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Autore: Maxximilian    17/06/2013    4 recensioni
In un continente sull'orlo della guerra oscure ombre si proiettano sul regno dell'Ovest. Alran, un giovane soldato del regno, ha l'incarico di indagare sulla malvagia Legione Nera in un viaggio tra la vendetta e il dovere.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Decisione


Al suo ritorno, Altran trovò il villaggio pieno di vita. Ovunque poteva scorgere uomini che si avviavano verso i campi con gli attrezzi in spalla e cacciatori, che armati di arco e frecce, si accingevano ad inoltrarsi nella foresta.

Sperava che nessuno facesse caso a lui, che nessuno lo riconoscesse o, peggio, chiedesse dove fosse il suo prigioniero. Voleva lasciare al più presto il paese, non voleva correre nessun rischio, ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che qualcuno trovasse il cadavere nella radura ma aveva comunque premura. Arrivato alla stalla si guardò in giro alla ricerca del ragazzo a cui il giorno prima aveva affidato il suo destriero e, dopo averlo trovato, parve sollevato nel vedere che il suo cavallo era già sellato e pronto a partire:

« Immaginavo che un cavaliere come voi non si sarebbe fermato molto in questo sperduto posto quindi ho pensato di farvelo trovare già pronto» disse lo stalliere.

« Hai immaginato giusto, sei stato davvero bravo e credo ti meriti qualche corona extra».

Il giovane frugò nella bisaccia al suo fianco e mise qualche moneta nelle mani dell'altro, poi alla svelta montò in sella e senza aspettare un secondo di più spronò il cavallo al galoppo fuori dalla stalla e dal centro abitato puntando verso nord.


Viaggiava ormai da un paio di ore e davanti a lui poteva scorgere il profilo lontano delle montagne innevate del nord. Attorno a lui solo un'immensa prateria, un mare di erba illuminato da un pallido sole invernale. Soltanto qualche albero spoglio interrompeva il monotono panorama. Faceva freddo, Alran si strinse nel mantello e costrinse il cavallo, a suo malgrado, a rallentare per paura di affaticarlo troppo.

Ad un tratto, scorse delle macchioline brillanti all'orizzonte e man mano che si avvicinano capì che si trattava di soldati: anche da quella distanza poteva scorgere l'indistinguibile luccichio delle loro corazze. Era ancora nell'Ovest quindi difficilmente si sarebbe trattato di nemici, sperava facessero parte della guarnigione della fortezza di Dalgonn che proteggeva i confini settentrionali del regno dalle ormai sporadiche incursioni delle tribù barbare.

Non erano più di dieci ed erano tutti appiedati fatta eccezione per l'aprigruppo che Alran intuì essere un ufficiale. Procedevano molto lentamente e non portavano alcun stendardo in una triste processione.

Con l'accorciarsi della distanza, anche gli altri si accorsero di lui e sorpresi sguainarono le armi in attesa che il misterioso cavaliere si avvicinasse.

Erano stanchi e impauriti, lo leggeva sui loro volti, di sicuro era successo qualcosa di terribile a quel manipolo di soldati.

A pochi passi dalla compagnia, Arlan smontò e si tolse il mantello, rivelando l'armatura che era rimasta nascosta per tutto il viaggio. A quella vista, i soldati sollevati abbassarono le armi e il comandante spronò il cavallo verso quel volto amico.

Sull' armatura riluceva in tutto il suo splendore il grifone azzurro di Lisjask, ma Alran non riusciva a capire a quale compagnia appartenesse. Non sapeva dire quanti anni avesse ma non gliene avrebbe dati più di cinquanta. Sotto la calotta, il viso tirato e la folta barba davano all'uomo l'aria di un veterano,doveva aver partecipato a molte battaglie.

Dopo essersi portato il pugno sinistro sul petto in segno di saluto militare si rivolse ad Alran:

«Qual'è il tuo nome soldato? Cosa ci fai nella steppa?»

La voce tradiva una nota di nervosismo, sembrava scosso ma cercava di mantenere un'immagine sobria, ma al contempo solenne di fronte a quel giovane soldato incontrato per puro caso nell'abbandono più totale.

Anche Alran si portò il pugno al petto e iniziò:

« Il mio nome è Alran di Lisjask, membro del secondo reggimento della capitale. Sono stato inviato in missione per indagare sulla Legione Nera. Devo raggiungere Dalgonn e fare rapporto al comandante Lucius »

L'uomo lo scrutò per qualche istante, poi prese lentamente un bel respiro :

« Mi dispiace darti questa triste notizia ma il castello è stretto sotto assedio da un esercito sconosciuto, l'ho lasciato ieri mattina all'alba poco prima che venisse isolato completamente. A quest'ora il forte sarà già caduto in mano nemica. Di fronte alla schiacciante superiorità numerica del nemico ho deciso di abbandonare la postazione, noi siamo quasi sicuramente tutto quello che rimane della guarnigione di Dalgonn. Piacere di incontrarti ragazzino, sono il comandante Mavel Lucius. O almeno quel che ne rimane...».


A quelle parole Arlan sbiancò, erano anni che nessun provava ad invadere l'Ovest da quel confine, la fortezza era più che altro un simbolo della forza del regno, aveva perso la sua utilità quasi un secolo prima.

Era impensabile che qualcuno provasse anche solo ad assediarla ma il comandante era stato chiaro, con ogni probabilità il castello era già caduto in mano agli invasori.

Il re aveva un'altissima considerazione di quell'uomo, si era conquistato il titolo con grande onore sul campo di battaglia e, quasi dieci anni prima, aveva giocato un ruolo chiave nella Guerra D'Inverno; era a tutti gli effetti considerato un eroe, un abile stratega e un guerriero formidabile. Non poteva credere che quell'uomo sconfitto davanti a lui fosse proprio il brillante Lucius.

« Due giorni fa al tramonto ci sono piombati addosso senza nessun preavviso, si sono come materializzati dal nulla. Il buio non gli ostacolava, erano incredibilmente precisi e organizzati, non avevano arieti, hanno semplicemente iniziato a scalare le mura e riversarsi all'interno. Non ho mai visto creature simili: armature ed elmi neri come l'ebano, persino le loro spade erano nere. Non dimenticherò mai i loro occhi iniettati di sangue e le loro urla agghiaccianti».

Il comandante si interruppe un attimo e strinse gli occhi, quei terribili ricordi non facevano altro che tormentarlo dalla scorsa notte.

« Abbiamo difeso strenuamente il forte per tutta la notte ma all'alba, ma quando ho realizzato che respingere il nemico era impossibile ho abbandonato Dalgonn con questo manipolo di soldati» concluse l'uomo con sofferenza.

Arlan ascoltò rapito il resoconto, poi però alcune domande passarono per la sua mente: perché Lucius era fuggito? Aveva davvero abbandonato i suoi uomini a morte certa ed era fuggito come un codardo?

Come se avesse letto nei suoi pensieri il comandante fisso il suo viso:

«Ti starai chiedendo perché sono qui vero? Pensi che quello che ho fatto sia spregevole vero? Lo leggo nei tuoi occhi».

« Si signore, perdonate la mia mancanza di rispetto ma vorrei sapere cosa vi ha spinto ad abbandonare il forte».

Lucius se lo aspettava, fissò per qualche secondo il cavallo di Arlan, come a riordinare i pensieri, e riprese:

«Ho dovuto abbandonare il forte e i miei uomini in quell'inferno. Sarei voluto rimanere fino alla fine ma la mia missione ha la precedenza su qualsiasi altra cosa. Dalgonn era il nascondiglio di un importante segreto del regno che ho giurato di proteggere a costo della vita, per questo devo incontrarmi al più presto con il re. Questo è tutto quello che posso rivelare ad un soldato del tuo rango.»

Quelle parole furono come uno schiaffo per il giovane, si vergognò per quello che aveva detto poco prima e iniziò a fissare il terreno, in evidente disagio.

« Ad ogni modo credo che il tuo rapporto possa aspettare, ora è di vitale importanza comunicare al re ciò che è successo e il nostro gruppo è già abbastanza lento per la mancanza di cavalcature, ogni secondo è prezioso».

Girò il cavallo e ordinò agli uomini di ripartire, aspettò che tutti lo superarono poi, quando fu sicuro che nessuno potesse sentirlo, si rivolse ancora verso Arlan :

«Come ben saprai ultimamente la Legione Nera ha iniziato a muoversi, credo che l'attacco a Dalgonn possa essere collegato a quei bastardi. Non me la sento di lasciarti andare ad indagare al forte, sarebbe una missione suicida quindi ti chiedo di venire con me a Lisjask».

A sentir pronunciare il nome della setta Arlan ebbe un tuffo al cuore, se veramente c'erano loro dietro quella faccenda voleva scoprirlo a tutti i costi. Niente l'avrebbe fermato, nemmeno Lucius.

Il ragazzo studiò il cielo azzurro per alcuni istanti, ricordava che all'imbocco del tortuoso e stretto passaggio che, costeggiando le montagne, portava a Dalgonn sorgeva un piccolo villaggio di cacciatori che principalmente riforniva il forte di viveri e vettovaglie. Sarebbe stato un ottimo punto d'inizio per indagare su quello che era successo, sempre se non fosse già stato conquistato anch'esso.

«Che ne è stato di Vina, anche il villaggio è stato attaccato?»

«A quest'ora Vina sarà quasi deserto e vi troveresti solo soldati, il capitano Rakk sa di essere il prossimo obiettivo del nemico. Non potrà resistere a lungo con i pochi uomini che ha, ma cercherà di darci più tempo possibile» rispose l'ufficiale.

« Allora credo che mi dirigerò lì, forse posso scoprire qualcosa di più su questa misteriosa forza d'invasione e se veramente esiste un collegamento con la Legione».

Lucius non credeva alle sue orecchie:

«Questa è una follia! I soldati rimasti a Vina sanno già di essere condannati! Non servi a nulla da morto!»

« Devo scoprire assolutamente cosa centrano i legionari in tutto questo»

« E' un'assurdità! Finirai per farti ammazzare!»

« Vedrete che non morirò».

Arlan rimontò sul cavallo e cominciò ad allontanarsi dal comandante, rimasto spiazzato e senza parole di fronte all'audacia del giovane.

Lucius lo guardò allontanarsi, poteva ordinargli di tornare indietro, avrebbe dovuto obbedire per forza, oppure sarebbe stato diserzione, ma non disse nulla, c'era qualcosa di speciale in quel soldato, sentiva che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nei tempi bui che andavano a profilarsi.

«Che gli dei siano con te» disse soltanto, più rivolto a se stesso che al giovane. Poi, spronando il cavallo nella direzione opposta raggiunse il suo gruppo ormai molto distante.


   
 
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