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Autore: ramona55    30/11/2007    5 recensioni
Ron ed Hermione raccontati in un missing moment a capitoli di HBP, quando tutto sembrava procedere proprio come al solito e la guerra un fatto lontano, quando ancora non c'erano stati nè Lavanda nè McLaggen e avvicinarsi sembrava solo questione di tempo.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Puntuale come poche volte in vita mia eccomi a pubblicare il quarto capitolo della mia ultima storia, missing moment del sesto libro di Harry Potter dedicato, ovviamente, a Ron ed Hermione.

Nello scorso capitolo la nostra Hermione è rimasta fortemente turbata da una notizia letta sul giornale poco prima di cena e senza sapersi spiegare il perchè ha sentito ad un certo punto il bisogno di allontanarsi dalla Sala Grande, lasciando piuttosto perplessi i suoi migliori amici. Dopo aver percorso i corridoi deserti - o quasi - di Hogwarts ha trovato rifugio dietro una vecchia porta di legno scuro. Che posto sarà?
Se ci pensate bene, probabilmente, ci arriverete anche voi.

Ma adesso basta indugiare, è la volta del nostro rosso preferito e stavolta i suoi pensieri convergeranno ben poco sull'attualità e molto più su una persona che gli sta particolamente a cuore...

Buona lettura e appuntamento a fine capitolo per qualche nota conclusiva e i ringraziamenti.





______________________________



4. Ron



Eppure, sentire



Ron era comodamente seduto su una delle vecchie poltrone nella sala comune Grifondoro.

Accanto a lui Harry, alcuni libri aperti e una pergamena sgualcita posati sul tavolo, cercava di capire cosa scrivere ancora nel suo tema.

Anche Ron doveva terminare il suo compito di Pozioni per il giorno successivo, ma la voglia di tirar fuori i libri e riempire gli ultimi 15 centimetri con la scrittura più larga che gli riuscisse non lo attirava per niente, perciò se ne stava semplicemente seduto, o meglio semi-sdraiato, a fissare il nulla davanti a sé.

“Credi che se non finisco il tema Lumacorno mi punirà?” chiese ad Harry senza il minimo interesse.

Harry alzò le spalle in risposta. “Fondamentalmente non mi sembra cattivo...” aggiunse poi a mo’ di spiegazione.

“Bè, dopo Piton chiunque sembrerebbe un agnellino...” rispose Ron con un mezzo sorriso. “E poi a te ti adora, quindi se fossi tu non ci sarebbero problemi, ma io... Non sono mai fortunato in queste cose...”

“Puoi sempre chiedere ad Hermione di aiutarti” suggerì Harry alzando gli occhi dal suo compito. “Domattina abbiamo un’ora libera dopo Incantesimi...”

Ron annuì e per un po’ rimase in silenzio, sovrappensiero.

Poteva chiedere ad Hermione di aiutarlo, in effetti, anche se dopo la sua strana uscita dalla Sala Grande non l’aveva più vista. Avrebbe dovuto aspettare il giorno successivo e sorbirsi una ramanzina sul suo pensare alle cose sempre all’ultimo minuto.

Ron sbuffò. Erano davvero una strana accoppiata. Lei capace di anticiparsi i compiti fino alla settimana successiva, lui che nemmeno si preoccupava di terminare quelli per il giorno dopo...

Ripensò al modo in cui l’amica aveva abbandonato la cena a metà, poco prima. Chissà come mai se n’era andata così di corsa? Non era certo per studiare, visto che quando lui ed Harry erano rientrati in sala comune lei era già salita in dormitorio.

Ron notò che Harry continuava a fissarlo.

“Cosa c’è?”

Harry distolse in fretta lo sguardo e mormorò un niente davvero poco convincente.

“Sicuro?”

“Sì, certo, niente.”

Ron decise di crederci. Se Harry avesse voluto parlargli di qualcosa l’avrebbe fatto, non c’era bisogno che lui insistesse.

“Non ti sembra che prima Hermione se ne sia andata un po’ troppo in fretta?” chiese prima di poterci riflettere. Si morse la lingua. Quando avrebbe imparato a controllarla?

Harry lo guardò di nuovo. “Dalla Sala Grande dici?”

Ron annuì, sapendo che era troppo tardi per tirarsi indietro. “Praticamente è scappata via senza mangiar nulla. E’ strano, no?”

Harry sorrise. “Sarebbe stato strano se si fosse trattato di te, ma è Hermione. Quando ha in mente qualcosa non sente più nemmeno la fame, lo sai. Voleva finire di studiare, lo ha detto.”

Ron sollevò un sopracciglio, poco convinto. Decisamente non era quello il motivo.

Il giorno dopo avrebbe indagato.

Per un po’ rimase in silenzio, senza pensare a niente di particolare. Poi decise che era stanco di starsene lì a non far nulla. “Senti,” disse ad Harry mentre si metteva lentamente in piedi, “io esco a fare un giro. Se qualcuno ti chiede, di’ che ho scordato una cosa in Sala Grande o che sono fuori per un giro di ronda, ok?”

Harry lo guardò perplesso, ma annuì senza fare domande e Ron potè uscire in tutta tranquillità dal buco del ritratto.



*****************



Camminava già da un po’ per i corridoi in penombra della scuola quando vide da lontano l’ombra argentea di Nick-Quasi-Senza-Testa.

Il fantasma del Grifondoro gli andò incontro sorridente, ma Ron non ne fu molto felice. Non si sentiva per niente in vena di chiacchierare.

“Tutto bene, mio giovane amico?” chiese lo spettro dopo aver accennato un breve inchino.

“Sì... stavo solo, ehm... facendo un giro di controllo, e sono piuttosto di fretta” rispose Ron cercando di tagliar corto il più possibile e senza smettere di camminare.

Il fantasma, tuttavia, gli si affiancò fluttuando a mezz’aria e lo seguì senza dare cenno di volersene andare.

“Eh già, sei un Prefetto, eh?” chiese Nick occhieggiando il distintivo che Ron portava al petto. “Quando frequentavo Hogwarts non esistevano incarichi del genere per gli studenti. Figuriamoci, erano tempi duri, ragazzo, ma ammetto che mi sarebbe piaciuto poter dare una mano ai miei insegnanti di allora, maghi tutti d’un pezzo, e credo anche, modestia a parte, che avrei potuto essere molto adatto all’incarico...”

Ron alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente. Continuò a camminare cercando di ignorare quello che il fantasma andava dicendo, anche se le sue chiacchiere gli giungevano fin troppo chiare nel silenzio dei corridoi deserti.

Perché poi avesse sentito d’un tratto la necessità di uscire dalla sala comune ancora non lo sapeva, ma di certo non era dei vaneggiamenti di un fantasma mezzo matto che aveva bisogno. Stava già pensando di dire senza mezzi termini allo spettro di lasciarlo in pace, quando gli venne in mente la faccia che avrebbe fatto Hermione se avesse saputo quello che voleva fare.

Gli avrebbe dato come minimo dell’insensibile e gli avrebbe spiegato con la stessa impazienza con cui si spiega una cosa ovvia ad un bambino un po’ tonto che Nick-Quasi-Senza-Testa era morto e che se era nello stato di fantasma voleva dire che non aveva accettato fino in fondo quella morte e che quindi lui, Ron, doveva comportarsi bene e rispettosamente nei suoi confronti e tutta un’altra serie di stupidaggini simili.

Si morse la lingua e continuò a restare in silenzio, maledicendo tra sé e sé l’amica e la sua buona educazione.

Le sue labbra, tuttavia, si piegarono in un sorriso un po’ rassegnato, perché non ci aveva mai pensato prima, ma adesso si rendeva conto di quanto Hermione riuscisse ad influire sul suo comportamento anche senza essere presente. Ed era una constatazione irritante, in parte, ma anche... rassicurante, in un certo senso.

Per lo meno il rischio di farla arrabbiare diminuiva.

Di colpo si oscurò.

Come mai era scappata in quel modo prima?

Di certo non era per i compiti. Da molto tempo ormai quelli non rappresentavano più la priorità per Hermione. Certo, la scuola era sempre importante e lei non l’avrebbe mai messa da parte, ma con tutto quello che era successo negli ultimi anni, Ron sapeva che adesso erano ben altre le cose in grado di turbare la sua amica.

La guerra, per esempio.

E aveva notato che Hermione stava leggendo il giornale quando lui era arrivato in Sala Grande. Era quasi sicuro che il suo strano comportamento avesse a che fare con quello.

Del resto, ripensando alla cena, non gli sembrava di aver fatto qualcosa che potesse averla fatta arrabbiare. Sarebbe stato un altro buon motivo per spingerla ad andarsene in fretta, ma non era quello il caso.

Anzi, Hermione gli aveva sorriso più di una volta – cosa che Ron ricordava particolarmente bene, e con una fastidiosa sensazione di chiusura alla bocca dello stomaco. E dire che lui ad un certo punto non riusciva a levarle gli occhi di dosso!

Magari era per quello... L’aveva fatta sentire in imbarazzo e lei se n’era andata.

“E così quando posso cerco di dare ancora una mano” stava dicendo intanto la voce di colpo un po’ più alta di Nick, il quale aveva forse capito che il suo interlocutore non era poi tutt’orecchi come lui desiderava.

Ron fece per dire qualcosa, al diavolo Hermione e le sue buone maniere, ma il fantasma lo precedette.

“Sai, anche se son morto non vuol dire che io non possa essere utile,” continuò imperterrito, “e Merlino sa quanto ce n’è bisogno dal momento che i prefetti di questi ultimi anni mi sembrano davvero troppo poco scrupolosi...”

Ron alzò un sopracciglio a quest’affermazione, chiedendosi se per caso dovesse prenderla come una specie di insulto.

“... a parte te e la dolce signorina che ti affianca come prefetto del Grifondoro, naturalmente” aggiunse leggiadro Nick, come se volesse correggere il tiro. “Lei sì che è una ragazza attenta, l’ho vista poco fa nel corridoio del primo piano, intenta sicuramente in uno dei suoi giri di ispezione...”

Ron smise di camminare, colpito dalle ultime parole dello spettro.

“Hai visto Hermione?” chiese stupito.

“Come? Oh! Parli dell’altro prefetto del Grifondoro?” rispose Nick con un gesto plateale. “Oh, sì, mi pare si chiami proprio così. Nome buffo vero, per una ragazza della sua età? Ma verso la metà dello scorso secolo era piuttosto comune tra le fanciulle, sai? Per i corridoi di Hogwarts non facevi altro che sentire questo nome...”

Ron piantò il fantasma intento a ricordare le mode dei nomi femminili d’Inghilterra durante gli ultimi duecent’anni e si mise a correre attraverso il castello.

Per poco non inciampò in un’armatura che si trovava in fondo ad una scalinata, dove decisamente non doveva stare, e sentì da lontano la malefica risata di Pix, con ogni probabilità l’autore dello spostamento, in attesa della sua prossima vittima.

A quel punto rallentò la corsa. Se avesse attirato il Poltergeist dispettoso non sarebbe mai arrivato dove doveva andare.

Camminò più lentamente, cercando nel contempo di riprendere fiato.

Era un idiota.

Quando era arrivato in sala comune e non aveva visto Hermione si era detto che evidentemente era già salita in dormitorio. Eppure avrebbe dovuto capire che l’Hermione pensierosa di quella sera avrebbe cercato piuttosto un posto in cui starsene da sola a riflettere, e di certo quel posto non era il suo dormitorio, con le compagne di stanza chiacchierone che si ritrovava.

Sicuramente aveva cercato un posto in cui nessuno l’avrebbe disturbata.

Ron fece un sorrisetto.

Nessuno tranne lui, ovviamente, che invece sapeva molto bene dove cercare.

Percorse con calma il corridoio vuoto del primo piano e arrivato circa a metà si fermò. La porta dell’aula era proprio davanti a lui.

Fece un respiro profondo ed entrò cercando di fare meno rumore possibile.



Continua...



________________________________




Note di fine capitolo:

Chissà se Ron ha avuto la giusta intuizione... Per scoprirlo dovrete leggere il prossimo capitolo.
Intanto lasciatemi dire qualche nota su questo. Non nascondo che è uno dei miei preferiti. Amo molto rappresentare Ron alla ricerca di qualcosa, anche se nemmeno lui sa bene di cosa si tratti. Non sa perchè sente il bisogno di allontanarsi dalla sala comune. A differenza di quello che è successo ad Hermione nel capitolo precedente, non c'è una vera causa scatenante, qualcosa che gli faccia dire 'non riesco più a stare qui'. Esce, forse semplicemente per starsene per i fatti suoi, per non sentire gente intorno, forse perchè muovere le gambe lo aiuta a non farsi troppe domande, sullo strano comportamento di Hermione a cena, per esempio, o su quello che accade nel mondo esterno, o ancora sul suo rapporto con la ragazza.
Esce, ed è come se sentisse di dover stare altrove. E' a questo che si riferisce il titolo: eppure, sentire, riprendendo il verso di una nota canzone di Elisa, è quello stato d'animo che ti prende a volte, quando senti, percepisci che c'è altro che devi fare o capire, ma non sai ancora cosa, non ce l'hai chiaro, sai solo che non è nella realtà di tutti i giorni la risposta che cerchi.
Sulla sua strada Ron incontra il vecchio Nick, personaggio che amo molto rappresentare, e mi piace l'idea che grazie a lui Ron capisca, forse non chiaramente, ma di certo intuisce, il motivo per cui doveva stare altrove. E finalmente sa, in senso reale ma anche metaforico, dove andare.
Spero che il discorso diventi più chiaro nei prossimi capitoli.


Ringraziamenti:

Sunnyna: Innanzittutto chiedo umilmente perdono perchè nello scorso aggiornamento ho sbagliato a scrivere il tuo nick, chissà a che pensavo -_-" E poi grazie per il commento. Sono felice che la storia ti stia coinvolgendo (e non sono mica sicura che questo capitolo abbia soddisfatto la tua curiosità, ma lo faranno i prossimi, stanne certa) e ancora di più sono felice che tu ne senta l'atmosfera. Spero che continuerai a sentirti ad Hogwarts anche con i prossimi capitoli. ^_-

Un unico commento a cui rispondere questa volta, e sebbene non possa dirmene stupita, mi chiedo se la cosa sia dovuta ad una difficoltà nel seguire la storia che procede per gradi e passa attraverso stati mentali, piuttosto che azioni.
Non capisco se la storia non piace, oppure se, come spesso succede, è solo mancanza di tempo... Spero sia quest'ultima ipotesi, ma in caso ci fossero critiche, non mi dispiacerebbe sentirle.

In ogni caso grazie anche a chi legge soltanto (ma mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate) e a coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti.

Alla prossima settimana,
patsan




  
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