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Autore: Kodamy    01/01/2008    5 recensioni
(…)
E alla fine, per vendicarsi del torto subito dal villaggio, il pifferaio di Hamelin stregò tutti i bambini con il suono del suo flauto e li portò via con sé, lontano dalla casa dove non avrebbero più fatto ritorno.
Cosa avrebbe fatto, lei, in una situazione del genere?
In qualche modo era sicura che quei bambini, una volta inghiottiti dal nulla, si fossero tenuti compagnia stringendosi stretti stretti e donandosi quel po’ di conforto che avevano con loro.
Ma lei non era più una bambina. Non lo era più da molto tempo, ormai.
[Anko/Sasuke]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo otto mesi di discussioni tra Hokage, Consiglio e Squadra Inquisitoria, l’Uchiha fu etichettato – anche lui - come incapac

(…)

E alla fine, per vendicarsi del torto subito dal villaggio, il pifferaio di Hamelin stregò tutti i bambini con il suono del suo flauto e li portò via con sé, lontano dalla casa dove non avrebbero più fatto ritorno.

Cosa avrebbe fatto, lei, in una situazione del genere?

In qualche modo era sicura che quei bambini, una volta inghiottiti dal nulla, si fossero tenuti compagnia stringendosi stretti stretti e donandosi quel po’ di conforto che avevano con loro.

Ma lei non era più una bambina. Non lo era più da molto tempo, ormai.

 

Act 2

 

Dopo otto mesi di discussioni tra Hokage, Consiglio e Squadra Inquisitoria, l’Uchiha era stato etichettato – anche lui - come incapace di intendere e di volere e gli era stato dato il permesso di lasciare le prigioni sotto la custodia di Hatake Kakashi. Esattamente allo stesso modo in cui Anko aveva ricevuto il permesso di tornare finalmente a vivere sotto la custodia di Ibiki Morino.

Anko era furiosa, per un qualche arcano motivo, ma non lo dava a vedere.

Diplomaticamente – per quanto riuscisse, nei limiti del suo focoso carattere, ad essere diplomatica – era andata a chiedere spiegazioni all’Hokage: sapeva che Tsunade-hime aveva fin troppo a cuore Naruto Uzumaki – tipetto interessante, se ricordava bene - e Sakura Haruno – prontamente e totalmente rimossa dalla sua memoria.
Non poteva fare a meno di essere convinta che avesse assolto l’Uchiha unicamente nel loro interesse.

Tuttavia, la spiegazione dell’Hokage era stata semplice e lineare.

“Non ha ucciso nessuno del Villaggio. Inoltre, liberato Konoha da uno dei suoi maggiori nemici…” e qui vide qualcosa sul volto della donna, come un’ombra di rimorso misto a nostalgia che non tardò a scomparire, e lei stessa sentì un qualcosa di molto diverso ribollirle nel sangue “… e alla fine Kakashi non ha potuto evitare di portare sotto i riflettori il tuo caso nell’intero dibattito.”

Innocente.

Incapace di intendere e di volere.

Chissà che anche l’Uchiha non si fosse fatto una bella risata, nel sentire quel verdetto.

“Kakashi si arrampica sugli specchi.” Protestò Anko, mani poggiate sui fianchi, frustrazione evidente nella voce.

Lo sapeva, Anko, che non era vero. Sapeva che l’Uchiha ne aveva approfittato, esattamente come ne aveva approfittato lei. Sapeva che aveva riso dell’ingenuità del Villaggio, sapeva che adesso il ragazzo doveva essere sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta, a suo tempo.
Lo sapeva, e tuttavia non poteva dir nulla.

Sarebbe stato come mettere in discussione il verdetto che lei aveva ricevuto.

E, a dire il vero, non sembrava proprio il caso.

“Dici?” domandò Tsunade, con quel suo tono pragmatico. Stava discutendo, dopotutto, di un dato di fatto. “Il tuo caso costituisce un precedente di peso notevole. Non eri anche tu una ragazzina? Se ti avessimo condannato, avremmo perso uno dei migliori ninja di Konoha. Quella volta si giunse alla conclusione che Orochimaru è una presenza fin troppo influente su qualcuno con una psiche tanto malleabile quanto quella di un ragazzino. L’Uchiha era un ragazzino come te, quando se n’è andato. Quando ha cominciato a ragionare con la sua testa, ha deciso di andar via. E’ questo che alla fine ha dichiarato il Consiglio.”

“Cazzate” fu la prevedibile replica della donna. Stranamente l’Hokage non la punì per il linguaggio usato.

“Forse.” Concesse, piccolo sorriso sulle labbra. “Bisogna anche calcolare che molti dei componenti del Consiglio avevano debiti – economici o meno – verso il Clan degli Uchiha. Probabilmente, la loro coscienza li ha spinti a ripagarli in questo modo. Tuttavia… penso sia la decisione migliore.”

“Cazzate.” Ripetè Anko, sputando la bestemmia con un sibilo.

“Tu hai avuto l’occasione di cambiare, Anko. Non essere egoista.”

E ipocrita.

Sbuffo da parte della bruna, che tuttavia non trovò nulla da replicare.

“Non rimarrà impunito. Gli è stato negato il diritto a partecipare ai prossimi venti esami per le Selezioni dei Chuunin, ed ogni diritto di proprietà che avesse avuto sulle proprietà del Clan Uchiha è stato revocato. Inoltre, non potrà mai e in alcun modo entrare a far parte degli ANBU, né avere una propria squadra di Genin o diventare Jounin finchè non verrà ritenuto idoneo dal Consiglio stesso. Pensiamo sia abbastanza per una persona così orgogliosa.”

E, ancora una volta, Anko non trovò nulla da dire, se non “… certo che Kakashi si è dato da fare.”

Questo commento fece affiorare un piccolo sorriso affezionato sulle labbra di Tsunade, un’espressione distrattamente materna. “Da quel che ho saputo, è la prima squadra che ha promosso. Aver fallito come insegnante deve essere stato un brutto colpo.”

“Si, certo. Al suo orgoglio.”

“… anche a quello, suppongo. Tuttavia, ha fatto di tutto per rimediare. In fondo, è un bravo ragazzo.”

Con un piccolo suono a metà fra il divertito e l’esasperato, Anko abbandonò la stanza senza un granché di saluto, tuttavia premurandosi di non sbattere la porta.

Solo una vecchia signora avrebbe potuto chiamare Kakashi “ragazzo”, dopotutto.

 

 

 

Ebbe l’immenso ‘piacere’ di rivedere la faccia dell’Uchiha circa quattro mesi dopo, in una missione di ricognizione all’ormai caduto villaggio del Suono, in cui correntemente imperversava la guerra civile.

Oltre ai capelli leggermente più lunghi ed i lineamenti leggermente più affilati e stanchi, non era cambiato granchè.

Era una missione affidata da Tsunade alla squadra Otto, per via delle abilità richieste affinché venisse portata a termine: gli insetti dell’Aburame, il Byakugan della Hyuuga e il fiuto dell’Inuzuka erano stati la scelta migliore, dato che l’obiettivo era ritrovare la squadra di Chuunin mandata a raccogliere informazioni sulla situazione del Villaggio un mese prima.

Inoltre, in quella squadra di Chuunin, era presente anche Inuzuka Hana.

Stranamente Anko non si era affatto stupita quando Tsunade aveva affidato a lei il compito di guidare la squadra. Sebbene il villaggio del Suono avesse cambiato sede, rispetto ai vecchi tempi, Anko aveva la discutibile capacità di sapersi orientare decentemente in qualsiasi luogo concepito da Orochimaru.
Lo conosceva, sapeva qual’era stato il suo schema di pensiero.

Inoltre, era abbastanza informata sui modi con cui il Villaggio del Suono amava gestire le proprie faccende.

Riflettendoci con il senno di poi, Anko si domandò per quale motivo fu così sorpresa di vedere anche l’Uchiha nell’ufficio dell’Hokage. L’Inuzuka lo stava apertamente fissando, senza preoccuparsi di nascondere lo scetticismo sulla scelta di mandarlo in missione. L’Aburame si nascondeva all’ombra del cappuccio e delle lenti scure.

Soltanto la Hyuuga aveva tentato un piccolo sorriso, fin troppo timido, al quale l’Uchiha aveva semplicemente scostato lo sguardo.

“Anko,” le aveva intimato l’Hokage, dopo aver mandato fuori la nuova generazione “per la durata di questa missione, la sua tutela è tua e non di Kakashi. Ho personalmente insistito per mandarlo in questa missione: deve pur avere l’occasione di dimostrare dove dimora la sua lealtà, ora. Inoltre, sarà un valido aiuto se vi dovrete addentrare nel cuore del Villaggio.”

“Ti fidi troppo di lui.”

“… forse. Devo aver parlato troppo con la sua compagna di squadra.”

Mentiva. Oh, se mentiva. Glielo si leggeva in faccia, che aveva detto quella frase solo per dare aria alla bocca.
Probabilmente, Tsunade vedeva Orochimaru in lui – concluse Anko.
Per questo motivo, non avendo potuto salvare il primo, era così fottutamente intenta a salvare il secondo.

“Ah, vabbeh.” Cinguettò infine la Jounin, stiracchiandosi appena. “Vada come vada. Se qualcuno non ritorna intero, è colpa mia?”

“Non è un esame. La responsabilità per le azioni è tua.”

“Ricevuto. Non voglio genitori assetati di vendetta alle calcagna. Sappiamo quant’è terribile, la vendetta.” Buttò lì, sollevando platealmente lo sguardo al cielo con un sospiro. “Torneremo il prima possibile.”

Non attese la risposta dell’Hokage, abbandonando l’ufficio e chiudendosi la porta alle spalle. Il suo sguardo incrociò quello dei quattro ragazzi – l’Uchiha sempre distrattamente sfacciato – e sospirò. “Bene, mocciosi. Vedete di fare il vostro lavoro e di non  creare problemi. Tu…” si fermò un attimo, indicando l’Uchiha con un sorriso dolciastro ed un gesto fin troppo plateale. “…Ti tengo d’occhio.”

“Prego.” Laconica risposta del moro, che si rifiutò la decenza di distogliere lo sguardo.

Anko si domandò distrattamente se era stata la vergogna del giudizio della Hyuuga, ad impedirgli di guardare quegli occhi bianchi così sfacciatamente, come invece faceva con lei.
O forse era stato il peso di quel sorriso così prontamente donato e così poco meritato?

 

 

L’aria era tremendamente umida, lì.

Non erano entrati ancora tecnicamente nel Villaggio – come si potesse chiamarlo Villaggio, poi, rimaneva un mistero – eppure l’odore pregnante del sangue arrivava fin lì.

Metallico. Dolciastro.

Anko si umettò le labbra, un gesto di umana debolezza, prima di deglutire.

Non avrebbe ucciso se non necessario – si ripeté, mentalmente, come una specie di mantra. Non avrebbe sparso sangue. Erano in una missione in incognito. Nessun motivo di creare più caos del dovuto. Sebbene morisse dalla voglia di saziare quella sua malata sete di sangue con coloro che avevano così a lungo obbedito agli ordini di Orochimaru… Oh.

La Hyuuga aveva una brutta cera – quel visino bianco era tutto arrossato, e pareva non vedersela molto bene né con l’umidità né con il ristagno del sangue. Cercò di concentrarsi su di lei, di provare un minimo di preoccupazione.
Cercò di abbassarsi ad un livello più umano, ma detestava le squadre di ragazzini.
L’Inuzuka le stava accanto, una mitraglia di parole che sfuggivano borbottate dalle sue labbra abbronzate. Tuttavia, sembrava preoccupato: probabilmente, non credeva davvero che la squadra di Chuunin fosse ancora viva.

O meglio, non credeva davvero che sua sorella fosse ancora viva.
L’Aburame era intento a fissare un piccolo scarafaggio posatogli sull’indice, quasi gli stesse parlando. Parlando. Probabilmente, era l’unico in quel momento a star portando avanti la missione.

Ligio al dovere, come ci si sarebbe aspettati da un Aburame.

Fosse stato per lei, la missione l’avrebbe portata a termine radendo al suolo l’intero villaggio e la feccia che ci abitava dentro, e chi s’è visto s’è visto. Amen. Owari. Fine dei giochi.

Ancora una volta, deglutì, passando distrattamente l’indice sul segno maledetto, lì, dietro la nuca. Lo accarezzò con un gesto quasi rassicurante, tentando di cacciar via ogni istinto poco consono alla Via della Foglia.

Un piccolo suono irrisorio la distrasse dai suoi pensieri, polarizzando il suo sguardo sull’Uchiha che, seduto in disparte, la fissava. Nessuno sguardo passivo, in quel momento. L’arroganza fatta ragazzo.

No. Peggio.
L’arroganza fatta Uchiha.

“Hai qualche problema?” domandò affabilmente Anko, umettandosi le labbra con lentezza calcolata.

Sapeva di essere intimidatoria, quando voleva.

“Sei tu, che hai un problema.” Osservò lui, semplicemente.

Nient’altro che una mera constatazione. A cui lei, ovviamente, cacciò fuori un verso irritato. Il ragazzo battè ciglio, poggiò la testa contro la corteccia ruvida, e chiuse gli occhi. Platealmente disinteressato.
Anko si lasciò, invece, guidare alle cose più terrene, nella speranza di poter rimanere così più saldamente con i piedi per terra. Poteva sentire il ronzio delle mosche, attirate dal fetido odore. Poteva sentire grida infervorate, più in basso. Poteva sentire tante cose.

Le stava venendo un gran mal di testa, e il mal di testa non era mai, mai un buon segno.

Non con Anko Mitarashi.
Imperterrita, continuò a massaggiarsi il collo, passando lascivamente la lingua sulle labbra. Un gesto naturale, involontario. Un riflesso incondizionato.
Non aveva senso, restare lì ad aspettare che una ragazzina troppo fragile per essere una ninja si sentisse meglio e si abituasse all’odore del sangue. Gente come lei non si abituava mai, a certe cose. Gente come lei era totalmente, completamente… arrestò lì il suo flusso di pensiero, forzando un sorriso sornione sulle labbra.

Si intimò di non perdere la pazienza e di stare tranquilla.
In un moto di fastidio, l’Uchiha sembrò condividere la sua stessa insofferenza. Riportò lo sguardo sulla Jounin, e fu uno sguardo sfrontato. ‘Non sai fare il tuo lavoro’, diceva quello sguardo, al quale Anko accentuò maggiormente l’inclinazione delle labbra. Ma non furono quelle parole suggerite dagli occhi stanchi, ad uscire dalle labbra velenose.

 “Non c’è motivo di aspettare oltre. Andiamo e basta.” La sua voce era seccata, con una lieve inclinazione alla noia più pura e distillata.

“Se non te ne sei accorto, Uchiha, Hinata non sta bene.” Lo aggredì prontamente – e prevedibilmente l’Inuzuka, scoprendo i denti con veemenza ferina. Sasuke spostò lo sguardo sulla ragazza, che aveva ormai assunto un’espressione mortificata. E, questa volta, fu lei a cedere e chinare il viso sotto il peso di quello sguardo indagatorio.

Dopo qualche attimo di silenzio – forse un minuto, dato che Anko stava per prendere le redini della faccenda nelle sue mani – l’Uchiha, schioccò la lingua.
“Lasciamola qui.” Commentò, seccamente, senza distogliere lo sguardo. “E’ solo un peso.”

Oh, delizioso modo di pensare della Via del Suono. Per poco la donna non scoppiò a ridere.

Con la coda dell’occhio, Anko vide la ragazzina in questione sollevare lo sguardo. Pura angoscia dipinta su quel visino di porcellana. “N… no, no, sto bene.” Arrivò anche la vocina, appena incerta, e stranamente insistente. Concedendole l’intera attenzione, la donna la vide sollevarsi facendo perno su entrambe le mani. L’Inuzuka insistette senza parole per aiutarla. Barcollante ma in piedi, Hinata cercò lo sguardo – quasi supplichevole – sul volto dell’Uchiha.
Quasi fosse lui a guidare la missione. Animata da spirito puramente antagonistico, Anko si alzò bruscamente, guardando i giovani Chuunin dall’alto verso il basso.
“Allora possiamo andare. Avresti potuto dirlo anche prima, signorina, invece di far perdere tempo.” Asserì, schioccando la lingua. Dopodiché battè le mani – puro gesto teatrale, perché si trattenne dal fare rumore – e, con un sorriso spalmato sulle labbra sottili, si chinò leggermente in avanti. “Su, su. Alzate quei culi e datevi una mossa.”

“Guarda che avere la pressione bassa non è un reato, Hinata. E’ quello, che è uno stronzo. Non è che ha un qualche potere decisionale, qui, quindi vedi di non dargli retta. La prossima volta che…” sentì l’Inuzuka borbottare distrattamente in direzione della ragazza, rifiutandosi di lasciare la presa che l’aiutava a tenersi in piedi senza barcollare. In silenzio, si alzò anche l’Aburame.

“Sono pochi, quelli rimasti in vita laggiù.” Fu tuttò ciò che disse, con chiarezza e semplicità sorprendenti.
Anko annuì, umettandosi le labbra. Soltanto l’Uchiha rimase seduto, occhi color pece fissi sulla Hyuuga.

Passò qualche attimo, prima che si decidesse ad abbandonare la postazione.

La Squadra Otto si incamminò per quell’ultimo tratto, tuttavia Anko attese – diligentemente – di aver l’Uchiha ben in vista davanti a sé.

Superandola, il ragazzo si limitò a commentare con quel suo tono laconico che rasentava la sufficienza. “Non è niente di sovrannaturale o altro. Solo enzimi che reagiscono agli impulsi nervosi. E’ questione di autocontrollo, vendicatrice.”

Non servì chiedere di cosa stesse parlando. Sapeva benissimo a cosa si riferiva.
Anko pensò che, semplicemente, il mondo la detestasse.
Perché l’autocontrollo era l’unica cosa di cui era totalmente, interamente, completamente sprovvista.

 


 

A/N: ho dovuto rivederla perché era scritta totalmente in stile oneshot. Non mi ero resa conto di avere stili così diversi tra long fic e one shot. Seriamente. So solo che mi diverto un mondo a scrivere questa fic, a riscriverla, e quant’altro. Sto cercando di tenere tutti IC (adoro la squadra Otto *_*), e ci saranno accenni subdoli ad altre coppie. Spero che la caratterizzazione dei personaggi vada bene. Di tutti ._.” E’ una fatica, gestire questi stupidi ninja che vogliono fare tutto di testa loro.

 

La fic riprende diversi momenti, anche a distanza di anni. E non è rose e fiori. Avverto, ne. Forse il prossimo capitolo sarà più dalla prospettiva di Sasuke… mi manca scrivere dalla sua prospettiva. Si fa così tante seghe mentali!

 

Tra parentesi adoro Hinata. Non penso sia un peso (L)

 

Sono di buon umore *_* La Kodamy avrà pure la febbre, ma è finalmente diciassettenne! *_*
Un altro anno, e arrivo ai diciotto *ç*

… Non che cambi molto, a dire il vero. E’ giusto il priscio della maggiore età.

 

Buon 2008 a tutti! *ç*

 

Helen Lance: aw, mi sei mancata ç_ç *si lascia prendere dall’emozione* Spero di continuare a mantenere l’IC per tutta la fic. Questa coppia mi manda in Fangirl Mode, ormai. XD Grazie mille :P

Chris: lo so, anche a me manca Anko. E’ una delle poche kunoichi che si fa rispettare, ed è una ventata di freschezza, davvero. La rivoglio in scena. Ora è_é La esigo ç_ç Grazie anche a te per il sostegno morale :P

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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