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Autore: ramona55    23/12/2007    1 recensioni
Ron ed Hermione raccontati in un missing moment a capitoli di HBP, quando tutto sembrava procedere proprio come al solito e la guerra un fatto lontano, quando ancora non c'erano stati nè Lavanda nè McLaggen e avvicinarsi sembrava solo questione di tempo.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come promesso, ecco a voi il penultimo capitolo della mia storia, pochi giorni prima di Natale.
Consideratelo una specie di regalo natalizio, nella speranza, ovviamente, che si tratti di un regalo gradito.

Con questo capitolo finalmente un cerchio si chiude e un mistero si risolve: cosa ha lasciato Hermione così turbata dopo la lettura del famoso articolo sulla Gazzetta del Profeta? Tra poche righe la risposta e anche qualche cosa in più, per chi ama Ron e il suo modo di pensare ad Hermione.

Detto questo vi auguro Buon Natale di cuore, vi ringrazio per l'affetto con cui - soprattutto alcuni - mi seguite e vi dò appuntamento all'ultimo capitolo della ff, che pubblicherò entro la fine dell'anno, per dire definitivamente addio al Principe Mezzosangue in attesa che esca l'edizione italiana del settimo libro.

Per chi vuole, poi, solite note di fine capitolo e, a seguire, i ringraziamenti.




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6. Ron


Ciò che nessuno ti può portar via




Ron rilesse per la seconda volta l’articolo che Hermione gli aveva indicato. Finito di leggere ripiegò il giornale a metà e lo poggiò sulla cattedra.

“E’ per questo che te ne sei andata?”

Hermione era in piedi accanto a lui, poggiata contro la cattedra, lo sguardo rivolto alla finestra.

Non rispose subito alla domanda. Rimase per qualche attimo in silenzio a fissare il parco di Hogwarts fuori dalla spessa vetrata. Poi si voltò un po’ verso Ron, ma senza guardarlo in volto. Annuì.

“Lo sapevi che da piccola avevo una nonna che viveva nello Yorkshire?”

Ron scosse il capo ed Hermione continuò.

“Si chiamava come me, Hermione, e viveva in una cittadina chiamata South River, una di quelle vecchie città babbane circondate dal verde.”

Alzò lo sguardo su Ron e lui le fece un piccolo sorriso, per incitarla a continuare.

Hermione abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a parlare fissandosi le punte delle scarpe.

“Mia madre è cresciuta là. Ci ha vissuto fino a diciott’anni, poi si è trasferita a Londra per studiare da dentista. Poi sai, ha conosciuto papà e non è più tornata nella sua città natale, ma quand’ero piccola andavamo spesso a trovare la nonna durante le vacanze estive. Viveva in una casa simile alla tua, nel senso che era circondata da un grande giardino e tutto attorno era pieno di campi...”

Ron ascoltava curioso. Accadeva raramente che Hermione raccontasse di sé e della sua infanzia ed era bello per una volta poterla osservare mentre il suo volto prendeva quell’espressione pensosa, vagamente sorridente e persa nei ricordi.

Se ne stava con le braccia incrociate sul petto, lo sguardo rivolto al pavimento davanti a lei. La luce della luna la illuminava solo in parte e dalla prospettiva di Ron i suoi lunghi capelli scuri parevano circondati da un’aura luminosa.

Era talmente carina che Ron dovette distogliere lo sguardo per non arrossire.

“Capitava anche che i miei genitori mi lasciassero da lei per tutte le vacanze” stava dicendo intanto Hermione. “Dovevano lavorare e non volevano che passassi l’estate in un appartamento in città, così mi portavano a South River. Dicevano sempre che a Londra avrei finito per rimanere tutta l’estate chiusa in casa a leggere, mentre dalla nonna avrei potuto respirare aria pulita e divertirmi all’aria aperta.”

Ron sorrise e involontariamente i suoi occhi si spostarono su Hermione che tormentava il bordo di una manica della camicia. Non aveva bisogno di grande immaginazione per sapere che anche in campagna la sua amica aveva preferito passare tutto il suo tempo immersa in qualche libro, magari seduta in veranda o sotto l’ombra di un ciliegio, ma solo perché nonna Hermione aveva insistito tanto perché uscisse di casa.

Non ce la vedeva proprio a correre dietro alle galline o a rotolarsi giù per i pendii verdi.

No, quella era una cosa che avevano fatto lui e i suoi fratelli, ma Hermione era di un’altra pasta.

La osservò ancora, mentre Hermione sovrappensiero di muoveva dalla cattedra verso il centro dell’aula. Gli rivolgeva le spalle, ma Ron continuò a guardarla, come incantato.

“Avevo circa dieci anni quando la nonna è morta,” riprese ad un tratto Hermione, come se avesse deciso improvvisamente che era ora di metter fine a quel flusso inatteso di ricordi. “Da quando è successo non siamo più tornati laggiù. La casa è stata venduta perché i miei zii erano troppo lontani per occuparsene e così, anche se a malincuore, non abbiamo più avuto di modo di tornarci.”

La ragazza si voltò verso Ron e lui si ritrovò ad annuire, con la sensazione che si stessero avvicinando al vero problema.

“E’ stato strano...” riprese Hermione, distogliendo di nuovo lo sguardo. “Leggere quello che è successo l’altra notte... mi ha fatto... mi ha fatto ripensare alla mia infanzia.”

“Ma non è strano!” la interruppe Ron. “Hai passato dei bei momenti in quel posto ed è naturale che leggere quello che è successo ad una famiglia che abitava da quelle parti ti abbia colpita, no?”

Hermione scosse il capo e si avvicinò di nuovo alla cattedra, poggiandovisi contro. Era così vicina che Ron sentì come una fitta all’altezza dello stomaco, come se improvvisamente le viscere gli si fossero attorcigliate. Hermione, comunque, non se ne accorse, perché riprese a parlare come se niente fosse.

“Non è questo...” disse guardando un punto indefinito in fondo all’aula. “E’ stato come se... Non so come spiegartelo. Non era il fatto che fossero babbani o che vivevano nella stessa regione in cui viveva la nonna. Certo è anche questo che mi ha colpito, però... Lo che siamo in guerra e che con quei pazzi assassini in libertà queste cose possono succedere, ma...” esitò, cercando lo sguardo di Ron.

Ron mantenne gli occhi fissi in quelli indecisi di lei. Voleva farle capire che non doveva avere paura di confidarsi con lui. Voleva farle capire che non importava quanto strano fosse quello che provava, lui avrebbe capito e l’avrebbe ascoltata.

Non ebbe il coraggio di dirlo a parole, però, e forse, pensò tristemente, non sarebbe stato nemmeno in grado di farlo.

Le sorrise, invece. Un sorriso che cercò di rendere caldo e aperto, nonostante i loro corpi fossero troppo vicini e lui avesse la netta sensazione di tremare da capo a piedi.

Funzionò, comunque, perché anche Hermione si sciolse in un piccolo sorriso. Sospirò piano e facendo leva sulle mani si mise a sedere sulla cattedra. Si voltò verso Ron e le sue gambe sfiorarono quelle del ragazzo.

Ron si mosse un po’, a disagio, mettendo appena qualche centimetro tra loro e concentrandosi, di nuovo, sul viso di Hermione che sembrava alla ricerca delle parole giuste per spiegare, quasi più a se stessa, quella strana sensazione che aveva provato.

Lo guardò per un momento e poi sorrise, ma era un sorriso vuoto. “Ti sembro pazza se dico che mi sono sentita come se mi avessero portato via qualcosa?”

Ron corrugò la fronte, osservando sorpreso l’amica. No, bè, pazza no, ma era come minimo singolare come stato d’animo.

Fece per dire qualcosa, ma Hermione lo precedette.

“E’ come se ci fossi cresciuta in quel posto, Ron...” disse, e lo sguardo triste che aveva lo colpì peggio di un bolide. “Pensare che questo schifo sia arrivato anche lì... E’ stato come se anche quegli anni spensierati fossero stati cancellati di colpo!”

Hermione distolse lo sguardo, come se l’essere stata finalmente sincera la facesse un po’ vergognare, ma per Ron fu come una rivelazione e lui capì, di colpo, cosa la ragazza stava cercando di dirgli.

Poteva essere insensibile e poco acuto, poteva essere immaturo e avere la varietà emozionale di un cucchiaino da tè, ma Ron capì molto bene come Hermione si era sentita.

E lo capì bene perché era quello che succedeva anche a lui, certe volte, e finì col sentirsi anche un po’ male perchè ancora una volta si rese conto di quanto quella dannata guerra stava cambiando le loro vite.

Dominò il folle desiderio di portare una mano su quella più piccola di Hermione, adagiata sul ginocchio della ragazza, e cercò di fare un sorriso rassicurante, anche se quello che gli uscì fuori doveva essere più simile ad una smorfia che ad un vero sorriso.

“Nessuno può portarti via i bei ricordi, Hermione” disse infine, e gli sembrò una cosa davvero molto saggia da dire. Continuò a tenere gli occhi fissi in quelli di lei senza sentirsi in imbarazzo e senza temere, per una volta, di fare brutta figura. “Li hai vissuti. Sono tuoi. Nessuno te li può rubare e nessuno li può distruggere.”

Lei lo guardò per un momento, poi fece un sorriso piccolo piccolo. Ron allora continuò, incoraggiato.

“Io non lo so cosa ci aspetta e forse non voglio neanche saperlo, ma mi piace pensare che se un giorno tutto dovesse cambiare, ci saranno ancora i bei ricordi a darmi la forza di andare avanti.”

Abbassò lo sguardo sulle proprie gambe. Si era voltato verso Hermione e le aveva incrociate davanti a sé mentre parlava. Portò le mani sopra le ginocchia, stringendo un po’.

Ingoiò a vuoto e rilasciò il fiato. Una sottile ansia si era impadonita di lui. Era strano, pensò di sfuggita, che fosse lui a fare discorsi del genere, prima con Harry, ora con Hermione. Era strano come ogni volta che lui cercava la normalità, quella fuggisse e si allontanasse, sfocandosi davanti alle preoccupazioni più profonde delle persone che più amava.

Hermione era ancora lì, di fronte a lui. Anche lei aveva incrociato le gambe sopra la cattedra.

Ron la sentì avvicinarsi e fu con grande stupore che la vide posare una mano sopra la sua e strigerla un po’.

Il contatto durò poco, forse meno di un secondo, ma Ron lo avvertì chiaramente. Alzando lo sguardo su Hermione vide che era arrossita e osservava imbarazzata un punto alla sua destra, come se volesse evitare attentamente di guardarlo.

Ron sorrise, senza sapere perché, mentre sentiva il cuore martellare forte. Avrebbe voluto dire molte cose e tacere allo stesso tempo. Avrebbe voluto gridare e nascondersi insieme.

Non fece nulla.

C’erano tante cose che doveva capire meglio, c’erano tante piccole sensazioni che dovevano trovare il loro posto. E non voleva correre, non voleva sbagliare.

Hermione fece un mezzo sorriso e tornò a guardare Ron. “Grazie” sussurrò a voce bassissima.

Anche Ron sorrise, arrossendo appena. “Non ho fatto nulla, davvero.”

Hermione non rispose, ma l’espressione che si dipinse sul suo volto, gli disse ben più di mille parole.

Gratitudine. Dolcezza. Affetto, persino.

Ron ne fu colpito profondamente. Si sentì invadere da uno strano sentimento, da una inspiegabile sensazione che gli capitava spesso, ormai, di provare in compagnia di Hermione. Come un’ondata, quella sensazione crebbe velocemente e con tale folle violenza che lui fu costretto a scavallare in fretta le gambe e scendere di corsa da quella cattedra o con molta probabilità avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni.

“Ron, cosa...?”

“Ho fame” buttò fuori a caso.

Razza di cretino che non sono altro!

Fece un paio di respiri profondi senza avere il coraggio di guardare Hermione. Poi, con cautela, si voltò verso l’amica. Era ancora seduta sulla cattedra e lo guardava sorpresa.

“Ehm... lo hai detto tu che ho uno stomaco coriaceo, no?” tentò di giustificarsi.

Poco a poco lo stupore sul volto di Hermione lasciò posto ad un sorriso divertito.

“La cena è finita solo un paio d’ore fa” disse la ragazza controllando l’orologio. “E concordo sul ‘coriaceo’, ma credo che la definizione più adatta sia ‘senza fondo’ a questo punto.”

“Bè, ehm, come vuoi tu, ma lo sai che una visita nelle cucine è sempre gradita a noi Weasley.”

Hermione sorrise, un sorriso, finalmente, senza ombre e Ron pensò che in fondo un po’ di fame l’aveva davvero e che in ogni caso era una buona scusa per passare altro tempo insieme a lei.

E lui adorava passare il tempo insieme ad Hermione, confusione o non confusione.

Così non si sentì minimamente in imbarazzo, quando chiese, col tono più suadente che potè improvvisare: “Allora, prefetto Granger, se la sente di fare una breve scorreria nelle cucine dai nostri amici elfi?”

Avrebbe potuto dire di no. Avrebbe potuto dire che era da matti perchè era tardi e perché loro due erano prefetti e non ragazzini incoscienti. Avrebbe potuto fare mille problemi. E Ron lo sapeva.

Non si sorprese, però, quando Hermione scoppiò a ridere.

“E se ci becca Gazza?”

“Dirò che è stata una tua idea.”

“Figurati, non ci crederà mai!”

“Oh sì, dirò che eri così affamata che mi hai costretto con la forza, bacchetta in pugno, ad accompagnarti.”

“E lui non ci crederà.”

“Dirò che avevi così tanta voglia di cioccolato che hai avuto una specie di crisi isterica in sala comune e hai cominciato a saltare su tutti i divani e la McGranitt mi ha praticamente obbligato ad accompagnarti in cucina in cerca di-”

Non finì la frase. Hermione era scoppiata a ridere ancora più forte.

Fu contagioso, rise anche lui.

Avrebbero avuto mille motivi per restarsene ancora seduti in quell’aula vuota, tristi e malinconici. Ma non era quello di cui avevano bisogno.

Avevano bisogno di sentirsi vivi, invece, felici ed esaltati per qualcosa, poco importava se questo qualcosa fosse il rischio di essere beccati dal vecchio custode della scuola.

La risata liberatoria di Hermione era la migliore delle conferme.

E quando Hermione, qualche minuto dopo, scese giù dalla cattedra, un sorriso divertito ancora in volto, e si diresse a grandi passi verso la porta dell’aula, seguita prontamente da lui, Ron non ebbe dubbi.

Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di cancellare ancora quel sorriso dal suo volto.




Continua...


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Nota di fine capitolo:


Dopo quattro capitoli, ecco finalmente svelato il mistero. E spero vivamente che la soluzione non vi abbia lasciato delusi.
Un paio di precisazioni, perchè questo è un punto cruciale della storia. E' chiaro che 'nonna Hermione' e le estati a South River sono una mia invenzione, visto che la Rowling non ci ha praticamente dato dettagli sull'infanzia di Hermione e sulla sua famiglia. In effetti di Hermione sappiamo molto poco al di fuori di quello che succede ad Hogwarts, mentre non è così per Ron, di cui conosciamo casa, parenti (anche alla lontana), abitudini... E devo ammettere che mi piaceva l'idea di fare una sorta di fuga nel passato di Hermione, senza particolari avvenimenti da raccontare, solo una vaga atmosfera da ricostruire. Non è la prima volta che lo faccio, ma in quell'occasione (nella storia 'Una nuova amica') non era Ron ad ascoltarla, mentre avevo in mente questa scena con Hermione che ricorda un periodo della sua vita in cui ancora la magia non esisteva e i suoi migliori amici erano fatti di carta, e Ron che la osservava, incuriosito e intenerito al tempo stesso. Tra l'altro, credo che sia uno dei maggiori misteri questo, per Ron: la piccola Hermione, un lato di lei che ancora non conosce.
Poi c'è la questione dell'articolo. Credo che sia chiaro dal capitolo: il punto non è che il massacro abbia riguardato dei babbani (il che giustifica la rabbia e il senso di impotenza), o che sia avvenuto nella stessa regione in cui viveva la nonna di Hermione (anche perchè nonna Hermione è scomparsa da tempo, quindi la reazione della ragazza non è paura che possa accaderle qualcosa), ma il fatto che quel luogo rappresenti per lei qualcosa di puro, di incontaminato, come tutti i ricordi legati all'infanzia. Credo che sia questo il danno peggiore che una catastrofe come la guerra (o comunque un grande dolore) possa produrre: la sensazione che prima di allora non ci sia stato niente di bello. E' esattamente quello che prova Hermione. Ed è una sensazione disarmante, perchè non solo lascia rattristati, ma anche sconfortati, e lo sconforto è l'esatto contrario della speranza.
Hermione aveva provato a scacciar via la sensazione, a razionalizzarla, prima dell'arrivo di Ron. A metterla da parte, direi, come potremmo fare tutti davanti ad uno stato d'animo che non ci piace, ma poi arriva lui, che la mette alle strette, ed Hermione si apre. E mette in parole quello che prova. Forse non ha davvero bisogno che Ron le dica quello che le dice, ma il fatto che lui sia lì con lei, che la inciti a parlare, che, in qualche modo, le faccia capire di sentirsi esattamente come lei, tutto questo è il conforto più grande per Hermione. Forse i brutti pensieri ricompariranno e la sensazione di sconforto tornerà, ma sapere di avere qualcuno vicino, anche attraverso i gesti e i 'non detto' che tra Ron ed Hermione si sprecano, ecco, credo che questo sia una buon antidoto per andare avanti nel futuro che si prospetta per i due ragazzi.
Ed è anche a questo che si riferisce il titolo: ciò che nessuno ti può portar via, riprendendo una frase di Ron, non sono solo i bei ricordi, ma anche la certezza di avere qualcuno accanto, anche se quello che ti attende è tutto tranne che roseo.


Infine, un'ultima nota. La cosa che più mi ha intrigato nello scrivere questo capitolo è il fatto che se il punto di vista è quello di Ron, in effetti sono due le prospettive del racconto: c'è Hermione che ricostruisce poco per volta quello che la lettura dell'articolo ha provocato, scavandosi
dentro a fondo, e poi c'è Ron che non solo cerca di capire quello che l'amica ha provato, non solo tenta di darle una risposta (che nemmeno lui ha), ma prova anche sensazioni molto forti in sua presenza, sensazioni a cui ancora - benedetti ragazzi! - non ha saputo dare chiaramente un nome.
Questo doppio sentire di Ron era davvero una sfida. Spero che la palpitazioni, i tentennamenti, il fiato mozzo e tutte le emozioni che lui prova siano palpabili nella lettura.




I ringraziamenti:

Gluck88: Grazie mille. Spero che questo capitolo non ti abbia deluso e che leggerai anche il prossimo!
mica: Ti dirò che avevo associato subito il nick ai gioielli antichi, ma mi sembrava strana come intuizione. Venendo alla tua recensione, ti ringrazio tantissimo. Sapere che la mia scrittura ti ha fatto calare a tal punto nel personaggio, mi rende veramente felice, e anche un pò orgogliosa, devo dire. ^_^ Rispetto al contest, bè, in effetti la risposta sicura l'avrai nel prossimo capitolo, ma bè, posso anticiparti che... sì, è proprio quell'aula. Come mai quella? Non è difficile da immaginare, ma lo saprai per certo tra qualche giorno...
Joannadellapraterie: Il musical non l'ho, ahimè, ancora visto, ma mi fa piacere che tu abbia trovato la canzone associabile al capitolo, vuol dire che hai vissutto il tutto ancora più calata nell'atmosfera... Continua a seguirmi!
Tabita: Ma che piacere trovare una tua recensione! Ti ringrazio tantissimo della stima che mi dimostri, e spero vivamente che anche questo capitolo ti sia piaciuto. In effetti scrivere missing moment è una delle cose che preferisco... Grazie ancora, e spero che vorrai seguirmi ancora ^_^


Detto questo, vi faccio notare che il primo cerchio del racconto si è chiuso. Manca l'ultimo anello, quello aperto all'inizio, con Hermione tentennante dopo l'invito. Lo chiuderà, spero in maniera degna, un ultimo capitolo meno riflessivo e più incentrato sul rapporto tra i nostri due. Non mancate!




  
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