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Autore: Chuck    08/05/2013    3 recensioni
Quel giorno avevi la bocca secca di chi ha sorriso per tutta una vita per finta, e gli occhi di chi ha trattenuto troppe lacrime.
Ti abbracciai, di un abbraccio che entra sotto la pelle, come quelle schegge di legno che si infilano lì sotto e tu, nonostante sai dove si trovano, non riesci a toglierlo.
Mi sei entrato dentro le ossa, dentro il cuore, mi sei entrato come una scheggia di legno sotto al cuore, amore.

Isabella Swan, figlia del magnate dell'economia Charlie Swan e della stilista di fama mondiale Renée Dwyer; indossa una maschera di perfezione per nascondere le sue ferite.
Edward Cullen, figlio di famiglia che non accetta, lavora in una libreria; si reputa senza speranza.
Entrambi, a un passo dall'autodistruzione si incontrarono.
Riusciranno a salvarsi? Riusciranno ad essere Edward e Bella?
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Here we are! :3

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#2

Love sucks.

 

 

-Bella.

Nell’esatto istante in cui varcai il cancello della Costance, udii mormorii indistinti farsi più fitti e concisi.

Cercai di non pensarci troppo e mi accesi un’altra sigaretta, indossando gli occhiali da sole con lo scopo di oscurare gli occhi che avevano vita propria; infatti, si chiudevano da soli dalla stanchezza.

 

Improvvisamente, sentii una presenza affianco a me e, prima che potessi spaventarmi, riconobbi il profilo di  Nate.

«Ciao tesoro!» mormorò cingendomi le spalle con un suo braccio.

Mi limitai a donargli un vero sorriso.

«Fatto le ore piccole ieri sera?» disse ridendo.

« Mi trovavo ad una festa di amici di amici», mentii.

Nessuno sapeva dell’altra mia vita, quella più spericolata e meno consona a Isabella Marie Swan, figlia del magnate dell’economia statunitense e di una stilista di fama mondiale e, men che meno, sapeva la ragione che mi portava a comportarmi così; escluso Stefan.

Rabbrividii involontariamente.

«Senti» disse Nate guardandosi la punta dei piedi, «ti va di uscire insieme a cena?» mi guardò con i suoi occhi scuri e mi dispiacqui all’istante di dovergli dire di no.

Lui non meritava una ragazza come me.

Non meritava una donna senz’anima, che gli è stata rubata dall’infanzia.

Che un’infanzia non l’ha mai avuta.

Non la merita.

«Mi dispiace, Nate, ma non sono tipo da relazioni durature, mi dispiace davvero tanto» mormorai, accarezzando con dolcezza il suo profilo.

Lo vidi aprir bocca per ribadire, così di scatto presi e scappai, prima che potesse dire qualcosa che mi avrebbe fatto sentire più in colpa di quanto già non mi sentissi.

Scappare, una costante della mia vita.

Scappare e scappare ancora.

Forse perché mi ritrovavo sempre in situazioni più grandi di me.

O forse perché  non ho abbastanza palle.

Fatto sta che scappo, anche adesso.

Entrai in classe, precedendo così  il professore di letteratura, Mr.Grant.

«Oggi parleremo dell’amore».

Sbuffai mettendo gli auricolari alle orecchie; l’amore, pff!

Chi ti ama ti distrugge.

L’amore ti distrugge, sia che se lo ricevi sia se non lo ricevi.

Ti ritrovi lì in attesa di un messaggio che non ti arriverà mai, ti ritrovi in attesa di un qualcosa che non accadrà, oppure, se accadrà sarai talmente felice che continuerai a vivere con la costante paura che quella felicità venga distrutta.

Quindi, chi ama, viene distrutto.

Indebolito.

Non devi dare a nessuno la possibilità, il potere, di essere felice o triste.

 

A nessuno.

 

Alzai “Don’t Stay”, dei Linkin Park, mentre il professore continuava a blaterare e a fare domande inutili sull’amore.

Persa nei miei pensieri, non udii il Mr.Grant chiamarmi, così la mia compagna di banco Cassidy, mi diede un buffetto sul braccio.

Trasalii.

Mi tolsi gli auricolari e mi scusai, sentendomi in imbarazzato da quell’improvvisa attenzione generale.

«E tu Isabella, cosa ne pensi dell’amore o dei libri che trattano quest’argomento?»

Tutti gli occhi dei compagni di classe si puntarono sulla mia figura, incuriositi di sapere cosa pensasse la  perfetta Isabella, sull’amore.

«L’amore non esiste, fa semplicemente schifo, perché sia se lo ricevi, sia che non lo ricevi stai male ugualmente. Per quanto riguarda i libri, ne ho sinceramente abbastanza di tutte quelle cazzate che  dicono. Vorrei leggerne  uno che racconta l’amore reale, vero,  -ammesso e non concesso che esista; non di una Giulietta e di un Romeo che dopo uno sguardo si innamorano e si sposano subito dopo, per poi morire per l’altro. Sinceramente, a chi mai capiterà di vivere una storia del genere?!»

Mi stupii di me stessa, dato che feci il discorso più lungo di tutta una carriera scolastica.

Lessi stupore anche negli occhi del professore e degli altri compagni di classe.

«Non dovresti pensare questo, Isabella. L’amore esiste, ed è la cosa più bella che possa capitarti.»

Insistette Mr.Grant, non capendo che io, nell’amore, non ci ho mai creduto e mai ci crederò.

«Questione di punti di vista, professore.»

Scrollai le spalle, sperando di far troncare il discorso lì.

Sperai invano.

«Esatto, punto di vista che sarei curioso di conoscere».

Sbuffai silenziosamente, turbata dal fatto di dovermi esprimere e aprire di fronte a tutte queste persone avide di informazioni, che vogliono soltanto conoscere al meglio Isabella, per potermi poi sputtanare alle spalle.

«Credo di aver già espresso in maniera consona il mio pensiero al riguardo, professore.»

«Sì, ma vorrei ... »

Salvata dalla campanella.

Uscii dalla classe prima che qualcuno potesse bloccarmi e  mi diressi a passo spedito verso quello che era il mio rifugio segreto.

Mi sdraiai sopra la panchina situata oltre delle siepi e mi accesi l’ennesima Lucky Strike.

Chiusi gli occhi e la voce di Sigur Ros ebbe il potere di rilassarmi.

L’amore.

Improvvisamente risi, risi e piansi contemporaneamente fumando in maniera quasi compulsiva.

L’amore fa schifo.

L’amore non esiste e non guarisce le ferite, per lo meno non le mie di ferite.

Chi vorrebbe mai amare una alla quale hanno rubato l’infanzia?

Chi vorrebbe mai amare una che dalla vita ha solo ricevuto dolore?

Chi vorrebbe mai amare una che, giorno dopo giorno, si dirige con falcate sempre più sicure verso l’autodistruzione?

Chi vorrebbe mai amare, me?

Le risate sparirono, per lasciar spazio ai pianti.

Eccola, la donna menefreghista senz’anima.

 

 

 

 

 

 

-Edward.

 

«Buongiorno caro ragazzo! Potresti aiutarmi nella scelta di un libro per mia nipote, per favore?»

Mi voltai, stando attendo a non cadere dalla scala mobile e, dopo aver posato il libro al suo posto secondo il genere, scesi.

Incontrai il sorriso di una donna sulla sessantina, con un sorriso dolce e degli occhi che trasmettevano amore.

L’amore.

Risi al solo pensiero, restando imperscrutabile all’esterno.

«Certamente, mi dica che tipo è all’incirca sua nipote.» Risposi alla domanda posta in precedenza dalla Signora, «nel frattempo, desidera un the?» continuai altrettanto dolce.

Per qualche assurda e arcana emozione, sentivo che doveva trattarla con altrettanta dolcezza.

«Sì, ti ringrazio..?» lasciò la domanda in sospeso.

«Edward».

«Edward, io sono Marie.» si presentò l’arzilla signora, allungandomi la sua mano ruvida  ma allo stesso tempo morbida al tatto.

Mi seguì fino al bancone dove le preparai  il the.

«Lei è bellissima, Edward. Semplicemente bellissima. E’ una di quelle bellezze dannate, figliolo. Ha due occhi verdi che sono delle pozze di dolore purtroppo e, con il passare del tempo, questa sua tristezza si instaura sempre di più il lei e mi dispiace Edward, davvero. Non so cosa posso fare per lei, tu hai qualche idea?»

Restai completamente spiazzato, non solo dalla descrizione della ragazza ma per la domanda finale di Marie.

Cosa avrei potuto risponderle?

Con quale tra le tante bugie a disposizione, mentirle?

Quella parte piccola di me, che si fidava di Marie, mi spinse a dirle la verità.

«Se solo lo sapessi, lo applicherei anche su me stesso, signora. Ma non lo so e, di conseguenza, lei può soltanto guardare sua nipote morire dentro giorno dopo giorno, senza far nulla.»

«E se le proponessi di trasferirsi in po’ qui da me, a Londra? Credi che potrebbe aiutarla in qualche modo?».

La vidi sorride e la speranza accendersi nei suoi occhi di un incredibile azzurro chiaro, terso…

Come il cielo di Liverpool.

Scacciai il pensiero con forza e non me la sentii di dirle che non sarebbe cambiato un cazzo.

Se il dolore ce l’hai dentro, dentro ti rimane.

Se il dolore si è instaurato in te, tu puoi anche  andare al Polo Nord, ma non cambierà ugualmente un cazzo.

«Uhm, credo che possa esser un aiuto, Marie. Ecco a lei il the.»

«Grazie Edward. Ti dispiacerebbe se te la presentassi? Sai, vi vedrei fin troppo bene assieme.»

Sbam.

Rimasi completamente spiazzato per ciò che aveva appena detto.

Solitamente, le signore quando vedevano le proprie figlie o parenti lanciarmi degli sguardi compiaciuti, le istigavano a girarsi e le suggerivano di non guardarmi.

Questa, invece, stava spingendo sua nipote da me.

E, secondo la descrizione, era una gran bella nipote.

Perché no?

«Come vuole lei, per me non è di certo un problema.» Risposi, senza nascondere il sorriso malizioso che mi era nato istintivamente sul volto.

Rise, gettando il capo all’indietro e mentre mi seguiva tra gli scaffali della libreria la udii mormorare:

«Sono sempre più convinta che questi due siano fatti per stare insieme.»

Scossi il capo lentamente.

Volevo dirle che erano inutile, che per un tipo come me che storceva la bocca alla parola amore, non avrebbe mai potuto avere una relazione stabile con sua nipote, neanche sessualmente parlando.

Ma non volli ferirla e semplicemente tacqui, come tante volte nei miei ventun anni.

«Allora, un libro di Nicholas Sparks? Di solito queste cose piacciono alle ragazze.»

Marie rise nuovamente, sorseggiando con lentezza il the.

«Di solito» si limitò a rispondere.

«Di solito» ripetei.

«Uhm, avventura?»

«Lo è già la sua vita.»

Mi incuriosiva sempre di più questa fantomatica nipote.

«Storico non credo, erotico neanche.»

Mormorai sovrappensiero.

«La storia l’annoia terribilmente e per quanto riguarda l’erotico, non credo che le serva un libro, con tutti quelli che le vanno dietro.»

Lessi la costernazione mista a divertimento nel suo sguardo.

Rivalutai sua nipote.

Forse e dico forse qualcosa avremmo potuto farla con piacere, insieme.

«Sua nipote mi sta mettendo in difficoltà, lo ammeto Marie.» Dissi ridendo.

Rise anche lei.

Era un suono musicale, quasi come quello di mia nonna.

«E ancora non la conosci, pensa a quando la conoscerai.»

Ridemmo ancora, finché non mi imbattei in un libro.

«”Noi i ragazzi dello zoo di Berlino”. Droga e quant’altro, un libro a mio avviso davvero bello e toccante. Cosa ne pensi? A tua nipote potrebbe piacerle?» Chiesi, incrociando segretamente le dita.

«Uhm, direi di sì! Grazie Edward!»

Sospirai, e mi sentii profondamente soddisfatto.

Ero riuscito nell’impresa del libro impossibile, per la nipote impossibile.

Le dissi il conto e pagò più del necessario, dicendo che il resto era per me.

«Ci rivedremo Edward! E sappi che quando verrò, accanto a me ci sarà la ragazza che ti rovinerà e ti salverà, tesoro!»

Non avrei potuto immaginare quanto veritiere si sarebbero dimostrate quelle parole, inseguito.

 

 

   
 
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