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Autore: postergirl84    12/06/2013    7 recensioni
La Push un posto come tanti ma che per qualcuno significa casa.
La Push un posto come tanti e forse l’unico per ritrovarsi.
La Push un posto come tanti e forse l’unico per ricominciare.
La Push un posto come tanti e forse quello giusto per innamorarsi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Embry Call, Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 26
Cambiamenti

Fino a l’anno scorso la mia vita aveva una sua direzione precisa. Non c’erano imprevisti, non c’erano intoppi. Sapevo chi ero e cosa voleva e poi in un istante tutto è cambiato.

Sospiro e alzo gli occhi dal foglio guardando l’ora.  Ho rimandato per troppo tempo, devo metterlo nero su bianco e poi voltare pagina.

Ho diciotto anni  e alcuni pensano che sia  l’età migliore, ancora ragazzina puoi vivere dei tuoi sogni, senza rimpianti. Ma non è così, perché è adesso che ci viene chiesto di prendere in mano la nostra vita, di fare scelte da cui dipenderà tutto il nostro futuro. E una scelta non è mai giusta o sbagliata è solo dettata da chi sei in quel momento.
Ma quel momento passa. È solo un istante, un istante in cui sei diversa dal prima e dal dopo.
Nell’ultimo anno la mia intera vita è cambiata. Credevo che ne avrei sempre avuto il controllo, ma non è stato così. Credevo di sapere chi ero e cosa volevo ma non era vero. Credevo, credevo in tantissime cose ma soprattutto credevo in me stessa.
È bastato un solo istante per cancellarmi.
Ed è lì che ho iniziato a capire, a vedere di quanti istanti è fatta la nostra vita e di quanto quegli istanti siano decisivi e immutabili.
L’istante in cui il rosso del semaforo è scattato e la macchina su cui viaggiavo si è schiantata contro un camion. L’istante infinito in cui la  mia migliore amica ha smesso di vivere. L’istante in cui non sono riuscita ad accettarlo, l’istante  in cui invece lo fatto.
E poi ci sono altri istanti, forse migliori. L’istante in cui lo vedi per la prima volta, l’istante in cui capisci, l’istante in cui ti innamori. E ancora l’istante in cui il tuo cuore si spezza.
Una volta lessi in un libro che il cuore te lo spezzano una volta sola, tutto il resto sono solo graffi.
Il mio cuore si è spezzato a diciassette anni e non ero mai stata innamorata.
La spaccatura del mio cuore aveva un nome ben preciso, il nome della mia migliore amica.
Ma in quello stesso anno, nell’anno in cui avevo perso tutto,  mi sono innamorata.
L’amore ha tante forme, ha mille sfaccettature ma quello che ho imparato da esso e che non puoi amare senza metterti in gioco al mille per mille. Non puoi amare senza perdere una parte di te, non puoi amare e restare la stessa.
Ho amato, forse l’ho fatto nel modo sbagliato, forse non esiste il modo giusto.
Non ho avuto paura e ho sofferto. Graffi su graffi, cicatrice sopra cicatrice ma se quell’ amore, se quel dolore mi ha portata a essere chi sono adesso,  rifarei tutto da capo.
Credo di essere una persona non migliore ma diversa, credo di essere una persona più forte, credo soprattutto, di essere pronta al futuro.
Credo che il futuro che voglio è lì, ad un soffio da me e voglio iniziare a costruirlo passo dopo passo, iniziando da qui.

“Rose.”
Continuo a scrivere e cerco di ignorarlo
“Rose, lo so che mi hai sentito.”
Sbuffo e infilo foglio e penna nella borsa. “Sei in ritardo”, dico senza alzare gli occhi.
“Lo so, scusa. C’era traffico.”
Lo guardo ed è sempre più vicino. Un anno fa non l’avrei mai detto ma anche un cuore spezzato può guarire.
Quando ho conosciuto lui non lo credevo possibile. Ma lui ha saputo farmi ridere, lui ha saputo amarmi cosi com’ero: spezzata. E poi mi ha rimesso insieme.
“Non mi dai neanche un bacio?”
“Non te lo meriti.”
Scoppia a ridere e alza gli occhi al cielo. “Cosa stavi scrivendo?”
“La lettera per l’amissione al college.”
“Rose, credevo l’avessi già spedita.”
“Non ti ci mettere pure tu. Mi  basta mio padre.”
“Tuo padre ha ragione.”
Lo guardo incredula e incrocio le braccia al seno. “E tu da quando dai ragione a mio padre?”
Si stringe nelle spalle e afferra la mia borsa. “Da quando le domande di ammissione scadono fra una settimana. Dov’è il resto?”
“Il resto di cosa?”
“Il resto delle valige, principessa.”
“Ho metà delle mie cose nel tuo armadio, non devo sempre muovermi con mille bagagli.”
Tossisce e fa finta di soffocare. Sbuffo, vorrei tanto tirargli un pugno ma mi farei male solo io.
“Principessa, ha proposito delle tue cose...”
“Embry, ne abbiamo già parlato. Non metto i miei vestiti in uno scatolone.”
“Ma è assurdo che ci debbano stare i miei, sei qua solo nei weekend.”
“Vuoi che passi pure i weekend a Los Angeles?”
“Viziata”, borbotta e si incammina verso l’uscita dell’aereoporto.
“Fai sempre in tempo a sceglierti qualcun'altra con cui stare”, dico sorpassandolo.
Mi blocca per un braccio, lascia andare la mia borsa e mi tira verso di lui baciandomi.
Dio, le sue labbra. Due settimane sono sempre cosi dannatamente lunghe. Si stacca da me troppo presto e mi circonda il viso con le mani. “Ma io voglio te. Voglio sempre te, Principessa.”

“Io voglio te.”
Lo sento anche se lo sussurra appena, ha la voce roca e il respiro ancora spezzato. Scuoto la testa e continuo a piangere. Serra di più le dita sui miei polsi e prova a spostarmi le mani.
“Rose.”
“Embry, io… lasciami andare.”
Mi libera i polsi e mi alzo rivestendomi in fretta. Mi mordo l’interno della guancia e mi volto a guardarlo: si è rimesso anche lui i pantaloni e ha la fronte appoggiata alla roccia, le spalle che si alzano e si abbassano troppo velocemente.
Ho paura, ho paura per lui, io oramai non sento niente. Di nuovo.
Devo andare via. Non dovevo tornare, ora è ancora più difficile.
Cretina, cretina, cretina.
Faccio un passo quando lui si alza all’improvviso e mi raggiunge.
Volto la testa ma lui mi afferra per il mento, mi costringe a guardarlo e io non voglio.
“Io voglio te.”
“Ma non ha importanza.”
“E invece ce l’ha.” Respira, respira affondo e poi mi bacia. Mi stringe più forte a lui e non trema.
Sgrano gli occhi, faccio un passo indietro e lui sorride. Non lo vedevo sorridere da così tanto.
“Che significa? ”chiedo.
Il cuore mi fa male, non voglio sentire la risposta o forse sì.
“Non lo so, Rose, ma prima …. ora è diverso.”
Allunga una mano e mi trascina di nuovo vicino a lui. Riprende a baciarmi e scoppia a ridere. Mi bacia il naso. “Sto bene.” Le guance “Era come non riuscire a respirare.” Le palpebre. “Ma ora è passato.”  Il  mento. “ Non sento più tirare, non sento… sento solo te.” Ride ancora mentre mi solleva in braccia.
“Vuoi dire che…” Non posso dirlo, non voglio sperare.
“Che l’imprinting è spezzato.”

 

 
Embry si ferma a un semaforo e mi sorride.  “È la prima volta in dieci giorni che non piove.”
“Ovvio, sono arrivata io.”
Mi sfiora le labbra velocemente. “Egocentrica.”
“Pensa a guidare.”
“Ma La Push è ancora lontana, potremmo…”
“Essere arrestati per atti osceni in luogo pubblico. Guida, testone.”
Borbotta qualcosa che non riesco a  capire e torna a guardare la strada.Odio essere lontana da lui, ma è l’ultimo anno delle superiori,  dovevo tornare a casa, dovevo sistemare le cose con i miei e April. Tornare a essere sorelle, la sorella che aveva perso dopo l’incidente.
Non volevo venire a La Push e ora, quando sono a Los Angeles, mi manca tutto di qui. No, non tutto ma le persone. Mi manca Jake e quel rapporto tutto nostro che sfugge  a ogni definizione, mi manca Kim e quel tipo di amicizia che non credevo più possibile.
“Embry, aspetta, aspetta, gira per casa di Kim,” dico quando ormai siamo quasi arrivati.
Mi guarda. “Subito?”
“Sì, per telefono mi ha detto che doveva parlarmi di una cosa importante.”
“Rose, mia madre è a lavoro e…”
“Dai, amore, giuro che ci sto poco.”
“Certo come no.” Sbuffa e poi inizia a rallentare. “Comunque non serve che ti ci porti, è qua lei.”
“Dove?”
Mi indica il portico mentre posteggia e Kim si alza, esco dalla macchina e le corro incontro abbracciandola.
“Sai, avevo perso le speranze di rivederti”, dice fingendosi offesa.
“Lo so, ma sono state due settimane assurde. Ho ripreso le lezioni di danza.”
“Perché non me l’hai detto?”
“Mi sembrava che i tuoi problemi fossero più urgenti. Entriamo in casa e dimmi tutto.”
La prendo sottobraccio e ci avviamo per le scale.
“Ehi.”
Mi volto e guardo Embry appoggiato alla portiera. Scuote la testa ma poi sorride. “Nel caso te lo stessi chiedendo vado da Jake.”
“Ok, a dopo.” Gli soffio un bacio e lui si siede in macchina.
“Kim.” Abbassa il finestrino e lei lo guarda. “Cerca di dirgli tutto perché stasera Rose, non c’è. Neanche si schiantasse un meteorite.”
“Se si schianta un meteorite non potreste fare sesso lo stesso, Embry.”
“Tutto è possibile qui a La Push,” dico. Uno sguardo buttato alle mie unghie smaltate, il gel sull'indice rovinato per quella scivolata memorabile a lezione di danza. È vero me ne rendo conto mentre parlo e gli faccio una linguaccia.
“Non sei gelosa?” E' cambiato tutto quello che credevo non sarebbe cambiato mai.
“Di te e Jake?” Scuoto la testa e gli faccio la linguaggio mentre Kim scoppia a ridere.
Sono felice.

 

Angolo autrice.

 
Non ho pianto scrivendo li altri capitoli e ho pianto su questo, la lettera è stata un momento davvero molto importante per me, spero che riesca ad  arrivarvi in qualche modo. Questa è stata una storia difficile, forse diversa dal mio solito genere ma che  mi è servita. E ora Rose è felice e lo sono anche io. Sono felice  di avervi fatto leggere questa storia, di aver  trovato delle lettrici come voi, di avervi ancora qui, quasi alla fine.
A Mercoledì prossimo con l’epilogo. Qualcuno a idea di cosa possa succedere?
Con affetto
Noemi
Ps: a proposito di lupi, se qualcuno conosce Teen Woolf ho scritto una piccola One- Shot: Chiaroscuro

   
 
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