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Autore: Achernar    16/05/2013    1 recensioni
"Ritornerai da me un giorno, quando le stelle ti chiameranno” "quando vorranno portarti via..."

Qual'è il motivo che lega Nakia alle stelle? Una bambina di 5 anni gioca con i suoi amici e la notte dorme, ma Nakia no, lei passa le notti sotto il cielo stellato dell'Egitto di 2400 anni fa e trascorre il suo tempo nella buia casetta dell'anziana e misteriosa Selene...
Ora Nakia ha 18 anni e si troverà ad affrontare un destino incredibile, un destino che la lega al cielo, a un essere misterioso e a un antico e oscuro rito...
(non mi sono ancora arresa su questa storia, sto per riprenderla in mano, rimodernarla e hopefully terminarla)
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
Capitoli:
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capitolo2

Rieccomi con il secondo capitolo della mia storia. Avete notato i titoli? Non era premeditato ma quando il secondo di fila mi è venuto con "stelle..." ho iniziato a pensare seriamente di includerle nel nome di ogni capitolo ^^ ,devo prima capire se può funzionare però...

Comunque,  la storia ha vissuto un radicale (più o meno) stravolgimento, di cui voi però non saprete mai nulla (uha, uha, uha) quindi il cambiamento di trama non vi causerà alcun problema, e poi c'era solo un capitolo... certo, non conoscerete Femi e Tale ma potrei sempre creare dei capitoli extra... hmm... perchè no? 

Ma tornando a noi: la nostra Nakia è cresciuta, così come il suo amore per il cielo, che condivide tutti i giorni con una persona speciale di cui leggerete proprio qui, una persona con il ruolo di coprotagonista e magari anche altro...

Prossimo aggiornamento, causa stravolgimento trama (ho solo un altro capitolo già pronto XD dopo tutti i miei cambiamenti) e scuola (siamo a fine maggio dopotutto...) tra due settimane: buona lettura e se vi piace, avete suggerimenti, domande o critiche (sempre ben accette) recensite :)
















2

 

“A'στερες μέν αμϕί κάλαν σελάνναν                                                                                              
‘α
ѱ απυρύκπτοισι ϕάεννον είδος,
όπποτα πλή
ϑοισα μάλιστα λάμπη
γάν επι παίσαν.”

 

“Aѱ απυρύκπτοισι ϕάεννον είδος” mormorava, “ma perché nascondono il volto?”.

Erano passati 13 anni da quel giorno e i melodiosi endecasillabi cantati da nonna Lene ancora risuonavano nella sua testa. Crescendo era diventata sempre più curiosa e ostinata, non si arrendeva, doveva trovare una soluzione alla sua domanda. Non poteva bastarle un semplice motivo poetico: la Luna rappresenta l’amata che è così bella da offuscare le altre ragazze; oppure una spiegazione scientifica: la Luna è più luminosa delle stelle quindi quando le sono vicino si notano poco e sembra che scompaiano.

No, le stelle di Saffo “si nascondono. Può giocare a nascondino una stella? Si può vergognare perché la Luna è più grande di lei e più bella?

Le stelle possono pensare, hanno un’anima?” pensava.

“Se così fosse sarebbero ben poco fiere: nella migliore delle ipotesi si nascondono dietro a chi è più grande per essere protette altrimenti potrei addirittura credere che hanno paura e si nascondono per non essere viste.”

“Che stelle vigliacche …” si lasciò sfuggire ad alta voce.

“Come?” fece Manes “a che altro stai pensando adesso? Ti sei fermata di colpo”.

“Scusami. Stavo riflettendo. Sai, è da quando ho sentito questa poesia per la prima volta che… mi chiedo… prometti di non ridere?”

“Ma sì, tranquilla, ormai non mi stupisco più delle tue assurde domande sulla vita”.

“Non sono assurde domande sulla vita” lo bacchettò scherzando “ non ti farebbe male stare un po’ a riflettere di tanto in tanto, riusciresti a capire molte più cose. E poi come ho detto non sono domande sulla vita ma sul cielo, le stelle: dovresti saperlo ormai. Saffo dice che le stelle << nascondono il volto luminoso >>, beh, che mi dici?”

“Perché, che dovrei dire?”

“Hai capito benissimo: che vuol dire secondo te che le stelle << nascondono il volto luminoso >> davanti alla Luna?”

“Intendi dire metaforicamente? Credo che significhi che la Luna è così bella che davanti a lei le altre luminosità del cielo notturno svaniscono …”

Sospirò: non era questa la risposta che voleva da Manes, sperava in qualcosa di più profondo, un po’ come le sue riflessioni sull’anima delle stelle o sulla loro codardia … lo sapeva simile a lei come carattere: era proprio delusa da quella mancanza di immaginazione.

Stava per interromperlo ma ecco che lui se ne uscì dicendo:

“Però credo anche che quelle stelle potrebbero essere… sì insomma: avere delle qualità positive. Prendi la Luna: lei è grande e luminosa e che fa? Se ne sta in mezzo alle stelline, sicura e tranquilla che è molto più bella di loro. Non è un comportamento onorevole, per questo le stelle si nascondono: per non vederla… perché non la sopportano, sono stelle arrabbiate, sdegnate…

o almeno la penso così!” concluse con un sorriso.

Nakia era senza parole: in 13 anni di riflessioni sulle stelle vigliacche non aveva mai pensato che la vera vigliacca potesse essere la Luna, la Luna che se la prende con i più piccoli, che li sdegna al punto di spingerli ad andarsene per odio nei suoi confronti. Guardò Manes con i suoi occhi viola, gonfi di stupore. Le aveva aperto tutto un altro mondo, con poche parole, ancora una volta.

Era sempre così: lei aveva un’immagine, si teneva tutto dentro per giorni, mesi o come in questo caso anni, e la sviluppava, la trasformava in pensiero, riflessione… poi quando la credeva pronta la rivelava a quelle due o tre persone che amava davvero e puntualmente si trovava a bocca aperta: usciva sempre un altro pensiero diverso dal suo con il quale fare i conti. Non che la cosa le dispiacesse più di tanto: il suo animo un po’ malinconico era sempre pronto ad accogliere e incoraggiare nuove riflessioni, soprattutto sul cielo stellato, avido di sapere la verità.

“Quindi sarebbe la luna la vigliacca…” disse quasi a bassa voce ”non ci avevo mai pensato.

Quindi secondo te le stelle… hanno un’anima?”

“Beh, suppongo di sì, se possono pensare e provare emozioni dovrebbero averla, ma stiamo parlando di una poesia: non è detto che sia davvero così, le stelle non possono andare via, lasciando il cielo scoperto, sono immobili no? Come dicono gli scritti”.

Fece una pausa un po’ imbarazzato: Nakia lo fissava con quel suo sguardo scettico come a significare: ma devo dirti proprio tutto io? È ovvio che non sono immobili, gli antichi scritti sono antichi e basta, niente più che favole. Manes sospirò, sapeva di non aver detto una cosa troppo intelligente agli occhi della ragazza, non se lo aspettava da lui dopo tutte le loro lezioni.

“Lo so che pensi il contrario, ti piace credere che tutto il firmamento abbia un’anima, che sia vivo, si muova, lo trovi così speciale per questo. Lo so bene che non riuscirei ad allontanarti dall’amore che provi per lui, però ti avverto di non uscirtene in giro con frasi del tipo << le stelle sono offese dalla Luna ogni volta che è piena >> e soprattutto sul fatto che abbiano un’anima: non penso che otterresti molto successo” concluse con un sorrisetto.

“Questo lo so, ecco perchè l’ho detto a te soltanto, neanche nonna Lene conosceva questo mio pensiero”.

“Ah già, dovevo capirlo che solo quella donna avrebbe potuto insegnarti i versi di Saffo.

L’hai più rivista?”

Nakia restò immobile per un istante, come in preda a un sogno, a un vortice di ricordi.

Aveva più rivisto Lene?

Nonna Lene?

 

“Non temere piccola cara: ci rivedremo, abbi fiducia negli dei del cielo”

Una testolina bruna, poco convinta, annuì rassegnata, poi alzò il viso: gli occhietti vispi, prima rivolti verso il pavimento sabbioso di quella che era una piccola, povera capanna, ma che per lei significava gioia, si alzarono, mostrandosi in tutto il loro vivissimo viola, lucidi e gonfi di quel pianto che la piccola cercava a stento di trattenere: voleva mostrarsi forte, incrollabile come le sue stelle.

“Io,  non voglio… dirti…  a-addio”

Cercò di dire con la voce il meno possibile rotta dai singhiozzi che non riusciva più a fermare.

“Gli addii non esistono” replicò con voce serena e tranquillizzante la vecchia

“Tutto ciò che sembra finire è un nuovo inizio, tutto ciò che se ne va, prima o poi ritorna. Così la piena del Nilo sommerge il suolo e sembra la fine per la terra, ma essa rinasce più forte di prima grazie all’acqua, così la Luna giorno dopo giorno sembra sparire, ma quando scompare del tutto ecco che ritorna e << risplende di nuovo piena su tutta la Terra >>.

Io e te ci rivedremo mia dolce Nakia, c’è un segreto che deve ancora essere svelato”

“Un segreto sulle stelle?” chiese la piccola guardandola speranzosa, un po’ confortata dalle parole dell’anziana donna

“Sì, un segreto che ti sarà svelato quando sarai pronta.

Ritornerai da me un giorno, quando le stelle ti chiameranno”, << quando vorranno portarti via >> pensò senza però dirlo.

“E quando?”

“Dovrai avere pazienza. Tu abbi fiducia, non dimenticare quello che ti ho insegnato, crescendo capirai”.

 

Crescendo capirai.

Stava forse capendo? Non era forse cresciuta abbastanza? Non passava giorno che non ci pensasse, c’era un che di misterioso nelle parole di Selene quella sera e lei ancora non sapeva cosa, anzi stava cominciando a dubitare perfino della loro veridicità.

Tornò alla realtà e a Manes, che attendeva una risposta:

“No, da quando abbiamo lasciato Keruit non sono più tornata per vederla" fece una piccola pausa.

"Sono passati molti anni ma mi piace pensare che sia ancora lì, al villaggio, seduta nella sua stanza con il latte vicino, circondata da bambini di tutte le età, pronti a fare tesoro di ogni più piccola parola che dice, che la assillano con continue domande e richieste e a cui lei dona sempre una carezza e una storia.

 

Ma tornerò un giorno, e nonna Selene mi dirà: ah, mia piccola Nakia, riconoscerei i tuoi occhi viola ovunque, sei diventata grande. Vieni, siediti accanto a me, ho un’ultima storia da raccontarti.”

Non piangeva spesso, ma Manes aveva visto che i suoi occhi si erano fatti più lucidi, aveva amato quella donna come una seconda madre, come fosse la vera nonna, e più il tempo passava più sentiva la sua mancanza.

La fissava, non era sua intenzione farle pensare a qualcosa che la rattristasse, non sopportava di vedere l’opaco velo grigio delle lacrime coprire quel viola: non erano due colori che stavano bene insieme, non se si trattava del viola di Nakia.

Sorrise, e lei fece lo stesso, era un momento di debolezza, nulla di più, presto i suoi occhi avrebbero ingoiato quel velo grigio, celando ogni traccia di quell’istante di smarrimento e insicurezza, e il suo viso sarebbe tornato a brillare del coraggio e della fierezza che la contraddistinguevano.

“Sono sicuro che è ancora lì, e ti aspetta. E magari un giorno me la presenterai, così potrai dirle quanto sia meno bravo di te ad ascoltare le sue storie”.

“Ah ah, non è vero, sei un ascoltatore modello, sapessi tutto il chiasso che facevano i bambini nella casetta di nonna Lene, tu in confronto sei perfetto davvero: non interrompi, non ti distrai, non ti agiti…”

Fece una pausa, guardava di nuovo nel vuoto, cercando di mettere a fuoco l’orizzonte, di distinguere ciò che c’era fra la striscia bruna della sabbia e l’azzurro del cielo del primo pomeriggio.

Nulla, riusciva solo a vedere quella sorta di nebbia ondulata che fonde e allo stesso tempo separa i due colori nelle ore più calde del giorno, tutto intorno era silenzioso, solo lei e Manes, sul tetto di una casa vuota, ai margini di Tebe.

 “Le piaceresti sai? “ riprese “ ti adotterebbe subito come nipotino”.

“Promettimi che quando sarò pronta a tornare da Lene, tu verrai con me” il suo tono era serio, quasi eccessivamente, certo per via del grande affetto e rispetto che Nakia provava per la donna ma c’era anche dell’altro, Manes la conosceva troppo bene per non intuirlo, e poi perché aveva detto << quando sarò pronta >>? Cosa spaventava la ragazza dagli occhi viola?

“Ma certo, te lo prometto”, disse reprimendo quei pensieri.

 “Devo dire che sono talmente tanti anni che mi parli dei suoi insegnamenti, che sono proprio curioso di conoscerla di persona, e poi sai che non ti lascerei fare da sola un viaggio così lungo.

È un periodo pericoloso per stare da soli”.

Nakia cambiò di colpo espressione, abbandonando tutte le sue fantasie e i suoi ricordi per concentrarsi sulle ultime parole di Manes, allarmata:

“Che intendi dire con questo?

Cosa hai sentito a palazzo?” Lo interruppe prima che potesse continuare.  Accidenti, forse non era il caso di rivelarle adesso quello che oltretutto non avrebbe dovuto sapere neanche lui.

 Dalla curiosità di Nakia non si scappava, sapeva che non era una frase buttata lì a caso e aveva già indovinato qual’era la fonte: ogni volta che si trattava di cose sentite a palazzo la ragazza era avida di sapere.

Avere un amico altolocato si rivelava utile molte volte: Manes infatti non era un semplice frequentatore del palazzo reale, era l’unico figlio del faraone.

Un figlio di faraone nato in un piccolo villaggio, lontano dalla capitale, negli anni difficili del dominio persiano di Achemene.

Non era prudente per un giovane principe andarsene in giro a declamare i propri nobili natali in quei tempi, per questo i suoi genitori avevano convenuto che restasse all’oscuro della sua vera identità, almeno finché la situazione non fosse migliorata. Così nei primi anni della sua vita era cresciuto in città come un semplice bambino, ignaro delle sue origini.

Per loro non era stato facile mettere da parte il proprio orgoglio e vivere da semplici sudditi, di un sovrano straniero per giunta, ma questo aveva consentito a Manes di trascorrere quegli anni tra la gente comune come un bambino comune. Ciò aveva segnato il carattere del giovane principe: anche una volta scoperta la verità, con l'ascesa al trono del padre, non era riuscito a sentirsi in nessun modo superiore ai suoi vecchi amici, meno di tutti a Nakia, anzi, spesso tra i due i ruoli si invertivano: la maestrina dagli occhi viola era sempre un passo avanti a lui.

Forse erano stati proprio i suoi insegnamenti dal sapore greco e filosofico a fargli dimenticare che un giorno avrebbe rappresentato gli dei in terra e guidato il popolo d’Egitto, lo aveva influenzato ed educato in questo senso al punto che ormai aveva smesso di prendere sul serio tutto ciò che gli veniva insegnato di tradizionale dai suoi precettori ufficiali.

Ciò che diceva Nakia gli sembrava sempre più sensato delle vecchie favole sul potere divino del faraone, certo non fino al punto da dubitare dell’esistenza degli dei e del valore della figura di suo padre, dopotutto neanche Nakia sembrava avere seri dubbi su questo punto, però sapeva anche molte altre cose e non esitava a mettere sempre in discussione la tradizione per capire la verità.

Manes la vedeva come una sorta di meta, doveva diventare come lei perché prima di diventare re doveva riuscire ad avere quelle qualità che Nakia possedeva in abbondanza. Sentiva che era l’unica persona che lo superava davvero, in determinazione, coraggio, sapere … era forse per questo che erano diventati amici? Il loro rapporto era una sfida continua? Non ne era sicuro, magari all’inizio era stato così, ma poi aveva smesso di tentare di superarla, l’avere al suo fianco qualcuno migliore di lui lo faceva restare coi piedi per terra, e poi adorava la sua compagnia, stare con lei, ad ascoltarla anche per ore…

Ore? Ecco la scusa perfetta: era tardi! Stava già per rassegnarsi a riferirle quelle poche misteriose frasi che aveva origliato, che si ricordò dei suoi doveri: le lezioni.

“Nakia, si tratta di una faccenda molto strana, che non conosco fino in fondo nemmeno io. Ora è troppo tardi per parlarne bene. Facciamo così: cercherò di scoprire di più per la prossima volta che ci incontriamo, ora devo proprio andare dai miei maestri o si insospettiranno”.

Era lampante: se la stava svignando di proposito con quattro frasi buttate a caso. Ma allo stesso tempo si fidava di lui e sapeva che se non le rivelava ora quello che sapeva, era perché non era davvero il momento opportuno. Dopotutto il fatto del ritardo poteva non essere completamente falso: un principe ha un sacco di impegni e doveri, quindi per questa volta si arrese subito, non che le andasse molto a genio dover aspettare qualche tempo prima di sapere questo segreto, ma non c’era altra scelta.

“D’accordo” disse poco convinta.

“Ci rivedremo domani però e voglio che tu mi dica tutto quello che sai. Voglio aiutarti se da come ho capito si tratta di una faccenda così seria … perché è seria non è vero?”

Annuì. La guardò fisso con i suoi occhi blu profondo: “ti prometto che non ti nasconderò mai niente.

Domani saprai tutto quello che so”.

“Ci vediamo domani alla seconda ora della notte allora, ti aspetterò di nuovo qui.”

Le carezzò velocemente i capelli, come avrebbe fatto un fratello affettuoso, e scappò via.

 

Nakia guardò Manes che scendeva agilmente dal tetto, continuò a seguirlo pensosa con lo sguardo, immobile, finché non divenne un puntino nero sulla lunga strada principale della città che cominciava alle sue spalle.

Non avrebbe avuto problemi: anche questa volta erano stati prudenti, avevano sfruttato le ore di riposo della giornata e nessuno li aveva visti insieme, e anche se fosse non li avrebbero riconosciuti scorgendoli da lontano sul tetto di una vecchia casa. Ma questa era normale routine, ormai non si preoccupava più da tempo del fatto che si venisse a sapere dei loro incontri: in tanti anni non era mai successo, figuriamoci se sarebbe venuto a galla quella volta.

No, in realtà ciò che la preoccupava erano le parole di Manes, quel fare sospetto e misterioso che aveva turbato l’ultima parte della loro conversazione, quel fantomatico pericolo che sembrava così serio e allo stesso tempo così assurdo. Cosa mai poteva succedere ancora: la pace era finalmente tornata in Egitto no? Dopo anni di dominazione straniera ora era stata restaurata la vecchia dinastia, suo padre finalmente regnava: cosa preoccupava Manes?

 

άστερες μέν αμϕί κάλαν σελάνναν

 

“Datemi una risposta:

che significa?”

 

Lo sguardo fisso verso il cielo, intento nell'impossibile impresa di scorgere i misteriosi puntini splendendi che impreziosiscono e donano luce allo scuro velo della notte. Ma ora era pieno giorno, ancora presto per le stelle. Nakia però sentiva, sapeva che loro erano sempre lì, anche quando non si vedevano, e per lei dunque l’orario non faceva differenza. Ripensare alle stelle l’aveva già riportata nel suo mondo, nelle sue domande e nei suoi ragionamenti.

 

“Non sarete mica offese perché vi ho dato delle vigliacche vero?” pensava “dopotutto ho sempre detto che le vigliacche erano le stelle della poesia, non tutte quante, e poi ora credo che Manes abbia ragione: non penso più che siate delle codarde. Forse… chissà, magari non l’ho mai pensato davvero, magari era solo..”

non sapeva fino a che punto credesse davvero in quello che stava per mormorare:

“ …una riflessione inutile come tutte le altre. Tanto per passare il tempo”.

Dopo tutti quegli anni senza una risposta si sentiva più sconfortata giorno dopo giorno, ma doveva andare avanti: non si poteva vivere di ricordi e fiabe per tutta la vita no? Eppure non riusciva a fare a meno di fantasticare e pensare alle stelle, sentiva come se… se facessero parte di lei, da sempre.

 

Fece una pausa.

Aspirò profondamente e si mise ad ascoltare il caldo vento di Akhet che agitava i granelli di sabbia.

 

Chissà se le stelle avevano un’anima?
  
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