6° Capitolo – Effusioni
Mi inumidì le labbra e alzando il volto verso Pam, iniziai.
Le raccontai tutto di Sara, certo molto brevemente, ma non tralasciai nulla:
menzionai del suo arrivo, dell’ebrea che l’aveva cresciuta subito dopo la morte
di sua madre, della sua infanzia con noi, dei suoi poteri, della sua natura ed
infine arrivai a Gloria.
Per tutto quel tempo, Sara era rimasta in silenzio a
singhiozzare pacatamente ancora abbarbicata a me. Ma quando arrivai a parlare
di Gloria, la sentì stringersi maggiormente al mio petto e tentare, inutilmente,
di soffocare una crisi di pianto.
Pam rimase in piedi, di fronte a noi, in completo ed assoluto
silenzio sino alla fine
“Riesci a percepire anche i nostri pensieri?” le domandò
La sentì mugugnare qualcosa, in risposta, per poi muoversi e
rivolgere la sua attenzione a Pam
“No, le vostre menti no” rispose asciugandosi gli occhi e
facendo un respiro profondo
Penso volesse sembrare forte di fronte a Pam. In effetti,
indossava ancora i vestiti di scena,
quelli con cui lavorava e che non amava particolarmente preferendo decisamente
abiti dai toni pastello, quindi ammisi anche a me stesso che faceva un certo
effetto vestita così. Sorrisi di quel minuscolo sfoggio di determinazione e,
spinto forse dall’abitudine o forse dalla sola voglia di farlo, le lasciai un
bacio dolce sui capelli passandole un braccio attorno alla vita e stringendola
maggiormente a me.
Pam sgranò gli occhi ma evitò di commentare. Prendendo in
mano la questione e rivolgendomi direttamente a Sara dichiarai “Prendi le tue cose. Ce ne andiamo”
“Ho solo quella borsa” rispose indicando un piccolo borsone
gettato in un angolo di quel tugurio
“Sono così felice di averti trovato perché non sono riuscita a
rintracciare Godric e… e non sapevo cosa fare … e ho pochi soldi perché Gloria
mi ha detto di scappare subito … ed io non so dove li teneva … non sapevo dove
andare perché qua non conosco nessuno”
“Non preoccuparti di questo” dissi scostandole qualche ciocca
di capelli dal viso “Starai con me”
“Davvero?”
Annuì con un sorriso “Non vuoi?”
“Oh, si. Certo che voglio!” replicò ancora per poi sorridere
in quel suo modo tanto speciale.
Ignorando la presenza di Pam e avvicinando i nostri volti
aggiunse “Mi sei mancato tanto Eric” e alzando con lentezza esasperante una
mano mi accarezzò il viso, la fronte, gli zigomi e le guance, la mascella e il
collo “Sei sempre bellissimo come sempre … peccato”
“Non sei cambiato per niente…” sussurrò poi con un sorriso
impertinente
“Tu si invece” replicai
“Sei molto cambiata”
La vidi sorridere raggiante
“E sono ancora bellissima?” domandò presuntuosa
“Molto di più” le sussurrai, baciandole la punta del naso
“Ok, basta con tutte queste smancerie” ci interruppe Pam sbuffando
scocciata “Eric, io torno al locale”
Annuì senza smettere di fissare Sara e solo quando sentì la
porta sbattere mi decisi ad alzarmi e portarla a casa con me.
“Ecco, puoi sistemare le tue cose in questa stanza” annunciai
aprendo la porta dell’unica camera da letto
La stanza era pulita ed accogliente. Il letto era grande e
sistemato al centro della stanza, con la testata a ridosso del muro. Pesanti
tendaggi color vinaccia oscuravano le finestre, sbarrate comunque da imposte in
ferro e persiane blindate.
“Tu dove dormi?” domandò entrando dopo di me
“Di sotto” risposi con tono neutro “Buonanotte, Sara”
“Notte” aveva già chiuso gli occhi e sistemata sotto le
coperte
Nemmeno venti minuti dopo me la ritrovai in camera mia. Bussò
ed entrò dato che avevo lasciato accostata la porta. Si guardò attorno per
molto tempo prima di parlare.
Dormivo in una piccola stanza, in pietra, residuo delle
rovine di un vecchio maniero. Avevo fatto ristrutturare l’intero edificio ed
ero riuscito a ricavare un piccolo vano, sotto terra. Era poco illuminato ma a
me andava benissimo. Nessuna finestra solo una porta d’acciaio rinforzata a
sigillare la stanza. Non avevo mobili, specchi o altro, solo dei piccoli
faretti di luce collocati direttamente sopra il letto. Quest’ultimo era
riccamente decorato, quasi sontuoso a differenza della stanza; la struttura era
in legno e ferro di colore nero, le lenzuola bianche con coltri e cuscini color
vinaccia.
“Mi piace questo posto” esordì avvicinandosi
“Anche a me”
“Ho visto il tuo locale e pensavo che la tua stanza avesse il
medesimo stile” continuò lei
“Lo stile dark del Fangtasia lo ha deciso Pam … e sembra che
funzioni. Per quanto mi riguarda preferisco riposare un tutt’altro ambiente”
“Mhm… si, in effetti non mi piace molto … con tutto quel
nero, quei lacci, cinghie e borchie ovunque … non credo faccia per me”
“Sono d’accordo” replicai sollevandomi a sedere ed
appoggiando la schiena alla morbida imbottitura che ricopriva la struttura del
letto
“Cosa ci fai qui?” domandai curioso
“Ti spiace se dormo con te?”
“C’è qualcosa che non va nel tuo letto?”
La vidi scuotere la testa e abbassare lo sguardo “No, no
affatto. E’ solo che … ecco preferirei non rimanere da sola … a dormire … e mi
chiedevo se potessi farlo assieme a te … sai io, alcune volte … ecco quando
avevo degli incubi dormivo con Gloria … e stasera vorrei ch…”
“Russi?” domandai fermando quel flusso inarrestabile e
complicato di parole
Lei alzò la testa e mi guardò forse pensandoci davvero “No, non credo”
“Molto bene, allora. Accomodati pure”
Mi regalò un altro di quei suoi sorrisoni e con una breve
corsetta mi raggiunse. Il letto era molto grande tuttavia lei si accucciò
vicino a me, proprio come quando era bambina.
“Non so se riuscirò a dormire però” sussurrò raccogliendosi
su se stessa
Tornai a sdraiarmi e mi poggiai su un fianco, una mano a
reggere la testa ed una a sfiorarle il volto
“Pensi a Gloria?”
Lei assentì col capo avvicinandosi ancora “Mi sento così
triste … e colpevole … e mi vergogno”
“Perché?”
“L’ho lasciata lì … per strada … da sola” scosse ancora il
capo “Sarei dovuta rimanere con lei … n-non
avrei dovuto lasciarla sola”
“Hai fatto bene, invece”
“Non si abbandonano così quelli a cui vuoi bene ed io volevo
molto bene a Gloria. Ho avuto paura … e sono stata una vigliacca!” replicò lei
alzandosi a sedere, in mezzo al letto, e prendendosi il viso tra le mani
“No, non lo sei. Sara, hai fatto quello che andava fatto. Scommetto
che anche Gloria te lo avrebbe detto”
“Che ne sai di quello che ha detto?” sibilò tra i denti
Era arrabbiata e forse aveva solo voglia di sfogare questo
suo dolore
Sorrisi e avvicinando il mio viso al suo, le soffiai “Perché ti voleva bene… e perché è quello che
avrei fatto io”
“Perché?” domandò con tono stanco ma poi con un ghigno
triste, che non le avevo mai visto, aggiunse
“Ah, giusto … perché sono speciale!”
“Lo sei, Sara!”
“Smettila di chiamarmi Sara … il mio nome è Sookie”
Quella nuova rivelazione mi lasciò perplesso e lei se ne
accorse dato che poco dopo aggiunse, solo a mio beneficio “Me lo ha detto mia
madre, Saphira. Il mio nome è Sookie… e sembra essere un nome piuttosto
importante tra le fate”
Il tono della sua voce era basso, sussurrava quasi, il suo
viso triste e gli occhi inondati nuovamente di lacrime
“Non mi importa del nome che ti hanno dato i tuoi. Per me sei
e rimani Sara … la mia Sara” le soffiai sulle labbra chinandomi a baciarle una
guancia
“Perché non posso essere normale come tutti gli altri?”
“La normalità è sopravvalutata” replicai “Preferisco di gran lunga essere ciò che sono
piuttosto che essere umano”
“Un tempo, però, lo eri anche tu… io invece sono sempre stata
strana … e diversa”
Mi avvicinai di nuovo a lei e questa volta l’abbracciai e la
strinsi con forza baciandole il collo
“Niente e nessuno a questo mondo è solo normale, Sara … siamo
tutti qualcos’altro oltre a noi stessi”
“Vorrei solo poter smettere di sentire tutto quello che sento
e fare quello che faccio. Sono così spaventata … e a volte ho quasi paura di me
stessa!”
Tornai a sdraiarmi a letto e la portai con me
“Ora ci sono io, penserò io a te. Chiudi gli occhi e dormi”
“Non voglio dormire … non sono stanca” mugugnò in risposta
per poi sbadigliare subito dopo. Diceva lo stesso quando io o Godric la
mettevamo a dormire, da bambina.
Sorrisi “Ma certo” coprendola con l’unico lenzuolo “Smetti di
parlare, spegni il cervello”
“Mi sei mancato così tanto” sussurrò ancora sollevando a
fatica le palpebre per richiuderle subito dopo
“Tu per nulla”
“Bugiardo!” ridacchiò poi si mise su un fianco, dandomi le
spalle “Ti sono mancata anche io, Eric”
mi prese una mano e se la portò vicino al petto
Avevo un braccio attorno alla sua vita, la sua schiena
premuta al mio petto e le sue gambe sfioravano le mie. I suoi capelli biondi
andarono ad unirsi e confondersi con i miei mentre un sorriso sereno si faceva
largo sulle mie labbra.
Decisamente si … mi era
mancata molto anche lei!
“Sogni d’oro” sussurrammo entrambi nello stesso momento