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Autore: sophie97    13/06/2013    1 recensioni
"L’uomo contava annoiato i petali che conponevano la corolla di un fiore appena colto dal prato. Era bello, dai colori vivaci, brillanti, in netto contrasto con l’atmosfera in cui era immerso. Era l’unico su quel prato, era solo e se non fosse stato raccolto da lui probabilmente qualcuno lo avrebbe calpestato, ponendo violentemente fine alla sua breve e fragile vita. [...]".
Seconda classificata al Clessidra Contest indetto da Domil B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Una settimana dopo…


 
La piana era vasta. In lontananza si notavano appena le luci dell’accampamento persiano.
Era ormai qualche giorno che i Greci avevano raggiunto il luogo della tanto temuta battaglia ma ancora i generali ateniesi non avevano dato segno di voler attaccare.
D’altra parte, anche i nemici sembravano voler temporeggiare.
Le ore passavano lentamente, caratterizzate da una monotonia quasi insostenibile.
I soldati sostavano all’interno delle tende e parlavano tra loro, chi impaziente, chi preoccupato, chi rassegnato.
Ayios sedeva sotto un albero spoglio, contemplando il panorama triste e cupo che incorniciava quella giornata di settembre dall’alto delle colline sulle quali era posto l’accampamento. Poco distante sorgeva un piccolo e fitto bosco e, a giudicare dal rumore lieve dello scrosciare dell’ acqua che si udiva nel silenzio, un ruscello doveva correre indisturbato lì vicino.
Un passero solitario cantava note tristi e malinconiche zampettando insicuro sul terreno erboso.
L’uomo contava annoiato i petali che conponevano la corolla di un fiore appena colto dal prato. Era bello, dai colori vivaci, brillanti, in netto contrasto con l’atmosfera in cui era immerso. Era l’unico su quel prato, era solo e se non fosse stato raccolto da lui probabilmente qualcuno lo avrebbe calpestato, ponendo violentemente fine alla sua breve e fragile vita.
Era così che si sentiva: fragile. Fragile come quel piccolo fiore, unico superstite di quell’ estate ormai finita. Anche la sua vita di soldato poteva venire schiacciata da un momento all’altro, dal peso della guerra.
Eppure, quando ne aveva avuto la possibilità, non si era sottratto al suo compito evitando di partire. Non si era lamentato come molti facevano ma si era limitato a sperare in silenzio che sarebbe arrivato il giorno del suo ritorno a casa, dalla sua famiglia.
E adesso che era lì, ad attendere il segnale del suo comandante, non era pentito.
Perché combatteva per se stesso, non perché glielo avessero imposto. Combatteva per la sua terra, per la sua famiglia… combatteva per suo figlio che lo aspettava inconsapevole su quella collina solitaria a pochi passi dalla grande città. Che lo attendeva ansioso di poter giocare di nuovo con il suo papà e di vincere un altro duello a colpi di spade di legno.
Non era pentito e aspettava con coraggio e determinazione il momento dell’attacco, quel segnale che come indicava l’avvicinarsi della morte, poteva anche portare alla vita.
E questo arrivò, un’ora dopo.
 

Era l’11 settembre quando, alle prime luci del mattino, gli Ateniesi scesero in campo, ricoprendo velocemente quel tratto di pianura lungo quasi due chilometri che li distanziava dai nemici.
Ayios era in prima fila, dove era sempre stato, e correva con un’espressione che non appariva né adirata né turbata, ma che quasi nascondeva il germoglio di un timido sorriso.
Nella mano sinistra il fiore che aveva colto poco prima, bello come fosse appena stato staccato dal suo stelo; non aveva avuto il coraggio di abbandonarlo a terra, solo, dove lo aveva trovato. Inoltre averlo vicino gli infondeva uno strano senso di sicurezza…

 
Gli opliti avanzavano, cogliendo quasi di sorpresa l’esercito persiano, ormai abituatosi a quei lunghi giorni di tranquillità.
Gli stranieri cominciarono a scagliare frecce in cielo e su di loro non appena li ebbero visti avvicinarsi e qualche soldato greco cadde a terra ferito già durante la corsa. Ayios pose la mano sulla sua spada, pronto ad estrarla al momento più opportuno e strinse forte a sé lo scudo, gli occhi fissi verso il punto in cui i Persiani si preparavano allo scontro.
Evitò una freccia che andò a conficcarsi nella piana a pochi centimetri da lui.
Sentì il suo comandante gridare qualcosa, forse una frase di incoraggiamento.
Poi i due schieramenti si scontrarono.


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