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Autore: Lollola    03/06/2013    2 recensioni
Kimberly, una ragazza che ha una folle cotta per Taylor Lautner, vive in una piccola cittadina e mai si sarebbe sognato di incontrarlo sotto casa sua. All'inizio, lui si dimostra gentile ed educato e Kim ne rimane completamente estasiata, basta un semplice viaggio in auto a far si che tra i due nasca un'incredibile antipatia reciproca.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stupore, sopresa, meraviglia, la paura che fosse tutto un semplice sogno. Tutte quelle sensazioni le provavo nello stesso istante.
Per un momento dimenticai di respirare e mi sembrò di aver perso il controllo del mio corpo, non riuscivo più a muovermi. Incredula battei le palpebre più volte, mettendo bene a fuoco il viso del ragazzo che mi ritrovavo di fronte.
Era indubbiamente lui, gli occhi nocciola, i corti e folti capelli neri, la forma del viso, delle labbra, ogni piccolo dettagli di quel viso mi ricordava lui, mi sembrava impossibile. Davvero Taylor Lautner, il ragazzo che fino alla notte prima avevo sognato, adesso si trovasse di fronte a me a chiedermi se stavo bene? Era certamente un altro sogno. Lui si accorse probabilmente della mia reazione e infatti mi sorrise, un misto tra l'imbarazzato e il comprensivo, gesto che mi fece immediatamente capire che molto probabilmente avevo appena fatto la figura dell'idiota. Ma dopo tutto era un sogno, no? Stavo di certo sognando.
A smentire quella suppposizione fu un'altra lancinante fitta alla caviglia, che aveva ricominciato a pulsare come a reclamare l'attenzione che in un solo istante si era spostata da lei al viso del ragazzo. Strinsi gli occhi e portai immediatamente le mani sulla parte dolorante che strinsi con forza come a placare le pulsazioni che provenivano da lì. Quel gesto fu inutile e servì solamente a peggiorare la situazione, infatti il dolore aumentò e un lamento si fece posto tra le mie labbra. Il che mi ricordò della domanda postami da lui pochi secondi, o minuti prima, avevo perso il conto ormai. Però le parole non uscivano e dovetti concentrarmi per far uscire dalla mia gola una frase coerente, che però aveva solamente la forma di un flebile balbettio.
"F..fa male."
Il ragazzo -non riuscivo ancora a capacitarmi che davanti a me ci fosse davvero Taylor Lautner- avvicinò le proprie mani alle mie e delicatamente le allontanò dalla caviglia alla quale erano ancora artigliate -come se mi stessi tenendo ad un ramo per non precipitare in un burrone- e la tastò lentamente, stando ben attento a non farmi male, cosa che però non riuscì a fare. Ogni volta che infatti effettuava anche una minima pressione dovevo stringere i denti per non urlare.
Se ne accorse e corrugando le sopracciglia si girò nuovamente verso di me.
"Aspetta qui, non muov-" Nonostante fossi ormai ben coscente di chi si trovasse di fronte a me non potei fare a meno di fulminarlo con lo sguardo. Era ovvio che non potessi muovermi, non in quelle condizioni.
"Okay, come non detto, torno subito."
Si alzò e corse verso il ragazzo con il quale stava parlando fino a quando io non avevo avuto la brillante idea di slogarmi la caviglia. Lo segui per un po' con lo sguardo, ancora incredula e poi mi girai a guardare la mia caviglia che si faceva sempre più gonfia.
Il dolore era allucinante, ma nonostante tutto non era quello che occupava i miei pensieri. Taylor Lautner, era là, probabilmente era lui l'attore del film che avrebbero girato là, a pochi metri da casa mia. Ancora non riuscivo a crederci. Per una volta non odiai il fatto di vivere là, a Lakeside, una piccola cittadina della California.
Passò qualche minuto, poi sentii dei passi dirigersi verso di me, mi voltai per vedere chi fosse. Era lui che veniva verso di me assieme ad un altro ragazzo.
L'altro ragazzo era alto, biondo e con occhi azzurri, muscolatura ben definita e per niente smilzo, sicuramente bellissimo, ma a fianco a Taylor sembrava niente.
Era come paragonare una 500 e una ferrari.
Scossi la testa, togliendomi quei pensieri assurdi dalla testa. Nel frattempo i due mi raggiunsero e il ragazzo accanto a Taylor mi aiutò ad alzarmi. Mi circondò i fianchi con le braccia e mi tirò su quasi di peso, dandomi senza che per lui ci fosse alcuno sforzo la possibilità di rimettermi in piedi.
Alla mia sinistra invece si mise Taylor che tenendomi nello stesso modo del ragazzo biondo mi aiutò a tenermi in piedi.
"Ce la fai?" Mi domandò il biondo. Bella domanda, ce la facevo?
"Si, ce la faccio, abito qui vicino." Balbettai allora io, con le guance che piano piano diventavano sempre più rosse.
I due allora si guardarono e mi lasciarono lentamente andare. Tentai immediatamente di poggiare il piede destro a terra, ma me ne pentii all'istante. Un'altra fitta mi prese e una smorfia di dolore si fece avanti sul mio viso, quasi persi l'equilibrio, ma il biondo fece in tempo a riprendermi prima che cadessi di nuovo.
"Non credo ce la faccia, dovremmo portarla al prontosoccorso, così per sicurezza." Il ragazzo pronunciò queste parole guardando Taylor che annuiva mentre riprendeva posto alla mia sinistra.
"La porto io con l'auto, tu Thomas avverti il regista, tanto io per oggi avevo terminato." Mi paralizzai all'istante, non credevo alle mie orecchie, e senza nemmeno controllare i miei movimenti scossi la testa tentando di oppormi alle decisioni dei due.
"D..davvero sto bene, posso andare a casa e m..mettere del ghiaccio passerà con un po' di riposo." Almeno lo spero.
"Va fasciata e medicata, non sono un medico ma questo lo so anch'io." Aveva ragione? Eccome se l'aveva.
"Taylor ha ragione, vedrai che farete in fretta." Detto questo il ragazzo biondo, o meglio, Thomas, si dileguò di corsa correndo da qualche parte.
"Anche Thomas ha detto che ho ragione." Disse allora Taylor che intanto continuava a sorreggermi mentre camminavo, anzi, zoppicavo al suo fianco, senza aver la minima forza di controbattere. Nemmeno ero mentalmente lucida con lui a fianco che mi teneva mentre ci dirigevamo verso la sua auto diretti all'ospedale.
Aspetta un momento. Ospedale? Oh no, ci mancava solamente quella.
Avevo una madre infermiera e un padre medico, ma gli ospedali erano sempre stati la mia più grande fobia, ne ero terrorizzata, come mi terrorizzavano anche gli aghi e gli insetti, Non volevo andare in ospedale.
Puntai il piede a terra, tentando di opporre restistenza, anche lui fu costretto a fermarsi e si girò a guardarmi con aria confusa.
"Niente ospedale." Dissi io, senza però proseguire la frase affermando di averne una paura pazzesca.
Le mie parole non lo toccarono minimamente, infatti riuscì a farmi camminare anche contro la mia volontà. Non che la mia capacità di resistere davanti al suo viso fosse molto alta.
Strinsi i denti, il dolore era ancora forte, forse anche per quello non avevo fatto troppe storie. Si accorse della mia smorfia e con un cenno della mano verso un auto grigia distante ancora pochi passi mi rassicurò.
"Dai tranquilla, ci siamo quas-" Si interruppe a metà frase girandosi per guardarmi, le sopracciglia corrugate e le labbra arriccciate. "Com'è che ti chiami?"
Ancora una volta le mie guancie andarono a fuoco, consapevole del fatto che io conoscevo il suo nome, mentre lui non aveva motivo di conoscere il mio.
Ci misi un po' prima di rispondere, non ero ancora  riuscita a parlare normalmente senza avere un nodo in gola davanti a lui.
"I..io sono Kimberly, ma Kim è più corto."
"Io sono Taylor." Mi rispose sorridente.
"Lo so" Risposi io accompagnando le mie parole con una risata nervosa, l'emozione. Ero certa che quella che stavo facendo non era la figura della stupida, ma molto peggio.
"Eccoci." Portai lo sguardo davanti a me, ed effettivamente avevamo già raggiunto l'auto grigia metallizzata indicata da lui pochi attimi prima.
Infilò una mano in tasca, dalla quale estrasse un piccolo oggetto luccicante: le chiavi dell'auto. La aprì e poi aprì lo sportello del passeggero sul quale mi aiutò a salire.
Una volta dentro tirai un sospiro di sollievo sentendo il dolore affievolirsi appena visto che finalmente mi ero seduta. Poggiai la testa lungo lo schienale del sedile e in quel momento un profumo tutto nuovo mi assalì.
Un profumo di muschio, mischiato al deodorante per l'auto. Il muschio doveva essere l'odore della pelle di Taylor che non ero riuscita a sentire fino a quel momento visto che ci trovavamo all'aria aperta, ma lì, al chiuso, nella sua auto, era molto più forte. Lo divenne ancora di più quando anche lui mi raggiunse entrando al posto del pilota. Mise in moto e poi si girò verso di me.
"Fa male?"
"Abbastanza."
"Dammi le indicazioni per arrivare in ospedale." Mi disse lui mentre metteva la prima, mi sorrideva, come se fossimo amici da una vita.
"Ci provo." Gli rivolsi un flebile sorriso e cercai di orientarmi, cominciando, a modo mio, a fare da navigatore.
Non ero mai stata molto brava ad orientarmi, nemmeno in quella cittadina tanto piccola, speravo solo di riuscire a ricordare la strada esatta.
Mi chiesi per un istante cosa lo spingesse ad essere tanto gentile con me, una ragazza conosciuta da pochi minuti di cui conosceva solamente il nome. Poi mi resi conto che molto probabilmente lui era così, una persona gentile con chiunque avesse bisogno d'aiuto. Sorrisi tra me e me, ringraziando mia madre che senza volerlo aveva permesso un incontro che senza quella storta probabilmente non sarebbe avvenuto.
 

 

Angolo autrice.

Eccoci qui con il secondo capitolo. Beh, che dire? Ringrazio tutte quante per le oltre 80 visualizzazioni, ma se lasciaste una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate mi renderebbe davvero felice. In fondo a voi non costa nulla, no?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ci leggiamo la settimana prossima ;)
  
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