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Autore: VahalaSly    06/05/2013    3 recensioni
"[...]Improvvisamente vidi un'ombra vicino al Platano Picchiatore; sembrava essere appena uscita dal tronco, cosa altamente improbabile. Severus sembrò vederla a sua volta, poiché si lanciò all'inseguimento. Raggiunse il Platano Picchiatore e lanciò un incantesimo, così che l'albero smettesse improvvisamente di muoversi.
Sentii letteralmente la mia mascella in caduta libera.
Prima che potesse fare anche solo un altro passo però, un'altra figura si diresse correndo verso di lui. Lo raggiunse e lo bloccò, parandoglisi davanti."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Sgusciai all'interno, sempre più convinta della mia chiara malattia mentale. Per quale altro motivo avrei fatto una cosa simile? La curiosità era però più forte di me e, anche se non volevo ammetterlo, lo era anche la paura. Non quella di ciò che sarebbe potuto accadere da lì a momenti ( ok, un po' c'era anche quella ), ma la paura di ciò che mi sarebbe accaduto, a me e a tutti gli altri nati babbani, se i così detti Mangiamorte fossero riusciti ad attaccare o a penetrare in qualche modo nella scuola. Pensavo particolarmente alla mia pelle, lo ammetto, ma nessuno è perfetto.

Avanzai a tentoni, praticamente in ginocchio. Ero all'interno di una galleria decisamente angusta, che sembrava condurre verso il basso. Continuai l'avanzata per un bel po' di minuti, sempre più tentata di tornare semplicemente indietro, quando il tunnel iniziò a salire. Velocizzai il passo, stando ben attenta a percepire eventuali rumori. L'ululato del lupi giungeva forte e chiaro, perciò immaginai di essere vicina alla superficie, magari in mezzo alla foresta.

Sentivo i battiti del mio cuore nelle orecchie che diventavano più veloci ad ogni mio passo. Quando uscii dal tunnel mi ritrovai in una vecchia casa, impolverata e decisamente danneggiata.

Che posto è questo?

Ora che ero fuori dalla galleria, il silenzio era assoluto. Non un cigolio, uno scricchiolio, nemmeno i lupi si facevano più sentire. Avvertii dei brividi percorrermi la schiena.

Poi all'improvviso percepii qualcuno respirare profondamente dietro di me. Mi girai lentamente, incontrando un paio di occhi gialli che mi fissavano rabbiosi.

L'enorme licantropo si avvicinò piano, ringhiando.

Non riuscii a trattenere un urlo che si tramutò in un gemito non appena la creatura mi colpii al braccio, facendomi cadere a terra; sentii la tunica strapparsi. Afferrai la bacchetta e gliela puntai contro, urlando l'incantesimo delle pastoie; il licantropo si immobilizzò all'istante, cadendo all'indietro con un tonfo. Mi sollevai velocemente da terra, correndo verso l'entrata della galleria. Immaginate la mia sorpresa quando Sirius Black sbucò da essa. Mi vide e si bloccò, sbiancando in volto; sembrò sul punto di dire qualcosa, poi spalancò gli occhi, spaventato. Non ebbi bisogno di girarmi per capire che l'incantesimo delle pastoie non aveva retto.

“CORRI!” urlai a Black, spingendolo indietro verso la galleria.

Riuscì ad infilarmi velocemente anche io, non prima però di sentire qualcosa lacerarmi la schiena. Soffocai un urlo, cadendo in avanti, ma risollevandomi subito. Black era davanti a me e sembrava incerto se aspettarmi o andare avanti, quando il suo sguardo si posò sulla mia tunica strappata. Lo stemma di Serpeverde si era staccato, lasciando uno squarcio al suo posto.

In quel momento il suo cervello sembrò riaccendersi (grande risultato per un Grifondoro): mi afferrò il polso e iniziò a correre verso l'uscita della galleria, trascinandomi con sé.

Impiegammo meno di 5 minuti ad uscire, tuttavia a me sembrarono un'eternità. Il dolore alla schiena si faceva ogni secondo più forte e la mia vista iniziava ad appannarsi.

Finalmente fummo fuori e io respirai avidamente l'aria fresca della notte. Il Platano Picchiatore era ancora immobile, solo le foglie si muovevano seguendo la brezza.

Black si girò verso i me, le mani sulle ginocchia mentre cercava di riprendere fiato.

“Si può sapere cosa ci facevi lì dentro?!” mi urlò contro.

Iniziai a formulare una rabbiosa risposta, ma fui sopraffatta dal dolore alla schiena.

Poi le tenebre mi avvolsero.

 

“James, vieni, si sta svegliando!” esclamò una voce accanto a me.

“Buongiorno, Mr. Ovvietà!” salutai sarcastica, aprendo gli occhi. Sarcasmo che andò sprecato, giudicai, quando vidi le facce confuse di Black e Potter. Ed ecco il genio dei Grifondoro all'opera.
“Hai dormito bene, principessa?” mi chiese acido Black.

“Come un angioletto, grazie.” risposi secca. Davvero non avevo voglia di farmi fare la morale da una coppietta di broccoli.

Mi guardai intorno, leggermente confusa. Ero stesa nella brandina di quella che sembrava essere un'infermeria completamente vuota, tuttavia non era quella di Madama Chips.

“Dove diamine siamo?” chiesi a disagio. Ero piuttosto sicura di non essere mai stata in quel posto.

“Per essere onesto, non ne ho idea” mi rispose Black, guardandosi in giro “Stavamo cercando un posto dove metterti e abbiamo visto questa stanza. Era vuota con delle brandine, perciò ci è sembrata perfetta. E' stata una bella fortuna, considerando che Gazza era a pochi metri da noi.”

“Beh... è stato gentile da parte vostra... uhm... grazie” la frase suonò quasi come una domanda.
Non riuscivo veramente a credere che Potter e Black avessero quasi rischiato di essere espulsi per aiutare me.

Cercai di mettermi a sedere, sollevandomi lentamente. La schiena mi pulsava dolorosamente, tuttavia mi sforzai di restare impassibile: non mi sarei permessa di mostrarmi così debole.
“Allora, avanti, spiega: che ci facevi lì?” mi chiese Potter senza troppi giri di parole.

Cercai di contenere il fastidio che era sorto dal sentirlo rivolgermisi così e ragionai sulla risposta che era il caso di dare. Ancora non sapevo esattamente cosa fosse successo: Perché Piton, nel cuore della notte, sarebbe dovuto uscire dal castello per andare in una casa che ospitava un licantropo. E sopratutto perché Potter avrebbe dovuto raggiungerlo e impedirglielo.

Avevo la testa troppo annebbiata per pensare ad una scusa decente, perciò decisi di raccontare semplicemente la verità.

“Stavo tornando nella sala comune, ero stata fino a tardi a leggere in bagno, quando ho visto Mr. Ho-disperatamente-bisogno-di-uno-shampoo uscire di soppiatto. Ho pensato che magari stava andando ad una specie di riunione di Mangiamorte o che so io, così ho deciso di seguirlo. Ad un certo punto ha fatto qualcosa al Platano Picchiatore che si è immobilizzato, ma poi sei arrivato tu” dissi indicando Potter “e siete tornati indietro. Ammetto di essere stata curiosa a quel punto e ho deciso di controllare l'albero; ho visto l'apertura e sono entrata. Il resto... beh, lo sapete, immagino” evitai di riferire che avevo pensato che Potter fosse un Mangiamorte. La storia era già abbastanza surreale così.

“Cos'è, eri ansiosa di unirti a Voldemort?” mi chiese quest'ultimo, la voce piena di astio. Mi sorprese che utilizzasse il nome di Tu-Sai-Chi, ma ancora di più che la sua stupidità potesse raggiungere livelli simili. Dio, era imbarazzante perfino per essere un Grifondoro.

“Così ansiosa da dimenticarmi che il suo scopo è sterminare tutti quelli come me. Sono sicura che Tu-Sai-Chi non vede l'ora di avere una sporca mezzosangue tra le sue fila.” ribattei stizzita.

Potter ebbe almeno la decenza di sembrare imbarazzato.

“Direi che ora è il vostro turno di dare spiegazioni.” dissi guardandoli.

Loro si scambiarono uno sguardo, senza però che nessuno dei due sembrasse minimamente intenzionato a chiarirmi quello che era appena successo.

“Se le spiegazioni non me le date voi, allora vedrò di andare a chiederle a Piton, avendo premura di raccontagli esattamente quello che è successo dopo che si è allontanato dal Platano.”

“Tipico di voi serpeverde, sapete ragionare solo a minacce!” mi accusò Potter.

“Io non sto minacciando proprio nessuno! Voglio solo sapere perché sono quasi stata ammazzata da un dannato lupo mannaro rinchiuso in una casa collegata alla nostra scuola da un tunnel nascosto sotto al platano picchiatore!” esclamai arrabbiata. Non aveva proprio diritto di accusare me, quando erano loro a tenermi nascosto tutto!

“Se vuoi sapere la verità, allora devi giurare di non raccontarla mai a nessuno.” disse Black. Potter sembrò sul punto di contestare, ma l'altro lo bloccò con la mano.

“E a chi dovrei raccontarla?” chiesi più a me stessa che a loro. Mirtilla sarebbe andata ghiotta per degli scoop del genere, immaginai.

“Quello che è successo stasera... beh, non era altro che uno scherzo.” disse piano Black.

“Cosa?!” domandai incredula. Era questa la loro idea di divertimento?

“Ho pensato che, beh, sarebbe stato divertente se Mocciosus, che si diverte a pedinarci da almeno due mesi, si fosse preso un bello spavento. Non doveva accadere niente di più. Non mi aspettavo di certo che qualcuno l'avrebbe seguito!”.

“E dire che pensavo fosse Potter quello stupido.” borbottai. Quello fece una smorfia.

“Questo tuttavia non spiega dove avete trovato un lupo mannaro e, sopratutto, come vi è saltato in mente di portarlo così vicino alla... ohh” improvvisamente realizzai tutto. Ma certo, non avevano portato il licantropo vicino alla scuola, ma l'avevano allontanato. Era uno studente. Uno studente che si assentava puntualmente una volta al mese, che risultava sempre malaticcio e provato. Era così ovvio che mi sembrò incredibile non averlo realizzato prima.

“Lupin...” sussurrai “Remus Lupin è un licantropo!”

 

Quando finalmente tornai nel dormitorio della mia casa erano le quattro del mattino passate.
Avevo fatto parecchia fatica a ricordare la parola d'ordine, che quella settimana era “Il potere è la via” (il melodramma era il nostro forte), ma alla fine riuscii entrare e mi precipitai verso il nostro bagno.

Se la sala comune era inquietante, il bagno lo era di gran lunga di più. Tuttavia ero ben disposta a sacrificare un ambiente allegro per il lusso che vi regnava: le pareti erano di marmo verde; i lavandini, disposti in fila, avevano rubinetti d'argento modellati per sembrare dei serpenti. Vi erano due vasche da bagno, enormi, riparate dietro dei paravento verdi e argento.

Ciò che interessava a me, comunque, era il grande specchio che occupava la parete accanto alle vasche. Mi avvicinai con cautela, rimuovendo piano il mantello, il maglione e la camicia, imprecando a bassa voce per il dolore. Diedi la schiena allo specchio, cercando di guardare oltre la mia spalla il meglio possibile.

Lumus” sussurrai piano agitando leggermente la bacchetta.

Quando vidi le condizioni della mia schiena, raggelai. Mi aspettavo una ferita, un graffio magari, invece quello che vi trovai furono tre lunghi squarci che partivano dalla spalla sinistra e scendevano fino all'altezza dei reni. La mia eccessiva magrezza, dovuta a tante cene saltate pur di non entrare in sala grande, faceva sì che mi si potessero facilmente contare le vertebre, che spiccavano esageratamente nella pelle pallida, accentuando il tutto.

La ferita sembrava appena rimarginata; immaginai che Potter e Black avessero provato qualche incantesimo, senza particolari risultati comunque. Non che ne fossi sorpresa.

Mi voltai, dando ora il viso allo specchio.

Il mio volto era stanco, scavato; gli occhi verde fanghiglia ( come mi piaceva definirli) erano cerchiati da profonde occhiaie. I capelli ricci e opachi erano sporchi, pieni di terra; le unghie erano ridotte allo stesso modo.

Sapevo, in generale, di non essere un fiore di ragazza. Non ero sicuramente niente di particolare, né in senso negativo né positivo. Troppo magra, capelli di un anonimo castano che, nei giorni buoni, avevano dei riflessi ramati, pelle pallida.

Proprio l'essere così anonima mi aveva permesso di diventare completamente invisibile in questi anni; ero, perciò, piuttosto grata del mio aspetto fisico.

Mi tolsi del tutto i vestiti e riempii velocemente una delle vasche, in cui mi infilai piano.
Il calore dell'acqua mi rilassò all'istante, anche se aumentò il dolore alla schiena. Mi strofinai via tutto lo sporco, passandomi una spugnetta profumata sulla pelle e infine mi lavai i capelli, districandone i nodi con dei piccoli incantesimi che avevo trovato in un utilissimo libro della biblioteca.
Quando ebbi finito di lavarmi uscii dalla vasca, asciugandomi velocemente, e vi immersi i vestiti, togliendovi lo sporco alla bell'e meglio, per poi asciugare anche quelli e rimettermeli addosso.

A quel punto mi incamminai verso il mio dormitorio in cui mi gettai sul letto, addormentandomi non appena la mia testa toccò il cuscino.

 

  
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