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Autore: LuceBre    15/06/2013    1 recensioni
Anna e Nicola.
Due fratelli con un forte legame.
Ognuno con i propri problemi. Alcuni più importanti, alcuni meno.
*
La conosceva quasi meglio delle sue tasche.
Gli bastava osservarla per capire subito il suo umore.
Gli bastava sentire la sua voce per capire il suo stato d'animo.
Gli bastava guardare dentro di se per capire come stava.
E questo valeva palesemente anche per lei.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Undicesimo capitolo.


Non aveva mai avuto la passione per lo shopping.
Non pensava che fare compere, che andare in giro per negozi a spendere l'ira di Dio per vestiti che mai avrebbe indossato l'avrebbe fatta sentire bene. Meglio.
Non riusciva però più a restare chiusa in casa. Circondata da quattro muri freddi e colorati. Inespressivi e pieni di ricordi.
Prese la giacca, le chiavi e se ne andò.
Prese il primo autobus che portava in città e si mise a girovagare per il centro.
Senza un obiettivo. Senza uno scopo.
Senza rendersene conto si ritrovò in un parchetto nascosto. Vicino ad una scuola.
C'erano alcuni bambini che nonostante il freddo giocavano sullo scivolo e con la sabbiera.
Emma adorava giocare con la sabbia.
Da piccola costruiva vulcani.
Faceva una montagnola bella compatta. La bucava lateralmente e sopra. Suo papà metteva dentro un foglio di giornale bruciante. Vedeva uscire il fumo e le sembrava un vero vulcano. Un grido di gioia riempiva le orecchie di chi la circondava e girandosi verso di lei la si poteva vedere seduta con le gambe aperte con un mega sorriso mentre batteva le mani. Come solo una bambina di quattro anni poteva fare.
Con il passare del tempo aveva smesso di andare al parco a giocare con la sabbia, ma quando si ritrovava su una spiaggia anziché prendere il sole come sua mamma la istigava sempre a fare si permetteva di tornare piccola. Scavava una fossa sperando di trovare l'acqua.
Si dondolava sull'altalena fissando quei bambini.
I suoi pensieri non si fermavano. La sua mente era una macchina attiva.
Lavorava. Lavorava. E lavorava ancora.
Era proprio quello che lei non voleva.
Lei non voleva pensare. Lei non voleva rivivere tutti quei momenti. Lei non voleva rimuginare sopra le esperienze fatte, sopra le parole dette, sopra i discorsi avuti.
Lei voleva avere la mente vuota. Libera. Come quando si incantava a fissare un qualcosa. Lo sguardo perso. Il cervello si prendeva una pausa. Quando si risvegliava da quei pochi istanti di torpore non ricordava cosa aveva pensato. Cosa le era passato per la testa.
Ricordava solo di aver fissato senza alcuna ragione una piastrella, una lampadina o un dettaglio della tenda senza nemmeno guardarlo. Come se la sua essenza fosse volata via.
Era questo che lei voleva. Era questo che lei cercava.
Niente problemi. Niente domande. Niente incertezze. Nessuna compassione. Nessuna tristezza. Nessun aiuto.
Nicola.
Alla fine la sua mente ritornava sempre su di lui. Su quello che sta facendo per farle superare quel periodo.
Le scriveva. La chiamava.
Spesso non rispondeva.
Sapeva che lui non si sarebbe offeso. Lo faceva per dimostrarle di essere presente. Di essere lì per lei.
Non riusciva però a cogliere tutte queste occasioni per sistemare il suo animo.
Aveva passato settimane a nascondersi. Aveva passato settimane ad ignorare.
Non era facile accettare il tutto così. Al volo.
Era passata una settimana da quando lei si era rifugiata tra le sue braccia per parlare.
Era passata una settimana e niente si era risolto. Niente sembrava essere migliorato.
Lei non sembrava essere migliorata. Sembrava non voler migliorare.
Si rese conto che se lei non si metteva in testa di voler chiudere questo periodo, di voler andare oltre, nessuno avrebbe potuto smuoverla da quella posizione. Da quello stato buio. Cupo.
Doveva fare lei il primo passo. Doveva trovare la forza dentro di sé. Doveva sentire di essere abbastanza. Di essere importante per qualcuno. Doveva sentire di non essere sbagliata. Doveva sentire di valere. Doveva sentire che niente poteva abbatterla. Forte come una roccia.
Prese il cellulare. Andò sulle chiamate e schiacciò sull'ultimo numero.
Il telefono squillava.
Non si era neppure posta il dubbio se stesse disturbando o meno.
Era stata presa dall'adrenalina. Da una forza che aveva cercato e che forse aveva trovato.I dubbi cominciarono ad assalirla sentendo lo squillo e non avendo nessuna risposta.
Era fortemente tentata di rimettere giù.
Era stato un errore chiamare. Era stato un errore mettersi così in gioco.
 - Emma. Ciao. Tutto bene?
Stupito. Curioso. Non si sarebbe mai aspettato una sua chiamata.
Leggere il suo nome sullo schermo l'aveva riempito di gioia. Gioia subito sostituita da preoccupazione.
Lei non chiamava. Lei non cercava.
 - Sì. Tutto bene. Ti ho chiamato perché... Non lo so il perché. Volevo solo farlo. Ti ho chiamato perchè ho sentito il bisogno di farlo. - Lui non rispose. Stava sorridendo. - Ma non eri impegnato? Avevi altro da fare? Non volevo disturbarti. Ci sentiamo un altro giorno. Scusami.
Nicola rise. Forte. Libero.
Un'Emma angosciata aveva iniziato a sparare domande.
 - Emma, Emma. Dove sei? - Domandò lui appena si era ripreso da quel momento di gioia.
Dalla voce traspariva ancora allegria.
 - In centro. Nel parchetto dietro al classico. - Rispose non capendo.
 - Vengo da te. Se vuoi aspettami lì. - Senza darle il tempo di rispondere mise giù.
Mise da parte i compiti e si preparò.
Emma aveva la precedenza.
Emma era più importante dei compiti.
Era in soggiorno a mettersi le scarpe. Arrivò Anna. Lo guardò.
 - Vengo anch'io. - Disse lei.
Nic la osservò di lato ancora concentrato sulle scarpe.
Alzò le spalle lasciandole la possibilità di fare come voleva. Sicuro che avevo le sue motivazioni per accompagnarlo. Sicuro che sapeva quello che faceva.
Aveva tanti difetti An, ma non era una sprovveduta. Non faceva niente solo per il gusto di farlo. C'era una motivazione in tutto.
 - Se facciamo in fretta riusciamo a prendere quello dei 47. - Notò Nic mentre la sorella andava a prendersi gli stivali.
Accelerò i movimenti e nell'arco di 30 secondi erano entrambi pronti.
Scarpe. Giacca. Sciarpa. Cappello. Chiavi. Portafoglio. Telefono.
Giusto il tempo di arrivare alla fermata che l'autobus si fermò. Salirono e trovarono i loro posti liberi. Posti sui quali Anna si lanciò.
Fuori faceva ancora freddo. Era quasi fine febbraio.
L'anno prima in quei giorni nevicava. Nevicava come se dovesse venire giù il mondo.
Nicola si sedette affianco a lei con tranquillità.
Nulla poteva distruggere quella pace interiore.
Anna si beava di quella sensazione. Ne attingeva forza. Più vicino gli era e più ne assorbiva.
Per questo aveva deciso di venire. Di seguire i suoi passi.
Per un motivo estremamente egoista.
Il viaggio durava circa una decina di minuti. Giusto il tempo di riscaldarsi e di abituarsi a quella bella temperatura che già dovevano scendere.
Nic mandò un messaggio all'amica per sapere se si trovasse ancora lì. Per sapere se si trovasse ancora al parchetto.
La risposta affermativa arrivò abbastanza velocemente.
Appena i gemelli lo videro, Emma era seduta su una delle altalene. Si dondolava lentamente. Dolcemente. Guardando il cielo.
Una bambina la osservava vicino all'impalcatura.
Aspettava il suo turno.
Sperava qualcuno le lasciasse il prima possibile il posto, ma non voleva disturbare né i bambini né la ragazza.
La osservava stupita.
Agli occhi della bambina non era normale vedere un grande giocare. Non le sembrava possibile.
La sua mamma e il suo papà non giocavano mai. Quella ragazza sì.
La osservava. Stupita. Curiosa.
Emma girò la testa e vide quella bambina dai capelli rossi e i codini con lo sguardo fisso su di lei. Con il cappello ben ben calato sulla testa. Con il cappotto verde ben ben allacciato.
Si alzò con un movimento rapido.
 - Vuoi andarci tu? - Domandò con sorriso.
La bambina timida fece un cenno con la testa. Al che Emma si spostò e le lasciò volentieri l'altalena.
La vide salirci a fatica e provare a dondolarsi con le sue piccole gambe.
Non riusciva a muoversi di neppure mezzo centimetro.
Quella bambina le faceva una tenerezza. Un'enorme tenerezza.
Si avvicinò a lei.
 - Vuoi una spinta? - Domandò nuovamente con un sorriso.
La bambina timida fece di nuovo un cenno la testa. Strinse fortemente entrambe le mani alle catene.
Emma si mise dietro di lei. Prese il seggiolino. La spinse. Una, due, tre volte.
Alla bambina sembrava come di volare. Gridava dalla gioia.
Era convinta che sarebbe riuscita a toccare le nuvole se solo quella ragazza, la sua nuova amica, l'avesse spinta un po' più in alto.
 - Più in alto. Più in alto. Ancora più forte. - Continuava a ripetere. Voleva toccare quelle nuvole.
 - Più di così non si può. - Le rispose dispiaciuta Emma.
La bambina provò a girarsi per guardarla. Per vedere se le stava dicendo la verità, ma aveva paura di cadere. Pur volendo andare più in alto aveva paura che l'altalena si spezzasse e la lanciasse tra le nuvole. Insieme alle stelle.
Emma sentì l'attimo esatto di tristezza e sollievo che invase la bambina.
 - Come ti chiami? - Un altro sorriso.
 - Teresa. - Parlò la piccola. - Ed ho quattro anni.
Ne era orgogliosa. Era orgogliosa di avere quattro anni e di dimostrarli.
Emma fece rallentare il dondolio del gioco. Si mise davanti a lei. In piedi. Le allungò una mano. Con un sorriso parlò.
 - Teresa di quattro anni ti va di venire a giocare con me con la sabbia? Possiamo costruire un grande grande castello con un fossato.
La proposta piacque subito alla bimba che prese la sua mano velocemente e la condusse in fretta alla sabbiera.
Tre persone non avevano perso neppure un gesto di quei pochi attimi.
La mamma di Teresa.
Preoccupata che la sua figliola potesse disturbare quella ragazza che fino a qualche secondo prima guardava il cielo persa nei suoi pensieri.
Felice di vedere però la sua bambina così contenta.
Nicola ed Anna.
Si erano avvicinati lentamente e si erano nascosti dietro un grande albero spoglio per sentire quello scambio di battute.
Nicola non si era perso neppure uno di quei sorrisi. Neppure uno di quei sorrisi che sembravano così veri. Così puri.
Anna guardava Emma. La guardava e basta.
Si rendeva conto che per molti aspetti si assomigliavano parecchio.
Entrambe amavano passare un po' di tempo con dei bambini. Entrambe trovavano in Nicola un punto di riferimento. Entrambe amavano leggere. O così le era sempre sembrato.
Quei sorrisi. Questo era quello che Nicola voleva. Questo era tutto quello a cui lui aveva puntato.
La felicità di Emma. La spensieratezza di Emma.
Era riuscita a trovare un qualcosa che la facesse sentire a posto.
Questo era l'importante.
Sapeva che la strada da quel momento sarebbe stata più semplice.
Un sentiero fosforescente in una notte buia. Illuminato.
Non significava che percorrerlo sarebbe stato facile.
Era però un punto di partenza. Un grande punto di partenza.





 

Buona giornata di sole, gente!
Io sono qui in casa a pubblicare quest'ultimo capitolo
della mia storia nonostante fuori ci sia un sole caldo caldo.
Sì, gente, siamo arrivati alla fine.
Questo è l'ultimo capitolo di questa mia storia.
Mettere un punto mi crea tante emozioni.
Sono soddisfatta di essere riuscita a terminare una storia.
Ne ho cominciate tante e questa è la prima che finisco.
Mi dispiace schiacciare sul tastino "Completa"
perché mi mancherà scrivere di loro.
Ci ho messo il cuore, l'anima.
In ognuno di loro c'è qualcosa di me.
In ognuno dei personaggi che avete incontrato leggendo questo racconto.

Non so se riuscirò a scrivere altre storie,
ma questo non vuol dire che non ci proverò.
Scrivere è una delle emozioni più belle che ci sia.

Ora che siamo giunti alla fine voglio ringraziarvi uno ad uno.
PiccTn.
Francesca. Colei che mi ha fatto spesso da beta.
Colei che ha messo questa storia tra i preferiti dando e avendo
estrema fiducia nelle mie capacità.
D_Bitte.
Dora. Grazie per aver sopportato i miei continui scleri.
I miei continui dubbi. I miei alti e bassi.
IndelibleSign.
Emma e Nicola non si sono messi insieme come tu speravi,
ma la storia ha una sua vita.
Non potevo scegliere io cosa farle fare.
Mar, grazie comunque per aver sempre creduto in me e in essa.
Iysse.
Grazie per aver recenisto quella volta il primo capitolo.
E' stato una botta di gioia e mi sono esaltata un sacco
leggendo le tue parole.
Spero di non averti delusa.
chiaraviolinista.
Che se non erro è stata la prima a dare un segno di vita per questa storia.
Se non erro sei stata la prima a mettere questo scritto tra le seguite.
Grazie per avermi fatta sentire "presa in considerazione".
Too alive for labels.
Grazie per aver messo la storia tra le seguite.
Vedere che a sempre più persone piacesse la mia storia,
mi ha fatto sentire bene.

Grazie a tutte/i voi.
Grazie per avermi dedicato il vostro tempo.
Grazie per tutto ciò che avete fatto.
Consciamente e inconsciamente.
Grazie.

Spero di rivedervi presto.
Spero di sentire i vostri pareri
e di coloro che non hanno mai dato un cenno di vita
in questo ultimo capitolo.
Così da potervi ringraziare personalmente.

Un bacione, un abbraccio.
Con tutto il mio affetto,
con il grazie più grande che io possa dirvi,
Vostra Luce.

Nel caso aveste voglia di parlare con me
potete trovarmi su:
Twitter https://twitter.com/LuceBre
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