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Autore: anneboleyn94    20/06/2013    6 recensioni
Quando Harry Potter scompare all'età di sette anni, l'intero mondo magico si affanna per cercarlo e portarlo in salvo, ma alla fine anche Silente è costretto ad arrendersi all'evidenza: Il Bambino che è Sopravvissuto è perduto per sempre...
O forse no?
All'insaputa di tutti, Harry arriva ad Hogwarts per il suo primo anno sicuro del suo talento e delle sue ambizioni, ma ha ancora tanto da imparare sul mondo dei maghi, e la Guerra nonostante tutto incombe.
E questa volta potrebbero non essere solo i maghi a scendere in campo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Harry si sdraiò nel suo piccolo letto nel sottoscala. Calde lacrime gli inumidivano gli occhi, ma le scacciò velocemente. Non poteva piangere. Se avesse pianto, Vernon si sarebbe arrabbiato ancora di più e Dudley lo avrebbe preso in giro e chiamato femminuccia. Sentiva lo stomaco brontolare, ma sapeva che per quella sera non c’erano speranze di sgattaiolare in cucina per prendere qualcosa.
Erano due giorni che non toccava cibo. Non era stupido, sapeva perché i suoi zii erano tanto arrabbiati: il suo primo anno di scuola era terminato da appena una settimana e i suoi voti erano risultati migliori di quelli di Dudley.

Un vero affronto.

Vernon si era infuriato persino con gli insegnanti, ma alla fine a rimetterci era stato solo Harry. Suo zio aveva urlato davanti a tutti gli altri genitori che era solo un piccolo ingrato, che aveva imbrogliato, che non c’era alcuna possibilità che si fosse guadagnato onestamente quei voti. Gli insegnanti erano rimasti basiti davanti alla scena, ma poi era intervenuta Petunia, che aveva spiegato pacatamente che Harry non studiava mai a casa, ma che Dudley lo aveva più volte visto copiare a scuola e che anche lei aveva notato comportamenti strani. I docenti non erano parsi completamente persuasi, però avevano deciso di lasciar perdere e avevano assicurato che l’anno successivo sarebbero stati più attenti.

Tornati a casa, Harry era stato spedito nel sottoscala e chiuso dentro, dopodiché aveva passato la settimana a fare i suoi lavori di casa, con la minaccia che se non avesse finito tutte le mansioni della lista compilata da Petunia, non avrebbe cenato. I primi giorni era riuscito a concludere in tempo per avere qualcosa da mettere sotto i denti, ma la lista si era fatta ogni giorno più lunga e alla fine si era ritrovato davvero ad andare a dormire senza aver mangiato nulla.

Tutto questo non è certo una novità
, pensò amaramente Harry, ma quello che davvero lo riempiva di rabbia era che aveva pensato che una volta a scuola la situazione sarebbe cambiata, avrebbe fatto amicizia e dimostrato ai Dursley che non era un anormale buono a nulla. E invece non era cambiato proprio un bel niente! Gli altri bambini erano stati avvisati da Dudley: suo cugino era un pericoloso teppista da evitare. In compenso, Dudley e i suoi amici avevano fatto del tormentarlo il loro passatempo preferito.

Certo, passare il tempo a scuola era sicuramente meglio che restare con i suoi zii. Dopo una giornata particolarmente dura, si rifugiava nell’ambiente intimo e raccolto della piccola biblioteca scolastica e leggeva storie di principesse e cavalieri, fate e orchi, e sognava che uno di quei fantastici esseri venisse a prenderlo e lo portasse lontano dai Dursley.
 Era andato tutto bene finché non erano arrivati i primi voti più alti di quelli di Dudley, che avevano mandato i suoi zii su tutte le furie. Da quel momento era diventato sempre più difficile trovare il tempo per fare i compiti: Vernon pretendeva che tornasse a casa immediatamente dopo la fine delle lezioni e Petunia gli assegnava ogni giorno lavoretti che lo tenevano impegnato fino a tardi. Il suo rendimento era calato, spesso si era ritrovato ad andare a scuola senza aver fatto i compiti, così era finito diverse volte in punizione e non aveva più avuto il tempo di andare in biblioteca a leggere. L’ingiustizia della situazione però gli aveva finalmente aperto gli occhi: non sarebbe mai riuscito ad avere l’approvazione e l’amore dei suoi parenti; loro lo odiavano perché era anormale e nessuno, né i professori né gli altri bambini, lo avrebbe aiutato per lo stesso motivo. Era solo.

Finalmente il flusso dei suoi pensieri s’interruppe e scivolò nel sonno.
Lo destò un leggero rumore. Si guardò intorno, nel buio della sua “camera”, teso. Gli era sembrato di sentire scattare la serratura. Cauto, si avvicinò alla porta, e si accorse che era socchiusa. Il suo primo istinto fu di correre in cucina e mangiare, ma s’impose di riflettere prima. Il silenzio assoluto che pervadeva la casa sembrava indicare che fosse notte fonda, ma la porta era stata aperta; significava che gli stavano tendendo una trappola? Magari in cucina avrebbe trovato lo zio pronto a picchiarlo per essere uscito dal sottoscala. Non sarebbe stata la prima volta. Ma non gli importava, aveva troppa fame.
Uscì in punta di piedi. La casa sembrava effettivamente deserta. Aprì il frigorifero e prese un pezzo di formaggio che divorò in pochi secondi; ancora affamato, prese a rovistare nella dispensa, finché un formicolio alla nuca non lo costrinse a fermarsi.
Tutto il suo essere lo metteva in guardia, il suo istinto gridava che c’era un pericolo dietro di lui. Si girò lentamente. Fece appena in tempo a intravedere una figura alta e longilinea, che la vista gli si annebbiò e perse i sensi.

La prima sensazione che colpì Harry al risveglio, fu un gradevole tepore e un’insolità comodità. Si rigirò nel letto, mentre riprendeva finalmente conoscenza e le piacevoli sensazioni iniziali venivano offuscate dalle fitte della fame.
Si sollevò di scatto e si guardò intorno. Non si trovava nel sottoscala, ma in una gigantesca stanza debolmente illuminata. Sbalordito, tastò le lenzuola, mentre i ricordi della sera prima gli tornavano alla mente. Aveva visto qualcuno a casa dei Dursley, qualcuno che presumibilmente l’aveva portato lì. Un ladro? Un rapitore? In ogni caso, si disse Harry, non poteva certo essere peggiore dei suoi zii.
Quasi a conferma di quel pensiero, la sua attenzione venne catturata da un tavolo posto vicino al letto, colmo di ogni ben di Dio. Si avvicinò pieno di meraviglia. C’erano salsicce, uova, toast, decine di tipi di marmellata e di thè, yogurt a svariati gusti, cereali, succo di frutta, porridge. Abbandonato ogni interrogativo sulla sua situazione, si sedette e iniziò a mangiare come non aveva mai mangiato in vita sua, immaginandosi divertito la faccia di Dudley se l’avesse visto con tutto quel cibo delizioso.

Quando non ne poté più, decise di osservare meglio la camera. Era incredibile. Ne esplorò ogni angolo, mentre all’incertezza del risveglio si sostituiva la meraviglia e la felicità di ritrovarsi in un posto tanto lussuoso. Al centro della stanza c’era il letto matrimoniale sul quale aveva dormito, alla sinistra, un immenso armadio contenente biancheria e vestiti della sua misura. Vestiti nuovi! Sulla destra, una porta che conduceva al bagno più bello che avesse mai visto. A differenza della camera, era illuminato a giorno, ma non c’erano né finestre né lampade. Harry considerò questa stranezza, ma poi decise che se ne sarebbe occupato in seguito.

Tornato nella stanza principale, notò un’altra porta e scoprì che conduceva a un soggiorno dotato di una scrivania, un televisore, dei divanetti e una grande libreria piena di libri. Il piccolo si lanciò subito in quella direzione, ma rimase amareggiato: nessuno dei libri era in inglese. La delusione ebbe l’effetto di spazzare via l’entusiasmo.  
Pensa, si disse. Si trovava in un luogo sconosciuto, ed era probabilmente stato rapito. Certo, c’era la possibilità che il rapitore fosse suo amico – vecchie fantasie di ricchi parenti che andavano a prenderlo gli tornarono alla mente – ma era una possibilità remota. Sapeva per esperienza che nessuno si sarebbe preso la briga di aiutarlo, e i Dursley erano i suoi unici parenti. Un pensiero terribile lo attraversò. Forse  lo avevano venduto? Gli venne in mente la storia di Hansel e Gretel, con la strega cattiva che dava da mangiare al bambino solo per farlo ingrassare. Ma era solo una favola, no? Nella vita reale i bambini non si mangiano.

Giusto?

Preso dal panico, si mise a cercare una via d’uscita, ma non c’erano né porte né finestre. La camera era completamente illuminata, ma anche lì non sembravano esserci lampade. Si chiese se ci fossero telecamere. Magari qualcuno lo stava spiando in quel preciso momento.  Il pensiero era inquietante.

Passarono diversi giorni. Ogni mattina al risveglio, Harry trovava il tavolo vicino al letto con la colazione pronta e per il pranzo e la cena il cibo sembrava apparire magicamente, così come le luci della stanza apparentemente non venivano da nessuna fonte elettrica. Si era arrovellato per giorni sulla questione, senza venirne a capo.

Nessuno andò a visitarlo.

Aveva elaborato decine di teorie sulla situazione e via via che passavano i giorni si era fatto sempre più depresso. Era abituato a stare da solo, ignorarlo era la tattica preferita dei Dursley, però non era mai stato tanto tempo senza vedere un altro essere umano. La cosa iniziava a mandarlo sui nervi. Come se non bastasse, non aveva assolutamente niente da fare: passava le giornate a guardare distrattamente trasmissioni in una lingua a lui sconosciuta, chiedendosi nel frattempo quando avrebbe finalmente scoperto qualcosa. C’erano giorni  in cui si sforzava di pensare ai vantaggi di questa nuova vita, altri in cui passava delle ore immerso apaticamente nella gigantesca vasca in marmo, annoiato.

Col passare delle settimane divenne sempre più disperato. Arrivò a chiedersi se sarebbe mai uscito da quella stanza, che diventava ogni giorno più soffocante. Si domandava il perché di quella prigionia, cosa avesse mai fatto per meritarla, e se fosse tutta una punizione per i voti troppo alti. Ma no, i Dursley non l’avrebbero certo lasciato in una stanza così lussuosa.
Così, cercava di deviare i suoi pensieri sui misteri della sua confortevole prigione, a cominciare dal cibo. Più volte gli era capitato di vederlo apparire dal nulla davanti ai suoi occhi. Sembrava una magia, ma non poteva essere.
Con un brivido, si chiese come avrebbero reagito i Dursley se avessero scoperto che un pensiero simile gli era passato per la testa: l’ultima volta che Vernon l’aveva trovato leggendo un libro di stregoni l’aveva picchiato con una violenza inusuale.

Harry sapeva che la magia non esisteva e che solo le persone malvagie ne parlavano, quindi vedere il cibo apparire dal nulla lo terrorizzava talmente tanto che per un periodo aveva cercato di non mangiare, ma dopo alcuni giorni di dolorosi crampi allo stomaco aveva desistito.
I suoi sogni si erano fatti sempre più cupi, e questo, unito alla paura che qualcuno lo attaccasse nel sonno, rendeva le sue notti agitate. Ogni giorno, guardandosi allo specchio, notava occhiaie sempre più profonde.

Dopo tre settimane da quando era stato rinchiuso, iniziò a battere i pugni contro le parete, urlando che lo facessero uscire, che si mostrassero. Nonostante inizialmente si fosse riproposto di mantenere la calma, anche per evitare di peggiorare la situazione, si ritrovò a piangere disperato e supplicare.




Nel prossimo capitolo: il primo incontro tra Harry e il suo rapitore e alcune risposte. Alla prossima :)
  
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