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Autore: Buildingalife    27/05/2013    1 recensioni
E un pesce, un piccolo pesciolino rosso, che forse si era stancato di quel mondo subacqueo, iniziò a saltare fuori, faceva capriole ma ogni volta ricadeva dentro, sempre. Ci riprovò un paio di volte ma niente…
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sabato dopo feci colazione e andai a fare una passeggiata per smaltire. Da sola.
Sarei potuta andare a correre quel giorno, come lo avrei potuto fare ogni sabato, ma a me correre non piaceva. O anzi, la situazione era diversa: mi piaceva molto, ma solo per libertà, come uno spirito libero, per sfogo…e non per altro, non doveva essere una cosa forzata. Non che camminare lo fosse, ma una passeggiata era più tranquilla, più piacevole in certi casi.
Dopo aver fatto svariati giri entrai nel parco, e mi sedetti per poco sulla solita panchina. Ma non mi misi a ridere, e a piangere, quella era una cosa domenicale. Mi misi a pensare, la mia mente vagò in direzioni che non avrebbe mai dovuto raggiungere.
Il sole splendeva, gli alberi davanti a me ne erano illuminati e filtravano i suoi raggi attraverso gli spazi tra le foglie. Ma una leggera pioggia iniziò a scendere, bagnando quella che era la mia panchina. Bagnò anche me ma non lo potevo sentire perché ero coperta da uno strato protettivo immaginario; continuai a osservare il piccolo mondo che mi circondava, finchè la pioggia non si fece sempre più fitta e la gente scappava, non capivo proprio perché, perché la gente avesse paura di bagnarsi…

Nulla aveva un senso.
Perché anche le persone più vicine erano per me lontane, non riuscivo a trovare qualcuno di adatto.
Mi chiamò la mia solita amica, e dissi che quella sera sarei uscita. Mi venne a prendere sotto casa insieme al suo ragazzo, ed altri amici nostri tra cui uno che per un periodo ci provò con me, e ci riprovò quella sera ancora. Un giorno forse sarebbe riuscito a capire che ero una persona incapace di provare sentimenti. O almeno volevo sembrasse così.
Il giorno dopo era di nuovo domenica, il tempo passava lento e veloce.
Mi sedetti ma non iniziai subito a piangere. A ridere. Semplicemente sorrisi perché avevo scelto già molto tempo prima di essere padrona di me stessa ma non lo avevo mai attuato.
Quindi non risi e neanche piansi, sorrisi soltanto. Iniziai a tirar fuori dalla mia borsa l’ipod, perché nella mia vita c’era una colonna sonora strettamente personalizzata, e avevo bisogno di segnare tutti i momenti possibili, tutti, scriverli e abbinarli a canzoni o cose che mi avrebbero fatto ricordare tutto. Ma dovevo eliminare tutte le parti dolorose, cancellarle dalla memoria…Dicevo, stavo prendendo l’ipod ma mi dovetti fermare: sulla panchina davanti a me vidi un’immagine che non avevo mai visto prima, ma che avevo già provato. Era come uno specchio. Un ragazzo, della mia età circa, piangeva e rideva, e guardava il cielo, e piangeva e rideva perché pioveva.
Dopo averlo fissato per un po’ mi vide anche lui e sorrise. Fino a che non si irrigidì. Continuò a guardarmi e non lo capivo. Quindi si alzò e iniziò ad andarsene; dopo cinque minuti lo vidi tornare.
“Perché non stai piangendo? O ridendo? Anzi, perché non stai facendo tutti e due?”
E allora ero proprio sottoshock perché per la prima volta in vita mia forse qualcosa aveva un senso.
“Non lo so, ma come fai-“
“Io ci sono sempre qui, la domenica, e osservo la gente, mentre faccio quel che devo fare. Tu non lo fai, tu osservi la gente senza guardarla veramente, vedi solo i loro movimenti…Non ti soffermi neanche a capire.”
Lo guardai, capendo tutto ciò che disse ma senza reagire. “Di’ qualcosa.” mi incitò.
“Sto capendo…” e dopo aver capito qualcosa iniziai a piangere e a ridere. Ed era questa la reazione che lo sconosciuto voleva.  E allora iniziò anche lui e le nostre voci erano in sincronia.
“Nulla-“
“Ha un senso…” disse.
Lo guardai con degli occhi che esprimevano ringraziamento, (forse per il fatto che per una volta sentii qualcosa di giusto), e me ne andai.

Era stupido, perché probabilmente non lo avrei mai rivisto, ma quando tornai a casa sorrisi, ma non come un’ebete, non come una ragazzina rimasta incantata dal primo ragazzo che se la fila. Semplicemente ero felice perché sapevo che c’era una possibilità di salvarmi, che forse non ero sola.
   
 
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