Capitolo 26
Cambiamenti
Fino
a l’anno scorso la mia vita aveva una sua direzione precisa.
Non c’erano
imprevisti, non c’erano intoppi. Sapevo chi ero e cosa voleva
e poi in un
istante tutto è cambiato.
Sospiro e alzo gli occhi dal
foglio guardando l’ora.
Ho rimandato per troppo tempo, devo metterlo
nero su bianco e poi voltare pagina.
Ho
diciotto anni e
alcuni pensano che
sia l’età
migliore, ancora ragazzina
puoi vivere dei tuoi sogni, senza rimpianti. Ma non è
così, perché è adesso che
ci viene chiesto di prendere in mano la nostra vita, di fare scelte da
cui
dipenderà tutto il nostro futuro. E una scelta non
è mai giusta o sbagliata è
solo dettata da chi sei in quel momento.
Ma
quel momento passa. È solo un istante, un istante in cui sei
diversa dal prima
e dal dopo.
Nell’ultimo
anno la mia intera vita è cambiata. Credevo che ne avrei
sempre avuto il
controllo, ma non è stato così. Credevo di sapere
chi ero e cosa volevo ma non
era vero. Credevo, credevo in tantissime cose ma soprattutto credevo in
me
stessa.
È
bastato un solo istante per cancellarmi.
Ed
è lì che ho iniziato a capire, a vedere di quanti
istanti è fatta la nostra
vita e di quanto quegli istanti siano decisivi e immutabili.
L’istante
in cui il rosso del semaforo è scattato e la macchina su cui
viaggiavo si è
schiantata contro un camion. L’istante infinito in cui la mia migliore amica ha
smesso di vivere.
L’istante in cui non sono riuscita ad accettarlo,
l’istante in
cui invece lo fatto.
E
poi ci sono altri istanti, forse migliori. L’istante in cui
lo vedi per la
prima volta, l’istante in cui capisci, l’istante in
cui ti innamori. E ancora
l’istante in cui il tuo cuore si spezza.
Una
volta lessi in un libro che il cuore te lo spezzano una volta sola,
tutto il
resto sono solo graffi.
Il
mio cuore si è spezzato a diciassette anni e non ero mai
stata innamorata.
La
spaccatura del mio cuore aveva un nome ben preciso, il nome della mia
migliore
amica.
Ma
in quello stesso anno, nell’anno in cui avevo perso tutto, mi sono innamorata.
L’amore
ha tante forme, ha mille sfaccettature ma quello che ho imparato da
esso e che
non puoi amare senza metterti in gioco al mille per mille. Non puoi
amare senza
perdere una parte di te, non puoi amare e restare la stessa.
Ho
amato, forse l’ho fatto nel modo sbagliato, forse non esiste
il modo giusto.
Non
ho avuto paura e ho sofferto. Graffi su graffi, cicatrice sopra
cicatrice ma se
quell’ amore, se quel dolore mi ha portata a essere chi sono
adesso, rifarei
tutto da capo.
Credo
di essere una persona non migliore ma diversa, credo di essere una
persona più
forte, credo soprattutto, di essere pronta al futuro.
Credo
che il futuro che voglio è lì, ad un soffio da me
e voglio iniziare a
costruirlo passo dopo passo, iniziando da qui.
“Rose.”
Continuo a scrivere e cerco di ignorarlo
“Rose, lo so che mi hai sentito.”
Sbuffo e infilo foglio e penna nella borsa. “Sei in
ritardo”, dico senza alzare gli occhi.
“Lo so, scusa. C’era traffico.”
Lo guardo ed è sempre più vicino. Un anno fa non
l’avrei
mai detto ma anche un cuore spezzato può guarire.
Quando ho conosciuto lui non lo credevo possibile. Ma lui
ha saputo farmi ridere, lui ha saputo amarmi cosi com’ero:
spezzata. E poi mi
ha rimesso insieme.
“Non mi dai neanche un bacio?”
“Non te lo meriti.”
Scoppia a ridere e alza gli occhi al cielo. “Cosa stavi
scrivendo?”
“La lettera per l’amissione al college.”
“Rose, credevo l’avessi già
spedita.”
“Non ti ci mettere pure tu. Mi
basta mio padre.”
“Tuo padre ha ragione.”
Lo guardo incredula e incrocio le braccia al seno. “E tu
da quando dai ragione a mio padre?”
Si stringe nelle spalle e afferra la mia borsa. “Da
quando le domande di ammissione scadono fra una settimana.
Dov’è il resto?”
“Il resto di cosa?”
“Il resto delle valige, principessa.”
“Ho metà delle mie cose nel tuo armadio, non devo
sempre
muovermi con mille bagagli.”
Tossisce e fa finta di soffocare. Sbuffo, vorrei tanto
tirargli un pugno ma mi farei male solo io.
“Principessa, ha proposito delle tue cose...”
“Embry, ne abbiamo già parlato. Non metto i miei
vestiti
in uno scatolone.”
“Ma è assurdo che ci debbano stare i miei, sei qua
solo
nei weekend.”
“Vuoi che passi pure i weekend a Los Angeles?”
“Viziata”, borbotta e si incammina verso
l’uscita
dell’aereoporto.
“Fai sempre in tempo a sceglierti qualcun'altra con cui
stare”, dico sorpassandolo.
Mi blocca per un braccio, lascia andare la mia borsa e mi
tira verso di lui baciandomi.
Dio, le sue labbra. Due settimane sono sempre cosi dannatamente lunghe.
Si stacca
da me troppo presto e mi circonda il viso con le mani. “Ma io
voglio te. Voglio
sempre te, Principessa.”
Lo sento anche se
lo sussurra appena, ha la voce roca e il respiro ancora spezzato.
Scuoto la
testa e continuo a piangere. Serra di più le dita sui miei
polsi e prova a
spostarmi le mani.
“Rose.”
“Embry, io… lasciami
andare.”
Mi libera i polsi e
mi alzo rivestendomi in fretta. Mi mordo l’interno della
guancia e mi volto a
guardarlo: si è rimesso anche lui i pantaloni e ha la fronte
appoggiata alla
roccia, le spalle che si alzano e si abbassano troppo velocemente.
Ho paura, ho paura
per lui, io oramai non sento niente. Di nuovo.
Devo andare via.
Non dovevo tornare, ora è ancora più difficile.
Cretina, cretina,
cretina.
Faccio un passo
quando lui si alza all’improvviso e mi raggiunge.
Volto la testa ma
lui mi afferra per il mento, mi costringe a guardarlo e io non voglio.
“Io voglio te.”
“Ma non ha
importanza.”
“E invece ce l’ha.”
Respira, respira affondo e poi mi bacia. Mi stringe più
forte a lui e non
trema.
Sgrano gli occhi,
faccio un passo indietro e lui sorride. Non lo vedevo sorridere da
così tanto.
“Che significa? ”chiedo.
Il cuore mi fa
male, non voglio sentire la risposta o forse sì.
“Non lo so, Rose,
ma prima …. ora è diverso.”
Allunga una mano e
mi trascina di nuovo vicino a lui. Riprende a baciarmi e scoppia a
ridere. Mi
bacia il naso. “Sto bene.” Le guance “Era
come non riuscire a respirare.” Le
palpebre. “Ma ora è passato.” Il
mento. “ Non sento più tirare, non
sento… sento
solo te.” Ride ancora mentre mi solleva in braccia.
“Vuoi dire che…”
Non posso dirlo, non voglio sperare.
“Che l’imprinting è
spezzato.”
Embry si ferma a un semaforo e mi sorride. “È
la prima volta in dieci giorni che non
piove.”
“Ovvio, sono arrivata io.”
Mi sfiora le labbra velocemente. “Egocentrica.”
“Pensa a guidare.”
“Ma La Push è ancora lontana,
potremmo…”
“Essere arrestati per atti osceni in luogo pubblico.
Guida, testone.”
Borbotta qualcosa che non riesco a
capire e torna a guardare la strada.
Non volevo venire a La Push e ora, quando sono a Los
Angeles, mi manca tutto di qui. No, non tutto ma le persone. Mi manca
Jake e
quel rapporto tutto nostro che sfugge
a
ogni definizione, mi manca Kim e quel tipo di amicizia che non credevo
più
possibile.
“Embry, aspetta, aspetta, gira per casa di Kim,”
dico
quando ormai siamo quasi arrivati.
Mi guarda. “Subito?”
“Sì, per telefono mi ha detto che doveva parlarmi
di una
cosa importante.”
“Rose, mia madre è a lavoro
e…”
“Dai, amore, giuro che ci sto poco.”
“Certo come no.” Sbuffa e poi inizia a rallentare.
“Comunque non serve che ti ci porti, è qua
lei.”
“Dove?”
Mi indica il portico mentre posteggia e Kim si alza, esco
dalla macchina e le corro incontro abbracciandola.
“Sai, avevo perso le speranze di rivederti”, dice
fingendosi offesa.
“Lo so, ma sono state due settimane assurde. Ho ripreso
le lezioni di danza.”
“Perché non me l’hai detto?”
“Mi sembrava che i tuoi problemi fossero più
urgenti.
Entriamo in casa e dimmi tutto.”
La prendo sottobraccio e ci avviamo per le scale.
“Ehi.”
Mi volto e guardo Embry appoggiato alla portiera. Scuote
la testa ma poi sorride. “Nel caso te lo stessi chiedendo
vado da Jake.”
“Ok, a dopo.” Gli soffio un bacio e lui si siede in
macchina.
“Kim.” Abbassa il finestrino e lei lo guarda.
“Cerca di
dirgli tutto perché stasera Rose, non
c’è. Neanche si schiantasse un
meteorite.”
“Se si schianta un meteorite non potreste fare sesso lo
stesso, Embry.”
“Tutto è possibile qui a La Push,” dico.
Uno sguardo
buttato alle mie unghie smaltate, il gel sull'indice rovinato per
quella
scivolata memorabile a lezione di danza. È vero me ne rendo
conto mentre parlo
e gli faccio una linguaccia.
“Non sei gelosa?” E' cambiato tutto quello che
credevo
non sarebbe cambiato mai.
“Di te e Jake?” Scuoto la testa e gli faccio la
linguaggio
mentre Kim scoppia a ridere.
Sono felice.
Angolo
autrice.
A Mercoledì prossimo con l’epilogo. Qualcuno a
idea di
cosa possa succedere?
Con affetto
Noemi
Ps: a proposito di lupi, se qualcuno conosce Teen Woolf ho
scritto una piccola One- Shot: Chiaroscuro