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Autore: dontletmeboo    23/05/2013    56 recensioni
Pregherei gentilmente di NON copiare questa storia, come già sta succedendo.
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“69 Days in Love -  Come far innamorare una celebrità in 69 giorni”
Ma se Julie prendesse troppo sul serio questo articolo?
Se al suo lavoro si mischiassero per sbaglio anche dei sentimenti?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Eighteen
Egoist.

 

 

Scoprire che mio padre era morto mi aveva leggermente sconvolta.
Ma nonostante tutto, stavo bene.
Una favola.
Come quando ti alzi la mattina e non vedi l’ora di andare a correre nel parco perché c’è il sole, per poi andare felice al lavoro, uscire con gli amici e goderti la vita.
Avevo già dimenticato tutto quello che mi era successo tre giorni prima; mi ero anche promessa di non tornare in cimitero e ovviamente ero riuscita a mantenere la promessa.
«Julie» sbuffò Niall, riportandomi alla realtà, e appena mi sentii chiamare ancora una volta scossi la testa disorientata.
«Dimmi» sussurrai appena, continuando a fissare davanti a me, trovando estremamente interessante il muro bianco, anche se leggermente sporcato.
«Come stai?» questa volta parlò Liam, che in quei tre giorni si era dimostrato premuroso nei miei confronti, come tutti gli altri, anche se non ne capivo il motivo, io stavo bene.
In ogni caso non risposi alla domanda del castano, semplicemente perché era già a conoscenza della mia risposta.
Sentii dei passi dietro di me e poco dopo arrivò Harry dalla cucina con un piatto in mano e un bicchiere d’acqua nell’altra «ti ho portato la cena» mi disse, porgendomela.
Rimasi immobile, con le gambe incrociate, senza spostare lo sguardo dal muro «non ho fame» dissi appena e mi spaventai appena la mia voce uscì tremendamente sottile.
«Sei troppo pallida, Julie» commentò Niall, con il suo solito tono preoccupato.
Il ragazzo con gli occhi azzurri e i capelli castani alzati in una cresta leggermente abbassata, Louis forse, si sedette sulla poltrona davanti a me «ha ragione, non mangi da tre giorni» alzò le spalle, prendendo una rivista dal tavolino lì vicino, per poi cominciare a sfogliarla con fare disinteressato.
«Sto bene» provai a ripetere, ma anche la persona più stupida del mondo si sarebbe accorta dell’enorme stronzata che avevo appena detto.

Ok, diciamo che non stavo proprio una meraviglia.

In realtà non mangiavo niente da tre giorni, mi limitavo a rimanere seduta sul divano della casa di tutti e cinque, e fissare nel vuoto davanti a me.
Facevo fatica anche ad alzarmi per arrivare al bagno; indossavo lo stesso pigiama, che mi ero portata da casa, da giorni e molto probabilmente non avevo un buon profumo.
«Ti prego, vai a farti una doccia» intervenne Zayn, con il suo solito tatto.
Gli sorrisi appena «scusate» mi giustificai imbarazzata.
«Non devi scusarti» Niall guardò con uno sguardo omicida il castano, che alzò le mani in segno di resa e si limitò a non fare altre commenti sgradevoli.
«Si che devo» mi promisi di non piangere, ancora.
Non un’altra volta, Julie.
Vaffanculo.
Sentii le guance bagnarsi e gli occhi arrossarsi sempre di più, fino a quando non mi ritrovai a singhiozzare con la testa appoggiata sulla spalla di Niall.
Non feci caso a Zayn che tornava al piano di sopra, mormorando un «oddio, piange ancora» e in quel momento mi sentii un’idiota.
Tirai su con il naso, asciugandomi le lacrime con la mano e alzandomi di colpo, facendo sobbalzare Niall e lasciando stupiti tutti gli altri.
«Che stai facendo?» mi chiese Harry, che si alzò a sua volta.
Scossi la testa, cercando di non badare al capogiro che mi aveva invaso e alla sensazione di nausea che non riuscivo a cacciare «torno a casa» dissi appena, prendendo la borsa appoggiata al mobile d’entrata «o da Ally» mentii.
Sapevo perfettamente che Ally non mi avrebbe mai potuto ospitare, sarebbe tornata solo il giorno dopo da Manchester e ancora non sapeva nulla della storia di mio padre, né tantomeno dei ragazzi che si erano offerti di ospitarmi quei tre giorni solo per non farmi stare a casa da sola tutto il tempo a piangermi addosso.
Sai che stai indossando un pigiama con stampate sopra delle papere e hai ai piedi delle ciabatte con la proboscide di elefante, vero?
Perchè Sub doveva sempre precisare e chiarire quelli che più comunemente definisco dettagli irrilevanti?
«Julie-» mi chiamò Niall, ma appena vide Harry avvicinarsi a me si limitò a sorridere tristemente e a lasciar perdere quello che aveva da dirmi.
Solo in quel momento mi resi conto di come il biondo si stava distaccando da me.
Possibile che si fosse fatto da parte?
Oppure avevo qualcosa che non andava e anche lui si era stancato di me?
Sei tu Julie.
Ero io.
Avevo qualcosa di sbagliato.
Magari se mio padre fosse stato vivo non mi avrebbe voluto; possibile che se ne sarebbe andato o che mi avrebbe riso in faccia.
Imprecai appena ricominciai a piangere un’altra volta; ci avevano fatto tutti l’abitudine ai miei pianti isterici, per questo non commentò nessuno.
Alzai le spalle, aprii la porta di casa e uscii.
 
 
 

Harry. 

Sbuffai appena Julie uscì di casa con ancora indosso il suo pigiama e mi voltai a guardare gli altri, seduti sul divano.
«Allora?» fece Louis, alzando un sopracciglio e continuando a leggere distratto una rivista che aveva preso dal tavolino del salotto.
Lo guardai confuso, cercando di capire a cosa si riferisse.
«Harry» mi chiamò Niall, sorridendomi appena.
Spostai il mio sguardo su di lui «cosa volete voi tre?» risi appena.
Liam scosse la testa divertito, alzandosi e porgendo a Louis il telecomando della play station «ti
vuoi muovere?» cominciai ad intuire ma solo quando precisò «vai da lei, cazzo!» annuii, sbattendomi la porta alle spalle e correndole dietro, senza pensarci due volte.
 
«Julie?» la chiamai, uscendo di casa, e solo poco dopo la vidi seduta a terra, con la schiena appoggiata al muretto di cemento oltre al cancello e al giardino.
Sorrisi, cercando di trattenermi dal ridere vedendo il suo aspetto; i capelli castani erano malamente legati in una treccia e il pigiama la rendeva ancora più tenera.
«Julie» mi sedetti accanto a lei, cercando il suo sguardo che però rimaneva puntato sempre davanti a sé, sul marciapiede opposto.
Rimasi in silenzio per un po’, per poi chiederle «perché vuoi tornare a casa?»
Non voltò la testa neanche per rispondere, «non faccio altro che crearvi problemi» alzò le spalle e vidi il suo labbro inferiore tremare; chiuse gli occhi, come per impedirsi di piangere, ancora.
«Sai che non è vero» cercai di confortarla.
«Andiamo Harry» rise, anche se quella non era una delle sue vere risate «non faccio altro che piangere tutto il giorno, mi rifiuto di mangiare e-» lasciò la frase in sospeso, aprì gli occhi, per poi richiuderli di scatto.
Mi voltai a guardarla appena vidi il suo viso sbiancarsi ulteriormente.
«Devi mangiare qualcosa» mi alzai, per poi porgerle una mano e aiutarla ad alzarsi.
Fu incerta, ma solo poco dopo l’accettò.
Annuì, mormorando un «si.»
 
* * *
 
Ero sotto casa sua da più di venti minuti, appoggiato al cruscotto della mia macchina, mentre mi guardavo intorno con le braccia incrociate davanti al petto.
«Harry?» mi sentii chiamare e mi voltai poco dopo «dio sei tu! Possiamo fare una foto?» mi chiese una ragazza bionda che teneva il suo cellulare tra le mani.
Annuii, sorridendo appena e mettendomi accanto a lei aspettando che il flash della macchina fotografica mi colpì in pieno, facendomi stropicciare gli occhi, infastidito.
«Grazie» disse poi, rimettendo nella borsa che portava a tracolla il cellulare «sei fantastico» mi sorrise, mi abbracciò e si voltò.
Mi limitai a salutarla con un gesto della mano, per poi guardare un’altra volta l’ora.
Trentacinque minuti.
 
Alzai le spalle, chiusi la macchina e guardandomi intorno entrai nella palazzina, diretto alle scale; appena fui al terzo piano, con il fiatone, suonai alla porta.
«Julie?» dissi, preoccupato «Julie, ti senti bene?» chiesi, ancora fuori dalla porta, impaziente.
Non arrivò nessuna risposta.
E se le fosse successo qualcosa?
Cacciai quel pensiero, deglutendo e suonando ancora una volta il campanello «Julie, se non apri ora giuro che sfondo l-» le parole mi morirono in bocca e come speravo la porta si aprì di colpo.
Tirai un sospiro di sollievo appena vidi Julie davanti a me «scusa» disse «mi stavo asciugando i capelli» mi sorrise appena, facendomi notare i capelli ancora leggermente bagnati.
Risi «Dio, mi hai fatto venire un infarto» sbuffai «era da più di mezz’ora che ti aspettavo, pensavo ti fosse successo qualcosa.»
Scosse la testa, tornando dentro casa e solo poco dopo mi decisi a seguirla, imbarazzato.
«Ci metto tanto a prepararmi» si giustificò «e poi cosa pensavi? Che sarei stata in grado di annegare nella vasca da bagno?» rise, nonostante io non ci trovassi nulla di divertente.
Balbettai qualcosa di incomprensibile, spostandomi qualche riccio dagli occhi e abbassando la testa «non intendevo quello» alzai le spalle, guardandomi intorno.
Scoppiai poi a ridere.
«Che c’è?» alzò la testa, mentre si metteva a cercare qualcosa da mettersi sopra la maglietta che portava.
Scossi la testa «sono più ordinato di te, Julie» notai i suoi vestiti sparsi per terra nel salone.
Si grattò la testa, cominciando a calciare distratta qualche paio di jeans negli angoli della stanza «non mi piace l’ordine» sbuffò, raccogliendo da terra un maglioncino color panna, che indossò «sono pronta.»
Non feci in tempo a ribattere che sentii il suo stomaco fare uno strano rumore e scoppiai a ridere un’altra volta.
«Ho fame» alzò le spalle.
Annuii «l’avevo intuito» feci, uscendo da casa sua e aspettando che chiudesse la porta con le chiavi che teneva nella tasca dei jeans che portava.
«Prendimi pure per il culo, eh» si finse offesa «tanto qui, sei tu quello che si preoccupa per me» rise, cominciando a scendere le scale.
Non ribattei, sentii solo le guance arrossarsi. 
 
 
 

Julie. 

Mi ficcai in bocca un’altra forchetta piena di spaghetti e cominciai a masticare, rendendomi conto solo poco dopo di sembrare un animale, notando lo sguardo allibito di Harry.
«Non mangiavo da tre giorni» spiegai, con la bocca ancora piena, facendo ricadere qualche pezzo di pasta nel piatto; mi tappai la bocca con la mano, cominciando a ridere e mormorando uno «scusa.»
Rise anche lui, tagliando la sua bistecca e mangiando dell’insalata.
C’era poca gente nel piccolo ristorante in cui mi aveva portato ed ero quasi certa che l’avesse fatto solo per non farsi vedere dai fotografi. Con me.
Si vergognerebbe, Julie.
Aveva ragione, l’ultima volta si era vergognato di me; mi si strinse lo stomaco a quel pensiero e lasciai la forchetta mezza piena nel piatto, finendo di masticare.
Harry notò quel mio cambiamento di umore e «tutto ok?» mi chiese, alzando lo sguardo dalla sua cena, ai miei occhi.
Annuii, sorridendo appena, cercando di dimenticare quel pensiero «Harry?» annuì, aspettando che continuassi «com’è la tua famiglia?»
Sembrò colto di sorpresa, ma poco dopo mi sorrise; in parte davvero ci tenevo a saperlo, dall’altra dovevo pur scoprire qualcosa su di lui.
«Vedo poco la mia famiglia» cominciò «e mi manca sempre di più. Mia madre è una donna splendida, è sempre stata orgogliosa di me, mi ha aiutato a credere in me quando sono andato alle audizioni di Xfactor» lasciò perdere la sua bistecca «quando avevo sette anni i miei genitori divorziarono e ci ho messo davvero tanto a superarla, anche quando mia madre si risposò» si morse il labbro inferiore e per un attimo mi sentii in colpa.
«Se non ne vuoi parlare non-» mi interruppe.
«Tranquilla» sorrise, per poi continuare «poi c’è mia sorella» rise «è più grande di me, anche lei mi ha sempre sostenuto, in tutto. Quando a scuola qualcuno se la prendeva con me, c’era sempre lei a difendermi» si scostò leggermente i capelli «ma come tutti i fratelli litigavamo come matti» sbuffò, divertito.
«Per esempio?» appoggiati la testa sulla mia stessa spalla, aspettando che continuasse, curiosa di sapere qualcosa in più su di lui.
In fondo quella era l’unica volta in cui mi parlava spontaneamente di sé e non sembrava dispiacergli, perciò lo lasciai continuare.
Alzò le spalle «mi ricordo che quando avevo quattordici anni aveva detto a tutte le sue amiche che mi ero messo a piangere vedendo Nemo» rise.
Spalancai gli occhi «ed era vero?»
Aspettò un attimo prima di annuire, divertito.
Scoppiai a ridere «a quattordici anni?» mi vennero le lacrime agli occhi «dimmi che stai scherzando, ti prego» tentai, ormai senza riuscire a smettere di ridere.
«E’ un film triste» si giustificò.
Scossi la testa «Ma è un cartone» specificai, asciugandomi gli occhi divertita.
«Non hai mai pianto per un cartone animato?» tentò.
Ci pensai un attimo, per poi annuire «guardando Barbie» risi «quando Raperonzolo si tagliava i capelli» finsi un broncio, che però non riuscii a mantenere appena Harry scoppiò a ridere, sputando dell’acqua che stava bevendo.
«Nemo è più commovente» commentò in fine.
Decisi di non protestare un’altra volta «mi sarebbe piaciuto avere una sorella maggiore» feci un sorriso tirato, alzando le spalle.
Notai poi l’imbarazzo di Harry, che molto probabilmente non sapeva cosa rispondermi, così «un segreto che non sa nessuno?» tentai, sperando in una risposta «su di te» precisai, tentando di sembrare il meno imbarazzata possibile.
Lo stai facendo per il tuo articolo, o perché ti interessa veramente?
«Zitto» dissi rivolta a me stessa, riuscendo a non attirare l’attenzione di Harry, perchè intento a pensare.
«Ce l’ho!» per poco non saltò in piedi «mi ricordo che per errore, baciai un ragazzo» fece una faccia disgustata «però questo lo sanno solo i miei vecchi amici di Holmes Chapel» tornò a ridere.
Lo guardai con la bocca spalancata.
Niente cazzi invisibile, grazie.
La richiusi.
«Cosa intendi?» risi, stupefatta.
Alzò le spalle «avevo quindici anni, o sedici» spiegò «pensavo fosse una ragazza e per una scommessa con i miei amici dovevo rubarle un bacio» rise, coprendosi la faccia con le mani.
«Non ci posso credere» finii di mangiare, tornando in silenzio.
«E tu, Julie?» appoggiò le mani sotto il mento «qualcosa su di te?»
Ok, quella domanda decisamente non me l’aspettavo.
Ma davvero pensavo di poter sapere tutto su di lui, senza dirgli niente su di me?
Alzai le spalle, dubbiosa «ho sempre desiderato fare la giornalista» fu la prima cosa che mi venne in mente, nonostante quello non fosse proprio un segreto «sai, quelle che finiscono sempre in copertina con articoli importanti. Quelle famose in tutta Londra, o addirittura in tutta l’Inghilterra» scossi la testa, ridendo, notando poco dopo lo sguardo gentile di Harry.
«E’ una bella cosa» disse «potresti provarci, sei una ragazza giovane; dovresti inseguire i tuoi sogni» si fermò un attimo.
Non risposi, alzai le spalle, per poi rendermi conto di avergli mentito un’altra volta «è tardi, forse è meglio che vada ora» dissi «non ho dormito molto in questi giorni» distolsi lo sguardo dal suo appena sentii gli occhi pizzicarmi.
«Julie» Harry richiamò la mia attenzione «anche se tuo padre non c’è più, non vuol dire che tu ti debba scoraggiare così. Devi andare avanti, l’hai sempre fatto e ci riuscirai alla perfezione» lo guardai «il fatto che Niall sia riuscito a rintracciarlo, non ti obbliga a stare male e a piangere tutto il giorno. Hai capito?»
Annuii, poco convinta, alzandomi e prendendo dalla tasca dei pantaloni cinquanta sterline e andando verso la cassa del ristorante.
«Lascia stare» mi seguì Harry, abbassandomi la mano e prendendo il suo portafoglio.
Scossi la testa «No» protestai, appoggiando i soldi sul bancone e sorridendo alla signora al di là di esso «questa volta pago io» risi appena si arrese e non si oppose un’altra volta.
 
«Posso chiederti una cosa?» cambiò argomento e aggrottò la fronte appena uscimmo dal ristorante.
Annuii «Mh?»
«Non fai veramente la postina di mail e tutti quei lavori strani che hai detto, vero?»
Scoppiai a ridere.
Quello potevo anche negarlo, così scossi la testa.
Tirò un sospiro di sollievo «menomale» mise le mani nelle tasche dei pantaloni neri che portava «se no saresti stata ancora più strana.»
Alzai la testa di scatto, guardandolo storto.
«S-scusa, non intendevo-» lasciò la frase in sospeso.
Serrai le labbra, sorridendo appena, o almeno tentai di farlo e mi guardai intorno «non fa niente» fermai i suoi continui tentativi di scusarsi «meglio che prenda l’autobus o un taxi, ora» feci.
«Julie, non volevo dire quello» si giustificò un'altra volta, ma non ci feci caso, insistendo.
Mi guardò confuso «ho parcheggiato là» mi indicò la strada opposta.
Scossi la testa «non c’è problema, torno a casa per conto mio» arricciai il naso, stringendomi nel golfino che portavo e maledicendo il freddo, nonostante fosse quasi arrivata estate.
«E’ tardi, non ti faccio prendere i mezzi, Julie» sembrava leggermente arrabbiato.
Non feci per protestare, annuii e abbassai lo sguardo sulle mie scarpe, mentre cominciammo a camminare uno accanto all’altra.
 
«Harry?»
Mi guardò.
«Non ti vergogni ad andare in giro con me?» trovai il coraggio di chiedergli.
Spalancò gli occhi «perché me lo chiedi?» rispose con un'altra domanda.
Alzai le spalle «tu sei famoso» risi «io non sono nessuno, e sono strana» entrambi sapevamo che quello che avevo appena detto era la pura e semplice verità; il mio rapporto con Harry non era mai stato dei migliori, dato che aveva cominciato con l’odiarmi, ma mi imponevo di migliorare, o almeno ci provavo.
In ogni caso quell’aggettivo che in molti usavano per definirmi, non mi piaceva affatto.
Ero una ragazza normale, come tutte.
«Perché dovrei vergognarmi?»
Voleva farmi credere di non sapere la risposta, vero?
«Andiamo Harry» dissi «non dirmi che ora siamo amici per la pelle e che hai dimenticato tutto, perché so che non è così. Mi odiavi» non riuscii più a sostenere il suo sguardo «mi odi?»
Avevo bisogno di saperlo, sapere se tutto quello che stavo tentando di fare sarebbe servito a qualcosa oppure no.
«Si, ti odiavo» rispose dopo un po’, e anche se era qualcosa che sapevo, mi venne un tuffo al cuore «ma credo di essermi sbagliato su di te» tolse le mani dalle tasche.
Non risposi, continuai semplicemente a camminare e appena raggiungemmo la sua auto parcheggiata salii senza dire nulla.
 
«Dimmi qualcos’altro su di te» chiesi, con la testa appoggiata al finestrino.
Mi guardò, per poi spostare di nuovo lo sguardo sulla strada davanti a sé «perché vorresti sapere così tante cose su di me?» rise, mettendomi in soggezione.
Alzai le spalle «curiosità» mentii, anche se c’era una mezza verità in quello che avevo appena detto.
«Se vuoi ti dico un segreto» sorrise, voltando a destra «ma questo lo sanno in pochi e non dovrai farne parola con nessuno, capito?» mi lasciò uno sguardo che mi fece quasi paura da quanto era serio.
Annuii.
Magari fa parte dell’FBI ed è in missione segreta per combattere il crimine londinese.
No, proprio no.
Oppure che ha una parrucca. Si, deve essere per forza una parrucca quella che ha addosso, sono troppo perfetti quei ricci. 
Soffocai una risata.
Possibile che usi uno shampoo apposta; devo scoprire che marca è. Forse un intruglio di albicocche, salvia, pistillo di tulipano e olio d’oliva.
Lasciai perdere la mia testa, nella quale rimbombava quella terribile voce, e mi concentrai su Harry «ti ascolto» dissi, cominciando ad elettrizzarmi e a pensare a come avrei impostato l’articolo sul segreto che mi stava per rivelare.
Ci fu un attimo di silenzio, poi «sono gay.»
Mi strozzai con la mia stessa saliva, cominciando a tossire come un’isterica, dandomi qualche colpo sul petto.
«Che?» la voce mi uscì più stridula del normale.
No, non poteva essere gay.
Non lui.
Va bene che sarebbe finito in prima pagina, come scoop dell’anno, ma come potevo farlo innamorare di me?
Un trapianto.
Merda.
Tutto il tempo passato con lui sarebbe andato perso?
Cercai di regolare il respiro, ma con scarsi risultati.
«Julie?» richiamò la mia attenzione e mi sentii avvampare.
Mi voltai a guardarlo, aspettando che continuasse «davvero ci hai creduto?» scoppiò a ridere.
Lo fissai allibita, con gli occhi sgranati.
«T-tu non sei gay?» gli puntai il dito contro.
Per tutta risposta mi rise in faccia un’altra volta «volevo vedere come avresti reagito» si lasciò trasportare dalle risate, e per poco non andò a sbattere contro un cassonetto giallo dell’immondizia abbandonato sul marciapiede da chissà chi.
«Vaffanculo» incrociai le braccia davanti al petto.
Si asciugò una finta lacrima «la faccia che hai fatto è stata fantastica» scosse la testa.
Tentai di rimanere seria, ma mi lasciai contagiare, cominciando a ridere a mia volta.
«Almeno ti ho fatto ridere dopo tre giorni» sorrise, fermandosi davanti a casa mia.
Annuii «Grazie» dissi, rimanendo immobile per un attimo e solo poco dopo aprii la portiera e lo salutai con un gesto del capo «per avermi aiutato in questi tre giorni, per il passaggio e per avermi fatto ridere» specificai.
«Buonanotte» disse.
Presi le chiavi, e cominciai a cercare quella per aprire il portone della palazzina.
Adesso ti chiama.
Adesso ti chiama.
«Julie?»
Il mio subconscio prevedeva il futuro? Porco cazzo.
«Si?» mi voltai, fin troppo esaltata.
Rise «domani io e i ragazzi non ci siamo, abbiamo un concerto a Glasgow.»
Mi rabbuiai.
Mi stava praticamente chiedendo di non presentarmi a casa sua; annuii, cercando di nascondere la mia delusione, ma questa sparì quando «vuoi venire?» mi chiese.
Chi sorrisi, scoprendo i denti, per poi annuire felice «mi farebbe piacere.»
Non disse altro, mi salutò con un cenno della mano e un sorriso, per poi mettere in moto l’auto e partire.
 
 
Appena salii in casa mi arrivò un messaggio e sobbalzai appena lo sentii vibrare nella borsa; sullo schermo apparve una foto di Ally, e sotto il suo nome.
 - Torno domani da Manchester, in questi due giorni inviami in ufficio la seconda parte dell’articolo, baci, Al. -
 
L’articolo.
Tirai fuori dal cassetto dell’entrata un blocco per gli appunti e una penna blu, cominciai poi a scarabocchiare qualche cosa, per evitare di dimenticarmela il giorno dopo.
 
- Harry piange quando vede ‘alla ricerca di Nemo.’
- Pensa che le Barbie non siano commoventi (non capisce un cazzo.)
- Ha baciato per errore un ragazzo.
- Non è gay. 
 
 
Erano quattro punti su cui avrei potuto scrivere qualcosa, forse.
Mi buttai sul divano, togliendomi le scarpe, sospirando e rendendomi conto di sentirmi terribilmente stronza.
Sei una stronza, Julie. Ti stai comportando da egoista.
Si, una stronza.
Un’egoista.
 




  
 
 
 



 
 







NNOOW I'M AA WAARIOOOR...

I'm strooonger that ive eveeer beeen.
Boh, io amo questa canzone. Io amo la Lovato.

Ok, mi scuso per il ritardo -che novità cc- ma sono stata impegnata!
Per farmi perdonare, ho scritto il capitolo più lungo del solito :')


Avevo scritto ieri, ma oggi ho pubblicato perchè era uscita una schifezza. Ora fa ancora più schifo..ma non ho potuto fare di meglio D:
Scusatemi v.v
Almeno Harry sta cambiando idea su Julie :')
Ecco l'unica cosa positiva; per il resto fa tutto pena, quindi vado a sotterrarmi in una buca, in stile struzzo.



Anche se non mi cagherete mai..
Mi trovate su Twitter: 
@hugmeHoran69  -chiedete il follow back nella recensione se la lasciate!-
Tumblr: 'Change your life'
E su Facebook: Simona - "Nothing's fine I'm Torn.



Come sempre...
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Al prossimo capitolo!

Simo.
   
 
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