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Autore: giulia_b    11/06/2013    1 recensioni
Si siede, le mani strette tra i capelli, e grida.
Il vetro della finestra accanto a lui va in frantumi, così come il bicchiere e la bottiglia abbandonati sul tavolo, il boccettino dell’inchiostro tra la carta, lo specchio appeso alla parete. I pochi passanti in strada sollevano lo sguardo sulle schegge di vetro che cadono dall’alto. Una giovane madre al piano sottostante scuote leggermente il capo e, con un sospiro, sale le scale buie stringendo il bambino a sé.
Mentre l’urlo di Alexander si spegne, i frammenti sparsi per la stanza si ricompongono e tornano al loro posto, l’inchiostro rientra nel recipiente, i fogli appesi oscillano, la gente in strada torna a camminare credendosi visionaria.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bambino corre via nel lungo corridoio illuminato dalla luce grigia che entra dalle finestre, lasciando Alexander davanti ad una porta di legno scuro.
Due giorni. Sono passati solamente due giorni.
Aveva appena concluso l’esibizione e la folla aveva appena iniziato a diradarsi, quando un uomo gli si era avvicinato. Indossava un cilindro nero e il pesante mantello gli avvolgeva le spalle larghe. Gli aveva comunicato che l’avevano accettato alla scuola di illusionismo. Che, considerate le sue ristrettezze economiche, un collaboratore dell’istituto che preferiva rimanere anonimo avrebbe provveduto al pagamento delle lezioni e dell’alloggio. Che aveva la speranza di cambiare vita. Ma forse questo l’uomo in nero non lo sapeva.
Le lezioni sarebbero iniziate di lì a qualche giorno, ma Alex era voluto andare in anticipo al collegio per cominciare a studiare l’ambiente e capire come muoversi. Non vedeva un luogo tanto curato da quando i soldi della sua famiglia per pagare gli orfanotrofi avevano iniziato a scarseggiare.
Pesanti tende di velluto ai lati delle grandi finestre che si affacciano sul cortile interno e sui prati che circondano l’edificio. Lunghi tappeti stesi nei corridoi che attutiscono il rumore dei passi. Alle pareti, elaborate cornici che racchiudono dipinti accurati.
Alex solleva la mano per sfiorare con la punta delle dita lo scuro intarsiato della porta. Prende un respiro profondo e abbassa con decisione la maniglia. Gli si apre davanti una stanza ampia dal soffitto alto illuminata dalla luce proveniente dall’esterno.
-E tu saresti?-
Alexander sobbalza al suono della voce proveniente da dietro il tessuto rosso scuro che scende dal baldacchino del letto alla sua destra. Il ragazzo scende dal materasso e gli si avvicina. È alto, decisamente più alto di lui, i capelli scuri gli sfiorano delicatamente il collo, la pelle abbronzata fa pensare che venga da uno dei paesi sulla costa meridionale, gli occhi neri lo guardano curiosi.
-Alexander Teller- risponde, stringendo le dita intorno al manico della vecchia borsa consumata dove tiene le poche cose che possiede.
-Sei lo studente nuovo?-
Alex annuisce.
-Io sono James Brown, piacere di conoscerti-
Le sue labbra si curvano in un sorriso mentre gli porge la mano. Il ragazzo fa durare il contatto pochi istanti, osservando a disagio la camicia candida di James, di un colore così diverso dall’unica che lui possiede e che nasconde sotto la giacca scura.
Distoglie lo sguardo dal ragazzo e osserva le pesanti tende alle finestre e i decori in rilievo dei tre armadi e dei tre letti appoggiati contro al muro.
Un leggero spostamento d’aria gli provoca un brivido lungo la schiena.
-Tieni i tuoi oggetti di scena in quella valigia?
-Come?-
-Nella valigia. Hai i tuoi oggetti di scena? Quello che ti serve per i trucchi?- ripete James, accennando alla borsa che Alex stringe tra le dita.
-No- risponde, scuotendo leggermente il capo. –C’è tutto quello che ho-
-Non prendermi in giro, hanno portato cose in camera tutto ieri. E non sono mie né di Ethan-
-Dove sono?-
Con un cenno indica il tavolo colmo di libri davanti alla finestra.
Alex si avvicina, lasciando la valigia accanto alla porta. I volumi sono allineati ordinatamente sul ripiano, letteratura, anatomia, biologia, e sopra a tutti un foglio di carta spessa ripiegato. Lo prende tra le dita e lo apre lentamente.
“C’è tutto quello di cui puoi avere bisogno. Non mi deludere. Difficilmente ti verrà data un’altra possibilità”
I bauli che ha davanti si aprono, rivelandosi pieni di camicie bianche, pantaloni scuri e giacche della sua taglia.
-Perché quella faccia stupita? Sono solo dei vestiti- dice James, affiancandolo.
-Non indosso vestiti nuovi da quasi dieci anni- risponde Alex in un sussurro.
-È assurdo- mormora l’altro incredulo.
-Da dove vieni, ragazzino?-
La voce bassa alle loro spalle li fa girare verso il ragazzo sulla poltrona accanto alla finestra. I lunghi capelli biondi sono tenuti fermi alla base della nuca da un laccio di cuoio, le maniche della camicia chiara sono arrotolate fino ai gomiti, la pelle è scura quanto quella di James, forse di più.
-Ethan, lui è il nuovo studente, Alexander Teller. Alexander, questo è Ethan Douglas-
-Non hai risposto alla mia domanda, ragazzino- dice Ethan dopo qualche istante.
-Ho diciotto anni, non chiamarmi ragazzino- risponde Alex.
-Appunto. Si arriva al quarto anno ad almeno ventidue anni, tu ne hai diciotto, sei un ragazzino. E i motivi per cui puoi essere al quarto anno e non al primo, possono essere solo due: hai pagato qualcuno del consiglio della scuola o sei veramente bravo-
-Escluderei la prima-
-Perché?-
-Perché la mia intera casa è più piccola della metà di questa stanza. Perché sopravvivo grazie a quello che mi viene dato per degli spettacoli improvvisati ai lati della strada. Perché negli ultimi anni ho vissuto lontano da qualsiasi ambiente prestigioso, ambiente di cui sicuramente questo posto fa parte. Perché nell’ultimo periodo tutto quello che ho sono tre monete al giorno. Sono sufficienti come motivazioni o te ne serve qualche altra?- risponde Alex.
-E tutta quella roba?-
-Mi è stata offerta. Non avrei potuto nemmeno permettermi la retta del collegio altrimenti-
-Vedremo se te la sei meritata-
Ethan e Alex si osservano in silenzio, fino a quando James scoppia a ridere.
-Ci sarà da divertirsi quest’anno- esclama.
Ethan interrompe il contatto visivo e si volta verso l’amico con un’espressione divertita sul volto.
Alexander si volta, lasciando il foglio sulla scrivania e prendendo in mano uno dei volumi rilegati in pelle con sottili decori dorati. Il cappello si solleva e si posa sulla borsa che ha portato da casa e i bauli si richiudono, scivolando sul pavimento fino ad incontrare la parete sotto il tavolo.
-Da dove sei spuntato?- chiede James all’amico.
-Dalla porta. Ma eri troppo distratto dal novellino per accorgertene anche se non mi sono impegnato particolarmente per confondermi- risponde Ethan sorridendo.
-Confonderti?- chiede Alex.
-Confondermi con l’ambiente. È quasi una forma di invisibilità. Iniziano insegnarla al terzo anno- risponde Ethan, alzandosi in piedi.
Si avvicina alle tende che proiettano una lunga ombra sul pavimento. Lentamente i contorni del suo corpo diventano sempre più indistinti, fino a che il ragazzo risulta quasi invisibile nell’oscurità. Alex lo osserva, affascinato da quel nuovo trucco. Sarebbe stato molto più facile sopravvivere per strada se l’avesse conosciuto prima.
-Come si fa?-
-È lo stesso principio della manipolazione, devi deviare la luce dal tuo corpo- interviene Jack. –Questo almeno in teoria. In pratica è più complicato, serve fare molto esercizio-
Alexander solleva una mano davanti al viso. Individua la luce diretta verso la pelle, quella riflessa diretta verso i suoi occhi e ne devia la direzione. Le dita si scuriscono quasi completamente, perdendo tridimensionalità.
-Così?- chiede a Jack, allungando il braccio verso di lui.
Il ragazzo si avvicina sbalordito, osservando attentamente la sua mano.
Ethan lo affianca incredulo, riprendendo colore e dimensione.
-È impossibile. Non può essere la prima volta che lo fai. Non puoi riuscirci così- mormora.
Qualcuno bussa alla stanza. I tre si voltano di scatto verso il bambino che spunta da dietro la porta socchiusa.
-Alexander Teller?- chiede.
-Sono io- risponde lui, facendo ricomparire la mano e stringendo le dita a pugno.
-Il rettore vi aspetta tra dieci minuti nel suo ufficio-
-Certo. Arrivo-
Si avvia verso il corridoio, mentre il bambino scompare dietro la porta.
-Alexander, sei già stato dal rettore?- lo chiama James.
Scuote la testa.
-È l’edificio nel cortile interno. E non sperare che il bambino ti accompagni; spariscono dopo aver recapitato il messaggio, nessuno sa nemmeno chi siano- interviene Ethan.
-D’accordo, grazie - risponde Alex.
-Ci vediamo direttamente in mensa per il pranzo- saluta James, con un sorriso.
Annuendo, Alex, si chiude la porta della stanza alle spalle.
Il corridoio è completamente vuoto. Appoggia la fronte al vetro freddo della finestra davanti a lui, con il fiato corto, rilassando i muscoli doloranti delle spalle. Una goccia di sudore gli scorre lungo la tempia, sulla pelle pallida. Non immaginava che sarebbe stato così difficile mantenere quell’aspetto tanto a lungo. La pelle del viso tira, i muscoli sono tesi nello sforzo.
Prendendo un respiro profondo, si volta e percorre il corridoio a ritroso, verso la direzione da cui ha raggiunto la stanza.


Ciao =)
Scusate per il terribile ritardo, ma non sapevo come risolvere la tecnica del "confondersi", l'avrò cambiata almeno dieci volte. E a questo proposito, non è completamente inventata com cosa, mi sono ispirata ai principi della fisica, in particolare a quello della riflessione, principio per cui in effetti riusciamo a precepire i corpi intorno a noi. Mi è sembrato che potesse stare in piedi questa rielaborazione, se avete qualcosa da dire sono felice di ascoltarla =)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere cosa ne pensate =)
Grazie a chi ha recensito gli scorsi capitoli e a chi ha inserito la mia storia tra le seguite/preferite. Grazie mille.
ciaociao a presto 

giulia
  
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