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Autore: Aqua24    16/06/2013    1 recensioni
NB: Storia ferma e incompleta.
Lei mi guardò con una nota di rimprovero negli occhi: "Sei una stupida."
Sorrisi.
"E tu sei bellissima."
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Noemi.

2.

Ho un ricordo, di quand'ero bambina, che mi ha sempre fatto un certo effetto.
Un ricordo molto vago, di mia madre alla finestra a guardare i fuochi, mentre io stavo sdraiata nel lettino dell'ospedale.
Mia madre.
Era sempre stata una figura presente nella mia vita, dalla prima ferita sul ginocchio alla più recente ferita sul cuore.
Mi amava, come nessun altro può fare, come io neanche potessi immaginare.
Ma allora perché, negli ultimi tempi, era così spenta?
Con la testa bassa, i capelli neri dalle prime sfumature bianche che le coprivano il volto.
Non c'era più dialogo, nè uno sguardo, nè un abbraccio.
Non avevo mai afferrato il motivo di quell'improvvisa freddezza, ma mi aveva travolta come un'onda inaspettata mentre stai facendo il bagno: una botta secca, ed ero preda della corrente che mi lasciava senza fiato.
E mio padre.
Mio padre era passivo in tutto quello che facevo, erano rari i momenti in cui si comportava realmente da padre.
Mi guardava, mi scrutava, una muta accondiscendenza della quale avevo preso il callo.
Vedevo i miei coetanei lamentarsi di quanto i loro genitori gli stessero troppo addosso, con le loro stupide attenzioni e inutili coccole.
E mi veniva una rabbia così grande che mi faceva paura.
Ma loro non avevano idea di quanto fosse disarmante uno sguardo vuoto di una madre, di quanto fosse distruttiva l'assenza perenne di un padre, di quanto una ragazza appena quindicenne cresca a metà con il rifiuto dei propri genitori di darle il calore di una famiglia vera.
E di quanto fosse ancora forse più straziante non capire il motivo di quel silenzio.
Avevo forse sbagliato?
A volte, avevo voglia di sbattere i pugni sul tavolo della cucina e di dire tutto quello che provavo, di quanto fosse difficile non sentire più l'amore che c'era prima, di quanto l'atmosfera natalizia si fosse dissolta in una foschia di spaventosa insensibilità, di quanto quell'albero pieno di lucine sembrava invece spento ed inutile.
Persino la gatta poteva sentire quello che succedeva, e se ne stava dormiente nel suo angolo del letto, senza intralciare.

Il dolore che sentivo al petto ogni volta che litigavo con Lorenzo non era neanche lontanamente paragonabile al dolore che provavo nel vedere mia madre salutarmi con un cenno del capo.

Quando quei pensieri mi offuscavano la mente e la vista, avevo solo voglia di sentire Mari, l'unica vera ancora di salvezza.
La chiamai in tarda mattinata, in una crisi di pianto spaventosa.
Quasi le gridai contro di venire da me, non regolavo i singhiozzi che mi spezzavano le parole, ne la velocità con il quale le facevo uscire, ne tanto meno l'intensità.
E sì, forse uscirono con un impeto un po' troppo esagerato, ma la casa era vuota ed io mi sentivo sola.
La cosa che più volevo era un abbraccio, mi avrebbe tranquillizzata ancora meglio di un calmante.
Forse la spaventai, perché la sua voce tremò dall'altro capo del telefono, ma fatto sta che in quindici minuti il citofono suonò e lei corse da me.

Fu una specie di visione, qualcosa di assolutamente piacevole, un fascio di luce nell'oscurità.
Come quando ti svegli di soprassalto, credendo che siano le sette e devi prepararti, invece scopri che sono le quattro di mattina e hai ancora tempo per riposare: era quello Marilisa.
Tempo per riposare, per calmarmi, per stare in silenzio e far stare in silenzio anche i mille pensieri che, nella mia testa, si mandavano a fanculo a vicenda.
Era quasi magnifico accasciarmi sul pavimento congelato tra le sue braccia, dapprima piangendo a dirotto, e poi ritrovando la regolarità del respiro, dei singhiozzi, dei pensieri.
Allora tutto tornava a girare normale e mi stupivo ogni volta. Mi ritrovavo a ridacchiare nella sua stretta e lei rideva con me, dicendomi: "Ma ridi o piangi fammi capire?" 

I momenti belli delle giornate con lei erano quelli.
Quando, dopo esserci sfogate, ridevamo a crepapelle.
Scendemmo per strada e la accompagnai a cercare i dizionari di greco.
Ogni volta, uscivo dal suo abbraccio rinata, un po' frastornata e stanca, ma mediamente felice.
Mi chiedevo se glielo mostravo mai quanto realmente tenessi a lei, e speravo di sì. Speravo che lei riuscisse a capirlo quando la sorprendevo sotto casa la mattina con un sorriso e dei cornetti, quando l'andavo a prendere sotto scuola, quando le offrivo il pranzo, quando la guardavo e sorridevo.
Anche quando facevo la stupida, e dopo un buffetto rideva e si metteva a fare la stupida con me.

Non potevo credere che un'amicizia potesse arrivare a quei livelli: quando senti il cuore pieno di felicità se lei è felice, quando ti senti distrutta se la vedi piangere, quando scoppi d'affetto se ti abbraccia.
Ringraziavo sempre per averla accanto, perché senza sarei caduta in mille pezzi, e nessuno mi avrebbe mai sentita. 


NA
Salve!
Innanzitutto benvenuto in questo secondo capitolo.
Che dire? È decisamente molto introspettivo, ho deciso di presentare subito il carattere un po' debole di Noemi e di mostrare la sua situazione familiare, molto importante nella storia.
Il prossimo capitolo sarà unicamente di Marilisa, così, per disegnarle un pochino meglio.
Dovrebbe essere pubblicato in giornata, ma non so.
Beh, lettore/lettrice, spero di vederti tra le recensioni.
Fa sempre piacere sapere i pareri altrui. >w<
Ciaaaaau~
  
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