polvere e sangue raggrumato e il semplice contatto, anche attraverso il tessuto del guanto, lo nauseava.

-Grace, che cos’hai fatto?- sospirò Grell. –Che cosa speravi di ottenere presentandoti qui?

-Io...

-Cosa pensavi di fare?- la interruppe sorridendo. –Uccidermi? Diventare una shinigami? Come, vorrei sapere. Avanti, spiegami come pensavi di procedere, una volta arrivata qui.

Grace spalancò la bocca per parlare, ma ciò che le uscì dalla bocca fu un sibilo smorzato.

-Su, sto aspettando.- Grell trattenne una risata.

-Volevo riprendermi ciò che era mio con la forza!- confessò d’un fiato, non senza un minimo di vergogna.

-Con la forza?- sussurrò l’altro.

Una risata spontanea gli sfuggì dalle labbra, irritando Grace fino all’inverosimile.

Il suo tono era di rimprovero:- Sul serio, credevi che semplicemente venendo qui e agitando le acque saresti riuscita a diventare una dea della morte?

Quelle parole erano un flagello per la debole mente di Grace, che non poté fare a meno di sentirsi mortificata.

Sperava che, una volta trovato Grell, l’avrebbe affrontato e forse anche ucciso. Ora vedeva il suo piano per quello che era: il delirio di una pazza.

Allungò le mani verso di lui e lo prese violentemente per il cappotto scarlatto.

Grell tentò di divincolarsi, ma non ci riuscì.

Lui era più forte di Grace, ma lei era furiosa e la furia era tutto ciò su cui poteva contare. Le conferiva una forza inaudita.

-Ascoltami bene, perché non mi ripeterò.- strillò con le lacrime agli occhi e un ghigno entusiasta. –Un giorno mi libererò di queste catene e uscirò da qui, come ho fatto quando sono scappata da quella tomba in cui tu mi hai rinchiusa.- prese un respiro e la sua voce uscì, più forte e più roca che mai. –E quando uscirò da qui pregherai perché io ti ammazzi, Grell Sutcliff! È una promessa!

Finalmente Grell riuscì a liberarsi.

-Sei una pazza isterica, Grace!- affermò, rassettandosi. –Chiunque dica che tu sei come me, è un bugiardo e un calunniatore!

Poi se ne andò a passo di marcia.

 

Grace si lasciò andare a una risata entusiasta.

Mise un piede su ciò che aveva abilmente sottratto a Grell durante il suo sproloquio e lo tirò fuori da sotto la gonna rossa.

La lista della morte di Grell, la lista delle anime da prendere.

Mentre lui la guardava fisso, lei gliel’aveva presa da dentro la giacca, per poi lasciarla cadere e nasconderla con la gonna lunga.

Avrebbe spezzato quelle catene: doveva dimostrare, a se stessa come a Grell, e come allo stesso William, che la sua pazzia non le impediva di fare ciò di cui aveva bisogno.

Mietere.

 

Grell stava ridendo.

Quella sgualdrina credeva davvero che Grell non se ne fosse accorto?

Quando aveva capito che lei stava cercando di sottrargli la lista delle anime, l’aveva semplicemente lasciata fare.

Era curioso di vedere fin dove Grace sarebbe stata disposta a spingersi pur di raggiungere i suoi obiettivi, anche se doveva riconoscere che era stata abile a scorgere la lista all’interno della giacca.

Grell dubitava che lei sarebbe realmente riuscita nel suo intento di mietere una delle sue anime, sprovvista com’era di falce della morte, ma Grell aveva tutta l’intenzione di darle corda a sufficienza per impiccarsi.

Oppure, in caso contrario, di aiutarla nel suo assurdo e folle piano.

Dipendeva tutto da lei.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Rieccomi qui, con il penultimo capitolo di questa storia che definire assurda è poco. Dio solo sa quante versioni ha avuto!

Inizialmente il nome di Grace doveva essere un altro, la sua personalità doveva essere completamente diversa (gaia e gioiosa) e non avrebbe dovuto avere alcun problema mentale. Insomma, inizialmente era una noia mortale.

Ma dopo mesi e mesi di revisione, alla fine è diventata... questo!

Confesso che un po’ mi mancherà quando sarà finito.

Ringrazierò per tutta la mia vita ScratchGlissando la mia mitica correttrice di bozze che non finirò mai di ringraziare.

Ringrazio anche amanotsukiko4evr, ShinigamiGirl e BeaLovesOscarinobello, che recensiscono assiduamente ogni mio capitolo, ed AmyFallen (che mi ero inizialmente dimenticata di citare e alla quale non chiederò mai perdono a sufficienza).

Ringrazio inoltre Mansy, Mikhael98 e MisaMichaelis.

Al prossimo (ultimo) capitolo! :)

  
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