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Autore: Dazel    31/05/2013    11 recensioni
Tutte le storie d'amore hanno bisogno di prendersi il loro tempo, eppure, a volte nascono sentimenti anche lì dove di tempo non ce n'è.
Un viaggio di cinque giorni in una città straniera farà incontrare Jonghyun, membro di una rock band sul lastrico, e Kibum, un aspirante stilista trasferitosi in occidente per tentare la fortuna.
Basteranno cinque giorni per innamorarsi di qualcuno? E una volta giunti al termine, si sarà davvero pronti a dire addio alla persona che si è scoperto di amare?
JongKey | 2min (accenni).
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cinque giorni. [3/5]

Se da una parte non voleva crederci di averlo fatto davvero, dall'altra, anche se più segretamente, ne era quasi grato. Jonghyun guardava il suo riflesso specchiarsi in un bagno che non era quello della sua stanza, e poteva notare diversi segni sulla sua pelle che fino alla sera prima non c'erano stati. Li sfiorò coi polpastrelli, fremendo al ricordo di come se li fosse procurati, e poi lo reprimette con decisione in fondo alla sua mente. Non era la prima volta che gli capitava di fare sesso con uno sconosciuto – perché alla fine, era quello che lui e Kibum erano – ma era lo stesso sconvolto del fatto che tutto, con quel ragazzo, fosse stato naturale. Improvviso, certo, e senza dubbio inaspettato, ma spontaneo. Non era stata solo una scopata, Jonghyun non aveva sentito il bisogno di scappare via subito dopo. Era rimasto con Kibum e lo aveva stretto a sé. Gli aveva accarezzato la schiena con le dita, facendo passare i polpastrelli sulla sua colonna vertebrale; lo aveva sentito sospirare e poi respirare piano, aveva posato un bacio sulla sua fronte, sentendo l'odore dolce dei suoi capelli, e poi lo aveva stretto di nuovo, più vicino, e aveva sentito il suo calore premergli contro la pelle. Aveva aspettato che si addormentasse e poi lo aveva seguito nel sonno, con la mente leggera e svuotata.


Quella mattina il cielo era limpido e luminoso, i raggi caldi del sole entravano dalla grande finestra che faceva da padrona nella camera di Kibum, attraversando le persiane e colpendo il pavimento. Erano circa le dieci e non mancava molto all'ora in cui avrebbero dovuto abbandonare la stanza per far sì che le cameriere ai piani le ripulissero, eppure Jonghyun non avvertiva alcuna fretta di svegliare l'altro, che ancora dormiva placidamente addormentato nel letto.


Era passato troppo tempo dall'ultima volta in cui aveva avvertito quella sorta di pace interiore, ma era certo che non fosse mai accaduto solo per aver fatto sesso. Kibum aveva qualcosa di magico che era stato in grado di drogarlo, ormai il bassista ne era certo. Una cosa del genere ancora non gli sembrava possibile.


Aprì l'acqua del rubinetto e si sciacquò la faccia, determinato a scacciare via ogni traccia di sonno, poi iniziò a curiosare tra le saponette e i vari bagnoschiuma che l'hotel forniva ai propri ospiti. All'inizio mosso da una reale curiosità, e poi, dalla pura e semplice paura di uscire dal bagno e affrontare Kibum.


Il problema era che non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi. Lui e Kibum erano degli sconosciuti: si erano incontrati per caso e, altrettanto casualmente, erano finiti a letto assieme. Se si aggiungeva pure il non trascurabile dettaglio che fossero entrambi ubriachi, allora ogni minima sicurezza nella sua mente svaniva. Jonghyun temeva che al momento del suo risveglio, Kibum realizzasse di aver fatto una cazzata. Che si pentisse, si sentisse imbarazzato o peggio offeso. Non avrebbe potuto sopportarlo, perché a lui, malgrado tutto, quell'esperienza era piaciuta davvero, e non solo a livello fisico. Anche se ebbro, si era sentito coinvolto nella cosa, tanto da avvertire le vertigini.


Accarezzare le cosce nude di Kibum, depositare baci e morsi sulla sua pelle liscia, vedere le sue labbra rosse schiudersi e sentire il rumore dei suoi gemiti. Come avrebbe mai potuto pentirsi di una cosa del genere? Ancora non gli sembrava reale di essere stato così incredibilmente fortunato.


Eppure, per l'altro poteva non essere stata la stessa cosa. Forse quello che per Jonghyun era stato fantastico, eccezionale e bellissimo, a lui era risultato scialbo, patetico, scomodo. Certo, al momento dell'atto Kibum sembrava essersi divertito parecchio, ma forse con la mente del tutto sobria e un po' più di razionalità, si sarebbe reso conto di aver commesso un madornale “errore”.


Jonghyun era spaventato da questa eventualità. Per lui aveva davvero significato qualcosa – anche se al momento non gli era ben chiaro cosa – e sperava con tutto sé stesso che anche per Kibum fosse stato lo stesso. In ogni caso, rifugiarsi in bagno non gli avrebbe fatto scoprire cosa il destino aveva in serbo per lui. Prese un respiro profondo e decise di tornare a letto (l'idea di andarsene nella sua stanza non aveva nemmeno sfiorato i suoi pensieri; se voleva fare bella impressione, di certo non poteva andarsene senza dire nulla dopo aver passato una notte assieme).


Kibum sembrava essere ancora profondamente addormentato. Il suo viso era appoggiato contro il cuscino bianco, contornato dai suoi capelli biondi e scompigliati. Le sue spalle nude erano macchiate da tanti piccoli segni rossi e Jonghyun non poteva fare a meno di sentirsi un po' orgoglioso di averli piazzati proprio lui, lì. Dalla vita in giù era coperto dalle lenzuola leggere, che delineavano la curva del suo bacino e le sue gambe magre. Era un piccolo spettacolo. Sedendosi contro il materasso, Jonghyun si trovò a pensare che, se avesse potuto, sarebbe stato a guardarlo per sempre.


Allungò una mano verso il suo profilo e lo accarezzò, passando le nocche contro la sua guancia. Non aveva fatto caso a quanto la sua pelle fosse liscia. Certo, lo aveva notato distrattamente, ma non si era reso conto di quanto davvero fosse piacevole toccarla anche senza nulla di sessuale coinvolto. Si chinò quanto bastasse per lasciare un bacio leggero sul suo zigomo e poi si rimise seduto, meditando su cosa potesse fare per ingannare il tempo nell'attesa che Kibum si svegliasse da sé.


Afferrò il proprio cellulare e aprì le note, creò un nuovo documento e socchiuse gli occhi, cercando di concentrarsi su una melodia che aveva avuto in mente per tutto il tempo mentre volava sull'aereo. Mimò mutamente con le labbra delle parole e poi lasciò che le sue dita prendessero il controllo, scrivendo rapidamente dei versi. Non era nulla di complicato, ma sentiva che qualcosa si stava accendendo da qualche parte dentro di lui. Forse Kibum aveva avuto ragione: per tutto quel tempo aveva cercato l'ispirazione nelle cose sbagliate, era arrivato il momento di cercarla altrove.


Riuscì a scrivere per un po' prima di sentire l'altro mugugnare e muoversi pigramente tra le lenzuola. Bloccò lo schermo del cellulare e guardò Kibum sorridendo, mentre l'altro iniziava lentamente a svegliarsi. Emise uno sbadiglio e si sfregò gli occhi prima di aprirli, e quando lo fece, guardò Jonghyun con la fronte corrucciata per qualche attimo prima di emettere, quasi sotto voce un «Ah... Giusto.»


Jonghyun non seppe dire se fosse un brutto segno oppure no. «Dormito bene?» domandò quindi, tesissimo.


Kibum annuì e si tirò seduto, grattandosi distrattamente trai capelli. «Che ore sono?» chiese poi, fissando con gli occhi semi chiusi un punto casuale davanti a lui. Jonghyun controllò e poi rispose «Le dieci e mezza. Ancora trenta minuti e poi dovremo lasciare la camera, o faranno storie.»


«Hai già fatto la doccia?» domandò di nuovo, tirando indietro le lenzuola e scendendo dal letto. Jonghyun cercò di non pensare al fatto che fosse nudo e che avessero fatto sesso, di non concentrarsi sui succhiotti e morsi sulla sua pelle, insomma, fece il suo meglio per non eccedere e finire con l'eccitarsi, ma era tremendamente difficile da non fare.


«N-No.» disse, con la gola improvvisamente secca.


Kibum tirò le labbra in un piccolo sorriso furbo, il primo da quando si era svegliato. «Se è così, facciamola assieme.»


■□■□■


Era un problema, un problema molto grave – pensò Jonghyun mentre si affrettava a mettere tutte le cose di cui aveva bisogno nella sua tracolla. Non poteva proprio essere che lui, Kim Jonghyun, dopo anni passati a vivere tutto in maniera passiva e critica, si ritrovasse coinvolto da sentimenti nati dal nulla. Conosceva Kibum solo da tre giorni, eppure, quello che sentiva dentro lo stomaco quando lo guardava era tanto intenso da mandarlo in palla.


Era quello che le persone chiamavano “amore a prima vista”? Non voleva crederci che fosse successo proprio a lui, proprio ora, in quelle circostanze tanto avverse. Solo due giorni e sarebbe stato su un aereo per Seoul, solo due giorni e tutti quei sentimenti gli si sarebbero attorcigliati così tanto allo stomaco da farlo boccheggiare. Tutta quella storia l'avrebbe ucciso, lo sapeva, eppure...


«Jonghyun, sbrigati se vuoi davvero che facciamo colazione assieme!»


«Sono pronto, sono pronto!» ridacchiò Jonghyun.


Qualsiasi cosa fosse, ci avrebbe pensato dopo. Aveva troppo poco tempo per sprecarne anche solo un attimo in più: si sarebbe goduto ogni momento con Kibum fino alla fine. Solo poi si sarebbe permesso di preoccuparsene.


■□■□■

Se proprio doveva essere sincero, Taemin si sentiva profondamente infastidito. Era conscio del fatto di non avere più nessun ascendente su Jonghyun (se mai ne aveva avuto uno), e sapeva anche chiaramente che l'altro non era interessato ad una storia con lui (il vocalist glielo aveva fatto capire senza troppi mezzi termini), ma gli sembrava troppo che si presentasse davanti a loro, ad un pranzo privato con la loro band, assieme a quel tipo biondo. Non serviva resuscitare Sherlock Holmes per capire che tra quei due c'era stato qualcosa: Jonghyun aveva il classico sorriso stupido che si formava sulle sue labbra quando era molto felice, e Taemin conosceva l'altro abbastanza bene da sapere che tanta felicità poteva essere dovuta a poche cose, e tra queste, c'era l'orgasmo. Senza contare i marchio dall'aspetto fresco sul collo dell'altro, che rossi ciliegia uscivano senza vergogna dai bordi della sciarpa marroncina che il ragazzo indossava. Taemin non lo conosceva, quello là, ma già gli stava pesantemente sul cazzo.


Affondò il cucchiaio nella sua zuppa con poca eleganza, sbuffando sonoramente. Non stava ascoltando nemmeno una parola di quello che gli altri blateravano, la sua mente era distante da quella realtà. Minho rise forte per una battuta di Onew e il biondo bevve una lunga sorsata di vino rosso. Jonghyun, al suo fianco, non riusciva a staccare gli occhi dalle sue labbra a forma di cuore. Era odioso.


«Così» iniziò Taemin, ignaro di che discorso stesse interrompendo. «tu non vivi più in Corea del Sud, giuro?»


Kibum annuì un paio di volte. «Forse in futuro tornerò, ma per il momento ho cose da sbrigare qui.»


Taemin sorrise. Bene. Almeno non si sarebbero dovuti portare dietro un souvenir indesiderato, il che era una buona cosa. Che si divertisse, Jonghyun, che scopasse in giro e facesse quel che desiderava, la cosa importante era che non la cosa non si protraesse oltre. Lo voleva dannatamente tanto, un posto nel cuore del cantante. Voleva che lo amasse almeno un po', che gli riservasse dei sentimenti destinati solo a lui e a nessun altro. Lo pensava con insistenza, ripetendolo nella sua mente come un mantra, mentre le dita di Jonghyun si intrecciavano, sotto il tavolo, nella mano di Kibum. Taemin riusciva a vederlo dal posto in cui era seduto, ma preferiva far finta di non starlo facendo, preferiva darsi delle scuse. Una qualsiasi sarebbe andata bene: tutto, meno che ammettere che lui, nel cuore di Jonghyun, non ci aveva proprio mai messo piede.


C'erano momenti nelle sue giornate in cui questo pensiero, questa ombra che voleva ignorare con tutto sé stesso, diventava così opprimente da buttarlo al suolo. In quegli attimi, sentiva il bisogno di allontanarsi da tutti, chiudersi in bagno e mettersi a piangere, stringere forte la ceramica del lavandino sotto i polpastrelli fino a farmi diventare bianchi, quasi urlare, per il dolore e il senso di ingiustizia che provava. Come era possibile essere così profondamente innamorati, senza però ricevere nulla in cambio? Non si era mai vista in nessuna storia d'amore, una cosa del genere. E forse il problema era quello. Tra lui e Jonghyun non c'era una storia, non c'era mai stato nessun sentimento che andasse oltre a due corpi che si toccano e scoprono. Era tutta stata una bella illusione, ma ormai, era del tutto finita.


Minho si alzò dal tavolo, rompendo il flusso impazzito dei suoi pensieri, e lo guardò con la sua aria seria e severa che Taemin non sarebbe mai riuscito a decifrare. Minho era difficile da leggere, era quasi impossibile capire con certezza cosa stesse pensando, quali emozioni provasse. Minho era un azzardo. «Taemin, vieni con me» disse un po' bruscamente, prima di afferrarlo per un polso e trascinarlo fuori dal locale, sotto lo sguardo stupefatto di tutti.


«Si può sapere che accidenti ti è preso?!»


«Si può sapere cosa stai cercando di fare tu, invece?! Non sarà mangiandoti il fegato e soffrendo in quel modo, che cambierai le cose!» Minho sembrava furibondo e Taemin proprio non riusciva a capirne il perché. Cosa c'entrava lui in tutto quello? Non aveva nemmeno il diritto di starci male, se si sentiva nelle condizioni di farlo? Taemin lo guardava, mentre Minho scuoteva la testa e spostava lo sguardo altrove, pieno di disappunto e con chissà quante parole e borbottii che non vedevano l'ora di uscire dalla sua bocca, ma che rimanevano lì, per qualche motivo, incastrati tra le sue labbra.


«Hyung...»


«Se tra te e Jonghyun non ha funzionato, se lui ora si è trovato un'altra persona, allora non pensi che sia il caso di lasciar perdere? Cosa otterrai, così? Passeranno dieci anni prima che tu ti renda davvero conto che non c'è modo perché tu e Jonghyun finiate di nuovo assieme.»


«Non sono affari che ti riguardino, hyung! Cosa ti importa? E' la mia vita, e se voglio illudermici, piangere o chissà che altro, allora ho tutto il diritto di-»


«Taemin!» Minho, sorprendentemente, lo prese per le spalle e lo spinse piano contro il muro freddo del palazzo. «Smettila di fare l'idiota. Smettila di farti questo.»


«P-Perché?» domandò il ragazzo con la voce tremante, ma guardando Minho con tutta la sicurezza di cui era capace.


«Perché sei così cieco da non riuscire a vedere la possibilità di essere felice, nemmeno se ce l'hai davanti agli occhi!»


Taemin non capiva. Non capiva cosa Minho gli stesse dicendo, dove i suoi discorsi volessero andare a parare. Non vedeva la felicità di cui parlava l'amico, e dire che ci sperava con tutto sé stesso che così fosse: perché essere felice era l'unica cosa che gli importasse, al momento, ma esserlo davvero gli sembrava qualcosa di impossibile. A meno che Jonghyun, colpito da chissà quale mistica illuminazione, non si rendesse conto di essere innamorato di lui.


L'aria fredda sferzò i loro corpi con una ventata ed entrambi, simultaneamente, rabbrividirono.


«Non la vedo questa “felicità”. Non la vedo affatto.»


E fu mentre spostò lo sguardo altrove, su un cassonetto ribaltato nel quale un gatto zampettava alla ricerca di cibo, che notò con la coda dell'occhio i movimenti di Minho; accadde prima che potesse dire qualsiasi cosa, prima che potesse domandare, stupirsi o semplicemente realizzarlo.


E per un attimo, quasi gli sembrò di vederla davvero la felicità.

■□■□■


«Non che mi aspettassi una cerimonia di ben venuto o cosa, ma ecco... I tuoi amici non mi sembravano particolarmente entusiasti di avermi conosciuto.»


Jonghyun fece un tiro dalla propria sigaretta e rilassò le spalle, prima di lasciare che il fumo condensato abbandonasse le sue labbra. Dopo aver fatto colazione tutti assieme, lui e Kibum avevano deciso di approfittare della bella giornata per farsi un giro della città. Kibum del resto la conosceva più che bene, trovandosi spesso lì per lavoro, e Jonghyun poteva essere solo felice di avere l'occasione di sfruttare il poco tempo che aveva a disposizione per conoscere meglio l'altro e fare chiarezza su quello che stava cominciando a provare per lui.


Non sapeva quanto potesse spingersi oltre, quante cose della sua vita raccontare e quante tenerne nascoste, ma in fondo sapeva che, nel dubbio, essere sinceri era sempre la cosa migliore. «Credo che il problema principale non sia tu, ma Taemin ed io. Sai, per un periodo ci siamo frequentati, quindi ora...»


«Scommetto che le cose sono un po' tese, non è così?» Kibum sembrava incuriosito in maniera genuina, e la cosa rilassava molto Jonghyun. Era felice che l'altro non gli facesse il terzo grado e non gli parlasse come se fremesse dal desiderio di sapere ogni cosa.


«Penso sia normale in un gruppo di amici... Se due stanno per un po' assieme e poi smettono di colpo, la situazione traballa parecchio. Se poi qualcuno inizia ad uscire con un altro, allora iniziano ad avere paura che uno dei due ne faccia qualche dramma.»


«Non deve essere facile stare in una band, bisogna sempre preoccuparsi di troppe cose» rifletté Kibum. «Però devo ammettere che non ci sarei arrivato a questa cosa, insomma, il tuo … “amico” sembra essersi ripreso abbastanza velocemente?»


Jonghyun prese un altro tiro dalla sua sigaretta. «In che senso?»


«Prima, quando ho ricevuto una chiamata al cellulare e mi sono allontanato dal tavolo... Ecco, ero abbastanza sicuro di aver intravisto lui e il ragazzo alto e moro – Minho? Si chiamava così? - baciarsi. Forse non se l'è presa tanto quanto ti vuole far pensare!» ridacchiò, ma il cervello di Jonghyun si era completamente inceppato.


Si fermò, con gli occhi sgranati e un'espressione scioccata sul volto.


Taemin e Minho...


«Cosa?!»


   
 
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