E
solo adesso me rendo conto, che non c'è nessuno in giro,
e che è
soltanto quel che penso,
mentre poi mi guardo intorno ciò che
vedo è il mio riflesso
su uno specchio,
troppo stanco di
morirmi sempre addosso.
(Quel matto sono io, Negramaro)
LUI.
-
È in gamba, ce la possiamo fare: tre Manticore sono tante, Gerard,
non possiamo rischiare che quegli scherzi della natura feriscano
qualcuno.
Mi allontanai, prima che potesse dire altro, prendendo
il mio posto in formazione.
- Non abbiamo parlato di quale
sarebbe il mio compito. - Si fece sentire lei, dopo qualche
istante.
- Cercare di non cadere. - La liquidai semplicemente. Mi
strattonò i fianchi,
- Piantala, Charlie: dico sul
serio.
Raccolsi le idee: le unità erano molto eterogenee, il
compagno del cavaliere non aveva un ruolo prestabilito, i due
trovavano l'intesa giusta dopo scontri e allenamenti in maniera
naturale, in base alle predisposizioni di ognuno.
Albert, il mio
vecchio compagno, faceva da diversivo, ma mai avrei suggerito a
Hermione una cosa simile.
- Mi fido di te, non devi fare niente di
speciale.
Mi abbassai sulla schiena di Moskosky, preparandomi
alla planata decisa, e lei mi imitò.
La formazione si divise,
seguii Igor, la prima ala, e puntammo su una Manticora, lui a destra
e io a sinistra. Quell'esemplare era parecchio più grosso di quelle
che avevo visto fino a quel momento, la sua coda in particolare era
più lunga e non ci permetteva di avvicinarci troppo, se non volevamo
essere colpiti. Era in posizione di attacco, pronta a lanciarci
addosso i dardi che come pungiglioni generava dalla punta della sua
estremità, e sapevamo entrambi per esperienza che il fuoco dei
nostri draghi a quella distanza avrebbe solo scaldato la spessa
crosta di pelle.
Guardai Igor con la coda dell'occhio,
velocemente, riportando subito lo sguardo sulla coda della Manticora:
anche lui stava pensando a un modo per avvicinarsi, rimanendo sempre
in movimento affinché lei non potesse colpirci con i suoi aculei.
-
Che succede? - La sua voce mi colse di sorpresa, mi ero già
dimenticato di averla dietro di me.
- Dobbiamo avvicinarci per
attaccarla, ma se ci colpisce con i suoi aculei siamo andati. Non
cercherà di combattere, è pronta per spararli.
- Questo lo vedo.
- Mi rispose, con un tono di voce vagamente petulante, che nella
confusione del momento mi portò a chiedermi perché me lo avesse
chiesto, allora. - Ho un'idea, fai dei cerchi attorno a lei, in modo
che possa puntare la bacchetta.
- Gli incantesimi non... -
iniziai, ma subito mi zittì:
- Lo so benissimo, ho un'idea:
tieniti pronto ad attaccare, non riuscirò a distrarla a lungo.
Avevo
detto che mi sarei fidato, ma non mi aspettavo che partecipasse
attivamente; eppure il segreto del successo delle unità era proprio
quello, la collaborazione dei compagni che li portava a combattere
all'unisono, e se lei era la mia compagna ero in qualche modo
costretto ad accettare il suo contributo, o non ce l'avrei fatta.
Iniziai a fare quello che mi aveva detto, ci piegammo sul fianco
destro e le volammo attorno, mentre Igor e Albert si tiravano al di
fuori della nostra traiettoria, capendo che avevamo qualcosa in
mente. La sentii sporgersi con cautela, dietro di me, per avere più
libertà di movimento, e se da un lato iniziavo ad avere dei dubbi
sulla sua proverbiale intelligenza, non del tutto sicuro di quello
che stava facendo, d'altra parte ero curioso di scoprire cosa aveva
pensato.
- Confringo!-
disse,
sicura, provocando un terremoto.
Non aspettai di vedere la
Manticora disorientarsi, con il terreno che le franava sotto alle
zampe, non appena captai l'incantesimo ne approfittai per
avvicinarmi con una rapida inversione di marcia, e così fece
Igor.
La infiammammo a una distanza tale da tramortirla, e
Moskosky, che amava fare le cose per bene, le planò addosso,
infilzandola da parte a parte con le sue zanne velenose. Gli scivolai
sul fianco, tenendomi grazie a una specie di briglia, e mozzai la
coda alla bestia con la spada, per evitare che in un'ultima
esalazione o movimento involontario lo colpisse.
Moskosky sputò
il cadavere a terra, trovandolo probabilmente ripugnante, e riprese
quota, pensando forse di essere stato l'eroe di quello scontro; gli
diedi qualche pacca bonaria sul dorso, e mi girai leggermente verso
Hermione.
Il vento del volo le aveva scompigliato i capelli,
liberando ciocche di ricci che le sbattevano alla rinfusa davanti
agli occhi: assomigliava ben poco alla ragazza che avevo notato al
matrimonio di Bill, eppure in quel momento seppi che se non poteva
essere lei l'altra metà di me, non avrebbe potuto esserlo
nessun'altra.
Non era tanto la sua abilità a colpirmi, quanto la
sua determinazione, la forza che faceva su sé stessa per combattere
anche in un momento che per lei era tutto fuorché naturale, come
essere in groppa a un drago in volo. Non ci potevo fare niente,
quella cosa per me era letale.
Diedi un'occhiata verso le altre
unità, impegnate in scontri a prima vista più semplici, e Igor e
Albert mi volarono accanto.
- La novellina ha fatto la sua parte,
tornate all'accampamento. - disse, e nell'appellativo sentii una nota
di cameratismo nella voce. Hermione aveva fugato ogni dubbio che era
passato nella testa di tanti, al suo arrivo, e avrei scommesso che
Igor non pensava più che lo scambio era stato così spudoratamente
in suo favore.
Annuii, e virammo verso la base: Igor sarebbe
andato in aiuto della squadra più in difficoltà, ma a occhio e
croce era tutto sotto controllo.
Sentii lo stomaco di Hermione
rilassarsi contro la mia schiena, a quelle parole, ma non disse
niente: un altro punto a suo favore.
Una volta arrivati scesi per
primo, aiutandola poi a fare lo stesso. Hermione scivolò con poca
grazia lungo il fianco di Moskosky e poi mi caracollò addosso,
momentaneamente senza equilibrio; trattenendo una risata mi misi
accanto a lei, sull'erba. Presto sarebbe scesa la sera, gli altri
cavalieri sarebbero tornati, ero contento di avere un momento solo
con lei. Dovevo ancora dirle che era stata brava.
- Ci possiamo
spostare? - ruppe il silenzio, incerta. La guardai interrogativo, -
Non sono ancora del tutto a mio agio a stare così vicino a lui. -
disse poi, indicando il drago.
Risi,
- Ma se ci eri a bordo
fino a poco fa!
Aggrottò la fronte,
- Mi sono impegnata, - si
giustificò, - ma non è facile.
Per me era ormai facile
dimenticarmi che quegli esemplari erano classificati, fino a un anno
prima, come quadrupla x, totalmente inaddomesticabili.
Sospirai
platealmente, per mascherare quanto la sua incertezza mi inteneriva,
e ci spostammo verso le tende, lontane dalle zone dove lasciavamo i
draghi.
LEI.
Mi
seccava fare la parte della fifona, ma non ero per niente tranquilla
accanto a Moskosky, per quanto durante il volo mi avesse dimostrato
di essere un essere senziente e tutto sommato in armonia con Charlie.
Lui mi mostrò l'accampamento, e la tenda dove avrei dormito; in
qualche modo rimasi insoddisfatta del fatto che lui avesse fatto
nessun accenno a come erano andate le cose contro la Manticora. Non
che pretendessi di sentirmi dire: “wow,
Hermione, sei bravissima!”, ma
lui non aveva detto proprio nulla. Almeno qualcosa mi aspettavo.
-
Domani partiamo. - Mi disse, distogliendomi dai miei pensieri.
-
Per dove? - Cercai di non dare a vedere che attendevo un
riconoscimento, in fondo era una cosa così infantile. Charlie
proseguì a spiegarmi:
-
In realtà ci incontriamo qui solo una volta ogni due settimane, la
maggior parte del tempo andiamo in avanscoperta: le Manticore non si
trovano in una zona precisa, se un'unità trova qualcosa lo comunica
agli altri.
Effettivamente era un buon piano.
Gli altri suoi
compagni non furono così parchi di complimenti come lui, e non mi
offesi troppo, quando arrivarono alla spicciolata come di ritorno da
una scampagnata, a sentirli dichiarare che avevano tutti pensato che
la mia presenza sarebbe stata più un peso che altro, ma che avevo
disatteso il loro pregiudizio.
Charlie ribatté, senza troppa
convinzione, che era perfettamente al corrente delle mie abilità, e
che il Ministro stesso non mi avrebbe mai permesso di unirmi
all'operazione se avessi potuto essere d'intralcio.
Dopo
la serata di festeggiamenti post battaglia intorno al fuoco, sebbene
la giornata fosse stata densa di avvenimenti, non riuscii a prendere
sonno facilmente.
Illuminai la mia stanza della tenda che dividevo
con Charlie, e non sapendo che altro fare iniziai a scrivere una
lettera a Ron.
Gettai alcune pergamene iniziate, accorgendomi che
senza volere avevo fatto riferimenti a draghi, manticore o al fatto
che fossi con suo fratello; e quando finalmente arrivai alla fine,
rileggendo le righe che avevo scritto, sentii la freddezza delle
parole vaghe, degli eventi costruiti su supposizioni di quello che
avrei dovuto fare stando a quanto gli avevo raccontato. Ron, dopo un
giorno mi mancava così tanto, ma più che il poco tempo dall'ultima
volta che lo avevo visto era proprio il fatto che non potevo
condividere quello che vivevo con lui. Avrei voluto che mi fosse
accanto, eppure per via della promessa che avevo fatto al Ministro, e
per il desiderio di proteggerlo, lo avevo lasciato fuori.
Mi ero
avvicinata all'ingresso della tenda, per permettere al gufo di volare
via e andare a consegnare il mio messaggio, quando la voce severa di
Charlie mi colse alla sprovvista.
- Che fai?
Sussultai,
-
Mi hai spaventato. - dissi, richiudendo la tenda dietro di me.
-
Non è il caso di fare passeggiatine al chiaro di luna: ti dimentichi
che qua fuori è pieno di draghi? Ognuno di loro rispetta solo il
proprio cavaliere, alcuni mostrano tolleranza anche per il compagno,
ma ti assicuro che non si farebbero molti problemi a utilizzarti come
dessert. - Mi rimproverò, aspro.
- Non era mia intenzione,
uscire. - Mi giustificai, mettendomi sulla difensiva. - E poi,
Charlie Weasley, so badare a me stessa, anche se tu non te ne sei
accorto.
Sì, era infantile ma mi pungeva il fatto che, proprio
quello che avrebbe dovuto essere il mio compagno, non sembrava
essersi accorto che ero in grado di affiancarlo e combattere come
tutti gli altri. Il suo volto si incupì:
- Vuoi sentirti dire che
sei stata brava? Sì, sei stata brava, non sarà una passeggiata ma
tu sei in gamba, l'ho sempre saputo. Ma ti ho promesso di
proteggerti, e questo vuol dire che non posso considerarti come mia
pari, fine della discussione.
Le parole gli erano uscite
stridenti, sputate, nervose: rimasi sbalordita da quella
dichiarazione che non capivo.
Non aspettò che potessi ribattere,
e si ritirò nella sua zona, spegnendo la lanterna.
La luce
mi colpì gli occhi, prepotentemente, mi rigirai: avevo la sensazione
di essermi addormentata da non più di qualche minuto.
- Forza,
Hermione, - mi pungolò la voce di Charlie, - dobbiamo partire, ora.
Ho già preparato tutto, vai a lavarti la faccia che richiudo la
tenda.
Mi misi a sedere, crucciata,
- Non mi devi trattare come
una bambina. - Lo rimproverai.
Di umore migliore rispetto a quella
notte, Charlie rise:
- Come una bambina? Mi hanno insegnato che il
lavoro sporco spetta ai maschi, per galanteria: dimmi un po', non
dirmi che facevi la schiavetta a mio fratello e Potter?
- No. -
Borbottai, stranita nel vedere che effettivamente la tenda era stata
sgombrata da tutto, fuorché i miei oggetti personali.
Nda:
Ecco il terzo capitolo, dove, nell'ultimo pezzo, la parola "matto" legata a Charlie inizia ad avere più significato.
Scusate se gli aggiornamenti non sono così veloci, ma spero che
l'evoluzione, per quanto lenta, della trama possa compensare.
Spero che stiate continuando a leggerla, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima, grazie mille per chi ha recensito lo scorso capitolo!