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Autore: Achernar    09/05/2013    3 recensioni
"Ritornerai da me un giorno, quando le stelle ti chiameranno” "quando vorranno portarti via..."

Qual'è il motivo che lega Nakia alle stelle? Una bambina di 5 anni gioca con i suoi amici e la notte dorme, ma Nakia no, lei passa le notti sotto il cielo stellato dell'Egitto di 2400 anni fa e trascorre il suo tempo nella buia casetta dell'anziana e misteriosa Selene...
Ora Nakia ha 18 anni e si troverà ad affrontare un destino incredibile, un destino che la lega al cielo, a un essere misterioso e a un antico e oscuro rito...
(non mi sono ancora arresa su questa storia, sto per riprenderla in mano, rimodernarla e hopefully terminarla)
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
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1
 
“άστερες μέν αμϕί κάλαν σελάνναν                                                                                             
‘αѱαπυκρύπτοισι ϕάεννον είδος,
όπποτα πλήϑοισα μάλιστα λάμπη
γάν επι παίσαν.”

Il luminoso volto delle stelle
si nasconde di nuovo al cospetto della bella Luna,
allorché questa, piena, risplende maggiormente                                                                           
su tutta la Terra.

 


La melodiosa voce della vecchia risuonava profonda nella stanza, rimbombava sulle pareti spoglie della sua umile casetta di fango e paglia come un’eco incantatrice e magica, quasi solenne, capace di stregare la fantasia della piccola Nàkia.  

“Ancora nonna Lene, ti prego cantami un’altra volta le stelle” la implorava con quella sua vocina a cui nessuno riusciva a opporsi. Nonostante la tenera età, il carattere della bambina era già ben delineato, ostinata e indomabile riusciva spesso a esasperare i suoi cari e la povera donna.  Del resto la vecchia Selene, o nonna Lene come la chiamavano tutti affettuosamente, con l’aumentare dell’età non aveva perduto il suo fascino agli occhi della gente. Essa era portatrice di segreti e storie sempre nuovi e incredibili, una manna per tutti i bambini del piccolo villaggio di Keruit e una manna per Nakia, in assoluto la più fedele discepola di Lene, pronta sempre ad ascoltarla e a fare tesoro di ogni sua parola.

“Piccola mia, per oggi basta così” cercò di opporsi stancamente “Ti ho raccontato già altre volte del cielo e ti ho cantato innumerevoli poesie sulle sue bellezze. Davvero non ne hai abbastanza? La vecchia Lene ora è tanto stanca…” ma la stessa Selene si accorgeva di quanto fossero  inutili le sue resistenze: i due bellissimi occhietti viola della bimba brillavano ancora per la poesia appena ascoltata, ma non per questo si ritenevano soddisfatti; ci sono così tante cose da imparare a 5 anni che non è concesso riposarsi e fare pause, tantomeno agli insegnanti! Nakia continuava a fissare l’anziana donna, trepidante e in silenzio, completamente non curante delle parole appena pronunciate da nonna Lene: non le avrebbe permesso di andarsene sul più bello.
Passò qualche momento, entrambe si fissavano, sfidandosi in un duello invisibile di cui non erano quasi consapevoli, un duello tra gli occhi profondi e chiari di una vecchia donna, che avevano ormai visto tutto ciò che c’era da vedere ed erano per questo appagati, e quelli brillanti e vivi di una ragazzina, che ancora non sapevano cosa avrebbero dovuto vedere prima di ritenersi soddisfatti.

La chiarissima, calda luce del primo pomeriggio filtrava appena nella minuscola finestra e illuminava le mani della vecchia. Poi una delle due perse.

“Anima cara, sai quanto ti voglio bene. E va bene ti racconterò un’ultima cosa, ma poi andrai a casa. Mamma e papà saranno in pensiero e non è bene che i bambini facciano preoccupare i genitori perdendo tempo da una povera vecchia”. Cedette così al ricatto degli occhi di Nakia e cominciò a raccontare di quando da giovane, nelle notti d’estate, si sedeva in riva la mare con le altre fanciulle del tìaso, ad ascoltare le placide onde che si infrangevano sui granelli inerti e a declamare le poesie della fondatrice del loro gruppo, e in quell’oscurità rischiarata solo dagli astri e dalla Luna, passavano le ore a contare le stelle guizzanti, come le chiamavano loro, facendo a gara a chi ne vedeva di più.

“Stelle strane” diceva Selene ”secondo molte non erano neanche stelle vere. Era questione di un momento riuscire a vederle: un attimo prima non c’erano e un attimo dopo erano è già sparite. Il tempo di un istante e tutto finiva in una piccola scia luminosa, rosseggiante, come se il cielo fosse di ferro e qualcuno con una spada affilata lo graffiasse, provocando scintille e guizzi.”

Il racconto era già finito, stavolta Nakia doveva davvero andare a casa, peccato, sperava in un bel mito, in una grande leggenda con eroi e misteri, invece la nonna se ne era uscita con quella improbabile storia delle stelle guizzanti. Che cosa strana, lei non le aveva mai viste, forse lì in Egitto non c’erano, o forse non passava tempo sufficiente a guardare il cielo per accorgersene, del resto se duravano un attimo ci voleva poco a perderle di vista.
Salutò Lene con un bacio sulla guancia e le portò il latte che era in cucina per permetterle di cenare senza alzarsi, Nakia sapeva che Selene era molto anziana e si stancava presto. Viveva da sola da tanti anni, solo i bambini del villaggio si prendevano cura di lei, era il loro idolo e lei era un po’ la nonna di tutti, voleva loro un gran bene e aveva sempre qualcosa da insegnare loro: “in tanti anni che sono in questo mondo dovrò pur aver imparato qualcosa, e se ho imparato io, potete farlo anche voi”. Un sapere diverso, particolare, che non assomigliava alla tradizione e ai miti che conoscevano tutti: nonna Lene parlava di esperienze e avventure, leggende di eroi di quel lontano paese chiamato Ellade, in cui un tempo c’erano tante piccole città in cui tutti decidevano come se ognuno fosse un re. Queste stranezze non erano troppo apprezzate dai genitori, che preferivano educare i propri figli secondo la tradizione dei loro padri anche se i tempi ormai stavano cambiando, ma per i bambini del villaggio e per la loro grande curiosità non c’era niente di più eccitante.

“Grazie cara” fece Selene carezzandole la testolina bruna “ora và pure, ci vediamo domani. E salutami tanto i tuoi cari, gli dei li benedicano.” La piccola rispose con un grande sorriso, chiuse la porta dietro di sé e corse via in strada zompettando allegra: aveva una nuova favola da raccontare ai suoi amici e un’altra scusa per passare anche quella notte a guardare il cielo: trovare le stelle guizzanti.

 
 
 
 
 
Piccola nota: questo è il primo brevissimissimo capitolo, un po' semi introduttivo del racconto che spero di riuscire a finire^^, ho una passione per i nomi parlanti perciò vi dico subito che Nakia, che è davvero un nome egiziano, è l'equivalente latino di invicta (ognuno è libero di trarre le conclusioni che vuole sul personaggio...), Selene ovviamente è un nome greco e vuol dire, diciamo Luna. Nakia a tratti rappresenta un po' me, col suo amore per le stelle e altre caratteristiche che amo e che odio e di cui, beh, verrete a conoscenza col tempo ;). Uno spoiler-non spoiler: tranquilli, Nakia non rimarrà a 5 anni per tutto la storia ;). La poesia all'inizio è un'ode della poetessa di Lesbo, Saffo, che io adoro, con tanto di traduzione personale (speriamo bene XD) purtroppo non sono riuscita a mettere tutti i segni diacritici che servivano ma Saffo è così musicale che va bene anche così ;) Cercherò di pubblicare non meno di una volta ogni due settimane, scuola permettendo, spero vi piaccia e soprattutto che mi aiutiate con le vostre recensioni :)
  
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