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Autore: nevaeh    05/05/2013    6 recensioni
Ha partecipato alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS.
"Hoy es el día de San Jordi." sente d'un tratto. Non riesce a capire da dove venga il suono fino a quando non lo sente di nuovo, stavolta in inglese.
"Oggi è il giorno di San Giorgio." Harry si gira e lo vede. Ha gli occhi azzurri ed è abbronzato, sta seduto dietro ad una delle bancarelle di rose attaccata ad un'altra che vende libri: lì dietro c'è una bella ragazza con i capelli scuri che si fa pagare e da i soldi al ragazzo che li ripone in una cassetta di legno. Harry si accorge del suo sorriso bianchissimo in contrasto con la carnagione abbronzata, si rende conto delle labbra sottili e dei capelli curati, dei tatuaggi che ha sul braccio - lui non avrebbe mai il coraggio di farne uno. E poi sua madre lo ucciderebbe -; il colore delle iridi è così spettacolare che Harry potrebbe sospirare per ore solo ad immaginarli.
[Student!Harry, Florist!Louis, Schooltrip!AU]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.D.A Habìa una vez en Barcelona nasce grazie alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS. La storia è nata proprio in Spagna il giorno di San Giorgio, l'ho scritta per lo più in Plaza de la Catalynia, corretta in motropolitana tra Camp de l'Arp e Sants Estaciò e plottata, all'inizio, su Las Ramblas e al Mercat de la Buqueria. Sicuramente non la mia storia più complessa, ma spero possiate lo stesso apprezzarla. :D

 Note di servizio:

♥ - tutti i riferimenti a posti, vie, nomi dei negozi, fermate della metro e quant'altro sono assolutamente reali;

♥ - grazie ad Ari che mi ha promptato due frasi in "Camp Nou" e "Mercat de la Buqueria" utilissime ai fini della trama. (♥♥);

♥ - se le flash sono quanto meno leggibili è solo per merito di Francesca, che ha fatto i salti mortali per correggerle ed è impazzita a causa della macedonia. xDD  

Enjoy

 

Plaza de España 

"Vi ci hanno portati?" Louis scende dalla moto e aiuta Harry a fare lo stesso, posa l'unico casco - quello che ha lasciato tenere a lui - nel sotto sellino e, come se nulla fosse, gli prende una mano. Harry trattiene il respiro per un secondo, Louis se ne accorge e sorride senza guardarlo mentre gliela stringe più forte.
"Sì. Abbiamo visto il museo."
Alla Plaza de España sono le nove e quaranta e i turisti affollano lo spazio davanti alla fontana, scattando foto allo spettacolo di acqua e luci, sorridendo e indicando i giochi a tempo di musica.
Louis ridacchia, trascinando Harry verso le scale mobili: "non ti è piaciuto particolarmente, eh?" tira ad indovinare. Harry arrossisce, senza nemmeno pensarci si avvicina un po' all'altro.
"Non sono cose per me." ammette alla fine.
Louis gira la testa e lo guarda con quegli occhi che disegnerebbe nei minimi dettagli, se solo sapesse tenere in mano una matita, "e quali sono le cose per te?"
"Non lo so..." Harry deglutisce, non riesce a credere che voglia davvero sapere qualcosa di lui. Non questo ragazzo bellissimo e divertente che sembra essere un sogno! Così prende fiato, segue Louis sulla scala mobile senza distogliere gli occhi dalla magia della fontana, "mi piace la musica, per esempio."
"Davvero? E quale tipo di musica?"
Ed Harry vorrebbe rispondere qualcosa di tenero e assolutamente imbarazzante tipo "quella del suono della tua risata", ma si trattiene, stringendosi invece nelle spalle: "mi piace l'indi rock. A Chapel ho un gruppo."
A Louis sembra piacere come informazione, sorride e chiede eccitato "davvero? E come vi chiamate?"
"White Eskimo, ma non siamo niente di che."
"Sono sicuro che siete bravissimi. Che tu sei bravissimo." e Louis lo sta dicendo con tono talmente serio, mentre raggiungono la prima scalinata della fontana, che Harry non può fare a meno di arrossire e borbottare a testa bassa "non sai nemmeno che ruolo ho nella band!"
E Louis, nemmeno a farlo apposta, ride: "che ruolo hai tu?"
"Faccio il cantante." Harry è sempre più imbarazzato, Louis si ferma con i fianchi contro il passamano di pietra e lo avvicina a sé con un braccio.
"Allora sei il cantante più bravo." gli sussurra direttamente nell'orecchio, ed Harry sorride e nasconde il naso nel suo collo perché nessuno l'ha mai tenuto stretto così davanti a tutti, semplicemente sussurrandogli sciocchezze.
"Ma non lo sai, se sono bravo!" ribatte di nuovo, ma solo perché vuole che parli ancora e ancora.
E Louis lo fa: "devi cantare per me, allora."
"Scordatelo, Lou!"
Louis scuote la testa, finge disappunto e nel frattempo gli passa entrambe le braccia intorno ai fianchi come a volerselo tenere tutto addosso: Harry rabbrividisce quando sente ogni forma del suo corpo premuto contro quello abbronzato di Louis.
"Mi piace Lou." Harry arrossisce, Louis avvicina le labbra al suo orecchio per la seconda volta, ma solo per mordicchiarglielo; "canterai per me?"
"Un’altra volta."
"Non adesso?"
Harry scuote la testa. Gli sorride divertito mentre gli passa le braccia intorno al collo: la musica continua e così il gioco dell'acqua. Louis ed Harry, invece, rimangono a fissarsi in silenzio per un po', prima che Harry faccia sparire il suo viso nel collo dell'altro ragazzo. Lui lo stringe solo un po' più forte.

 

 

Camp Nou

Harry non lo negherà: la parte migliore della gita la sta vivendo proprio adesso. Hanno aspettato nell'area ristoro mentre la prof - che si è raccomandata con un paio di suoi compagni per tenerlo d'occhio - prendeva i biglietti per chiunque volesse entrare, li distribuiva e si sedeva annoiata. La tappa al Camp Nou, ovviamente, non è prevista dall'itinerario di viaggio ma tutti i ragazzi (e anche una buona parte delle ragazze) hanno insistito affinché si spendessero un paio d'ore allo stadio. Harry non ha detto nemmeno una parola, è perfettamente cosciente che nella sua posizione adesso anche una sola sillaba potrebbe valergli come biglietto di ritorno a Manchester, ma ha incrociato le dita e sperato che i suoi compagni ci sapessero fare con le moine. E adesso sale nel museo del Barça con un sorriso eccitatissimo e il biglietto bucato in una mano.
Harry, solitamente, non si lascia affascinare tanto in fretta dalle cose: ha attraversato Las Ramblas più con curiosità che con palese fascino, ha ascoltato musica dall'iPod per tutta la durata della visita in Casa Battló e Casa Pedrera, ha ammirato il panorama da Parc Güell solo per calmare l'ansia impellente e si è lasciato affascinare dai giochi d'acqua di Plaza de Espanya solo perché Louis lo teneva stretto con la schiena contro il suo petto, sfiorandogli la testa con dei baci. Questa, però, è tutta un'altra storia. Non riesce a distogliere lo sguardo da tutte le coppe e i palloni d'oro, dalle maglie autografate di chi ha fatto la storia della squadra, dai ritratti dei giocatori con le caratteristiche tecniche. E poi ci sono ancora il campo e gli spogliatoi e la tribuna e la sala conferenze dove puoi scattarti una foto con la Coppa dei campioni e addirittura la cabina della stampa e la sala multimediale. Ci sono un sacco di schermi, Harry rimane incantato a sentire l'inno cantato direttamente da cento tifosi diversi in piccole televisioni, poi ci sono gli spezzoni delle finali di Coppa, i goal più belli della storia, i calciatori in primavera e in prima squadra, Messi che segna e cade inginocchiato a terra con l'urlo del Campo tutto per lui. Harry rimane senza parole, non può impedirsi di trattenere il fiato nemmeno quando proiettano la finale contro lo United, di cui lui è tifoso sfegatato - come ogni buon inglese - o mentre mostrano la squadra che alza la coppa davanti al pubblico in festa. Il cellulare squilla distogliendolo per un attimo dai video, sorride istantaneamente quando vede "Lou" che lampeggia sullo schermo.
"Costa ventitré euro un biglietto per entrare in questo maledetto stadio!" è la prima cosa che Harry sente. Ridacchia, prendendo a passeggiare tra le tavole interattive del museo, "Non dirmi che sei qui fuori."
Louis ride, "sì, e sembra che ci rimarrò per molto tempo!"
Harry vorrebbe già dirgli "scendo a pagartelo", ma si decide a stare a bocca chiusa sapendo che potrebbe metterlo in imbarazzo. Infatti sente Louis sospirare, poi dire "no, ecco. Trovati!" e si sente in colpa da morire perché magari adesso sta spendendo tutti i soldi che ha, però non riesce ad evitarsi di sorridere: non avrebbe mai pensato che qualcuno avrebbe fatto qualcosa del genere per lui.
"Sei sicuro?" dice però, mordendosi un labbro "se vuoi esco io e..."
Louis lo interrompe, sbuffando, "troppo tardi, piccolo. Sono già dentro."
Ed Harry fa appena in tempo a voltarsi verso il tabellone con tutti gli stadi più grandi del mondo - c'è anche quello di Parigi? Sul serio? - che vede Louis che arriva sorridendo con il biglietto stretto in una mano e una maglia a mezze maniche nere con scritto "Killers" che Harry ama immediatamente. Nota un altro tatuaggio nell'interno del braccio, c'è scritto "far away" ed Harry lo guarda per qualche secondo, fino a quando Louis non gli prende il mento con due dita.
"Ciao."
"Ciao." Harry affoga un sorriso nelle labbra di Louis, la barba appena accennata gli prude un po' il mento ma è una bella sensazione, si rende conto mentre posa la sua mano su quella dell'altro ragazzo. Ama baciarlo così in pubblico, con nessuno che gli dica che è sbagliato o che lo fissi scuotendo la testa in maniera schifata. Dove abita lui doveva nascondersi nei vicoli o nella sua cameretta per baciare il suo amico o anche solo per lasciargli una carezza sulla guancia. La gente, spesso, sa essere crudele.
"Allora, hai già visitato il museo?" Louis gli passa un braccio intorno alle spalle e lo tiene stretto. Harry ha le braccia incrociate al petto mentre annuisce contento, "ma lo visito di nuovo senza problemi!" ci tiene a specificare, con un sorriso sul volto. Sta bene con Louis che canticchia l'inno del Barça - dio, se è stonato! - e gli accarezza distrattamente la nuca con la punta delle dita: non sa quasi niente di lui e presto dovrà tornare a casa, ma per il momento se lo vuole godere fino alla fine.
Raggiungono nuovamente il campo dopo aver visitato lo spogliatoio - "guarda, Lou, qui Messi si fa fare i massaggi!" -, la scalinata - "mio dio, Lou, qui ci è passato anche Piquè!" - e si fanno fare una foto da una turista giapponese con lo sfondo della gradinata su cui c'è scritto "mes que un club".
Seguono il percorso indicato, Louis gli racconta che non è mai entrato lì nonostante viva a Barcellona da quasi un anno, Harry vorrebbe chiedergli perché ha lasciato l'Inghilterra ma non lo fa, preferendo lasciargli un bacio sulle labbra. Si guarda intorno per un istante, dopo, prima di ricordare che lì nessuno sta facendo caso a loro.
"Hai detto che avresti cantato per me. Quale posto migliore di uno stadio?" Louis sorride mentre prendono posto su due sedili del l'anello rosso, distanti da tutti i turisti.
Harry si guarda intorno, imbarazzato; "Ma non c'è nessuno"
Louis sorride, si indica: "Ci sono io" gli fa notare, posando le gambe sulle cosce di Harry. Indossa un jeans scuro e stretto, un berretto grigio che gli copre i capelli, le solite espadrillas che oggi sono umide perché ha piovuto tutta la mattina. Profuma di pioggia e di rose, probabilmente ha lavorato nel negozietto della sua amica Eleanor e lo ha raggiunto sotto la pioggia.
Harry si fa ancora un po' più vicino, gli toglie il cappello e gli ravviva le punte dei capelli con gesti insicuri: non sa bene fino a che punto possa spingersi, ma visto che Louis ha chiuso gli occhi decide che probabilmente non sta andando tanto male.
"Tot el camp és un clam" comincia allora a canticchiare nell'orecchio di Louis, ridendo "som la gent blaugrana, tant se val d'on venim si del sud o del nord... E poi non me la ricordo più!"
Anche Louis ride, gli passa un braccio intorno al collo e lo avvicina a sé; lo bacia una, due, tre, quattro volte con le labbra chiuse e l'ombra di un sorriso.
"Lo avevo detto che eri il più bravo." mormora nel suo orecchio. Poi lo bacia ancora.

 

Mercat de la Buqueria

Alle due del mattino, Harry è convinto di essere l'unico idiota ancora sveglio nell'hotel. No, ok: uno degli unici due idioti ancora svegli nell'hotel. Zayn è seduto sul davanzale della finestra della sua camera e fuma in silenzio con solo i pantaloni della tuta addosso. Harry non ha idea di dove sia ragazzo con cui il suo amico deve dividere la camera ma, per un eccesso di amor proprio, non ha intenzione di chiederglielo.

Stanno entrambi in silenzio, Louis gli ha detto che ogni tanto la sera aiuta un tizio che tiene una bancarella che si chiama Morilla fruit al mercato della Buqueria e probabilmente è per questo che proprio non se lo aspetta, quando il suo cellulare lo avvisa di un nuovo sms. Zayn getta senza grazia il mozzicone fuori dalla finestra, si alza e la chiude.

"La prof si arrabbia se ti porto fuori per una passeggiata?" dice il testo del messaggio ed Harry è già in piedi alla ricerca della felpa che aveva lasciato sul letto di Zayn.

"Esci?" Zayn si stiracchia e non sembra voler davvero una risposta. Tuttavia Harry annuisce, la mano destra che cerca nei pantaloni della tuta la carta magnetica della sua camera.

"Mi faranno il culo?"

Zayn ride, prende a sua volta il cellulare perché a quanto pare anche la ragazza coi capelli viola - che si chiama Perrie e viene dalle parti di New Castle - sta nel quartiere degli Eixample come loro.

"E me lo chiedi anche?". Harry alza gli occhi al cielo divertito, esce dalla camera per raggiungere la sua mentre invia "solo se lo viene a scoprire " e si guarda intorno per un paio di secondi prima di chiudersi la porta alle sue spalle. Toglie la tuta al buio per non svegliare il ragazzo che dorme nel letto accanto al suo e prende a casaccio dal suo trolley un jeans e una maglietta: lo indossa saltellando in silenzio e lancia una bestemmia irripetibile quando sbatte il piede contro lo spigolo del letto, finisce di sistemarsi la t-shirt - bianca, a mezze maniche, scollo pronunciato - lanciando un'occhiata al telefono che si è illuminato di nuovo.

"Allora ti aspetto giù. Copriti bene, io non l'ho fatto e me ne sto pentendo amaramente!"

Harry legge il messaggio e sbuffa mentre recupera un maglione che probabilmente gli va largo di un paio di taglie e lo indossa in fretta sopra la maglia; ne prende un altro e lo stringe in mano uscendo dalla camera senza sbattere la porta. Zayn sta facendo lo stesso, il telefonino tra orecchio e spalla e labbro tra i denti.

"Esci?"

Zayn si gira, lo nota e annuisce. Infila la card nel portafogli che porta nella tasca posteriore dei jeans neri.

“Ti faranno il culo.“ lo prende in giro Harry, facendolo ridere sottovoce. Prendono l'ascensore in silenzio, Zayn ha sussurrato per qualche secondo un "sì, tra due minuti. Non scendere adesso che non c'è nessuno, ti mando un messaggio io." nella cornetta del telefono. Non è difficile intuire con chi abbia appuntamento.

"Allora..." Harry si schiarisce la voce quando vede il tizio della reception che dorme beatamente con la testa sul bancone "come si passa?"

Zayn sbuffa, "camminando?"

"E se si sveglia?"

"Sei un idiota, Harry. Quello lì non ti pensa proprio." risponde mentre ha già una mano nella tasca a cercare le sigarette. Harry lo segue attraverso tutta la hall col cuore in gola, guardando il centralinista con ansia.

"Così lo consumi."

"Sta zitto." Harry sbuffa e fa ridere Zayn, appena un secondo prima che la porta automatica si apra. Entrambi si concedono un sospiro e un sorriso, Harry nota Louis fermo sulla moto con le braccia nude strette intorno al petto. Lancia un'ultima occhiata a Zayn che sta rimettendo l'accendino nella tasca, ma non gli interessa più così tanto.

"Ci diamo un'ora?"

Harry annuisce, "le cinque?"

"E mezza."

Si scambiano un'ultima occhiata e ognuno va per la sua strada. Louis gli sorride in quel modo che fa sentire Harry la persona più bella del mondo e allunga una mano verso di lui; Harry l'afferra in un gesto incondizionato.

"Si muore di freddo."

Louis annuisce, finge di rabbrividire, "e io sono in moto. Stupido, eh?"

"Ti ho... portato un maglione." Harry abbassa lo sguardo un po' imbarazzato mentre glielo porge, ma può lo stesso sentire Louis sorridere mentre lo afferra e lo infila dalla testa. Sorride anche lui.

"Ci vieni con me in un posto?" Louis lo avvicina tirandolo per il passante del jeans, Harry si ritrova ad annuire senza nemmeno sapere di cosa stia parlando.

"Dove mi porti?"

Louis sorride, avvicina il viso a quello di Harry fino a sfiorare le labbra con le sue; è così che risponde "in un posto da turisti quando non ci sono i turisti" che Harry non intende benissimo ma non gli importa, perché le labbra di Louis vibrano contro le sue e sente un brivido sulle braccia e sulla base della schiena.

Si ritrova ad annuire, quindi, e a dire "va bene." senza nemmeno rendersene conto e d'un tratto si trova in moto, stretto alla vita di Louis che indossa il suo maglione che gli sta enorme. Sarà anche più grande di lui, ma è così piccolo. Harry affonda il naso nella stoffa, sente Louis rabbrividire e gli stringe ancora più forte le braccia intorno al busto: piove di nuovo, è vero, ma comunque non potrebbe non approfittare della possibilità di tenerlo così mentre corrono per le strade semideserte di Barcellona. Si fermano solo quando raggiungono Plaça de la Catalunya e svoltano su Las Ramblas: Harry riconosce il punto in cui ha visto Louis per la prima volta dietro al banchetto dei fiori, il Liceu e quell'enorme mercato antico dove è stato solo il giorno prima con i suoi compagni di classe.

Louis ferma la moto e scendono in silenzio, ad Harry piace sempre di più come sta il suo maglione addosso a Louis e allunga una mano senza nemmeno pensarci, sistemandogli l'orlo.

"Allora?"

Louis sorride, si avvicina un po' e gli prende la mano: "ti faccio conoscere un mio amico!" gli annuncia. Harry si fa trascinare in una via laterale del mercato della Buqueria, si infilano velocemente tra i banchi in allestimento e Harry non può fare a meno di guardarsi intorno. Ci sono persone che lucidano le mele, altre che sistemano i cioccolatini nei cesti e altre ancora che creano composizioni con la frutta. Louis lo porta fino al cuore del mercato, ogni tanto saluta qualcuno in spagnolo o scambia due chiacchiere. Nessuno fa domande su Harry, ma molti gli sorridono. Harry ricambia sempre.

"Cosa ci facciamo qui?"
Louis si ferma di botto, gli indica un banco dove un uomo e una donna allestiscono l'uva tenendo d'occhio una bambina piccolissima che dorme nel passeggino poco distante.
"Tom!"
L'uomo alza la testa, gli sorride, "Lou! Non avevi finito di lavorare?" lo saluta.
"Volevo portare Harry a vedere questo posto."
L'uomo si accorge per la prima volta di Harry, gli riserva un bel sorriso e solo allora lui si accorge che entrambi hanno parlato inglese.
"Sei un turista?" gli chiede la donna, invece, pulendosi le mani contro il grembiule. Ha il volto piccolissimo, i capelli chiari tenuti in alto da una crocchia scomposta.
"Sì."
"E sei qui col nostro Lou..." continua malizioso quello di nome Tom, tirando una spallata al ragazzo che arrossisce e ride.
Harry si morde un labbro, gli stringe più forte la mano senza nemmeno rendersene conto e gli lancia un'occhiata da sotto le ciglia.
"È tutto ok. Loro sono Tom e Lou, mi hanno dato da dormire quando sono arrivato per la prima volta senza un soldo." lo rassicura Louis.
"Perché adesso la situazione è cambiata?" lo prende in giro la donna che non smette un attimo di mettere a posto bicchieri enormi di macedonia con già le forchettine verdi attaccate di fianco.
Louis ride, lascia la mano di Harry e si stringe nelle spalle imbarazzato: "in effetti no!"
"Andiamo Lou, non metterlo in imbarazzo davanti ad Harry." Tom la riprende con un sorriso, la donna finge una faccia dispiaciuta.
"Hai ragione. Scusate ragazzi!" poi aggiunge "avete fame? Ho appena preparato la macedonia."
Louis annuisce immediatamente, Harry lo segue dopo un secondo di imbarazzo. Sono due tipi strani ma non sembrano tanto male, e Louis è molto a suo agio con loro; Harry accetta il bicchiere e toglie il tappo soprappensiero, è Louis che lo richiama, qualche secondo dopo, con un cenno della mano.
"Sei stanco?"
Harry scuote la testa, si avvicina a Louis perché non lo ha baciato nemmeno una volta e le sue labbra quasi bruciano. Lo bacia senza fretta, le mani dietro al collo, le dita tra i capelli lisci e il bicchiere di macedonia ancora stretto in mano a fare d’impiccio.

"Non ho mai portato nessuno qui." Louis glielo sussurra direttamente sulle labbra, le mani sollevano appena la stoffa che copre i fianchi di Harry, che rabbrividisce.
"Perché hai portato me?"
Louis si stringe nelle spalle, i nasi si sfiorano per un secondo. Sono nel mezzo del mercato in allestimento, uomini e donne si affannano attorno a loro, urlando e ridendo e ordinandosi di prendere quella cassa e portarla lì o in quell'altro posto ancora. Nessuno dei due ci fa caso, però, quando Louis risponde "perché penso ne valga la pena" in un sussurro così basso che, se non glielo avesse detto con le labbra sulle sue, Harry di sicuro non lo avrebbe capito. E vorrebbe dirgli che no, non può dirgli questo visto che lui sta per ripartire verso la noiosa vita di Holmes Chapel, lontano da Barcellona e da quegli occhi bellissimi, ma non riesce a fare nulla di diverso dallo stringergli ancora più forte le braccia intorno al collo e abbracciarlo. Vuole che il tempo si fermi, e da come Louis lo tiene stretto per la vita, sembra che sia lo stesso anche per lui. Posa il bicchiere su un banchetto, Louis lo riprende tra le sue braccia come se non potesse farne a meno. Harry non si lamenta.

“Quando sono arrivato qui la prima volta non conoscevo una parola di spagnolo, non avevo un posto dove stare e avevo un solo paio di jeans. Quelli che indossavo.” comincia invece a raccontare, sussurrandogli direttamente nell’orecchio. Harry ha lo sguardo basso, i pugni stretti contro il maglione che Louis indossa e che adesso profuma di entrambi; “avevo paura di dover passare la notte per strada e in effetti ho bighellonato come un idiota fino alle quattro del mattino per il centro. Poi ho trovato Tome Lou e loro sono diventati i miei genitori.”

“Da dove vieni?”

“Da una città che si chiama Doncaster.”

Harry alza lo sguardo, gli sorride in maniera impercettibile: “e perché sei andato via?”

Louis si irrigidisce appena, Harry si chiede se non sia stata una domanda troppo avventata. Tuttavia dopo un secondo sembra sciogliersi e ricomincia ad accarezzargli i capelli alla base della testa – Harry giura che potrebbe fare le fusa -; risponde “perché mia madre si era risposata con un altro uomo e aveva avuto altre quattro figlie. Poi il tizio ci aveva mollati tutti, mamma doveva badare a troppe cose ed eravamo senza un soldo. Appena ho finito la scuola dell’obbligo mi sono trasferito qui perché mi avevano detto che cercano sempre qualcuno con le braccia forti che dia una mano.”

“Sei molto coraggioso.”

Louis ride, “lo faresti anche tu, se ti trovassi costretto.”

“Non credo che ne sarei capace.” Harry abbassa lo sguardo per un secondo, “è da molto che non le vedi?”

“Da quando sono arrivato. Il biglietto dell’aereo…”

Harry lo interrompe con un bacio, capisce quanto tutto questo lo stia mettendo a nudo e si chiede se lo abbia mai raccontato a qualcuno. Probabilmente solo a quei due tipi della bancarella in cui lavora, e lui è segretamente contento del fatto che faccia parte di questa cerchia ristretta di fortunati.

“Mi piace quando è deserto.” Cambia allora discorso. Louis sospira, probabilmente per gratitudine, e annuisce.

“Anche a me. Mi piace anche perché ci sei tu.”

Harry ride, lascia un altro bacio sulle labbra di Louis e poi uno sulla punta del naso piccolo: “anche?” lo prende in giro, fingendosi offeso: incrocia le braccia al petto, mette su il broncio e si allontana addirittura di qualche passo.

Louis lo insegue immediatamente, lo abbraccia fino a quando il suo petto non è completamente contro la schiena di Harry. Gli sussurra all’orecchio “soprattutto perché ci sei tu.” e sa che lui lo ha già perdonato, perché scoppia a ridere e si gira per dargli un altro bacio.

“Vuoi provare una cosa?”

Harry annuisce e accetta immediatamente uno strano frutto con la polpa bianca e il nome impronunciabile che Louis gli sta porgendo. Ne assaggia un pezzetto e mette fuori la lingua, schifato.

“Che roba è?”

Louis ride, getta il frutto e prende da una bancarella vicina un’altra confezione di macedonia. “Non lo so, veramente. Tipo papaya, ma…”

“Solo più disgustosa?” lo aiuta Harry, rubando dalla confezione un pezzetto di kiwi. Si siede su uno dei banchetti con le gambe penzoloni, Louis rimane in piedi sistemandosi tra le sue cosce. Lo imbocca con calma, lo bacia dolcemente.

“Come si dice fragola in spagnolo?” chiede d’un tratto Harry.

Louis alza un sopracciglio, “sul serio, Harry?”

“Sono a Barcellona, il minimo che potrò fare sarà sapere come si dire fragola in spagnolo.”

“Freres.” Risponde allora Louis, scuotendo la testa divertito. Gli mette tra le labbra un pezzo di ananas, Harry gli tira un morso giocoso al dito.

“E come si dice vorrei rimanere qui per sempre?” mormora allora, fattosi d’un tratto serio.

Louis scuote la testa, “Harry…”

“Lo so, lo so. Scusa.” Harry forza un sorriso e gli passa le mani intorno al collo, lo avvicina per baciarlo un’altra volta. Rimangono abbracciati ancora per un po’, senza dire niente.

 

   
 
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