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Autore: Valvonauta_    08/06/2013    1 recensioni
Estratto al 1° capitolo:
«Erano seduti sull'erba curata del parco di Hogwarts a godersi il primo tiepido sole dell’anno. Lei giochicchiava timida con un fiorellino che aveva reciso, una margherita. Una delle prime. La primavera era ancora lontana e di fiori se ne trovavano davvero pochi....»
Dal 4° capitolo:
«Tesoro. La felicità le diede così le vertigini che venne presa da un impeto che non aveva mai provato prima di allora e che la spinse a saltargli praticamente addosso e baciarlo appassionatamente con la lingua, cingendogli il collo con le braccia.»
«Perdonami Ginny ma non sono abituato ad avere qualcuno di cui preoccuparmi per le mie azioni. In queste relazioni amorose... non so come comportarmi e ci sto mettendo tutto me stesso ma sono sicuro di fare qualche sbaglio, ne ho già fatti e ne farò…” Prese fiato. “Vorrei dedicarmi a te... a noi tutto il tempo ma non mi è possibile perché ci sono delle vite in gioco."»
La storia tratterà di una coppia molto rara da trovare nelle ff: Blaise/Ginny.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise, Zabini, George, e, Fred, Weasley, Il, trio, protagonista | Coppie: Harry/Ginny
Note: Lime, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Ho una cicatrice sul cuore con sopra il tuo nome.

 

Capitolo 3 - Pene d'amore (Ginny's POV).

 

Finita la lezione, andò in Sala Grande a pranzare. Quel giorno, come a colazione, era stupenda: addobbata di ogni sorta di fiori in piena fioritura per il Turgwood's Day.
Anche gli immensi tavoloni erano carichi di fiori riposti ordinatamente in bellissimi vasi.
Quando andò a sedersi al suo posto abituale una scatola di cioccolatini apparve per magia accanto al suo piatto.
La sua amica, Astoria, davanti a lei ne aveva una identica aperta e con la bocca piena di cioccolata le bofonchiò: "Chie uoni!"
La aprì e dentro vi trovò un bigliettino di pergamena sopra i cioccolatini.
Lo lesse:

 

“A tutte voi,
con sentiti auguri
Silente

 
Notò che anche oggi al tavolo professori l'anziano preside era assente, come spesso succedeva negli ultimi tempi.

Alla mattina Harry non era venuto a colazione. Sperava almeno a pranzo di vederlo, di potergli parlare ma quando adocchiò fare il loro ingresso Hermione e Ron, notò con tristezza che Harry non era con loro.
Attese parecchio il suo arrivo ma invano. E quando ormai era chiaro che non sarebbe venuto si diresse dai due per chiedere spiegazioni che però non risultarono granché veritiere.
"Non aveva fame" le comunicò suo fratello in tono ben poco convincente.
Lui a dire le bugie non era mai stato un granché e lo aveva dimostrato irrimediabilmente anche in quell'occasione.
Hermione aggiunse: "Sai com'é lui, no?"
Che diavolo stava dicendo? “Sai com’è lui?” e che vuol dire?
Lei insistette nell'interrogarli: "Che sappiate oggi pomeriggio ha qualche lezione?"
Vide i due Grifondoro guardarsi quasi cercassero reciprocamente aiuto su cosa dire.
Hermione si fece avanti, titubante: "Si, ma non ti scomodare..."
"Non ti scomodare?" chiese sbalordita dal comportamento dell’amica. Perché anche lei le mentiva per coprirlo?
La nata Babbana non osò aggiungere altro e notò con una certa irritazione che Ron evitava accuratamente il suo sguardo.
Col cuore a terra e non nascondendo la rabbia nella voce disse loro: "Beh, se lo vedete ditegli che se ha qualche problema con me, venga a parlarmene!"
"Si, certo, sorellina" rispose Ron con tono reso remissivo da quello sfogo.
Lei fece per uscire dalla Sala spazientita quando suo fratello la fermò urlandole contro: "Ginny!"
Si voltò di nuovo verso di loro.
"Buon Turgwood's Day… ti voglio bene!" le augurò con un sorriso timido e quasi di scuse.
Borbottò scocciata un “Grazie” e se ne andò di lì più in fretta che poté.
 
Si precipitò subito in biblioteca con l'intenzione di studiare per qualche oretta, convinta che l'avrebbe, per così dire, distratta. Al pomeriggio non erano previste lezioni data l'improvvisa influenza che aveva colto Hagrid, le cui lezioni erano state quindi rinviate a data da destinarsi.
Provò a ripassare i procedimenti per la preparazione della Bevanda della Pace ma fu tutto inutile: le parole le leggeva, si, era vero, ma non le entravano in testa.
Essenza di elleboro. Tiglio. 20 minuti. Tre volte in senso orario.
Parole a caso.

Piano pian iniziò a rassegnarsi all’idea che non poteva farcela a concentrarsi e lasciò la mentre vagare a briglie sciolte sul comportamento di Harry.

La mattina le aveva inviato quei fiori bellissimi quindi non voleva rompere con lei, pensò. Era impossibile.
Poi perché farlo? Erano stati così bene in quei giorni.... a pensarci sentiva il cuore accelerare.
Era stato così dolce con lei, così comprensivo nonostante i casini di quel periodo... 
Restò in biblioteca fino all'ora di cena.
Fece un salto alla Torre, nell'eventualità fosse passato di lì, ma anche chiedendo in giro sembrava che nessuno l'avesse visto.
A cena, nonostante le aspettative, nada de nada.
Ritornata alla Casa, ormai rassegnata, finalmente lo trovò.
Più che vedere lui, adocchiò i suoi inconfondibili e provocanti capelli neri perennemente in disordine. Era, come sempre, seduto sulla poltrona vicino al fuoco, spento data la stagione, insieme ai suoi amici, dandole le spalle.
Provava del forte risentimento verso di lui. Era palese che avesse cercando di schivarla tutto il giorno e il fatto che non ne capisse il motivo la rendeva offesa e furente.
Mentre li stava fissando, Hermione, che era nella posizione migliore, da cui si vedeva tutta la Sala, la notò e appena lo fece, con occhi frenetici, si affrettò a dire qualcosa a Harry.
Lei speditamente passò loro accanto facendo volutamente finta di non averli notati.
Harry cercò di fermarla con la voce: "Ginny!"
"Ginny!" le ripeté.
Lei imboccò la scala del dormitorio femminile intenta a non dargliela vinta.
Sentì dei passi avvicinarsi: li ignorò spudoratamente.
A metà scala sentì un urlo e un tonfo secco.
Si girò allarmata da quei rumori.
Tutta la Sala Comune iniziò a ridere senza ritegno.
Harry, ai piedi della grande scala di pietra, era schiena a terra con una smorfia di dolore dipinta sul volto.
Capì subito che doveva aver cercato di salire le scale.
Non era la prima volta che succedeva: di maschietti che, furbescamente, con qualche incantesimo, cercavano di andare a trovare le signorine nei loro dormitori c'era pieno. Fred e George saranno stati catapultati almeno una dozzina di volte a testa nei loro anni a Hogwarts.
Lei, allarmata dalla scena che le si dipinse davanti agli occhi, scese le scale, abbandonò i libri su un tavolo e gli si avvicinò. Gli amici erano inginocchiati accanto a lui e lentamente lo rimisero in piedi.
In colpa gli domandò mettendogli una mano sulla spalla: "Come stai?"
Aveva ancora gli occhi chiusi per il dolore della botta ricevuta alla schiena.
Li aprì: "Niente di che, tranquilla, ho passato di peggio".
Le sorrise debolmente e non senza una certa ironia.
"E' meglio che ti siedi, Harry" gli consigliò.
Lo prese a braccetto e lo condusse delicatamente alla poltrona su cui pochi minuti prima sedeva.
Lei rimase in piedi scrutandolo.
"Che botta, ragazzi, non c'avevo mai provato e mai ci riproverò" le confessò cercando forse di strapparle una risata.
Un silenzio pesante calò su di loro.
Harry decise di spezzarlo: "Mi dici che ti prende?"
La domanda la prese in contropiede: semmai era lei che avrebbe dovuto chiederglielo!
Lei replicò alla domanda con una domanda, andando dritta al nocciolo della questione: "Perché oggi mi hai evitata?"
Lui la guardò un attimo spaesato: "Prego?"
"Niente, lascia perdere, Harry" gli suggerì.
Lui questa volta non la lasciò scappare e la fermò subito trattenendola per un braccio: "Gin, mi dici perché fai così?"
Gin. Adorava sentire quel nomignolo sulla bocca di lui. Era così intimo e loro… solo lui la chiamava in quel modo.
"Ti ho detto di lasciar perdere" gli ripeté lei scacciando dalla mente quei pensieri estranei a quella situazione così delicata tra loro.
Si liberò dalla sua stretta e si avviò al dormitorio: questa volta non la seguì.
 
Appena arrivata in camera si fiondò a letto.
Quando, dopo poco, arrivò Hermione fece finta di dormire per evitare l'altrimenti inevitabile discorso con cui sicuramente le avrebbe impappato il cervello.
Era stizzita da come l’amica aveva preferito Harry a lei. Era un comportamento sciocco e forse infantile ma non poteva sopportarlo.
Verso le dieci erano tutte e tre a letto, Lavanda inclusa. Ginny, nonostante i pensieri che le ronzavano nella testa, si addormentò poco dopo.
 
Un ticchettio ripetuto e inopportuno la disturbò dal suo sonno già di per sé leggero.
Cercò di non badarvi ma inutilmente. Continuò incessante.
Sembrava venire dalla finestra come se qualcosa ci sbattesse conto e, sfortunatamente, il suo letto era quello che vi era più vicino.
Aprì gli occhi, li virò verso la debole luce solare e vide un gufo.
Si chiese che ci facesse un gufo sulla finestra a quell'ora.
Poi notò una piccola pergamena arrotolata attaccata ad una zampetta.
Un messaggio.
Si guardò intorno prudentemente: le sue compagne dormivano beate e non si erano accorte di niente.
Si alzò e con cautela aprì le imposte.
Il gufo subito le saltò sulla spalla dibattendo in modo caotico le ali.
Lei, con difficoltà riuscì a levare il messaggio dalla zampina dell'animale il quale, appena lo levò, spiccò il volo.
Richiuse i battenti e aprì il messaggio. Riconobbe subito la scrittura un po' disordinata di Harry.

 
"Ginevra, non so che hai pensato oggi ma ti posso assicurare che ti sbagli profondamente. Tengo a te.
Mi piacerebbe che ne discutessimo in privato.
Vieni giù in sala comune a mezzanotte in punto.
Te lo chiedo per favore. Fallo per me.
Harry."

 
Cosa avrà in mente di fare?
Solo assecondandolo lo avrebbe saputo.
Uscì dalla stanza cercando di fare il meno rumore possibile con la porta cigolante. Scese in punta di piedi le scale.
Quando arrivò in fondo, bacchetta in mano, la Sala Comune era praticamente all'oscuro: nessuna luce tranne per le finestre da cui filtrava la fioca albore lunare.... e una candela accanto alla quale c'era qualcuno.
Il cuore aumentò i battiti, inquieto.
Che non fosse stato lui ad avergli inviato quel messaggio? In fondo il gufo non era Edvige, non l'aveva mai visto prima a dir la verità... che la avessero ingannata?
Non sarebbe stata la prima volta che qualcuno cercava di farle del male, il secondo anno....
Sussurrò Lumos e un bagliore illuminò debolmente il grande ambiente.
"Ginny, chiudi quella luce, per l'amor del cielo!"
Era la voce di Harry. Fece come le venne ordinato.
Gli si avvicinò. Vide il suo volto illuminato dalla calda luce dello stoppino della candela che bruciava.
"Harry, perché tutta questa cosa?" gli chiese allargando le braccia.
"Non voglio che nessuno sappia niente e magari faccia la spia... e se per caso qualcuno vede la luce accesa..."
"Harry, che diavolo vuoi combinare?" domandò lei leggermente in apprensione per quella strana cautela di lui.
"Un escursione notturna" le confidò lui sorridente questa volta.
"Cosa?" bisbigliò incredula.
Le mostrò il mantello dell'Invisibilità che aveva appoggiato sul tavolo accanto a loro.
Lui tacque nell'attesa che lei decidesse.
Incerta, dopo un po' di silenzio gli chiese: "Sei sicuro di quello che fai?"
"Certo!" le assicurò incoraggiante.
Ancora silenzio. Assecondarlo o non assecondarlo?
"Non potremmo parlare qua?" lo ammonì lei.
"Gin, non so perché oggi te la sei presa a quel modo con me, se ho... sai... sbagliato qualcosa... qualunque cosa... mi dispiace".
Improvvisamente Harry arrossì: era bravissimo e assolutamente sicuro di sé quando si parlava di Quidditch, compiti o missioni contro tu-sai-chi ma quando si andava a sondare il campo dei sentimenti quella sicurezza si sgretolava come un castello fatto di carte al primo accenno di vento.
Continuò guardandola di sottecchi: “...però voglio tenere fede alla mia parola: ti avevo promesso una sorpresa e io te la farò."
"E' per questo che sono qui?"
"Si, é per questo" le confermò lui con sguardo deciso.
Aveva aspettato un giorno per quel momento ma tutto era stato guastato da... da cosa in fondo? Dal fatto che Harry era scomparso per tutto il giorno? Dal fatto che lei si era immaginata un suo fantomatico tentativo di lasciarla?
In fondo Harry lo faceva spesso e volentieri... aveva sempre delle "missioni". come le chiamava lui... era dal primo anno che era così...
Con limpida ragionevolezza si rese conto quanto avesse costruito un mare di paure sul nulla.
Era davvero lui che doveva chiederle scusa?
"Va bene, andiamo" si arrese lei.
Sul volto di Harry prese forma un sorriso a trentadue denti.
Per vederlo sorridere a quel modo, avrebbe fatto qualunque cosa. 

   
 
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