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Autore: Bei e Feng    07/05/2013    2 recensioni
[...] Ripensò a tutto quello che era successo lo scorso Natale:
[...]Venuto a sapere di ciò, il Nono aveva pagato la ricostruzione dell'intera casa, e poi ordinato che la famiglia del Decimo e la gang di Kokuyo lavorassero alle dipendenze dei Varia per una settimana, per ripagare i danni fatti. [...]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voilà l'ultimo capitolo di questo delirio!
Cena, dopocena e, soprattutto, Notte dei Vongola, dei Varia e dei Kokuyo. Non posso dire altro, se non che spero che questo epilogo sia di vostro gradimento, come credo sia stato il resto della storia.
Buona lettura e, soprattutto, buon divertimento!

La serata procedette con la solita tranquillità che caratterizzava gli inquilini di quella quieta dimora, mentre Yamamoto era stato spedito da Gokudera a calci nel sedere in macelleria per comprare delle bistecche esclusivamente per Xanxus, e stavolta il maggiordomo non si sbagliò.
Durante la cena tutto si volse come ogni giorno: Hibari non si presentò e pretese che il suo desinare venisse lasciato dietro la porta, e così Mukuro. Ken, Fran e Lambo, al contrario, preferirono l'azione, e s'ingegnarono per sgattagliolare furtivamente di tanto in tanto nella sala dei padroni per rubare qualcosa di genere mangereccio ogni volta che Mammon non prestava loro attenzione.
Nel bel mezzo della seconda portata, Belphegor si alzò senza preavviso dal tavolo e si diresse verso la porta della stanza. Alla domanda di Mamma Luss su dove andasse, il principe rispose semplicemente con un sogghigno e una risatina, chiudendo la porta alle sue spalle.
Fran intuì subito che lo psicopatico stava tramando qualcosa di losco, ma rendendosi conto che le portate di quel giorno erano più buone del solito, seguì il principio del carpe diem; e poi, anche se avesse provato a seguire il principe, sarebbe stato inutile: il genio era sgattaiolato attraverso uno di quei passaggi segreti utilizzati dalla servitù. Aveva sceso poi due rampe di scale e aveva raggiunto il piano -2: quello della lavanderia e della veggente, per intenderci. Sbucò a pochi passi dalla pesante porta di legno dello studio, si guardò attorno furtivamente e poi si avvicinò alla porta e l'aprì senza nemmeno bussare. Ovviamente, era tutto buio.
- Veggente! - chiamò ad alta voce.
Non avendo voglia di chiamare Mukuro una seconda volta, dette per certo che l'altro non era lì. Appoggiò pigramente un dito sull'interruttore della luce e la lampadina si accese sprigionando un colore giallognolo che sapeva di una lampadina che non veniva accesa da anni. Belphegor attraversò la stanza con passo sicuro e saltò sulla scrivania dietro la quale c'era un gigantesco scaffale pieno di libri voluminosi e impolverati. Il principe iniziò a scorrerne rapidamente i titoli. Sembravano ordinati secondo un criterio non troppo definito, ci sarebbe voluta un'infinità di tempo per trovare ciò che gli serviva... Eppure il principe era certo che quel dannato popolano dovesse avere un libro simile: in fondo erano stati colpiti dalla stessa disgrazia...
- "Disgrazia"? - ripeté una voce indefinita alle sue spalle.
Con un gesto quasi istintivo, Belphegor afferrò un coltello e lo scagliò allo sconosciuto appena entrato. Ma Mukuro si era già scanzato di lato, evitando l'arma, che sbatté contro la parete di pietra, sferragliando a terra con un suono quasi cristallino.
- Che cosa porta il Principe De'Pigris da queste parti? - continuò l'illusionista, con un sogghigno.
- Ushishishishishi... Nulla di che, mezzacartuccia: cercavo una cosa. - disse Belphegor, allungando una mano per prendere il libro che aveva finalmente trovato. - E l'ho trovata. -
Saltò giù dalla scrivania e si avviò verso l'uscita, superando Mukuro. Se n'era appena andato quando ebbe l'impressione di avere tra le mani una nube di fumo. Quando chinò il capo per controllare se le sue percezioni principesche avevano ragione, il libro era scomparso.
- Mmmmm... interessante. - commentò Mukuro, sedendosi dietro la stessa scrivania dalla quale Bel era sceso poco prima.
- "Interessante" cosa? - domandò il principe a denti stretti, voltandosi e avanzando fin sotto l'arco della porta, indispettito di essere stato ingannato tanto facilmente.
Prima di rispondere, la veggente appoggiò i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani semiaperti, in un gesto di pura presa in giro.
- Kufufu... - disse, pacato. - Non sapevo sapessi leggere. -
In quel momento un coltello s'infilzò sulla scrivania poco più avanti di dove il ragazzo aveva appoggiato i gomiti.
- Non sapevo fossi un tipo così spiritoso. - disse il principe, ironico.
Mukuro restò immobile, poi si sciolse un po', appoggiandosi contro lo schienale della sedia, ma si raddrizzò quasi subito, percependo la punta di una lama di coltello dietro di lui.
- Ushishishi... Ma sottovalutare un genio! - lo mise in guardia Bel, ridacchiando, ad una decina di passi di fronte a lui.
- E siamo pari. - concluse Mukuro, ricominciando poi il discorso con un gesto quasi teatrale. - Non mi hai ancora risposto: quale disgrazia ti affligge... anzi: ci affligge tanto da spingerti qui, sfidando tutta la fatica di quelle due infinite rampe di scale e prendere uno stupido libro di magia nera nel mio studio senza il mio permesso? -
- Cara la mia veggente-occhio-policroma, mi sorprende il fatto che tu non ci sia arrivato. -
Mukuro non rispose, riflettendo. Sembrava cominciare ad interessarsi all'argomento.
Belphegor non attese risposta - Si tratta di quello schifoso rospaccio putrefatto, ovviamente! -
L'occhio rosso di Mukuro brillò, mentre il libro che Belphegor aveva creduto di aver preso poco prima dallo scaffale ricompariva sulla scrivania. Il principe allungò una mano per prenderlo, ma la voce dell'illusionista lo fermò.
- Non è abbastanza quel libro. - disse, voltandosi verso lo scaffale e prendendone uno notevolmente più impolverato. - A mali estremi estremi rimedi. - concluse, porgendo il volume a Bel con un sorriso. - Usalo anche da parte mia,... e non lo sgualcire troppo! -
Il principe prese il libro con un gigantesco ghigno, senza nemmeno leggerne il titolo.
- Non vorresti darmi una mano? - chiese Belphegor.
Mukuro accennò ad un breve sorriso malandrino, poi si alzò e precedette Bel fuori dalla porta. Il principe lo seguì e, finalmente, lesse il titolo del libro:
"Guida al Voodoo"

Al piano di sopra, intanto, si era già finito di mangiare, e i servi sparecchiavano e lavavano i piatti. Avevano quasi finito, quando Chrome si accorse che a Hibari e a Mukuro non era stata portata la cena.
- Portare la cena?? A loro? - rispose furioso Gokudera alla timida osservazione della ragazzina. - E per chi ci hanno preso, per dei servi? -
- Ma Gokudera, in questo gioco siamo i servi dei Varia. - osservò Yamamoto, perplesso.
- No, allocco, - intervenne MM. - Ci hanno proprio preso per degli schiavi! Ed è già di per sé umiliante sgobbare per quei cinque scemi senza essere pagati! Ci mancavano pure quei due! -
Gokudera gettò a terra il grembiule, esasperato: - Al diavolo i servi e pure gli schiavi! Mi sono rotto le scatole! - e si diresse verso la cucina. Appoggiò la mano sul pomello della porta e si voltò. - Se il Cavallone non si dà una mossa, ci penserò io a sistemare la situazione! -
- Gokudera, calmati! - intervenne Tsuna, sapendo che solo la sua voce poteva placare la rabbia del suo braccio destro. - Dino sa quello che fa. - fece una pausa, durante la quale si trattenne dal lasciarsi sfuggire un "credo" che avrebbe affondato la certezza con cui aveva pronunciato le frasi precedenti. -Bisogna avere pazienza: ci ha promesso che domani saremo stati fuori di qui, quindi teniamo duro ancora per un po'... Non ci vorrà molto. -
Il cuoco ascoltò in religioso silenzio quelle parole, ma per la prima volta non ne sembrò troppo convinto. Rapidamente aprì la porta, entrò nella cucina e si chiuse dentro senza pronunciare parola.
- Io vado a portare la cena a Mukuro-sama e a Hibari-sama. - la voce piccola piccola di Chrome risvegliò Tsuna dalle sue profonde riflessioni.
- I piatti sono in cucina. - disse il boss dei Vongola, pensieroso.
La ragazzina entrò rapidamente in cucina per prendere i due piatti e scese le scale per raggiungere l'antro.
Visto che ormai non c'era più niente di interessante da fare, ognuno tornò ai suoi soliti svaghi quando aveva qualche ora libera: Yamamoto, Ryohei e Bianchi uscirono nel gigantesco giardino che circondava la casa, l'uno per fare una passeggiata tranquilla, l'altro per fare una corsetta estrema e l'altra per raccogliere qualche fungo per il pranzo del giorno dopo (funghi accuratamente velenosi); Lambo e I-Pin scorrazzavano in giro per la casa. Tsuna restò sull'uscio della porta a guardare di fuori, mentre Gokudera osservava le spirali biancastre del fumo della sua sigaretta salire verso l'alto sullo sfondo dell'oscurità che avvolgeva il giardino.

- Sono le undici. - li avvisò Bianchi, entrando in cucina con un cesto di funghi dall'aspetto poco convincente, che appoggiò sul tavolo prima di uscire. - Buona notte. -
Mezz'ora prima i padroni erano entrati nelle loro camere, mentre i servi erano rimasti svegli e, più o meno venti minuti prima, si erano ritrovati tutti in cucina più per stare insieme a guardarsi l'un l'altro, che non condotti da qualche scopo preciso.
Non appena Bianchi uscì, i servi si alzarono dalle sedie per andare a letto, quando Gokudera annunciò, quasi infastidito da quella stessa idea: - Io resterò qui ad aspettare i comodi di Rokudo e Hibari, cioè a lavare i loro piatti. -
- Ok, io penserò a mandare i bambini a dormire. - rispose Yamamoto, rivolgendosi poi a Sawada, mezzo addormentato di fronte a lui. - Mi vuoi dare una mano, Tsuna? -
- Ma come ti puoi permettere di rivolgerti così al Decimo?? "Mano"? Altro che mano! Non ti dovrebbe dare nemmeno la punta dei suoi guanti! - rispose Gokudera, irritato.
- Non fa niente, Gokudera. - rispose Tsuna, stanco. - Perché non dovrei aiutarlo? - e si alzò per seguire Takeshi e i bambini al piano di sopra.
- Lei è troppo buono, Decimo! - esclamò Gokudera, mentre la porta si chiudeva.
MM e Bianchi si ritirarono nelle loro camere, Ken e Chikusa tornarono in giardino in quanto, essendo Ken il cane da guardia, doveva lavorare anche di notte, e aveva costretto Chikusa a fargli compagnia.
Poi la casa piombò nel silenzio più assoluto. Dalle camere dei padroni non proveniva alcun rumore, mentre dal giardino le voci di Ken e Chikusa che parlavano per ammazzare il tempo e quelle di Yamamoto e Tsuna che provavano a far dormire i bambini venivano soffocate dall'immensità dello spazio che li circondava e attutiva le loro voci, basse per paura di svegliare qualcuno. I passi rapidi di Ryohei, impegnato nella sua ultima corsetta del giorno sparivano del tutto, attutiti dall'erba del giardino. Il fumo della sigaretta di Gokudera continuava a salire lento verso l'alto, sotto gli occhi pensierosi e assenti del ragazzo.
Tutto sembrava tranquillo: le ombre e i pallidi raggi di luna che filtravano appena dalle pesanti tende di broccato, chiuse con poca attenzione, creavano sinistri giochi di marcati chiaroscuri, e tutti gli oggetti che nella giornata erano stati scagliati, afferrati, infilzati, strappati e trattenuti, ora restavano immobili nel silenzio assoluto e irreale.
Nessuno si accorse di quell'ombra che attraversò il giardino alle spalle del cane da guardia e del giardiniere distratti.
E nessuno sapeva di ciò che stava avvenendo qualche piano più sotto, proprio in quella stanza che i Varia non avevano mai mostrato né ai Vongola né ai Kokuyo, ma che non era sfuggita allo sguardo attento di Mukuro, il quale aveva subito pensato bene di occuparla per i suoi scopi. Non era un nulla di che: un tavolo, qualche sedia, una candela, nessuna finestra e tante scatole di fiammiferi.
L'illusionista accese una candela e fece cenno al principe di entrare. Bel fece quattro passi nella stanza, la osservò attentamente, poi si rivolse a Mukuro, confuso: - Ehi, mi sa che hai sbagliato stanza. -
Mukuro rivolse uno sguardo attonito all'altro.
- Perché? - chiese l'illusionista.
- Perché è angusta, sporca e buia. - elencò il principe.
Rokudo lo fissò intensamente.
- Stai parlando della tua camera? -
Bel avvampò. Si avvicinò di scatto a Mukuro e gli puntò un coltello al collo.
- Cosa stai insinuando, Occhipolicromi? - sibilò, minaccioso. Ma quando si accorse che Mukuro non era affatto preoccupato, abbassò lentamente il coltello e si voltò con un gesto che voleva essere naturale ma che risultò del tutto teatrale. - La mia camera è ordinata secondo il criterio del principe! -
Rokudo mascherò la sua risata di presa in giro con un finto attacco di tosse.
- Bene, mettiamoci al lavoro! - disse Bel, sedendosi, per farlo smettere di ridere.
Mukuro, riacquistato il suo contegno, si accomodò su una sedia di fronte all'altro, e cominciarono a sfogliare il grosso libro di voodoo.
- Prima di tutto, ci serve una ciocca di capelli... - iniziò l'illusionista.
- Ehi, non ti azzardare a tagliarmi la frangetta regale, - ribatté Bel, subito sulla difensiva. - Tagliati piuttosto quel ridicolo ciuffo blu a punta che hai sulla nuca! -
- Non sto parlando dei tuoi capelli - disse Mukuro, aggiungendo nei suoi pensieri "che però avrebbero veramente bisogno di una spuntatina". - Ma di quelli del bamboccio. -
- Ah, non ce l'ho. -
- Cominciamo bene, - sospirò Mukuro, appoggiando il mento sulla mano. - Ce l'hai almeno un bambolina con le sembianze di quel diavolo? -
- Dubiti forse della mia astuzia? - rispose Bel, trionfante, appoggiando sul tavolo la scatola che era caduta a Fran mentre fuggiva dalla sua camera.
Mukuro la osservò, poco convinto. La prese in mano e l'aprì. Il babou schizzò fuori facendo sobbalzare Rokudo così com'era sobbalzato Bel, poi l'illusionista osservò il babou e un ghigno si stampò sul suo volto.
- E' perfetto! Kufufufu... - commentò con voce estasiata.
- Ushishishishi... - rispose Bel.
L'illusionista guardò ancora più attentamente il pupetto e scosse il capo, diniego, appoggiandolo sul tavolo.
- No, non va bene. -
Il principe smise di ridere immediatamente. - E perché? -
- Non lo vedi? - rispose Rokudo, mostrando a Bel il babou. - Questo coso ha le sembianze di quel moccioso tra dieci anni. -
- E con ciò? - Bel non capiva.
- Non sono sicuro che possa funzionare. - rifletté Rokudo. - La situazione potrebbe sfuggirci di controllo. -
- E allora? - il principe sorrise nuovamente, con un tono di voce poco rassicurante, sporgendosi verso l'altro. - Non trovi che sia ancora più entusiasmante? -
Mukuro ricambiò quel sorriso: - Certamente. - poi si alzò. - Peccato che io debba andare. -
- Dove? -
- Ho anchi'io i miei affari, sai? - disse l'illusionista, aprendo la porta per uscire. - Fammi sapere quando hai finito, e non esitare a chiamarmi se hai bisogno di una mano. -
- Eh?! -
- A più tardi... - lo salutò l'illusionista, sparendo dietro la porta.
- E poi danno a me dello scansafatiche! - borbottò Bel, incominciando a leggere.

Mukuro avanzò nel buio completo del corridoio. Non aveva bisogno di alcuna luce: conosceva perfettamente quel luogo angusto, visto che lo percorreva tutti i giorni. Improvvisamente scorse una luce dal fondo del corridoio. Si fermò bruscamente, in attesa. La luce si faceva sempre più vicina, e ora il ragazzo poteva scorgere anche chi portava quella torcia dal chiarore penetrante.
- Mukuro-sama! Mukuro-sama! - accorse Chrome, terrorizzata.
Povera Chrome! Sempre con quel volto spiritato!
La ragazza si fermò a meno di un metro dal ragazzo.
- Mukuro-sama, la sua cena... - balbettò la ragazzina.
- Oh, Chrome, brava! Avevo proprio fame. - disse Mukuro, battendole delicatamente una mano sul capo. - E dove hai portato la mia cena? -
- Nello studio... - cercò di spiegare Chrome, ma il maestro non sembrava aver voglia di ascoltarla in quel momento.
- Non è che andresti a chiamare il maggiordomo? - la interruppe lui. - Ho quasi finito di accomodare la sfera. -
- Ma... - cercò di spiegare la ragazzina, ancora impaurita. Fece una breve pausa, come per chiedersi se sarebbe mai stata ascoltata, e si dette una risposta da sola. Sospirò, si voltò e poi se ne andò. Fece sì e no dieci passi, poi si voltò, ancora più preoccupata di prima. - Però faccia attenzione, la prego! -
Mukuro non capiva, ma sorrise, in risposta. La ragazzina abbassò lo sguardo e arrossì, correndo al piano di sopra.
Rokudo restò a guardarla finché non sparì, e con lei la luce della torcia. Poi si diresse verso il suo studio, chiedendosi che cosa volesse dire Chrome con quelle parole.
Stava giusto aprendo la porta del suo antro, dicendosi che lo avrebbe scoperto da solo, quando avvertì uno strano presentimento, come se... no, impossibile. Non poteva... non lo sapeva nemmeno... Mukuro si strinse nelle spalle, aprendo la porta.
Quando la richiuse e accese la luce, quella sensazione spiacevole si fece ancora più insopportabile, così tanto che quasi lo spingeva ad andarsene. Era come se fosse lì...
Combattendo contro il suo stesso istinto, si sforzò di sedersi al tavolo. Prese dal cassetto la sfera di cristallo e riprese a lavorare, cercando di allontanare quei pensieri dalla testa, senza successo.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta in modo quasi imperioso. Poco probabile che fosse il maggiordomo; ma se non lui, chi altri?
- Avanti. - disse Mukuro, con tono neutro, mentre quell'inquietudine cresceva e cresceva, diventando sempre più opprimente.
L'illusionista non ne poteva più. Allungò una mano sullo scaffale per prendere quel barattolo. Inizialmente si era chiesto per quale stupido motivo l'avesse portato con sé, ma in quel momento si rese conto che gli avrebbe potuto salvare la vita, se quel che temeva era vero. Ma non appena afferrò il barattolo, avvertì qualcosa premere contro la sua schiena... un bastone... una manganello, anzi: un tonfa.
Mukuro rise sommessamente.
- Sei venuto a portarmi la cena o forse vuoi sapere il tuo futuro come il maggiordomo? -
- Diciamo che sono venuto a portarti un assaggio dei miei tonfa. -
Lo avrebbe colpito, adesso. Mukuro lo sapeva. Si voltò, fulmineo, il barattolo già aperto. L'intero contenuto dell'oggetto di vetro si riversò su Hibari. Centinaia di piccoli, delicati petali di ciliegio caddero sul volto e sui vestiti del ragazzo, che si affrettò a levarseli di dosso, mentre l'illusionista approfittava della sua distrazione per fuggire da quella posizione critica ed evocare il suo tridente.
- Sapevo che eri qui, da quando mi hanno portato di forza in questo antro. - disse Mukuro.
- Vale lo stesso per me. - rispose Hibari, voltadosi verso di lui.
- Come hai fatto a trovarmi? -
Hibari sorrise. Un sorriso divertito ma inquietante.

Quando Chrome era sbucata dallo stesso passaggio che poco prima Bel aveva utilizzato per raggiungere lo studio di Mukuro, anche lei, come il principe, si era guardata attorno con circospezione, prima di fare un passo in avanti. Ma tutta la sua accortezza non era bastata per evitare di urtare una sagoma che proveniva dalla sua destra. Era sobbalzata, e per poco non le erano caduti i piatti di mano.
- Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo!... - si era scusata, terrorizzata come un cameriere che avesse rovesciato involontariamente il contenuto di un piatto addosso al proprietario del ristorante per cui lavora.
L'altro non aveva risposto. Chrome aveva alzato timidamente lo sguardo per vedere chi fosse, ma il corridoio era talmente buio che la ragazza non era nemmeno riuscita a distinguere i contorni del suo volto.
- Ero venuta a portare la cena a Hibari-sama e Mukuro-sama. - si era giustificata lei, come per interrompere quell'imbarazzante silenzio che si era creato.
- Lascia che porti io la cena a Rokudo Mukuro. - aveva detto finalmente lo sconosciuto, prendendo i due piatti dalle mani della ragazza.
- Ma... - aveva cercato di rispondere la cameriera, imbarazzata da quel gesto improvviso.
- L'altro lo prendo io. -
Chrome era trasalita, riconoscendo quella voce. Aveva cercato lo stesso di convincere l'altro a lasciarle almeno il piatto di Mukuro-sama, e che avrebbe provveduto lei a portarlo nell'antro del ragazzo. Ma il suo interlocutore era stato irremovibile.
- Non ti preoccupare - aveva detto lui. - Riposati: ne hai bisogno. Al tuo amichetto penserò io. -
Ancora confusa, Chrome aveva ascoltato i passi regolari di Hibari allontanarsi lentamente nell'oscurità, incapace di fare altro se non pensare a come avvertire Mukuro.

- La ragazzina. - rispose finalmente Hibari.
Mukuro rise nuovamente. - Povera, ingenua! -
- Allora, cosa aspetti? Fatti sotto! -
L'illusionista sbuffò, appoggiando l'asta del tridente sulla spalla destra. - Ma tu non ti stanchi mai? -
Sul volto di Hibari comparve un sorriso maligno, mentre i suoi occhi erano rossi a causa dei petali di ciliegio.
- Se si tratta di te, - rispose. - No! -
E Kyoya si fiondò sull'altro, che schivò quell'assalto con maestria, rispondendo a tono.

Intanto, al piano di sopra...
Fran non aveva mai avuto il sonno pensante, ma quella confusione di certo non poteva non svegliarlo. Il pavimento della sua stanza (la più precaria dell'edificio) rimbombava e sussultava, disturbando il suo sonno. Evidentemente il principe aveva stabilito per lui quella camera apposta per non fargli chiudere occhio la notte, rifletté il ragazzino, infilando le pantofole e alzandosi. Era da almeno un quarto d'ora che quel rumore continuava ininterrottamente, e non ne poteva più. Non sapendo che cosa fosse, Fran volle andare a controllare.
Uscì dalla sua stanza nel più assoluto silenzio. Scese le scale come uno spettro nella notte, e passando per il solito passaggio segreto (ormai non più così tanto segreto) raggiunse il famigerato piano -2, dove il rumore era più forte.
Camminando nel buio tese l'orecchio, ascoltando attentamente: sembravano i rumori di uno scontro. Molto strano...
Improvvisamente udì una risata proveniente dalla sua destra, ma credette di essersi sbagliato, dato che da quella parte doveva esserci solo il muro. Allungò una mano per controllare, e la sua costatazione non fu errata. Rincuorato di essere ancora in sé, Fran stava per proseguire, quando udì distintamente Belphegor sghignazzare. S'irrigidì improvvisamente. Per un breve attimo credette di essere diventato pazzo, ma poi si ricordò che l'unico vero pazzo era proprio il principe, e iniziò a cercare a tentoni qualche passaggio che lo conducesse dall'altra parte del muro. Alla fine le sue dita percepirono un piccolo avvallamento che sarebbe sicuramente sfuggito a qualsiasi passante distratto. All'interno di quell'avvallamento, il bambino trovò una maniglia. L'abbassò e spinse la porta.
Quando vide ciò che gli stava davanti sbarrò gli occhi.
- Sempai, che cosa stai facendo? -
Belphegor gelò. Non si sarebbe mai aspettato di poter sentire quella voce lì. Alzò lentamente il capo e rivolse a Fran una faccia stravolta, che lentamente mutò in un ghigno.
- Hai mai pensato di tagliarti i capelli, Fran? - gli chiese, tirando fuori il solito coltello.
- Sempai, non sarò mai cliente della sua parrucchieria: il suo genere di capelli casual non mi pia... -
Il coltello si conficcò nel cappello del ragazzino, accompagnato dalla voce rabbiosa del principe: - Il mio genere è "regale", capito? RE.GA.LE. - e altri tre coltelli accompagnarono le altrettante sillabe della parola. Poi il genio si calmò. - O al limite "principesco", IGNORANTE! - e l'ultimò coltello sfiorò la guancia del ragazzino.
- Sempai, fai progressi: - commentò Fran, con un rivolo di sangue che usciva da una ferita superficiale sulla sua guancia. - Mi hai quasi preso. -
- Sono solo fuori allenamento. - si giustificò il sempai, rimettendosi a lavoro. - Ora levati dalle scatole. - Infatti la lama del coltello era macchiata del sangue del ragazzino, che poteva essere un ottimo sostituto del lavoro che avrebbe dovuto fare un ciuffo di capelli in quello strano e articolato rito.
- Mmmhhh... non ne ho voglia. - rispose Fran, sedendosi a terra.
- Fa'un po'come ti pare, ma non ti garantisco di uscire da qui vivo. - disse il Sempai, recuperando il coltello e tornando per l'ennesima volta a lavoro.
- Come al solito. - commentò il ragazzino. - Che stai facendo? -
- Spendo il mio tempo in modo utile per la società. -
Fran ci pensò su un attimo, poi azzardò: - Stai studiando un nuovo taglio di capelli che non ti faccia più confondere con la scopa? -
- Ti do tre secondi per uscire di qui senza un taglio più pronfondo di quello. Uno, due,... -
- No. -
Bel alzò nuovamente il capo, indignato. Fran ricambiò quello sguardo con le sue pupille dall'espressione indefinita.

Un'ombra scivolò rapidamente all'interno dell'antro della veggente. La sagoma si nascose nell'oscurità, sotto un tavolo economico piegato e lasciato nell'angolo, e osservava.
Lo scontro tra Hibari e Mukuro andava avanti da almeno dieci minuti, quando improvvisamente i due combattenti si fermarono.
- C'è qualche patetico erbivoro in questa stanza. - osservò Hibari, senza abbassare il tonfa.
Rokudo gettò il forcone a terra, esasperato. - Ma li vedi ovunque, questi dannati erbivori! - si avvicinò allo scaffale, cercando di trovare qualche altro barattolo di petali di ciliegio di riserva approfittando dell'attenzione che Hibari aveva rivolto altrove. - Adesso ci penso io a farli sparire... Gli erbivori! -
Hibari si voltò verso l'angolo in cui era nascosto l'intruso, lanciandogli un'occhiata che voleva quasi dire: "inutile che ti nascondi: so bene che sei lì". Ma la reazione che scatenò non fu di semplice inquietudine: era di puro e vero terrore...
Forse fu proprio a causa del rosso degli occhi di Hibari, provocato dalla sua allergia ai petali di ciliegio che Mukuro gli aveva tirato addosso poco prima, dai suoi capelli corvini, dalla carnagione chiara e dai vestiti neri... che fu scambiato per tutt'altra persona.
- AAAAAAAHHHH!!! - urlò lo sconosciuto, spiritato, saltando fuori dal suo nascondiglio e correndo a gambe levate verso la porta. - DRAAACULA!!! -
Mukuro e Hibari guardarono il fuggiasco e restarono confusi fino a quando la porta non si chiuse, sbattendo. Allora Kyoya si voltò verso l'altro.
- Per stavolta finisce qui, - e gli mostrò un tonfa con aria minacciosa. - La prossima volta non ci saranno erbivori a salvarti. - e si lanciò all'inseguimento della sua preda.
- Anche stavolta me lo sono levato dalle scatole, per fortuna. - pensò Rokudo, guardando la confusione che lo circondava. - Ma la prossima volta ci pensa lui a mettere a posto! -

Undici e tre quarti. Piani nobili...
- FECCIAAA!!! -
-  E' la 394esima volta... Non è possibile!... - borbottò Squalo, sprofondando la faccia nel cuscino e soffocando un "VOOOI!" pieno di disperazione nella federa. Sollevò la testa, infuriato. - CHE VUOI ORA??? -
- HO SETE! - rispose Xanxus, dalla stanza accanto.
- NON C'E' QUEL DEFICIENTE ACCANTO A TE? -
Xanxus non rispose.
- ALLORA? - insistetté Squalo, sentendo che stavolta non sarebbe dovuto scendere nuovamente dal letto per correre dal boss.
- STA DORMENDO. - disse infine il capo dei Varia.
- E IO COSA CREDI CHE STESSI FACENDO?? PENSAVI CHE FOSSI QUI CON LE MANI IN MANO AD ASPETTARE I TUOI COMODI??? - Squalo gettò via le coperte dal letto per l'ennesima volta, infilò le pantofole e si alzò. Chissà se avrebbe mai dormito senza interruzioni, quella notte...
- Ma Boss, io sono sveglis... - tentò di dire Levi.
- Sta'zitto e dormi! - sibilò Xanxus al suo leccapiedi.
Riconoscendo la voce di Levi, Squalo s'infuriò ancora di più. Entrò nella camera del suo capo, adiacente alla sua, e spalancò la porta senza la minima pietà per quel povero oggetto di legno, trovando il suo capo sotto le coperte e con l'aria impaziente di chi non ha niente da fare ma pretende che tutti lo servano immediatamente.
- Feccia, - iniziò il boss, indispettito. - Ho detto che ho sete! -
- VOOOOI!!! NON STO QUI AD ASPETTARE I TUOI ORDINI! Se vuoi uno così, chiedi a quel deficente che sta dormendo sullo zerbino! - e indicò Levi. -Non fa niente dalla mattina alla sera, proprio come te! -
- Non mi importa cosa faccia questo qui: ho detto a te che volevo da bere, e tu andrai a prendermi una bottiglia! -
- Sono stufo di entrare e uscire dalla mia camera a distanza di pochi minuti: VOGLIO DORMIRE, CAPITO??? -
- FA' QUELLO CHE TI PARE: MA PRIMA VOGLIO UNA BOTTIGLIA! -
- Boss, vado io! - intervenne Levi, scattando in piedi.
- HO DETTO A LUI, FECCIA!!! NON A TE! - gli rispose Xanxus, rivolgendosi poi allo spadaccino. - Spicciati, o potrei perdere la pazienza. -
- NON ME NE PUO' IMPORTARE DI MENO!!! - urlò Squalo, uscendo dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Superbi rientrò nella sua stanza borbottando, e sbatté nuovamente la porta, poi si buttò nuovamente sotto le coperte, si ficcò un paio di auricolari nelle orecchie, scelse una musica tranquilla e rilassante e alzò il volume del lettore MP3 tanto da coprire il suono della voce di Xanxus che veniva dalla stanza accanto.

Nello stesso momento, nella lontananza, nell'isolamento e nella sicurezza della sua cameretta, Mammon venne turbata da un rumore per il quale era stata sveglia ogni notte, nella speranza di non sentirlo, e che aveva tanto temuto, ma che non avrebbe mai pensato di udire veramente in tutta la sua vita: quello di un arnese che forza una finestra. In realtà non lo aveva sentito in quel momento, ma qualche minuto prima. Inizialmente, però, non ci aveva fatto caso (o forse aveva voluto ignorarlo). Invece, poi, il timore l'aveva assalita, e nonostante avesse provato a scacciarla con tutte le forze dalla sua testa, quella parola penetrò nel suo pensiero e raggiunse la parte più profonda della sua mente, inquinandone il pieno ragionamento: "ladri".
Per il bene dei risparmi di un'intera carriera, balzò giù dal letto e uscì dalla stanza (assicurandosi, ovviamente, di aver chiuso bene la porta) e corse nella stanza dell'addetto a questioni di questo genere...
- Capitano! Capitano! - lo chiamò ad alta voce, allarmata, sbattendo il pugno contro la porta della camera di Squalo. - Ci sono i ladri! I ladri! -
- Mammon, - rispose lo spadaccino, placatosi dall'ira scatenata contro il boss  e avendo spento l'MP3 da appena pochi secondi. - Secondo te questo è un mondo di ladri. -
- Ma ho sentito qualcuno forzare la finestra del pianterreno!... -
- Non ti preoccupare: sarà sicuramente il maggiordomo che si è chiuso di fuori un'altra volta. -
- Sono sicura di no! Capitano, lanci l'allarme! Solo per stavolta! -
- Se lo faccio, mi promettete di lasciarmi dormire in pace? -
- Tutto quello che vuole! (Tranne il denaro, ovviamente!) -
Squalo aprì finalmente la porta.
- D'accordo. - sospirò dirigendosi verso le scale, seguito dall'apprensivo Arcobaleno.
Lo spadaccino si fermò di fronte alla rampa senza scendere alcun gradino, fece un profondo respiro, e Mammon si attappò prontamente le orecchie.
- VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... VOOOI!... -
Ai piani inferiori, non appena l'urlo penetrò nelle varie stanze, si scatenò il putiferio:
- Ma che fa quel deficente??? - urlò Gokudera sobbalzando e imprecando perché, colto alla sprovvista, aveva fatto cadere a terra la sua sigaretta appena accesa.
- Perché proprio adesso??? - piagnucolò Tsuna, strappandosi i capelli, mentre Lambo e I-Pin (che lui e Yamamoto erano appena riusciti a far addormentare) iniziavano a saltare sul letto, e Yamamoto si metteva a ridere.
- Sempai, è l'allarme: bisogna andare. - disse Fran, atono.
- Lo so, - rispose Belphegor, continuando a lavorare sul pupazzetto. - Al capellone piace urlare nel cuore della notte. -
- Ma ci stanno chiamando. - osservò il ragazzino, cercando per l'ennesima volta di sbirciare ciò che stava facendo il Sempai, senza successo.
- Il principe non si fa chiamare: è lui a chiamare gli altri perché facciano quello che vuole! -
Fran restò per un attimo a riflettere, poi si alzò e si diresse verso la porta.
- Va bene, io vado. -
- Non ci pensare nemmeno! Tu resti qui! -
- Ma non voleva che me ne andassi a tutti i costi? - rispose il ragazzino, voltandosi.
Un coltello raggiunse la porta ancora chiusa.
- Adesso no. Siediti e sta'zitto! - rispose il Sempai.

Di lì a poco tutti gli inquilini della casa (esclusi Bel, Fran e Hibari) si riversarono in cima alle scale, protestando per quell'urlo supersonico e inaspettato. Inutile dire che a loro non importava nulla del ladro e delle conseguenze che la sua presenza avrebbe potuto portare sugli spiccioli di Mammon.
Ma Squalo aveva avuto la saggia intuizione di prepararsi un bel discorsetto per convincerli a rendersi utili, quindi lanciò un altro urlo per zittirli: - VOOOOOOI!!! STATE ZITTI!!! Ho un annuncio da fare: chi di voi troverà per primo il ladro sarà libero e così il suo gruppo di appartenenza, Vongola o Kokuyo che sia. -
Un vociare di approvazione tra i servi gli fece capire che aveva toccato il bottone giusto. E in men che non si dica, tutti sparirono così com'erano apparsi, così che Squalo poté tirare un sospiro di sollievo, anche se per poco. Infatti una mano lo afferrò per l'orlo dei pantaloni, strattonandolo.
- Ma sei matto??? - esclamò Mammon. - Scateneranno una guerra di fazioni!... Oh, se penso a questa povera casa che è stata arredata con i miei soldi! -
- Non ti preoccupare, non succederà nulla stavolta. - la rassicurò Squalo, non troppo convinto, tornando nella sua stanza.
- E come fai ad esserne sicuro? -
Lo spadaccino si fermò e si voltò: - Ti faccio notare che c'è un ladro in casa, e che i tuoi risparmi sono incustoditi nella tua stanza. -
L'illusionista sbiancò e si avviò rapidamente verso la sua stanza senza chiedere ulteriori spiegazioni.

In cucina...
- Se vogliamo andarcene di qui bisogna rimboccarsi le maniche e trovare quel ladro prima di Rokudo. - disse Gokudera, con fare di capogruppo.
- Lambo-san lo prenderà come solo lui sa fare. - urlò Lambo, entusiasta.
- Scemo del baseball, - Hayato sospirò, volgendosi verso Yamamoto. - Fammi un favore, per piacere: zittiscilo al posto mio! - poi riprese, parlando a tutti gli altri. - Propongo di dividerci in squadre! - fece una pausa di riflessione. - Io con il Decimo! -
Ma Tsuna era dubbioso, e sperava ancora in un tempestivo intervento di Dino: - Gokudera, non sono affatto certo di voler partecipare a... -
- Di che cosa state discutendo? - chiese Bianchi, entrando in cucina.
Gokudera incrociò lo sguardo della sorella e provò a dire qualcosa che però risultò solo un insieme confuso di gemiti e imprecazioni. Poi si accasciò a terra e perse i sensi.
- Si discuteva di come prendere il ladro. - intervenne Yamamoto, allegro.
- Ladro? Ecco perché quell'allarme. - rifletté Bianchi. - Potremo esservi utili? -
- Potremo? - ripeté Tsuna, perplesso.
- Sì, Chrome ed io. - rispose la ragazza.
- Non credo ce ne sia alcun bisogno: - rispose Tsuna. - Io non ho alcuna intenzione di partecipare a... -
- Ah! E' così allora, vero? - lo interruppe Bianchi, indispettita. - I soliti maschilisti! Noi ragazze faremo da sole! Chrome, I-Pin, venite con me. -
- Eccomi. - rispose timidamente Chrome dalla stanza accanto, seguendo Bianchi e I-Pin verso le scale.
Yamamoto era perplesso: - La sorella di Gokudera è davvero precipitosa: non avevi neanche finito di spiegarle la situazione. -
- Credo che avesse in mente questo già da un po'. - disse il boss dei Vongola, pensieroso. - Forse ha ragione Gokudera: in attesa di Dino dobbiamo cercare di tirarci fuori da questa situazione con le nostre forze. Non penso sia necessario formare dei gruppi fissi: qualsiasi genere di collaborazione tra di noi sarà sufficiente. -
- Stai dicendo di cercare ognuno in una direzione diversa? - chiese Takeshi.
- E in caso collaborare. - annuì il Vongola.
Il maggiordomo sorrise: - Sembra divertente! -
- Ehi, ragazzi, cos'era quel rumore di prima? Stavo facendo la mia corsetta estrema quando ho sentito qualcosa penetrante come il fischio di una pentola a pressione! - Sasagawa fece la sua improvvisa apparizione.
- Quello che hai sentito era l'allarme. - gli spiegò Tsuna. - Ci deve essere un ladro in casa. -
- E i padroni hanno proposto di dividerci in squadre (Vongola e Kokuyo) per prenderlo. - concluse Yamamoto. - E la squadra che lo prende per prima viene premiata con la libertà. -
- E' entusiasmante! Cominciamo subito ALL'ESTREMOOO!!! - commentò Ryohei, il pugno in aria.
- Prima però bisogna portare Gokudera in camera. - disse Tsuna. - Lambo, tu se vuoi resta pure qui. -
- Non vi preoccupate - li rassicurò il bambino. - Lambo-san prenderà il ladro così come prende le caramelle dai capelli! -
- Speriamo bene... - sospirò il Decimo boss dei Vongola.

Intanto, qualche piano più sotto.
- Si può sapere che stai facendo? -
- Affari miei! - borbottò Bel, iniziando a perdere la pazienza, perché, a dirla tutta, non capiva niente di ciò che era scritto in quel maledetto libro.
- Con i fantocci? - chiese Fran, allungando il collo nel tentativo di sbirciare sul tavolo.
- Sì, con i fantocci. -
Il bambino inarcò le sopracciglia con aria oltremodo sorpresa. - Infantile. -
- Vedrai quanto sarà infantile quando avrò finito! -
- Fammi dare un'occhiata... -
Improvvisamente Belphegor alzò il capo, e si accorse che Fran non era più seduto per terra davanti a lui, ma...
- Incantesimi voodoo? - esclamò il bambino, pur mantenendo un'espressione immutata, leggendo il libro da sopra la spalla del Sempai. - Ecco il perché dei fantocci... Ma che razza di formula è questa?... Addabar... -
Una colonna di fumo giallo avvolse Fran da capo a piedi, nascondendolo allo sguardo sbigottito del principe. Quando poi la nube iniziò a diradarsi, Bel rimase ancora più sorpreso. Scorse rapidamente le righe del libro, e divenne imbestialito: aveva passato due ore nella speranza di trovare un incantesimo per distruggere quell'anfibio, e ora, invece...
- Sempai! - esclamò il ragazzo, con una voce ora non più infantile, mentre gli ultimi residui di fumo sparivano.
Per un errore di lettura, e forse anche per un errore di babou, il principe se lo trovava davanti più grande di dieci anni!
- COOOSA??? - in preda al panico, il principe afferrò il grosso volume e lo scagliò contro la sagoma impassibile alle sue spalle. - VATTENE! -
Fran sgranò gli occhi e si accovacciò appena in tempo, prima che il libro lo colpisse in fronte. Il ragazzo si tirò in piedi e sorrise. Lentamente quel sorriso mutò in una sonora risata, e in una frazione di secondo il ragazzo tornò il bambino di pochi minuti prima.
Bel avvampò di rabbia. Si alzò di scatto e afferrò il bambino per il colletto della camicia.
- Senti, illusionista dei miei stivali, non fare lo spiritoso! - sussurrò, minaccioso e arrabbiato.
- Mi sembra un incantesimo inutile. - commentò Fran, ridacchiando.
- Dici? -
- Certo! -
- In effetti io mi sono scocciato di fare questi dannati tutorial, quindi fai quello che dico io, altrimenti... -
- Come al solito, del resto. -
- Appunto. - confermò il principe con un sogghigno.

Gokudera aprì lentamente gli occhi. Si guardò attorno rapidamente e scattò a sedere, chiedendosi se non fosse di nuovo nella camera di Kyoya. Una volta accertatosi di essere in quella sottospecie di sgabuzzino che era la sua camera in quella gigantesca casa, si abbandonò nuovamente tra le coperte, sospirando di sollievo. Almeno stavolta l'avevano portato nella stanza giusta, ma... Perché era lì? In breve tutto fu chiaro.
- I GRUPPI! IL LADRO! - balzò in piedi, e raggiunta la porta e si precipitò al piano di sotto.
Provò ad accendere la luce, ma l'interruttore non sembrava rispondere ai suoi comandi, e il ragazzo si gettò giù per le scale sperando di non inciampare nel buio.
In cucina quel rumore di passi rapidi lungo le scale arrivò subito, e il guardiano del frigo non perse tempo ad organizzarsi: una padella, una sedia, la porta già aperta, la luce spenta; e quando i passi raggiunsero la soglia...
DENG!!!
- L'ho preso! Lambo-san ha preso il ladro! -
In quel momento passava nei dintorni Ryohei, che, sentendo Lambo urlare trionfante, corse in cucina.

Yamamoto aveva appena completato il suo giro di ispezione, senza aver trovato nulla, e stava giusto andando a cercare Sasagawa e Tsuna per fare loro un rapporto su quell'infruttuosa ricerca, quando vide venirgli incontro Ryohei e Lambo con il tappeto arrotolato.
- Yo, ragazzi! Che fate con quel tappeto? - chiese.
- Il grande Lambo ha preso il ladro! - esclamò orgoglioso il bambino. - E lo ha messo nel tappeto! -
- E ora lo portiamo nello sgabuzzino! - aggiunse Ryohei, alzando il pugno in aria in segno di vittoria.
- Bravissimi! Complimenti a tutti e due! Io andrò di sopra ad avvertire Squalo. - disse Yamamoto. - Ci si vede dopo! -

La lampadina che Gokudera aveva provato ad accendere poco prima non era affatto fulminata: al contrario, la corrente era stata staccata volutamente, facendo sprofondare la casa intera nel buio. Un chiaro tentativo da parte del ladro di non essere visto. L'intruso stava giusto per lasciare lo stanzino dov'era, quando un improvviso chiarore, simile a quello di una fiamma, lo gelò. Che lo avessero scoperto? Lentamente il chiarore si fece più intenso, e il ladro poté associarlo a quello di una candela. E ora riusciva anche a distinguere la sagoma che la reggeva.
- AIUTO! UNA STREGA!!! - urlò, tentando di cercare la porta e poi bloccandosi, quando si rese conto che l'unica porta era alle spalle di chi gli stava davanti.
- Preso! - mormorò lei, soffiando sulla candela e facendo sprofondare la stanza nel buio più assoluto.

Di lì a pochi minuti la luce tornò, e poco dopo un nuovo urlo di Squalo richiamò tutti al piano di sopra. Si presentarono gli stessi che accorsero al suono dell'allarme, con l'aggiunta di Fran e Bel, ma non di Gokudera, Ryohei e Hibari.
- Il ladro è stato trovato. - annunciò lo spadaccino. - Dai Vongola. Ora levatevi dai piedi e lasciatemi dormire. -
- Non ci sarà liquidazione. - aggiunse Mammon.
Tutti stavano per andarsene, quando una voce autoritaria li fermò.
- Fermi! - esclamò Bianchi, apparendo da chissàdove con passo sicuro. - Il ladro lo abbiamo preso noi! -
- Noi? - chiese Ken, confuso.
- Sì, noi. - esclamò I-Pin, raggiungendo Bianchi con MM.
- Ecco dove ti eri cacciata! - urlò Ken, imprecando verso Chikusa che, alle sue spalle, lo tratteneva per le braccia, impedendogli di azzannare la ragazza.
- Sono andata dove c'era più possibilità di guadagno. - rispose la clarinettista, con un sorriso malizioso. - E poi mi ha detto Mukuro di fare così. -
- Eh? - Ken si voltò attonito verso Rokudo.
- Ovviamente. - rispose l'illusionista. - Se il gruppo vincente sarebbe stato liberato, e questo gruppo fosse stato formato da Vongola e Kokuyo, sarebbero stati liberati entrambi. -
- Esattamente. - rispose MM, voltandosi. - Vieni avanti! -
Lentamente, Chrome emerse dal buio del corridoio di destra, trascinando con sé un individuo con una borsa di tela rovesciata sulla testa, che si dibatteva come un'anguilla.
- Non ci riesco... non riesco a tenerlo!... - ansimò Chrome, esausta.
- Come non ci riesci?? - esclamò MM, avvicinandosi. - Adesso ti faccio vedere io come si fa:... I-Pin, dammi uno di quei cosi là... su! quei cosi lì! -
Immediatamente la bambina prese un gyoza-ken e lo consegnò alla ragazza, che lo infilò nel "cappuccio" che copriva la testa dell'uomo. Immediatamente quello svenne.
- Ecco il ladro. - concluse Bianchi. - Ora portatelo via. Ci dovrebbe essere Kyoya qui intorno: lasciatelo a lui. -
I-Pin e Chrome se ne andarono portando con loro il ladro.
Gli altri tacquero per un breve momento. Non era chiaro se la sensazione che si era venuta a creare in ognuno di loro fosse di sorpresa  o di totale indifferenza. Forse era un po'una e un po' l'altra.
Fran era più per la seconda. Tirò la giacca del Sempai, attirando la sua attenzione.
- Sempai, - disse quando l'altro si voltò. - Torniamo a giocare con le bambole? -
Bel gli tappò la bocca, troppo tardi.
- 'Bambole'? - ripeté Squalo con aria maliziosa. - Principe scemo, non ti credevo capace di cose simili. -
- Sta'zitto! - sibilò Bel, furioso.
- Dimmi un po', ragazzino, che cosa intendi dire con 'bambole'? - chiese lo spadaccino a Fran, sottolineando con la voce quell'ultima parola.
Il bambino si frugò nella giacca alla ricerca di qualcosa.
- Queste - disse, tirando fuori il babou di Bel e quello di sé stesso. - Ne abbiamo cuciti di simili. Ci servono per i riti voodoo. -
- E il principe si è divertito? - continuò Squalo.
- Sì. - e si frugò nuovamente nella giacca. - La preferita del Sempai è questa. - e tirò fuori un babou di Squalo infilzato di aghi da capo a piedi.
Squalo lanciò un'occhiataccia a Bel, che rispose con uno dei suoi soliti sogghigni.
- Dovresti provare, capitano: è rilassante! - spiegò Belphegor, per nulla intimorito.
- VOOOOOOI!!! -
Il capitano si lanciò a rincorrere il principe, che scappava promettendo a Fran una morte lenta e dolorosa. Il bambino rimise i babou nella giacca.
- Kufufu, sei proprio maligno come il tuo maestro. - commentò Mukuro, battendo affettuosamente una mano sul capo del bambino. - Bene. -
- Peccato! - pensò subito dopo. - Quello scemo con la frangetta aveva un'ottima occasione per liberarsi di questo poppante! Non dovevo lasciarlo da solo... -
- Sai, maestro, ho fatto un babou anche per te. - disse Fran, frugando nuovamente nella giacca. - Eccolo. - e gli mostrò una bambola deforme, logora e semiscucita, con un occhio più grande ed uno più piccolo. - Sfortunatamente si è rovinato un po' e avevamo finito la stoffa. Del resto i vestiti di MM non sono tutti adatti per fare babou... -
- Hai usato i miei vestiti??? - urlò la ragazza, furiosa. - Piccolo demonio, se ti prendo ti stacco la testa dal corpo! -
Il bambino si affrettò a sparire, mentre MM iniziò a cercarlo a destra e a manca.
Yamamoto sbatté le palpebre, perplesso.
- Ma se quello è il ladro... - osservò, confuso. - Allora chi era quello che Sasagawa e Lambo hanno portato di sotto? -

- Fammi uscire di qui, deficiente! - urlava Gokudera, sbattendo i pugni contro il legno della porta dello sgabuzzino. Cercò disperatamente i suoi candelotti di dinamite, ma non c'erano più. - Se solo avessi i miei candelotti!... - borbottò.
- Per fortuna te li ho levati prima di metterti dentro. - rispose Ryohei, orgoglioso, le spalle contro la porta, a guardia del prigioniero. - Sei armato quasi quanto Testa a Polipo! -
- Forse perché lo sono, idiota? -
- E no, ladruncolo! Lo conosco Testa a Polipo, io! E tu non gli somigli affatto. Lui non parla nemmeno così. -
- Stupido, apri questa porta! -
- Per nulla al mondo! Resterai qui dentro fino alla consumazione degli estremi! -
- Si dice 'secoli', ignorante! -
- Secoli estremi, allora, contento? -

Gokudera dovette aspettare l'arrivo di Dino e Romario per essere liberato (cioè poco dopo l'alba). Quando il Cavallone arrivò portando con sé  l'autorizzazione del Nono per liberare i servi, li trovò già con le valige in mano, pronti per andarsene, e li ricondusse subito a casa.
Mentre se ne andavano, tutti i Varia si erano schierati davanti al cancello di casa in segno di tacito saluto. Xanxus non li degnava di uno sguardo, e punzecchiava Squalo per essere riportato in casa. Lo spadaccino, ovviamente, gli rispondeva urlando. Mammon sospirava e baciava i suoi risparmi finalmente al sicuro da ladri e Vongola. Luss, il più emotivo di tutti, piangeva e soffiava il naso in un fazzoletto, continuando a ripetere:
- Bambini, tornate a trovarci! Mamma Luss vi aspetta a braccia aperte! -
Levi, accanto a lui, fece un passo di lato.
- Certo che torneremo! - esclamò Yamamoto, convinto, agitando animatamente la mano in segno di saluto.
Gokudera cercò di fargli abbassare la mano, imprecando e rimprovelandolo.
- Capo, continui ad allenarsi ALL'ESTREMO! Quando tornerò dovrà aver smesso di bere alcolici! - esclamò Ryohei, entusiasta.
Xanxus annuì, volutamente ironico.
Lambo e I-Pin giocavano e si punzecchiavano, ridendo e strillando. Fran, invece, per decisione di Mukuro, era rimasto con i Varia, e ora era chissàdove a sfuggire alle grinfie del Sempai. Hibari non era con loro. Sicuramente si era sbarazzato del ladro e poi se ne era andato per conto suo. Ma gli altri erano tutti lì, che si incamminavano a piedi, valige in mano, verso il furgoncino che Dino aveva affittato, parcheggiato in fondo al viale che conduceva a casa Varia.
Tsuna notò con piacere la leggerezza con cui percorreva ora quella strada. Percorrerla dalla parte opposta era come percorrerla verso un carcere.
- Per fortuna che sei arrivato, Dino, non ce la facevamo più! - esclamò Tsuna, rivolto al Cavallone.
- Sono contento, fratellino. - sorrise Dino.
- Non ci tornerei per tutto l'oro del mondo! -  

La scusa del camposcuola fu sufficiente per rispondere alle domande di Nana, e Tsuna passò i due giorni successivi alla partenza da casa Varia nell'ozio assoluto e nella completa contemplazione della libertà. Reborn non parlò affatto dell'esperienza appena trascorsa, e questo non contribuì affatto a tranquillizzare Tsuna. Passate due settimane, il ragazzo si rese conto che i suoi timori erano infondati; almeno fino a quando...
- Tsuna, - disse il bambino, mentre tornavano a casa dopo la scuola. - Non mi hai ancora detto come ti è sembrata la vita in casa Varia. -
- Se devo dire le verità, Reborn, la considero come l'esperienza peggiore che io abbia mai fatto in tutta la mia vita di futuro boss dei Vongola. - rispose il ragazzo, un po'esitante.
Reborn non rispose. E Tsuna si insospettì e gelò.
- Perché mi chiedi questo? - chiese, temendo quella risposta che sentiva potesse essere l'unica.
- Beh, ieri ha chiamato il Nono chiedendomi di te, e io ho detto quello che pensavo fosse vero. - disse il bambino, volutamente vago.
- Cioè? - incalzò il Vongola, vedendo la speranza andarsene via di corsa.
- Gli ho detto che vi siete trovati tutti bene, e lui ha stabilito che lavorerete là per tutta l'estate, - rispose il katekyo. - E senza paga. -
- NON E' POSSIBILE!!! - piagnucolò Tsuna, strappandosi i capelli.
Reborn abbozzò un sorriso.



Variante (con omake)

[...]
- Feccia, - iniziò il boss, indispettito. - Ho detto che ho sete! -
- VOOOOI!!! NON STO QUI AD ASPETTARE I TUOI ORDINI! Se vuoi uno così, chiedi a quel deficente che sta dormendo sullo zerbino! - e indicò Levi. -Non fa niente dalla mattina alla sera, proprio come te! -
- Non mi importa cosa faccia questo qui: ho detto a te che volevo da bere, e tu andrai a prendermi una bottiglia! -
- Sono stufo di entrare e uscire dalla mia camera a distanza di pochi minuti: VOGLIO DORMIRE, CAPITO??? -
- FA', QUELLO CHE TI PARE: MA PRIMA VOGLIO UNA BOTTIGLIA! -
- Boss, vado io! - intervenne Levi, scattando in piedi.
- HO DETTO A LUI, FECCIA!!! NON A TE! - gli rispose Xanxus, rivolgendosi poi allo spadaccino. - Spicciati, o potrei perdere la pazienza. -
- NON ME NE PUO' IMPORTARE DI MENO!!! - urlò Squalo, uscendo dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Superbi rientrò nella sua stanza borbottando, e sbatté nuovamente la porta, poi si buttò nuovamente sotto le coperte, si ficcò un paio di auricolari nelle orecchie, scelse una musica tranquilla e rilassante e alzò il volume del lettore MP3 tanto da coprire il suono della voce di Xanxus che veniva dalla stanza accanto.
E quasi a rafforzare il volume della musica, si mise a cantare:

                                                                                                      - Urlare... "VOOOI!",
                                                                                                      Sbraitare "VOOOOI!",
                                                                                                      al boss che odio di più
                                                                                                      finché non divento blu.
                                                                        Mi sgolavo, scleravo, strillavo e la voce mandavo ancora più su
                                                                              fino a quando anche i vetri tremando non cadevan giù;
                                                                               quindi il boss mi rispose lanciando un bicchier: ... -

E il bicchiere arrivò sul serio, stavolta. Squalo alzò lo sguardo indispettito, e chi vide davanti a sé, se non Xanxus in persona, con un altro bicchiere pieno in mano?
Il boss fece un passo in avanti:

                                                                                                     - Puoi andare, se vuoi,
                                                                                                     questi sono affari tuoi,
                                                                                                   ma prima hai un po'da far:
                                                                                                    il whisky mi devi stappar,
                                                                                                        Levi, no non ce la fa.
                                                                                                    E poi, voglio un po'strillar
                                                                                                                  con te! -*

* (Parodia di "Nel blu dipinto di blu", alias "Volare" di Domenico Modugno)


Adesso è finita sul serio, purtroppo! ^^
A questo punto devo ringraziarvi, a voi che avete letto e commentato: ogni recensione e qualsiasi altro segno di apprezzamento e/o interesse da parte vostra, oltre ad essere stati cause di eccessive e pazze manifestazioni di gioia da parte dell'autrice, sono stati sostegno della mia ispirazione, e mi hanno aiutato a capire cosa e come migliorare per farvi divertire divertendomi.
Grazie e a presto!,

Bei_An 7
  
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